Di Pietro Vuocolo ho sempre sentito raccontare un episodio della sua
vita: l'ultimo, il funerale non celebrato in chiesa perché era
"comunista".
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Immagine generata con l'intelligenza artificiale |
Mi risulta l'unico caso nella storia di Valva, se sbaglio mi
correggerete.
Forse dovremmo tornare indietro alle storie dei briganti per trovare qualcosa di simile e credo basti questo dubbio per riflettere sulla portata della decisione.
11 aprile 1945: Pietro muore a 38 anni; lascia tre figli piccoli, uno è già morto a soli due mesi, nel 1943.
Ha sposato Carmela nel 1930, l'anno dopo ha perso il padre (anche lui giovane).
Nell'aprile '45 la guerra in Italia non è ancora finita, a Valva sì.
In realtà, un'altra guerra sta covando: la forte contrapposizione ideologica che caratterizzerà la vita politica e sociale dell'Italia del Dopoguerra, chierico rosso contro chierico nero, dirà Montale.
La scomunica contro i comunisti sarà pronunciata solo nel 1949, da Pio XII; il papa bergamasco che inviterà a distinguere tra errante ed errore -guardando prima alla persona e poi alle sue idee- è ancora di là da venire, si chiamerà Giovanni.
Dunque, c'è ancora la guerra.
Il Nord non è ancora liberato, l'avanzata alleata e la lotta partigiana contro i nazifascisti non hanno ancora vinto. DC e PCI fanno parte del governo di unità nazionale, ma nel Paese sono già divisi, anche nelle realtà più piccole.
Non sono riuscito a trovare documenti o testimonianze che potessero fugare il mio dubbio principale sulla vicenda: perché proprio a Valva e perché proprio il fratello di mio nonno?
Questo dubbio ne racchiude altri: perché una scomunica prima di quella papale? quale pericolo poteva venire a Santa Romana Chiesa dalle idee di un contadino morto a 38 anni?
So poco della situazione politica valvese nei mesi dopo la caduta del fascismo; evidentemente il partito comunista era uscito dalla clandestinità e so che annoverava tra le sue file anche alcune donne; ce n'è una celebre, a Valva: proprio la moglie di Pietro, zé Carmela.
Credo che quel contadino morto così giovane meriti almeno la fine di una sorta di damnatio memoriae alla quale i tempi -drammatici e confusi- lo hanno condannato, in quel giorno di aprile del 1945, quando una guerra non era ancora finita e un'altra -meno cruenta ma ugualmente lacerante- si stava preparando.
Forse dovremmo tornare indietro alle storie dei briganti per trovare qualcosa di simile e credo basti questo dubbio per riflettere sulla portata della decisione.
11 aprile 1945: Pietro muore a 38 anni; lascia tre figli piccoli, uno è già morto a soli due mesi, nel 1943.
Ha sposato Carmela nel 1930, l'anno dopo ha perso il padre (anche lui giovane).
Nell'aprile '45 la guerra in Italia non è ancora finita, a Valva sì.
In realtà, un'altra guerra sta covando: la forte contrapposizione ideologica che caratterizzerà la vita politica e sociale dell'Italia del Dopoguerra, chierico rosso contro chierico nero, dirà Montale.
La scomunica contro i comunisti sarà pronunciata solo nel 1949, da Pio XII; il papa bergamasco che inviterà a distinguere tra errante ed errore -guardando prima alla persona e poi alle sue idee- è ancora di là da venire, si chiamerà Giovanni.
Dunque, c'è ancora la guerra.
Il Nord non è ancora liberato, l'avanzata alleata e la lotta partigiana contro i nazifascisti non hanno ancora vinto. DC e PCI fanno parte del governo di unità nazionale, ma nel Paese sono già divisi, anche nelle realtà più piccole.
Non sono riuscito a trovare documenti o testimonianze che potessero fugare il mio dubbio principale sulla vicenda: perché proprio a Valva e perché proprio il fratello di mio nonno?
Questo dubbio ne racchiude altri: perché una scomunica prima di quella papale? quale pericolo poteva venire a Santa Romana Chiesa dalle idee di un contadino morto a 38 anni?
So poco della situazione politica valvese nei mesi dopo la caduta del fascismo; evidentemente il partito comunista era uscito dalla clandestinità e so che annoverava tra le sue file anche alcune donne; ce n'è una celebre, a Valva: proprio la moglie di Pietro, zé Carmela.
Credo che quel contadino morto così giovane meriti almeno la fine di una sorta di damnatio memoriae alla quale i tempi -drammatici e confusi- lo hanno condannato, in quel giorno di aprile del 1945, quando una guerra non era ancora finita e un'altra -meno cruenta ma ugualmente lacerante- si stava preparando.
La ricerca continua.
G.V.