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22 agosto 2024

LA MEMORIA È LIBERTÀ -Il monumento ai caduti di Calabritto (parte 1)

Stamattina volevo iniziare il mio giro tra i monumenti dell'Alto Sele da Santomenna, ma la mia tendenza a girare senza un piano rigidamente scandito e il mio discutibile senso di orientamento mi hanno portato prima a Castelnuovo. Ora supero il fiume e per logica dovrei cominciare da Caposele: ecco che invece mi trovo a Calabritto e poi tornerò al comune nel quale nasce il fiume che dà nome alla valle.

Non è un problema, mi dico. L'importante è ricordare tutti i caduti della zona in cui sono nato, dei comuni che posso abbracciare con lo sguardo dal balcone di casa, quelli da cui provengono le persone che trovo sul pullman quando ritorno a Valva. L'ordine logico di un percorso lo lascio a quelli più precisi di me (quasi il resto dell'umanità, forse).

Dunque, Calabritto: il comune che quando ero bambino mio nonno mi presentava come il comune in cui la ricostruzione post terremoto era più avanzata. 

Bella questa vittoria alata "come donna vestita all'antica", leggo nel Catalogo generale dei beni culturali. Mi verrebbe da chiedere cosa significhi di preciso "all'antica" e come potrebbe mai essere vestita una statua femminile che sia l'allegoria della vittoria, ma oggi sento che sono qui per fare domande più che per ottenere risposte.

Oltre a persone a me care che qui hanno preso il cognome, noto un elemento che in qualche modo mi avvicina a questo luogo, che accomuna questo monumento a quello da cui è partita l'idea del mio blog: il monumento di Valva.

Entrambi, infatti, sono sorti grazie al contributo degli emigrati nella città di Newark

New Jersey: nel 1924 la raccolta fondi dei valvesi, nel 1928 quella dei calabrittani (almeno è questa la data che leggo incisa sul monumento).


Società patria Libertà e lavoro.

È comprensibile che un gruppo di italiani emigrati in America abbia scelto questo nome per un'associazione di mutuo soccorso.

Liberando dal bisogno, il lavoro riconosce e valorizza la dignità umana. Forse questa è anche una definizione della memoria. Ricordare -nella verità e nella corretta contestualizzazione storica- libera dal rancore e dal fanatismo; ricordare -nella consapevolezza che la verità storica è sempre una conquista fragile e mai assoluta- libera dalla boria e dalla tentazione di fare della storia un tribunale morale in servizio permanente.  

A cento anni di distanza, non si avvertono più il profumo dell'incenso e l'eco della retorica, ma restano i nomi di giovani caduti in guerra e le loro età fissatesi per sempre in un numero inaccettabilmente piccolo. 

Questo blog non cerca eroi, ma radici; non si propone di celebrare vite inimitabili d'una eletta stirpe guerriera, ma di raccontare semplici vicende umane spezzate dalla guerra, che ha sottratto tanti giovani ai campi o a un lavoro da artigiano, alla vita nella famiglia e nella comunità.

Spesso seguiamo la traccia delle radici anche fuori dall'Italia, lungo i percorsi dell'emigrazione. Abbiamo dedicato un episodio del documentario Di radici e di sangue all'associazionismo italiano negli Stati Uniti. 

Proprio dalla biblioteca di Newark emergono foto di emigranti di Calabritto. Ritratti di famiglia che hanno varcato l'oceano nel fagotto degli emigranti, foto di processioni di epoca fascista direttamente da Calabritto, come queste:

fonte: Internet Archive

La scritta alla parete non è completa, ma possiamo ricostruirla sulla scorta di scritte simili: Il ricordo delle antiche prove freme nei nostri cuori così come l'impeto verso il futuro.

Oggi queste parole ci appaiono senz'altro come un indizio di fascistizzazione della memoria della guerra, con un accenno fallace a un futuro di potenza. Con la distanza temporale che abbiamo a disposizione, possiamo ricostruire il clima culturale ed emotivo nel quale sono sorti monumenti e sono state scritte queste frasi.

Si noti il patriottismo che emerge da questa foto, con la scritta W il Re sullo sfondo di una processione con molte statue (come un tempo si usava il giorno della festa patronale):

fonte: Internet Archive
Altre frasi della propaganda fascista sono leggibili in questa foto:
fonte: Internet Archive

In queste altre foto vediamo la processione della Madonna della Neve e di San Giuseppe negli Stati Uniti:

fonte: Internet Archive

fonte: Internet Archive

Un altro elemento mi porta in America. A pochi metri dal monumento ai caduti, infatti, vedo una fontana con la statua di Umberto I. L'epigrafe è vergata con la retorica di inizio Novecento:

Lo stesso busto lo ritrovo in una cronaca dell'Illustrazione italiana (celebre settimanale illustrato), dell'ottobre 1904:
fonte: Internet Archive

Il signor Alfonso Monaco, emigrato negli Stai Uniti, dona al suo paese natale un monumento al "re martire", con un pensiero che l'articolo definisce "geniale": "se dall'America partì il regicida, anche dall'America si mostrasse il valore dei calabritti ivi emigrati".
Credo che la fine della monarchia abbia suggerito di ricollocare il busto. Anche la memoria deve fare i conti col vento che cambia. 

Il mio senso dell'orientamento mi ha portato in America; per parlare del monumento di Calabritto occorre un secondo post. Confido nella vostra pazienza. 

Le foto delle processioni vengono dalla Gerard Zanfini and Michael D. Immerso First Ward Italian collection, presso: Charles F. Cummings New Jersey Information Center, Newark Public Library.

Newark, Newark

Il monumento di Calabritto è legato alla città americana di Newark.
Segnaliamo queati due episodi del documentario Di radici e di sangue:
L'episodio numero 4 ha come titolo 👉Patrie-Tra identità e integrazione.
Presenta le attività delle associazioni di mutuo soccorso, che nascono non solo dalla necessità di fornire assistenza agli iscritti ma anche da quella di costituire un punto di riferimento per persone che vivono in un mondo così diverso da quello nel quale sono cresciute. 
Queste associazioni sono fondamentali anche per l'integrazione degli emigrati negli Stati Uniti, oltre che a mantenere viva la loro identità, il legame con le radici.
Il quinto episodio si intitola 👉Come al paese -Una piccola Valle del Sele in America.
Si concentra sui circoli degli emigranti della Valle del Sele (Valva, Caposele), con particolare attenzione alla dimensione religiosa (ad esempio, la processione di San Gerardo a cura della comunità di Caposele). 

Approfondimento

Il nostro viaggio tra i monumenti ai caduti nei comuni dell'Alto Sele ha già fatto tappa a Castelnuovo di Conza e a Santomenna:

Monumenti ai caduti dell'Alto Sele, 3 continua

G.V.



 

25 settembre 2023

NICOLINA E LA GUERRA

Alla guerra va Ulisse, ma non è semplice la vita di Penelope. 
Nella nostra storia non abbiamo una moglie in attesa del ritorno del marito dalla guerra, ma una madre che attende invano il ritorno del figlio e poi -ventiquattro anni dopo-  una nonna che non riabbraccerà mai più suo nipote. 

Allegro maestoso
Nicolina Cozza è nota a Valva anche se in pochi l'hanno conosciuta. E' nota perché "di Nicolina" è una sorta di matronimico e di soprannome insieme, che distingue più di un cognome.

Chiariamo, per correttezza metodologica, che questo post si fonda su un'ipotesi che ci sembra molto plausibile: nell'ultimo quarto del XIX secolo a Valva c'è una sola donna di nome Nicolina Cozza. In linea puramente teorica potremmo trovarci in presenza di un caso di omonimia e -al di là di qualche parentela pure possibile- la ricostruzione non sarebbe più valida. Al momento risulta una sola donna con questo nome.

In questa foto, concessaci dalla nipote Norma, è sorridente e solenne: 

Forse uno dei suoi figli, che tutti a Valva ancora ricordano come "zio Pietro di Nicolina", musicista appassionato e desideroso di trasmettere ai più giovani le sue conoscenze, userebbe le parole musicalmente precise per indicare il ritmo: allegro maestoso, come questa 🎹 sonata per pianoforte di Mozart, credo.
La ascolto mentre scrivo, cerco di ascoltarla anche mentre rileggo questo post. 
Un ritmo allegro e maestoso.
A quello che leggo nei documenti, però, la vita di Nicolina non è stata allegra. 
Un figlio emigrato negli Stati Uniti e morto in Francia mentre combatteva la Grande Guerra con la divisa americana, un nipote mai tornato dalla Russia, nella Seconda guerra mondiale. 
Mi viene da pensare a una globalizzazione ante litteram: forse zia Nicolina non si è allontanata mai da Valva, comunque mai dalla provincia di Salerno, e ha avuto tre figli che sono emigrati in America, uno che è andato in Africa in guerra, un nipote disperso in Russia. 

Un caduto con la divisa di un altro colore
Le divise non contano nel cuore di una mamma.
Non sappiamo come abbia ricevuto la notizia della morte del figlio, nei campi di Francia a una settimana dalla fine della Prima guerra mondiale. 
Da bambino ho ascoltato il racconto di zia Rusulina, che ricordava questo dettaglio della sua infanzia: le campane a distesa per celebrare la fine della guerra. Credo sia stato proprio il 4 novembre. 
Penso che anche Nicolina Cozza in quel momento fosse contenta per la fine di una guerra che aveva portato via oltre trenta giovani di Valva. Suo figlio lo aveva portato via da Valva l'emigrazione e proprio in quelle ore moriva in Francia. 
La Company B del315.mo Fanteria americano in Lorena;
fonte: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 174)
Una settimana dopo la guerra sarebbe finita anche su quel fronte. 
Raffaele è morto mentre a Valva suonavano le campane perché in Italia la guerra era finita: a mezzogiorno del 4 novembre 1918, infatti, entrava in vigore l'armistizio firmato la sera prima a Villa Giusti (Padova), con il quale l'Italia vinceva la guerra contro l'Austria.
Abbiamo raccontato la storia  di Raffaele nel post 👉Raffaele, caduto nel giorno della vittoria

Una storia che sa di sale e di lavoro
In America c'è un altro suo figlio, Umberto- "Albert" nei documenti americani- che sposa una valvese, Antonietta Torsiello
Il matrimonio viene celebrato in una data molto romantica: il 14 febbraio 1915, a Retsof (contea di Livingstone, Stato di New York). Testimoni, il fratello dello sposo e la sorella della sposa: Raffaele e Vita Maria.
Gli sposi risultano residenti a Greigville, un centro più grande a pochi minuti di distanza. Non è difficile essere un centro più grande di Retsof (340 abitanti nel censimento del 2010).
Leggo su Wikipedia alcune notizie su Retsof ed è come se sentissi il mio dialetto misto alle prime parole imparate nella nuova lingua americana, è come se rivedessi le difficoltà di sempre della mia gente.

La popolazione originaria di Retsof era per lo più di origine italiana; viveva in un villaggio aziendale dove la miniera di sale possedeva le case e un negozio e gestiva il piccolo villaggio (assegnando le case ai suoi lavoratori). E' un modello abitativo comune in alcune aree industriali, con le aziende che forniscono l'alloggio ai propri dipendenti.  
Le famiglie italiane vivevano insieme a pochi non italiani. Gli altri, per lo più capi, vivevano sulla "Avenue" in case migliori con impianti idraulici.

A Retsof l'anno dopo nasce il primo figlio, Michele; nel 1919 a Torrington nascerà Fannie (Faye). 
Nel censimento del 1920 la famiglia risulta residente a Harwington e possiede una casa pagata con il mutuo.
In un documento del 1924, relativo alla richiesta di cittadinanza americana, non troviamo altri figli; in realtà, nel 1917 è nata Florence ma è deceduta a soli cinque anni nel 1922. Nel 1928 nascerà un'altra sorella, anche lei di nome Florence
Nel censimento del 1940 la famiglia risulta trasferita a Torrington.
In America nel 1920 arriva anche Pasquale Cozza, fratellastro di Umberto e Raffaele. 

Nato il 16 giugno 1903, Pasquale si imbarca il 16 agosto 1920 sulla nave Olimpic da Cherbourg, in Francia. Verosimilmente, è già emigrato in Francia e ora si gioca una seconda carta: l'America. Arriva a New York il 25 agosto, diretto a Torrington dal fratello Alberto Spiotta. Quando si iscrive nelle liste di leva durante la Seconda guerra mondiale risulta residente a Newark.

Altri due fronti di guerra
A Valva, intanto, la signora Nicolina ha avuto altri due figli: Maria Assunta (chiamata Maria Michela) e Pietro.
In questa foto vediamo Pietro (col copricapo bianco) in Africa, durante la guerra in Etiopia:
fonte
Eccolo in un'altra foto, questa degli Anni Ottanta, alla fine di un concerto di musica classica in Villa d'Ayala-Valva:

fonte
Maria Michela è la madre di Raffaele Cuozzo, soldato disperso in Russia nel gennaio 1943. Il nome è significativo: è quello del fratello della madre morto nella Grande Guerra.

A Raffaele abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia 
👉Una lettera dal fronte russo
👉Mio carissimo padre
In particolare, sottolineiamo che nella lettera spedita dal fronte russo nel dicembre 1942 (pubblicata sul nostro blog) il giovane soldato manda i saluti a "nonna Nicolina".

Ecco un brano della lettera:
[...] ora non mi prolungo vi saluto a tutti zio Ernesto zia Maria zia comara Ermelinda sorelle fratelli e in particolare la nonna Nicolina e voi genitori vi abbraccio e vi bacio vostro affezionatissimo figlio Cuozzo Raffaele.
La zia e madrina di battesimo Ermelinda ha scritto questa nota sul retro della foto da noi pubblicata: "La cara mamma ha fatto questa foto all'età di 68 anni nel 1941".

La famiglia di Umberto
Torniamo negli Stati Uniti.
Nel 1942 Umberto (o Albert) risulta registrato nelle liste di leva: una sorta di schedatura dei maschi ancora giovani. 
Dalla sua scheda apprendiamo che in questo periodo lavora all'American Brass Co., un'azienda che produce ottone. 
Ecco una foto -che pubblichiamo per gentile concessione del progetto Mills: Making Places of Connecticut, a project of Preservation Connecticut:

American Brass Co., filiale di Torrington, facciata Sud (uffici)

Nei decenni precedenti ha avuto un notevole sviluppo e durante la Seconda Guerra Mondiale produrrà anelli rotanti per proiettili d'artiglieria. Dopo la guerra l'azienda avrà un declino e nel 1961 a Torrington licenzierà quasi 700 dipendenti.
Umberto nel censimento del 1920 risulta macchinista, nel 1940 piallatore, nel 1950 "elevator man" (addetto all'ascensore) in una fabbrica di aghi.
Umberto è deceduto nel gennaio 1980 a Palm Beach, in Florida. La figlia Faye è morta appena tre giorni (a Torrington); a Palm Beach sono deceduti gli altri due figli di Umberto: Michael nel 1984,  Florence nel 2018.

Una storia umana
Quella dei fratelli Spiotta-Cozza è una storia valvese e americana. Quella di Nicolina Cozza è una storia umana, senza bandiere: una madre e poi una nonna che ha vissuto le conseguenze dell'emigrazione e della guerra, che portano via senza restituire figli e nipoti.


🙏
Un sentito ringraziamento a  Norma e Michele Caldarone, per la foto della loro bisnonna materna e per la preziosa collaborazione nel ricostruire vicende e nomi di una storia molto affascinante ma  complessa da dipanare.
🙏
A gracious thank you to "Mills: Making Places of Connecticut, a project of Preservation Connecticut" for the photo and information about the American Brass Co.
📖
The research on Valvesi Americans was conducted using documents for www.ancestry.com.

Approfondimenti e altre piste

I genitori di Antonietta Torsiello, moglie di Umberto, si chiamavano Giuseppe e Flora Florio (?), nome che nei registri americani diventa ben presto Florence, come infatti si chiameranno la nipotina morta soli cinque anni nel 1922 e la sua sorellina nata nel 1928.
Un fratello di Antonietta si chiama Cesare, che nel 1912 sposa a Torrington Ermelinda Clotilde Maria Porcelli. Ipotizziamo che la signora sia una zia del soldato Henry Porcelli, che dopo lo Sbarco di Salerno nel 1943 verrà a Valva a conoscere la nonna. Ad Henry Porcelli il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:

G.V.

21 settembre 2023

RAFFAELE, CADUTO NEL GIORNO DELLA VITTORIA

Morire nel giorno della vittoria.

Il 4 novembre 1918 a Valva suonano le campane a distesa, per celebrare la fine di una guerra che si è portata via circa quaranta giovani.

Uno di questi cade in combattimento proprio nel giorno di festa; è festa in Italia, ma il cannone risuona ancora sui campi di Francia.

Raffaele Spiotta nasce a Valva il 29 ottobre 1890, da Michele e Nicolina Cozza. Due anni dopo nasce suo fratello Umberto.

Raffaele ha il nome della nonna materna; suo padre Michele è nato il 24 marzo 1861: una settimana dopo la proclamazione del Regno d'Italia. Il fratello di Raffaele ha il nome del Re d'Italia Umberto I (che regna dal 1878 al 1900), ma nei documenti americani sarà chiamato quasi sempre Albert.

I due fratelli emigrano negli Stati Uniti e si stabiliscono a Torrington, nel Connectictut.

Raffaele si arruola il 27 maggio 1918, nella 1 Company 153 Dep Brig fino al 22 giugno, poi nella Company B, 315 Infantry (Fanteria).

Dopo l'addestramento a Camp Meade, si imbarca dal porto di Hoboken (New Jork)  il 9 luglio 1918, diretto in Francia.

La compagnia B a Camp Meade, in:
The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 166)

Ecco come un suo commilitone racconta quei giorni:

Verso il 25 giugno ricevemmo la notizia che saremmo partiti per l'oltreoceano a breve, quindi da quel momento in poi fu un gran trambusto per preparare le attrezzature e fare tutte le ultime preparazioni. Salimmo a bordo del treno il pomeriggio del 7 luglio, diretto a Hoboken, e la mattina successiva ci trovavamo a Jersey City. Lì ci stiparono su traghetti e ci portarono a Hoboken, dove salimmo a bordo dell'USS America. Nel pomeriggio del 9 luglio uscimmo lentamente dal porto e, al ritmo di "Addio Broadway, Ciao Francia" suonato dalla banda, salutammo gli Stati Uniti d'America. Durante il viaggio, tutti noi, istintivamente, tenevamo gli occhi fissi sull'acqua, cercando i tanto temuti sommergibili, ma finalmente il 18 luglio arrivammo senza incidenti nel bellissimo porto di Brest. Sbarcammo quella sera e ci dissero che avremmo dovuto andare in un campo di riposo per qualche giorno. Dopo una lunga marcia arrivammo al nostro campo di riposo dopo il tramonto. (Chi ha detto "campo di riposo"?).

Questi i suoi ricordi sui primi giorni in Francia:

Il 21 luglio lasciammo Brest e, dopo un viaggio di tre giorni attraverso la Francia nella famosa "side-door Pullman" - sai, "40 Hommes-8 Chevaux" - arrivammo a Vaux, Haute Marne. Da lì, facemmo una marcia fino al villaggio di Courcelles, a sei chilometri di distanza, dove venimmo "alloggiati", all'epoca un'esperienza nuova per noi, ma ora ben compresa. Oh! Come avremmo potuto mai lamentarci delle condizioni a Camp Meade? Erano il Paradiso rispetto alle stalle in Francia. Ma quello era allora, in seguito sarebbe arrivato il momento in cui qualsiasi tipo di riparo sarebbe stato il benvenuto.  
in: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 166) 

Una cucina da campo della Compagnia B in: 
The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 169)

In Francia Raffaele combatte a Montfaucon, Meuse Valley, Verdun; risulta "killed in action" il  4 novembre 1918, una settimana esatta prima della fine del conflitto.

Ecco un sintetico racconto di quella giornata, che troviamo nella The official history of the 315th. Infantry USA (dalla quale abbiamo tratto anche i brani precedenti):

La mattina del 4 novembre, dopo aver inviato piccole pattuglie di ricognizione, la Seconda Sezione, coprendo il lato sinistro del nostro settore e il lato destro del 316° Fanteria, ha iniziato ad avanzare ma è stata fermata da un così pesante fuoco di mitragliatrice nemico che ha subito ventitré feriti avanzando di circa 75 metri.                                                    in: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 169)

Morire mentre in Italia si festeggia la fine della guerra, morire mentre la propria compagnia avanza di 75 metri: anche se la guerra sta finendo anche nel resto d'Europa, ha ancora i caratteri della guerra di logoramento che in Francia ha avuto fin dall'estate del 1914.

La Company B in Lorena, in: 
The official history of the 315th. Infantry USA
 (pag. 174)

La notizia della morte di Raffaele è comunicata a suo fratello "Albert", che vive a Torrington allo stesso indirizzo (58 Colt Avenue).

Nelle scheda di registrazione compilata all'atto dell'arruolamento, Raffaele scriveva di aver manifestato l'intenzione di ottenere la cittadinanza americana:

fonte

Raffaele riposa nell'Old Saint Francis Cemetery di Torrington. 

Ecco la lapide che la città ha dedicato ai suoi uomini morti "per la causa della giustizia e dell'umanità", nella quale compare il suo nome:

Il nome di Raffaele Spiotta è evidenziato in bianco; fonte

"Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici", è la frase evangelica in basso.

Un'altra lapide ricorda i servigi degli eroici volontari e gli uomini e le donne di Torrington che si sono sacrificati in guerra, senza fini egoistici, affinché i principi della giustizia si affermassero in tutto il mondo. Gli uomini di Torrington, ricorda l'epigrafe, combatterono sui campi di battaglia d'Europa, inclusi i seguenti: Settore difensivo, Champagne, Aisne, Marne, Meuse, St. Mihiel, Argonne. Ecco la conclusione"Per una giusta causa hanno guadagnato gloria immortale e hanno servito nobilmente la loro nazione servendo l'umanità".

Torneremo sulla storia di Raffaele, perché il suo nome sarà dato a un nipote valvese, che troverà la morte durante la Seconda guerra mondiale, in Russia: Raffaele Cuozzo. In particolare, cercheremo di raccontare la vicenda dal punto di osservazione della signora Nicolina Cozza, madre del soldato morto in Francia con l'esercito statunitense e nonna di quello morto in Russia con la divisa italiana. Forse un esempio di globalizzazione ante litteram; più semplicemente, un dolore che si rinnova nel cuore di una donna.

The documents were consulted on www.ancestry.com

Post scriptum

La traduzione dei brani tratti dalla The official history of the 315th. Infantry USA  è opera di un assistente Ai di OpenAI, quella dell'epigrafe -di cui è stata riportata una parafrasi- è stata fatta da Filippo Vuocolo.

Alla vicenda del soldato Raffaele Cuozzo, il nostro blog ha dedicato i seguenti post:


G.V.

01 settembre 2023

FRANCESCO E CARMINE, MORTI IN FRANCIA CON LA DIVISA AMERICANA

Avrò letto questi nomi decine di volte.

Eppure, non avevo mai notato che la precisione con cui sono stati scritti si interrompe alla fine dell'elenco dei soldati caduti in combattimento: due nomi non rispettano l'ordine alfabetico.

Ora so che non è una svista ma una scelta.

Quando nel 1924 i valvesi hanno eretto il monumento ai caduti in guerra, grazie al contributo del Circolo valvese "Santa Maria Assunta" di Newark, hanno scelto di includere nell'elenco dei caduti anche due concittadini che erano morti con un'altra divisa: quella americana.

Abbiamo già affrontato il tema della scelta fatta da alcuni valvesi di combattere con l'esercito del Paese in cui sono emigrati, si veda il post La divisa nella quale combattere.

È per loro un'opportunità: dopo la dura china della guerra intravedono la cittadinanza, l'integrazione, una nuova vita. 

Partono per l'Europa, in genere nella primavera del 1918 e vi restano fino alla primavera inoltrata del 1919: così leggiamo dagli elenchi dei soldati sulle navi nella tratta da New York alla Bretagna.

Abbiamo raccontato le storie di Amedeo Catino (con un fratello caduto nell'esercito italiano), di Frank Grasso (poi celebre direttore d'orchestra in Florida), di Tony Marcello e stiamo cercando informazioni su Pietro Falcone.

In questo post ci occupiamo dei due soldati caduti in terra francese, uno dei quali riposa ancora lì in un cimitero americano.

Ecco una foto di Francesco Torsiello, nato a Valva l'11 giugno 1890.

È uno zio di zia Carmela, intervistata nel post Quando la montagna era rifugio; la signora ci ha parlato di lui e ce ne ha mostrato il ritratto, al quale è molto affezionata.

Nell'atto di nascita di Francesco Torsiello leggiamo che è nato in via Piazza dell'olmo 15 l'11 giugno 1890, figlio di Carmine (contadino di 44 anni) e di Angela Cuozzo. L'atto è sottoscritto solo dall'ufficiale di stato civile e sindaco Paolo d'Urso, poiché il padre del bambino e i due testimoni (il sarto Antonio Fasano e il contadino Francesco Spiotta) si sono dichiarati analfabeti.

Non è semplice seguire le orme di Francesco negli Stati Uniti, possiamo fare solo delle ipotesi.

Dovrebbe essere lui il soldato caduto il 13 ottobre 1918 e sepolto in Francia con il nome Frank Torssiello (sic!):

Sezione D, fila 6, tomba 6; per una visita virtuale al cimitero, si veda il sito

Il soldato risulta "killed in action" (morto in combattimento) a Romagne-sous-Montfaucon e sepolto nel cimitero Meuse-Argonne American Cemetery.
Frank apparteneva al 305th Infantry Regiment, 77h Division.
Il reggimento viene organizzato a Camp Upton, New York, nell'agosto 1917; partecipa alle campagne Oise-Aisne, Mosa-Argonne, Champagne e Lorena. Viene smobilitato nel maggio 1919.

Frank parte il 16 aprile 1918 sulla nave Vauban; risulta residente a New York e dichiara di avere uno zio di nome Michele.

In un altro documento leggiamo che si è arruolato il 27 febbraio 1918, all'età di 27 anni e 9 mesi (corrisponde); come luogo di nascita è indicato Maples, Italy (avranno approssimato un bel po'). Ha prestato servizio all'estero dal 16 aprile 1918 (appunto la data dell'imbarco) al 13 ottobre (quella in cui viene ucciso):

La sua morte viene notificata allo zio, il cui nome nel documento è scritto Mike Torssido (sic!), al numero 59 di Greene Street, Jersey City.

All'Archivio di Stato di Salerno Francesco Torsiello risulta essere stato disertore perché era all'estero; un'annotazione del 1924 cita l'atto di notorietà del Comune di Valva che dichiara che il soldato è morto in Francia, militante nell'esercito americano.

Valva, Monumento ai caduti

Sempre in Francia,  nel Dipartimento della Marna (regione Champagne-Ardenne), muore l'altro valvese Carmine Figliulo; la data che troviamo nei documenti è il 20 febbraio 1919

Visto che la guerra era finita nel novembre precedente, possiamo dedurne che il soldato sia deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento (o a una malattia contratta in guerra).

A Carmine dedicheremo un post più approfondito, perché stiamo verificando un'ipotesi suggestiva: è possibile che egli abbia prima combattuto la guerra italo-turca con l'esercito italiano e poi sia  emigrato negli Stati Uniti, combattendo la Grande guerra con quello americano e trovandovi la morte.


Si ringrazia la dott.ssa De Donato dell'Archivio di Stato di Salerno

P.s. Documents are taken by www.ancestry.com

G.V.

05 luglio 2023

IL SOGNO AMERICANO INFRANTO SUL CIGLIO DI UNA STRADA

     Così remiamo, barche contro corrente, risospinti senza sosta nel passato.       

 F. Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby

A volte il sogno americano può infrangersi sul ciglio di una strada e la polvere copre le speranze riposte in un futuro agiato in una città industriale, come ad esempio la Kansas City che esplode di vita negli Anni Venti.

Quando nel dicembre 1922 Angelo Spiotta presenta la sua petition for naturalization, sicuramente ha in mente un altro avvenire. 

Vive nello stato del Missouri dal giugno del 1905, quando è arrivato negli Stati Uniti a bordo della nave Cretic.

Nella lista passeggeri sbarcati a New York il 7 giugno 1905  il diciottenne valvese Angelo Spiotta dichiara di avere con sé 25 dollari, di aver pagato il proprio biglietto di viaggio e di raggiungere a New York lo zio Filomeno Ferrante, che non abbiamo ancora identificato.
In un documento del 1908 Angelo Spiotta risulta residente a Kansas City, al 515 Forest Ave.

Nel censimento del 1910 Angelo Spiotta risulta residente con la famiglia della sorella Santina; si dichiara lavoratore dipendente in una stazione o tratta ferroviaria, sa leggere e scrivere.

Il capofamiglia risulta Nicola Cuozzo; oltre alla moglie Santina (ma nel censimento risulta "Sandra"), troviamo le figlie Lizzie (otto anni), Mary (sei) e i figli Samuel (tre) e Joseph (uno).

Nel 1914 inizia la Prima guerra mondiale.

In Italia, il fratello di Angelo -Michele, classe 1894, soldato del 148.mo Reggimento fanteria- cade nell'agosto 1915 in seguito alle ferite causate da una granata. Ci siamo occupati della sua vicenda con due post, nei quali abbiamo presentato la lettera che ne annuncia la morte da eroe e una sua lettera al padre, alla vigilia dell'inizio del conflitto.

Negli Stati Uniti, Angelo Spiotta si registra nelle liste di leva americane: è il settembre 1918. Da questo documento apprendiamo che ora risiede in Homes St. al numero 558, sempre a Kansas City. Una curiosità: risulta lampligher, incaricato di accendere e spegnere i lampioni per l'illuminazione pubblica. Non è ancora sposato: indica come parente più prossimo la sorella Santina.

E arriviamo alla domanda di naturalizzazione che abbiamo già citato. 

Angelo dichiara di essere un laborer (operaio), residente al 515 Forest Ave, come nel censimento del 1910: non sappiamo perché sia tornato ad abitare nella casa precedente.

Gli affidavit a sostegno della domanda sono firmati dal cognato Nicola Cuozzo e  da Louis Mazuch, un avvocato.

La richiesta di naturalizzazione viene respinta, ma esattamente due anni dopo, il 22 dicembre 1924, Angelo Spiotta risulta naturalizzato.

Angelo Spiotta muore il 5 luglio 1928 in seguito a un incidente stradale, come leggiamo nel suo atto di morte; il 9 luglio viene sepolto nel cimitero cattolico di Mount Saint Mary.

A Valva, il suo comune natale, c'è ancora la cappellina eretta per sua volontà, accanto alla chiesa della Madonna degli Angeli.
Come ci ricorda questa epigrafe, la cappella è un dono di Angelo alla popolazione valvese:

Ecco le due sorelle: si noti la diversità di abbigliamento; la minore indossa il tradizionale costume valvese da "pacchiana", la maggiore vive in America ed è vestita in maniera più moderna.

Inizio Anni Trenta: Santina e Maria Michela(la sorella vestita da pacchiana);
la bambina è la nipote di Maria Michela, Maria Spatola


G.V.

25 marzo 2023

LA DIVISA NELLA QUALE COMBATTERE

Ed un cielo di zucchero nero e di carta stellata
prometteva esperienza e mistero per tutta la strada.

Francesco de Gregori, Sulla strada 

Non sono facili le vie dell'emigrazione, non lo sono mai state.

Alcune hanno la forma quasi circolare che riconduce al punto di partenza, con l'esperienza maturata altrove; altre si aprono in altre strade e dischiudono orizzonti imprevedibili.

Mi viene da pensare all'esperienza e al mistero che può nascondere la scelta di lasciarsi alle spalle il paese, la casa, gli affetti e partire per l'America, puntando tutto su una carta ancora coperta.

Un nuovo mondo, una nuova lingua, spesso una nuova cittadinanza, a volte anche una nuova patria da difendere in guerra.

Henry Porcelli col padre Antonio e la madre Mabel nel 1942

Dalle nostre ricerche sono emerse storie di valvesi che hanno indossato la divisa dell'esercito statunitense nella Prima e nella Seconda guerra mondiale.

Altri valvesi, nati in America da genitori emigrati, sono invece tornati a Valva per combattere nell'esercito italiano.

Forse è più semplice inquadrare storicamente la scelta dei soldati di origine italiana di combattere nell'esercito americano nella Seconda guerra mondiale; si pensi ad esempio ad Henry Porcelli, la cui storia abbiamo raccontato in diversi post:

👉Dopo lo sbarco a Salerno un soldato americano visita la nonna a Valva
👉Sulle tracce del soldato Porcelli
👉Il suo nome era Henry Porcelli
👉Storie come strade

Figlio di un emigrante valvese, Henry è nato cittadino americano e per lui è stato normale arruolarsi nell'esercito del suo Paese.

Certo, il destino avrebbe potuto metterlo nella drammatica situazione di bombardare il comune di origine di suo padre, uccidendo anche suoi parenti. Per fortuna, la foto in cui è sorridente accanto alla nonna vestita da pacchiana dimostra che le cose sono andate diversamente.

Henry Porcelli con la nonna a Valva, nel 1943

La scelta di arruolarsi nell'esercito americano in occasione della Grande guerra è meno scontata, perché si tratta di cittadini italiani giunti da poco negli Stati Uniti.  Alcuni rispondono alla chiamata alle armi dell'esercito italiano, ma la maggior parte si arruola in quello americano.

Il Paese che accoglie viene evidentemente percepito subito come una nuova patria per la quale si è disposti eventualmente anche a sacrificare la vita. 

In un suo articolo pubblicato nella rivista Eunomia dell'Università di Lecce, il prof. Giuseppe Mazzaglia individua come prima ragione che spinge a considerare più vantaggioso combattere a fianco degli americani quella di carattere utilitaristico: un periodo al fronte assicurava la carta di lavoro e un un passaggio facile verso la cittadinanza, per sé e per la propria famiglia; "la prospettiva di un permesso permanente addolciva la pillola", commenta Mazzaglia.

In una fase in cui l'immigrazione di massa dall'Europa era ancora in pieno sviluppi, prosegue il professore, si passava da una miseria assoluta a condizioni di vita ancora precarie ma con l'obiettivo di migliorare. 

Qualsiasi modo per velocizzare il processo di integrazione era ben accetto, fosse anche il caso di mettere a rischio la propria vita per un paese di cui ancora non si conosceva bene la lingua. Oltretutto, la maggior parte degli uomini tra i diciassette e i trentacinque anni la vita la rischiava ugualmente lavorando nelle miniere, come carpentieri e muratori, a posare le ferrovie e nelle fabbriche.  [...]  

L’Italia, poi, era il posto da cui erano scappati, che li aveva costretti a emigrare per non vivere in miseria. Per molti, il fatto di poter servire il loro paese d’adozione significava un passo verso la pubblica accettazione che fino ad allora avevano potuto soltanto sperare.

G. Mazzaglia, I pugliesi che combatterono nell'esercito americano nella Prima guerra mondiale, 2018 

Tra coloro che si arruolano, 1030 cadono in combattimento, muoiono in seguito alle ferite riportate in combattimento o sono dichiarati dispersi. La regione italiana con il numero più alto di soldati caduti nell'esercito statunitense è la Campania, che al tempo comprendeva anche la "Terra di Lavoro" (e dunque anche l'attuale provincia di Frosinone e buona parte di quella di Latina), con 249 caduti.

Tra questi caduti, il valvese Carmine Figliulo, che risulta morto in Francia il 20 febbraio 1919 nel Dipartimento della Marna (regione Champagne-Ardenne). Visto che la guerra era finita nel novembre precedente, possiamo dedurne che il soldato sia deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento (o a una malattia contratta in guerra).

Tumulazione della salma di Carmine Figliulo a New York, nel 1922;
la foto è stata pubblicata da Gozlinus

Alla sua vicenda Gozlinus ha dedicato due post:

Un altro valvese risulta arruolato nell'esercito statunitense nella Grande Guerra: Francesco Grasso, che diventerà un famoso direttore d'orchestra in Florida col nome americanizzato di Frank Grasso.

A lui il blog Gozlinus ha dedicato diversi post, tra i quali segnaliamo quello più ricco di informazioni:👉Il maestro delle stelle.

Arrivato negli Stati Uniti nel 1912, risulta arruolato nel 1918 e congedato nel 1919; dalla tomba risulta che durante la guerra faceva parte di una brigata di deposito (quindi non ha combattuto sul fronte).

Ecco la foto della sua tomba:

Il nostro blog ha dedicato molto spazio alle vicende della famiglia Freda: due dei fratelli di quella famiglia di emigranti valvesi hanno combattuto la Grande Guerra nell'esercito statunitense, mentre tre loro figli hanno combattuto la Seconda Guerra Mondiale (e in un caso anche quella di Corea).

Un caso particolarmente significativo è quello dei fratelli Catino: Michele caduto sul Carso con l'uniforme italiana, Amedeo sopravvissuto -ma non indenne- ai gas di Verdun con quella americana.

Quelli che hanno scelto l'Italia

Sabato Fratangelo, classe 1895, calzolaio, nasce a Piffard, negli Stati Uniti, il 10 agosto 1895, da Francesco e Filomena Spiotta.
L'Italia lo chiama alla visita militare e poi a combattere nella Grande guerra, nella quale cadrà.

Alla sua storia abbiamo dedicato dedicato il post 👉 Sabato, nato in America e morto in guerra da italiano.

Ancora diversa è la storia di Giuseppe Marcelli, nato a Newark nel 1921, chiamato alle armi in Italia nel 1943, sbandato dopo l'8 settembre 1943. E' verosimile che sia tornato negli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale.

Della sua vicenda e di quella della sua famiglia ci siamo occupati nel post 👉 Da Newark a Valva per la guerra e poi il ritorno.

...un cielo di zucchero nero e di carta stellata; foto di Giancarlo Feniello (G+)

G.V.