Non è semplice stabilire quando sia cominciata, a Valva, la tradizione del tamburo di San Michele.
Certe cose ci sono, si tramandano, si portano avanti ed è bello così, ma legarle a un contesto o a un avvenimento può farcele sentire più vicine e apprezzare ancora di più.
Prima dell'alba, nei giorni che precedono la festa patronale dell'8 maggio, mentre tutto dorme un tamburo gira per il piccolo borgo.
Un rullare amico, un suono che precede la luce e dà segno / della festa che viene -direbbe il poeta- ed a quel suon diresti / che il cor si riconforta.
Dal 2012, il tamburo è affidato al signor Michelino Cuozzo, che lo suona con dedizione -e gratuitamente- ogni mattina della novena. «È giusto portare avanti certe tradizioni, finché si riesce», ci dice.
Qualche anno fa ha rinunciato al compenso che il comitato festa voleva riconoscergli e ha chiesto che con quei soldi fosse comprato il tamburo, come è stato fatto.
Ecco il signor Michelino in azione:
Le testimonianze finora raccolte ci riportano agli anni del dopoguerra.
Zio Antonio – recentemente scomparso – suonava un tamburo appartenente a Bonaventura Megaro, storico maestro di banda. Ricordava che, per un certo periodo, era Michele Alfano detto Girinea, l’altro capobanda del paese, a scegliere chi dovesse suonarlo. Zio Antonio ha raccontato anche un episodio buffo: una mattina, nel silenzio dell’alba, mentre faceva rullare il suo tamburo tra i vicoli deserti del centro storico, trovò un uomo ubriaco addormentato all’aperto, davanti alla chiesa madre.
Il recupero della tradizione
Verso la fine degli anni Ottanta, il signor Pietro Cozza raccontava ad alcuni nipoti di quando, anni prima, organizzava le feste patronali di Valva.
Grande appassionato di musica, aveva persino fondato una propria banda musicale. Con il terremoto, però, gli strumenti andarono perduti; tutti, tranne un tamburo, che riuscì a recuperare.
Fu proprio da quei racconti che nacque l’idea di riportare in vita la tradizione del tamburo di San Michele. Il tamburo venne sistemato, e così due nipoti di zio Pietro — prima Salvatore, poi suo fratello Michele — ripresero la tradizione, più o meno all’inizio degli anni Novanta.
Verso la fine degli anni Ottanta, il signor Pietro Cozza raccontava ad alcuni nipoti di quando, anni prima, organizzava le feste patronali di Valva.
Grande appassionato di musica, aveva persino fondato una propria banda musicale. Con il terremoto, però, gli strumenti andarono perduti; tutti, tranne un tamburo, che riuscì a recuperare.
Fu proprio da quei racconti che nacque l’idea di riportare in vita la tradizione del tamburo di San Michele. Il tamburo venne sistemato, e così due nipoti di zio Pietro — prima Salvatore, poi suo fratello Michele — ripresero la tradizione, più o meno all’inizio degli anni Novanta.
Quando una tradizione è viva
Quando ero uno studente delle medie, ho contribuito a realizzare un giornalino di classe in cui ho curato la pagina dedicata al tamburo di San Michele.
Qualche anno fa, il blog "Gozlinus" ha pubblicato quella pagina:
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fonte |
A tenerla viva è anche la sua capacità di adattarsi senza perdere identità, di rinnovarsi senza snaturarsi.
Quest'anno, ad esempio, il signor Michelino è stato accompagnato da un gruppetto di persone, tra le quali il parroco e in un caso anche il sindaco.
Questo post è poca cosa, ma è dedicato alla memoria del signor Antonio Cozza la cui voce ho riascoltato -con emozione- mentre scrivevo queste righe.
Al signor Michelino Cuozzo, innanzitutto per la dedizione con cui consente a questa tradizione di conservarsi e anche per la sua preziosa testimonianza (grazie anche alla figlia Valentina che l'ha raccolta).
Alla signora Marinella Cozza, che ha raccolto la testimonianza del caro papà Antonio.
Alla signora Stefania Feniello, autrice del video e della foto del caffè.