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04 maggio 2023

IN MEMORIA DI GIUSEPPE FENIELLO

In memoria di
GIUSEPPE FENIELLO 
1923-2023

ultimo reduce valvese della Seconda Guerra Mondiale 


Hanno l'impercettibile sussurro, 
Non fanno più rumore
Del crescere dell'erba,
Lieta dove non passa l'uomo.

Giuseppe Ungaretti, Non gridate più



Soldato della Seconda Guerra Mondiale
10° Reggimento genio-marconisti di Santa Maria Capua Vetere
catturato in Africa Settentrionale il 6 aprile 1943
prigioniero degli inglesi fino al 9 agosto 1946
rientrato a casa il 20 settembre 1946

Giuseppe Feniello nella festa del suo centesimo compleanno

Al signor Giuseppe Feniello il blog la ràdica ha dedicato alcuni post e un eBook:


Le nostre sentite condoglianze ai familiari tutti.

15 aprile 2023

PIERINO, IL CALZOLAIO PRIGIONIERO IN SUDAFRICA

Soldato prima della guerra, ancora prigioniero quando era già finita.

Pierino Vacca era infatti militare in Libia  prima che iniziasse la guerra ed è tornato a casa sei mesi dopo la fine di questa.

In mezzo, sette mesi di guerra e oltre quattro anni di prigionia.

Militari  italiani prigionieri degli inglesi in Sudafrica; fonte

Nato a Valva nel 1914, di professione calzolaio, Pierino  giunge al centro mobilitazione presso l'ospedale militare di Napoli a fine maggio 1940: l'Italia non è ancora entrata in guerra quando egli sbarca in Libia, il 5 giugno.

I giornali di martedì 11 giugno riportano, con toni trionfali, la notizia del discorso di Mussolini della sera prima; ecco una celebre prima pagina, cha dà la notizia dell'entrata in guerra:

Quello stesso giorno, Pierino Vacca viene assegnato alla 15.ma sezione di Sanità mobilitata; "portaferiti", è annotato sul suo foglio matricolare.

Una curiosità: tra le "cognizioni extraprofessionali" dichiara di saper andare in bicicletta.

Sul suo foglio matricolare l'informazione successiva è direttamente quella del 23 gennaio 1941; secca, come il linguaggio dei documenti militari sa essere: prigioniero di guerra in seguito agli avvenimenti di guerra in A.S. (Africa Settentrionale).

Cosa è successo il 23 gennaio 1941?

In mancanza di altri documenti, possiamo fare delle ipotesi.

La guerra in Libia fino al gennaio 1941

L’artiglieria italiana presente in Libia risale alla Prima guerra mondiale, gli automezzi sono insufficienti e il governatore Balbo sollecita rinforzi. 
Caduta la Francia nel giugno 1940, lo stato maggiore dell’esercito italiano pianifica un attacco all’Egitto, controllato dagli inglesi; nei messi successivi, però, Mussolini sposterà l’attenzione sulla Grecia e sulla Jugoslavia.   
Dunque i rinforzi non arrivano e intanto si intensificano le incursioni inglesi contro gli italiani.
Balbo morirà in volo il 28 giugno, abbattuto per un tragico errore dalla contraerea italiana a Tobruch (la piazzaforte italiana più difesa dell’Africa Settentrionale).
A settembre inizia l’offensiva italiana guidata dal nuovo governatore, Graziani. Viene conquistato il villaggio di Sidi el Barrani, sottratto agli inglesi (oggi in Egitto, a 240 km da Tobruch).
Gli inglesi ottengono i rinforzi richiesti e truppe fresche (indiani, australiani) e a dicembre infliggono gravi perdite agli italiani, facendo moltissimi prigionieri: lo schiera-mento italiano si mostra inadeguato a una guerra di movimento.
A gennaio, cade la piazzaforte di Bardia, non lontana da Tobruch; anche in questa occasione, sono molti i prigionieri italiani.
L’attacco ora è rivolto a Tobruch; nella notte tra il 21 e il 22 gennaio avviene l'autoaffondamento dell'incrociatore italiano San Giorgio. 
Alcuni reparti resistono fino al 23 gennaio.

La prigionia in Sudafrica

Dunque, Pierino Vacca è stato uno degli oltre ventimila soldati italiani fatti prigionieri a Tobruch. Di certo, il suo destino nei giorni e negli anni successivi è il medesimo di tanti italiani: le testimonianze parlano di una lunga marcia a piedi lungo la via Balbia, fino al porto di Sollum; poi, l'imbarco sulle navi per Alessandria d'Egitto e i campi di smistamento sul Canale di Suez.

Da lì, la maggior parte dei prigionieri italiani viene inviata nel campo di Zonderwater, in Sud Africa. 

Sarti al lavoro nel campo; fonte

Pierino Vacca sarà il prigioniero numero 114752 del più grande campo di prigionia degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale; ha raccontato di aver svolto la professione di calzolaio anche lì.

Falegnameria; fonte

Un frantoio nel campo; fonte

Una cittadella organizzata dagli italiani

Il campo di Zonderwater era costituito da quattordici blocchi, per un totale di 44 campi; ogni campo poteva ospitare duemila uomini, dunque un blocco ne accoglieva in media ottomila.

E' celebre l'organizzazione del campo: scuole per analfabeti, scuole di lingue e professionali, biblioteche, attività teatrali, musica, sport. Una vera e propria cittadella, dunque, progettata dai prigionieri italiani, con il sostegno del colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, un ufficiale illuminato che, come ha scritto Gian Antonio Stella, "cercò davvero di non aggiungere ferocia e protervia alle pene di quegli italiani prigionieri a migliaia di chilometri da casa". 

Una classe della scuola "Duca d'Aosta"; fonte

Calcio nel campo; ogni blocco aveva una sua squadra e si organizzavano campionati interblocco; fonte

Ci occuperemo ancora del campo di Zonderwater, in particolare dell'organizzazione del campo e dell'aspetto sportivo.

Il ritorno a casa di Pierino

Pierino Vacca risulta rientrato dalla prigionia e presentatosi al centro alloggio di Taranto il giorno 1 novembre 1945.

Forse ha fatto in tempo a seguire le notizie sulla sua amata Juve impegnata,  domenica 4, in una partita contro l'Atalanta finita 1-1, in quello che in anni così difficili si chiamava Campionato di Divisione Nazionale; a causa delle devastazioni dovute alla guerra, infatti, si era tornati a una divisione tra un campionato del Nord e del Centro-Sud, con un girone finale nazionale per l'assegnazione dello scudetto (quell'anno vinto dal Grande Torino).

Una bella foto della famiglia Vacca; Pierino è l'uomo al centro, l'altro a sinistra è suo padre Ermelindo, la signora con l'ampio fazzoletto in testa è la madre Maria Giuseppa Spiotta;
quella con il vestito più scuro e la bottiglia in mano è la moglie Velia Torsiello.
Tra i  bambini, la figlia Giuseppina è la seconda da sinistra, il figlio Ermelindo il penultimo; 
fonte

Oltre i cento anni

Nel 2014 Pierino Vacca ha raggiunto il mirabile traguardo dei cento anni.

Ecco le belle parole che gli ha dedicato il presidente dell'Associazione Zonderwater Block ex Prigionieri di Guerra, Emilio Coccia:

Cent'anni dei quali oltre cinque, tra i più belli della vita poiché a cavallo tra giovinezza e maturità, trascorsi in guerra, in prigionia, fra disagi e tormenti, privato della cara libertà e sempre a contatto con la sofferenza di tanti compagni d'arme. Ma è spesso in quei dolorosi frangenti dove nascono amicizie sincere e forse anche qualche buon ricordo: ricordo degli anni veri e forte insegnamento per quelli a venire.

                                                                                                                       G.V. 

Per approfondire:

🎥La battaglia di Tobruk- Carri armati nel deserto, video Rai

📙Carlo Annese, I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport

🔗http://www.zonderwater.com/it/prigionieri-di-guerra.html



27 marzo 2023

IL SOLDATO CHE EVASE DALLA PRIGIONIA

Nel post Le tre guerre di Donato Vacca abbiamo già presentato le vicende del soldato valvese volontario nella Guerra civile spagnola.

fonte

Ora ci occupiamo degli anni 1941-1946.

In Africa

L'11 gennaio 1941 Donato Vacca si imbarca da Napoli per l'Africa Settentrionale; sbarca a Tripoli il 14.

Viene fatto prigioniero durante la battaglia di Agedabia, una località che costituiva il principale nodo stradale che collegava Tripoli a Bengasi. 

Nel dicembre 1941 le forze britanniche avevano costretto l'Afrika Korps del generale tedesco Rommel a ritirarsi da questo territorio; il 2 aprile 1942 gli inglesi perdono di nuovo la città, ma la riconquisteranno definitivamente il 23 novembre 1942.

Il 2 aprile Donato evade dalla prigionia e si presenta al presidio di Barce, città della Libia (oggi Al Marj).

Il 18 aprile è inviato al centro raccolta reduci della prigionia di guerra a Bengasi; viene assegnato all'VIII Battaglione Carri del 132.mo Reggimento Fanteria Carristi.

1942-1943

Nel settembre ottiene una licenza premio di 15 giorni, nel dicembre lo troviamo nel 1 Reggimento Carristi, a maggio 1943 ha una licenza coloniale di 45 giorni, rientra il 13 luglio.

La guerra in Africa è di fatto conclusa nel maggio 1943, con la vittoria degli Alleati.

A fine agosto 1943 lo troviamo nel 1 Reggimento Carristi di Vercelli.

L’ 8 settembre 1943 viene annunciato l’armistizio con  le forze Alleate, il 9 Donato Vacca risulta sbandato; si sottrae alla cattura in territorio occupato dai nazi-fascisti; si ricongiunge al comando italiano.

Rientra in famiglia il 12 ottobre, da considerarsi in licenza ordinaria.

Una bella foto della famiglia Vacca nella prima metà degli anni Cinquanta; fonte

Gli ultimi anni

Non è semplice ricostruire gli avvenimenti dei mesi successivi: il foglio suo matricolare, generalmente ricco di informazioni, diventa meno preciso sugli eventi di questo periodo.

Di certo, Donato Vacca rientra alle armi; dall’11 dicembre 1944 all’8 maggio 1945 (fine della guerra in Europa) fa parte del comando italiano 212, Primo Deposito Materiale Sanitario.

Finita la guerra, dopo altri incarichi risulta ricoverato per oltre un mese nell’ospedale militare di Firenze, per poi essere dimesso e inviato in licenza di convalescenza di venti giorni.

Il 17 gennaio 1946 Donato si presenta all’ospedale militare di Napoli per la visita di controllo e viene dichiarato idoneo; il giorno dopo giunge al distretto militare di Salerno e inviato in congedo. 

Il 19 gennaio 1946, è inviato in congedo illimitato.

Si conclude così la sua carriera militare, iniziata nel lontano ottobre 1932 come volontario con la ferma di due anni, nel 30.mo Reggimento Fanteria.

Nel 1936 si era arruolato volontario per l’Africa Orientale Italiana con ferma indeterminata e destinato da Deposito 88.mo Fanteria di Livorno, a fine dicembre era nel deposito 22.mo Fanteria in Pisa, poi l’arruolamento volontario per la Guerra di Spagna, di cui abbiamo parlato nel post Le tre guerre di Donato Vacca.


Un sentito grazie al figlio Antonio per la gentile collaborazione.

G.V.


01 marzo 2023

IL PRIGIONIERO CHE PARLAVA INGLESE CON LA MATITA TRA I DENTI

Oggi non compirà cento anni perché se ne è andato nel 1999, ma è giusto che i suoi concittadini gli rivolgano un pensiero e che i più giovani ne conoscano la storia. 

Michele Cuozzo di Antonio e di Maria Michela Cecere è nato a Valva il 1° marzo 1923.

Pubblichiamo due opere di Proferio Grossi, 
pittore nato lo stesso giorno del nostro Michele Cuozzo.
Queste sue nature morte ci fanno pensare alle bellissime foto del Valentino, figlio di Michele.

Dichiarato abile e arruolato il 9 maggio 1942, Michele risulta chiamato alle armi e giunto il 12 settembre dello stesso anno, pochi giorni prima di Giuseppe Feniello, che ha da pochi giorni compiuto cento anni e al quale abbiamo dedicato alcuni post e un eBook.

Nel registro dei ruoli militari del Comune di Valva Michele Cuozzo risulta nel 15.mo Fanteria "Salerno": poiché il nome del 15.mo è "Savona" e quest'ultimo è stato in Africa Settentrionale, è possibile che si tratti di un'errata trascrizione (il "Reggimento Salerno" è stato invece in Russia).

Nello stesso registro il fante valvese risulta fatto in prigioniero il 6 aprile 1943, esattamente lo stesso giorno di Giuseppe Feniello; non siamo però ancora in grado di dare notizie più dettagliate sulle tappe della prigionia.

In attesa di analizzare altri documenti, lasciamo la parola ai ricordi del figlio Valentino.

Al fronte, mio padre fu ferito a una spalla (tanto che per tutta la vita gli sarebbe rimasta una piccola scheggia di ferro nella schiena). 

Fu fatto prigioniero dagli inglesi.

Raccontava sempre alcuni aneddoti. Ad esempio, durante un servizio di guardia notturno sentì un rumore e intimò l'alt più volte; sparò e uccise un cane: gli fecero pagare i proiettili! In un altro turno di guardia notturno usò il mitra contro un gruppo di nemici ubriachi che gli si avvicinavano. 

Nel periodo della prigionia imparò l'inglese e si divertiva a marcare l'accento mettendo una matita fra i denti. Inoltre, essendo un fumatore scambiava le fette di pane (trasparenti, possiamo dire) con una sigaretta.

Dopo la guerra, nel 1948 sposò Margherita e in seguito emigrò in Francia per un paio d'anni; ha sempre detto che non riusciva a stare lontano da Valva.
Francia: Michele Cuozzo è al centro, con fazzoletto nel taschino;
il primo da sinistra è Armando Torsiello,
l'ultimo Giuseppe Cuozzo (fratello di Michele);
i bambini sono figli di un cognato di Michele
La storia di Michele Cuozzo potrebbe intrecciarsi con quella di altri valvesi, a partire ovviamente dal coetaneo Giuseppe Feniello. Sono stati molti i valvesi prigionieri in Africa e da alcune testimonianze indirette possiamo ipotizzare dei contatti tra di loro nello scenario di guerra.
La ricerca continua.

Valentino Cuozzo, Luce caravaggesca su oggetti della campagna

G. V.

28 febbraio 2023

I CENTO ANNI DELL'ULTIMO REDUCE, L'OMAGGIO E IL GRAZIE DI VALVA

Valva ha festeggiato i cento anni del suo ultimo reduce della Seconda guerra mondiale e della prigionia, Giuseppe Feniello.

Lo ha fatto con solennità, con una cerimonia organizzata dall'amministrazione comunale che ha visto la presenza del Generale di Divisione Claudio Minghetti, vicecomandante delle Forze Operative Sud, e le note della fanfara dell'Ottavo Reggimento Bersaglieri "Garibaldi".

Giuseppe Feniello, che tutti a Valva chiamano zio Peppe


Nello splendido scenario di Villa d'Ayala, davanti a Diana Cacciatrice, Giuseppe Feniello
con il sindaco di Valva e la fanfara dei Bersaglieri

Il Generale di Divisione Claudio Minghetti stringe la mano al signor Giuseppe Feniello

Tra le varie associazioni presenti, alcuni rappresentanti della provincia di Salerno dell'Associazione combattenti e reduci.

Ecco altre immagini della cerimonia.

L'omaggio ai Caduti

Dopo l'alzabandiera e la deposizione di una corona d'alloro in memoria dei caduti in guerra, c'è stato un breve momento di preghiera presieduto dal parroco, padre Claudio Bevilacqua.

Nel suo discorso, il sindaco di Valva Giuseppe Vuocolo ha dichiarato che era dovere suo e dell'amministrazione celebrare nel modo più solenne possibile i cento anni di Giuseppe Feniello.
Il sindaco ha poi ricordato la nonna di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo, deceduta poche settimane fa, e ha aggiunto:

Nel ricordare lei, voglio rendere omaggio alle donne anziane della nostra comunità. Hanno atteso il ritorno dei loro padri, fratelli e fidanzati dalla guerra, hanno cresciuto i figli quando i loro mariti erano emigrati e senza di loro nessuno di noi sarebbe quello che è.
A due di queste figure il nostro blog ha dedicato alcuni post, come questi: 

👉La pacchiana che chiuse dietro sé un mondo intero
👉I racconti di zia Pasqualina

Ricordando la prigionia in Africa di Giuseppe Feniello, il sindaco ha rivolto un pensiero anche agli altri valvesi che sono stati prigionieri o internati; all'ultimo IMI valvese, il compianto Enrico Santovito, l'anno scorso l'amministrazione comunale e l'Associazione combattenti hanno cercato di fare ottenere la medaglia del Presidente della Repubblica, "ma il tempo ha deciso diversamente". 

Ecco alcuni nostri post dedicati ad Enrico Santovito:

Infine, un ricordo ai tanti emigranti, come zio Giuseppe:

L'emigrazione è stata per i valvesi e per tanti italiani un'altra lotta per uscire dalla prigionia: la liberazione dalla povertà e dal bisogno, per dare ai figli la possibilità di un domani migliore.
La fanfara del Reggimento "Garibaldi" in Villa d'Ayala Valva;
con sede a Caserta, la fanfara ha tenuto concerti in Italia e nel mondo 

Fiorenza Volturo, presidente della sezione di Valva dell'Associazione combattenti e reduci, ha scritto nel suo messaggio augurale che chi oggi può raccontare lo fa anche a nome di chi non è tornato; ha aggiunto che la testimonianza di zio Peppe

deve dirci, oggi più che mai, visto lo scenario di guerra che si sta consumando anche in Europa, che le scelte di nazioni e popoli devono andare nella direzione della crescita e dei rapporti civili, mai della contrapposizione.

Pergamena di auguri dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci

Nella conclusione, uno sguardo al futuro, ai giovani:

Oggi, accogliendo tra di noi zio Peppe, abbracciandolo per i suoi cento anni, vogliamo che la sua presenza segni un momento di riflessione per tutti, soprattutto per le generazioni più giovani, a cui affidiamo la speranza di un mondo migliore. 

Le generazioni più giovani erano rappresentate dal Forum dei giovani e da una piccola delegazione degli studenti della scuola di Valva.

Al signor Giuseppe Feniello il blog "la ràdica" ha dedicato alcuni post e un eBook:


G.V.

23 febbraio 2023

UN EBOOK PER I 100 ANNI DELL'ULTIMO REDUCE

L'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale compie cento anni.

Giuseppe Feniello è nato il 24 febbraio 1923 e il suo comune lo festeggia con una cerimonia pubblica al Monumento ai Caduti, alla presenza della fanfara del Battaglione Bersaglieri "Garibaldi".
Il blog "la ràdica" celebra questo straordinario traguardo con un eBook ricco di racconti, foto, canzoni e approfondimenti storici, per ricostruire la sua vicenda di soldato e prigioniero.
L'eBook è anche l'occasione per un viaggio nel tempo, con le foto di Valva negli Anni Venti, Trenta e Quaranta.

La copertina dell'eBook che il nostro blog ha dedicato a Giuseppe Feniello

Per una visualizzazione ottimale, sarebbe preferibile il computer, anche se si può leggere questo libro digitale anche da telefono o tablet.

Riportiamo qui la parte finale dell'introduzione presente nell'eBook:

Durante questo percorso, potrete consultare i post da cui le foto sono tratte: questo è uno dei vantaggi di un eBook, che consente a testi e linguaggi diversi di dialogare tra loro per una informazione più completa.

Facendo scorrere sul nostro schermo le foto del passato, noteremo che anche le pietre cambiano.

Cambia il panorama, ma quel panorama è sempre Valva: come l'ha vista cambiare zio Giuseppe, come ha accolto con volto un po' diverso tutti gli altri valvesi dopo di lui.

Cambiano i volti: bambini, giovani, donne, uomini.

Sono stati valvesi, lo saranno ancora fino a quando li ricorderemo e sentiremo parte della nostra storia, elemento della nostra identità.

Fino a quando li sentiremo nostre radici.

Le foto della sezione dedicata a Valva negli anni Venti-Quaranta vengono dal preziosissimo archivio fotografico di Gozlinus; alcune di queste sono state raccolte dal lavoro paziente di Valentino Cuozzo, che è anche l'autore delle foto paesaggistiche presenti nel nostro lavoro (compresa quella in copertina).

Ecco alcune foto inedite di Giuseppe Feniello e della sua famiglia che trovate nell'eBook:

Antonia Cuozzo, la madre

Giuseppe Feniello in divisa da militare
Chiamato alle armi nel settembre 1942, il 28 febbraio 1943  è arrivato sul fronte di guerra, dove è stato catturato il 6 aprile 1943.


Il matrimonio con Margherita Figliulo, il 30 maggio 1948

Alcune foto risalgono agli Anni Cinquanta, scattate in occasione dell'arrivo di un parente che viveva in America; siamo in Rione Nuovo San Vito:

Da sinistra, il secondo è il fratello Michele, il terzo è il padre Francesco, al centro un parente venuto dall'America, poi zio Peppe e l'ultimo a destra è il fratello Vitantonio


Foto con donne; la prima a sinistra è la signora Margherita con una figlia

In questa foto di gruppo, i valvesi più esperti riconosceranno la signora Caterina (al centro)


Per le foto inedite, un grazie particolare alle nipoti Gerardina Rocco e Rosa Feniello.

Per approfondire:
Il nostro blog ha pubblicato due interviste al signor Giuseppe Feniello:

G.V.

20 febbraio 2023

COSE CHE VENGONO A GALLA: PARLANDO DI GUERRA CON UN UOMO DI CENTO ANNI

Ci sono conversazioni speciali.
Lo sono anche se hanno bisogno della mediazione di una persona che ripeta le parole con voce più forte per far capire la domanda e anche se a volte occorre ricostruire la risposta, col rischio di fraintenderla o di impoverirla; sono speciali forse anche perché il timore di stancare la difficile concentrazione di un uomo di cento anni ti spinge ad aumentare il ritmo delle domande, col rischio di sottoporre l'interlocutore a una sequela incalzante che fa irruzione nella sua quiete.

E allora dal passato riemergono schegge di storie, ricordi, luoghi.

La voce è flebile, ma ha ancora dei guizzi non privi di ironia; a volte accompagna le risposte con un sorriso amaro, altre volte si lascia andare a una risata; capita anche che ripeta la domanda, come a dire che gli sembra strana (e in alcuni casi è difficile dargli torto).
Lui è Giuseppe Feniello e grazie alla figlia e alla nipote ho l'onore di chiacchierare con lui la domenica di Carnevale, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno.

Giuseppe Feniello soldato; per la foto, ringraziamo la nipote Rosa Feniello

Quando, alla fine di oltre due ore di conversazione, facciamo timidamente notare che gli abbiamo fatto "una testa come un tomolo" (espressione dialettale che si riferisce alla gran quantità di domande), lui prima conferma, sornione, "accussì m' par", poi regala l'ennesima perla del pomeriggio: "so' cos ca ven'n a galla" (sono cose che vengono a galla).

La nipote Gerardina gli aveva già fatto l'intervista che abbiamo pubblicato sul nostro blog con il titolo I racconti dell'ultimo combattente.
Ora ne approfittiamo per chiedergli qualche altro dettaglio, alcune precisazioni, per fargli domande su altri argomenti; in fondo, però, oggi siamo qui per chiedergli di parlare e qualunque cosa dirà sarà importante, perché i ricordi di un uomo di cento anni non possono seguire la scaletta di chi gli fa le domande.

Per agevolare la lettura, dividiamo in punti la nostra conversazione.

La guerra e la cattura
Giuseppe Feniello ha visto poco la guerra: in Tunisia, dal 28 febbraio al 6 aprile 1943; dichiara di non aver mai sparato.
Ricorda le fasi della cattura: ai soldati italiani non è stato intimato di alzare le mani, ma sono stati costretti a camminare con le armi puntate alle spalle. 
Racconta allegro un episodio curioso: ha nascosto 50 lire nell'orecchio per non farsele togliere dagli inglesi.
Dei vari trasferimenti nei campi di prigionia, ne ricorda uno in particolare: quello da Tripoli ad Alessandria d'Egitto, via mare. Avevano il salvagente nel timore di un bombardamento dei tedeschi, che non c'è stato perché questi hanno capito che a bordo c'erano tedeschi e italiani.

Il campo di prigionia
Mettiamo davanti a zio Giuseppe un disegno che ricostruisce un campo di prigionia alleato in Africa.

Disegno fatto da un reduce della prigionia; per gentile concessione del sito congedatifolgore.com

Ricorda il filo spinato, dice che vivevano in tende e baracche (in cinque o sei persone, a volte un po' di più); dormivano su brande, ogni campo aveva una cucina, eventuali lavori venivano svolti sempre nel campo.
Ricorda anche delle visite della Croce Rossa (dice più volte "svizzeri") e parla della celebrazione della messa nel campo, la domenica; racconta che lui e i suoi compagni un giorno hanno detto al cappellano: "Tu sei libero, noi siamo prigionieri".
Zio Giuseppe ha avuto paura di morire quando è stato ricoverato in un ospedaletto da campo, per problemi intestinali. Vedeva altri ricoverati morire, "uno sì e uno no, poi [la morte] arrivava a me e passava oltre".
Conferma che il lavoro da fare non era molto, aggiunge che i prigionieri potevano lavarsi perché avevano a disposizione l'acqua e parla del cibo: in alcuni campi, come ad esempio ad Alessandria d'Egitto, mangiava solo una patata al giorno. 
Nell'intervista citata, ha raccontato che mettevano insieme la porzione di farina individuale e lui preparava dei cavatelli.
Oggi aggiunge altri due elementi: gli acquisti e la corrispondenza.
Con i pochi soldi che avevano, i prigionieri potevano fare degli acquisti perché all'interno del campo entrava qualcuno a vendere.
Le lettere venivano sottoposte alla censura, arrivavano con molto ritardo (anche di diversi mesi) e lui ricorda di aver appreso proprio da una lettera che anche suo fratello Michele era stato fatto prigioniero in Africa. 

Un episodio di solidarietà
Nella fase finale della prigionia, lavorava in un magazzino.
Dava sempre da mangiare a un uomo che andava a chiedergli qualcosa perché aveva fame (un po' di pane, del cibo in scatola).
Alla notizia dell'imminente liberazione di Giuseppe, il povero era preoccupato perché temeva di non poter avere più cibo. "Mangerai comunque, ci sarà qualcun altro al mio posto", gli disse per confortarlo. Lo racconta con una certa soddisfazione, come se fosse orgoglioso di essere riuscito a comunicare con chi parlava un'altra lingua: ripete più volte, gesticolando, "a furia di", che interpretiamo come un riferimento all'intesa che nasce dall'esperienza dell'altro.

Il rapporto con il fascismo

C'è una bella foto degli Anni Trenta: presenta un gruppo di valvesi in camicia nera, in montagna.

Anni Trenta, Camicie nere in montagna; fonte
Zio Giuseppe riconosce un compaesano e dice che lui non ha foto in camicia nera, perché quella che gli avevano dato aveva un bottone rotto e non l'ha mai indossata, per ripicca.

Non è semplice riuscire a parlare di questioni complesse come ad esempio i rapporti con i tedeschi e gli Alleati: da che parte stavi dopo la prigionia, quando alla radio arrivavano le notizie dell'Armistizio e del cambio di alleanza dell'Italia, cosa pensavi del regime, del re, di Badoglio.
Quando zio Giuseppe sente nominare il Re, ricorda che era "andato via" e racconta che lo chiamavano "pippetta".
Di Mussolini ricorda il modo di dire valvese, pieno di sarcasmo popolare: "Duc
ə Ducə, cum n' e' fatt arr'dducə"  (Duce Duce, come ci hai fatti ridurre; il detto continua dicendo che ormai siamo senza pane e senza luce). 
In fondo basta un verso ironico, di chiara origine popolare, per demistificare la retorica di un regime.

La  nipote Gerardina ricorda che da bambina il nonno le diceva che l'errore di Mussolini è stato quello di allearsi con Hitler. 
E' probabile che le politiche agrarie del regime abbiano riscosso invece il suo consenso.
Di Mussolini apprezzava quello che oggi chiameremmo buon uso dei mezzi di comunicazione: "se passava per un campo e vedeva uomini lavorare -ha detto una volta alla nipote- prendeva una zappa e si faceva fotografare".
Un'analisi ineccepibile.

E il fascismo a Valva, com'era vissuto?
Il "sabato fascista" non si doveva lavorare, ma zio Giuseppe racconta che chi aveva la terra ci andava; continua: "A volte due o tre fascisti bloccavano le vie per impedire di andare in campagna il sabato, ma si trovava un'altra strada e si andava lo stesso...".
E il marchese, era fascista?
"E chi lo vedeva..."

Un breve, ma significativo, scambio di battute
- Con quale stato d'animo sei andato in guerra?
- Eri un soldato e dovevi andare.
- Ma pensavi a Valva, alla famiglia?
- Embe', nun vuliv p'nsa'?

Nella saggezza da uomo nato un secolo fa, spero che zio Giuseppe perdoni la raffica di domande, comprese queste ultime due che solo chi non c'era può fare.

Un caloroso grazie alla figlia Nadia e alla nipote Gerardina e un abbraccio affettuoso al genero Angelo.

G.V.