03 aprile 2024

LETTURE DANTESCHE NEL LAGER, PER SENTIRSI ITALIANI

Pensare alla letteratura nel Lager, per non dimenticare la propria dignità, per sentirsi ancora un uomo.

Lo ha scritto con parole sublimi Primo Levi, nell'episodio del canto di Ulisse. Mentre si reca a prendere la zuppa, insieme a un compagno di prigionia, Levi sta recitando il canto dantesco ma ha un vuoto di memoria e non riesce a completare un verso; scrive: 

darei la zuppa di oggi per saper saldare "non avevo alcuna" [presente nel canto dantesco]  col finale

In seguito commenterà che avrebbe dato veramente pane e zuppa "per salvare dal nulla quei ricordi". La poesia ha  creato un attimo di sospensione magica nell'inferno del Lager e ha aiutato il prigioniero a sentirsi di nuovo un uomo, non un numero.

Ho pensato a questo episodio leggendo, nel preziosissimo saggio Schiavi di Hitler di Mimmo Franzinelli (Mondadori), l'episodio del ciclo di lezioni di cultura italiana, organizzato dagli internati militari del campo di Stablack (Prussia orientale).

Campo di Stablack, Prussia orientale; fonte

Ecco il ricordo di un sottufficiale, Raffaelli, nel suo diario:

Pomeriggio. Nella nostra camerata il prof. Nino Betta, per invito di tutti, tiene la prima lezione di un corso di letture dantesche parlando dell'architettura generale e leggendo l'episodio di Paolo e Francesca. Mi colpisce la spontaneità dell'iniziativa e l'intensità della partecipazione spirituale. Ci vuole la sventura o l'amarezza per far ritrovare all'uomo le vie interiori.   op. cit., pag. 147

Mimmo Franzinelli ricorda che il professor Bruno Betta ("Nino"), docente liceale a Trento, terrà nel Lager anche lezioni su Manzoni, Carducci, Pascoli, D'Annunzio, Montale, oltre a scrittori tedeschi.

Commenta lo storico:

La passione del professore si coniuga con il coinvolgimento (anche nella lettura e recitazione) di altri ufficiali, che, più o meno consapevolmente, ritrovano nella letteratura nazionale un fattore di identità, un corroborante contro la disgregazione che il sistema concentrazionario vuole loro imporre. [...] L'importanza delle discussioni, di forme di auto-organizzazione, della lettura, di rappresentazioni teatrali e musicali è notevole in termini di galvanizzazione, di irrobustimento dello spirito di corpo.  op. cit., pagg. 147-148

In un articolo dedicato alla figura del prof. Betta, Giuseppe Ferrandi scrive che, intrattenendosi con i compagni di prigionia, Betta 

coglie la peculiarità dell'esperienza dell'internamento, cogliendone due aspetti apparentemente contraddittori: da una parte osserva lo sviluppo (quasi l'esplosione) della "coscienza del valore della libertà, della possibilità di discutere di tutto", dall'altra constata la "generale ignoranza civico-politica" e "l'impreparazione ad assumervi responsabilità, per la ventennale assenza di opportunità".                                                fonte: Questo Trentino, articolo citato nell' Approfondimento

Il prof. Bruno Betta;
l'immagine è nei due articoli citati nell'Approfondimento

In alcuni campi si riesce si riesce anche ad allestire una biblioteca; a Wietzendorf  come addetto c'è Federico Gentile, figlio del filosofo Giovanni; a Sandbostel la biblioteca raccoglie quasi duemila volumi.

Lasciamo ancora la parola a Mimmo Franzinelli:

Le isole di resistenza culturale costituiscono un'importante esperienza collettiva, un antidoto alla depressione, un'evasione intellettuale, un laboratorio di progetti per il futuro.
Tra gli ufficiali, più ancora che tra i soldati, molti erano cresciuti nel culto del duce e nella fede nel regime. La forzata sosta nei Lager è l'occasione di un ripensamento su quei valori, di una crisi di coscienza e dell'approdo a una nuova visione del mondo.     op. cit., pag. 150

Approfondimento

Segnaliamo due articoli dedicati alla figura del prof. Betta, pubblicati sul mensile Questo Trentino:
- Franco de Battaglia, Bruno Betta, n.11, 1 giugno 2007
- Giuseppe Ferrandi, 25 aprile: l'altra Resistenza di Bruno Betta, n.9, 3 maggio 2008

G.V.