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24 giugno 2024

MICHELE, SOPRAVVISSUTO ALL'INFERNO DI GHIACCIO RUSSO

Il 27 ottobre 1921 le bare di dieci caduti della Grande Guerra, che non è stato possibile identificare, vengono traslate da Gorizia alla basilica di Aquileia, in vista della solenne cerimonia del giorno dopo. Uno di essi diventerà il Milite Ignoto.

Quel giorno, a Valva nasce Angelo Michele Cecere, figlio di Giuseppe e di Antonia Fasano.

Per tutti, l'avvocato

La provincia di Udine tornerà nella vita di Angelo Michele, che in paese chiamano solo Michele e -tra un po'- sarà ancora più noto come l'avvocato: anzi, per i suoi concittadini diventerà l'avvocato per antonomasia, pur avendo solo la quarta elementare. Non sarà un soprannome ironico, ma il riconoscimento di un certo stile e di un bel portamento giovanile, con immancabile giacca e una bella parlantina.

La guerra

Il 9 maggio 1941 Michele è dichiarato rivedibile alla visita militare e lasciato in congedo provvisorio; quando viene chiamato alle armi, il 17 gennaio 1942, non parte subito perché è ammalato (il mese prima, tra l'altro, è deceduto il padre Peppino).

Giunge al distretto militare il 6 marzo e il giorno dopo lo troviamo nell'11.ma Compagnia Sanità di Udine.

Nel settembre '42 viene trasferito alla 4.a Compagnia Sanità in Verona e il 27 dello stesso mese parte per la Russia, "perché destinato a far parte del capo di spedizione italiano", recita il suo foglio matricolare.

In Russia, tra i feriti
In Russia risulta assegnato all'Ospedale militare di riserva 8 mobilitato.

Abbiamo chiesto a Renza Martini cosa fossero gli ospedali di riserva.

Gli ospedali di riserva, situati nelle retrovie, erano delle strutture destinate a militari per i quali era previsto un sicuro recupero (disponevano di mille posto letto, che potevano aumentare in caso di bisogno). Gli ospedali di riserva 6 e 8 erano compresi nel Centro ospedaliero di Karkov (o Har'kov).
Dal luglio 1941 al maggio 1943 sono stati operativi sette ospedali di riserva. 
I primi soccorsi venivano forniti dagli ospedali da campo, mentre i soldati più gravi venivano mandati agli ospedali di riserva che li valutavano e li trasferivano nei convalescenziari o li rimpatriavano in Italia con treni ospedali. 
Negli ospedali di riserva hanno prestato la loro opera anche 45 infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana, oltre a personale femminile locale (addetto alla cucina, alla pulizia dei locali, alla lavanderia).

Sul foglio matricolare di Angelo Michele Cecere c'è un vuoto: la successiva informazione risale al 26 marzo 1943, quando leggiamo "Partito dalla Russia per rimpatrio".

Sei mesi: ecco la durata di questo vuoto in un documento burocratico; sei mesi in Russia, compresi i terribili giorni della ritirata dal gennaio 1943. Quello che il documento non ci dice, papà Michele lo ha raccontato ai figli e da nonno ai nipoti;  sicuramente molto ha tenuto per sé, perché ci sono esperienze terribili che non diventano racconto.

Un dettaglio dei suoi racconti è rimasto impresso nella memoria del nipote Luigi: tra i feriti c'era chi lo pregava di tagliargli le orecchie e i piedi, i primi arti a congelare.

Possiamo ipotizzare le tappe della ritirata, ancora grazie alla consulenza di Renza Martini e del prezioso volume I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-'43), a cura dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

Alla fine del gennaio 1943, nelle strutture ospedaliere di Karkov erano ricoverati circa duemila degenti italiani, che furono sgomberati con treni ospedale (sia italiani che tedeschi); con l'arretramento del Corpo d'Armata, giunsero in città tremila nuovi feriti. 
Dopo la battaglia di Nikolajevka, gli spostamenti vennero fatti in treno verso Gomel (per gli illesi) e verso Karkov per i feriti. 
Dall'8 febbraio 1943, il personale ospedaliero e il materiale sanitario vennero trasferiti prima a Kiev, poi a Leopoli e infine a Kolomyja (una città che oggi si trova in Ucraina ma all'epoca si trovava in Polonia).

Carri armati sovietici entrano nel centro di Char'kov, il 16 febbraio 1943;
fonte

Il ritorno a casa
Michele giunge in Italia il 1 aprile 1943; è aggregato al Comando Tappa di Falconara per trascorrere il periodo contumaciale. 

I campi contumaciali erano già diffusi nella Prima guerra mondiale: in essi i soldati -o i prigionieri- trascorrevano un periodo di quarantena, per scongiurare il pericolo della diffusione di malattie infettive.

Il 15 aprile cessa il periodo contumaciale ed è inviato in licenza speciale di trenta giorni, più il viaggio.

Non sappiamo se in questo periodo Michele riesca a tornare a Valva; sappiamo però che il 15 giugno rientra dalla licenza, cessa di essere mobilitato e viene trasferito alla 4.a Compagnia Sanità di Verona. L'8 luglio lo troviamo nella 6.a Sezione Sanità.

Dopo l'8 settembre 1943, leggiamo che Michele si sottrae alla cattura in territorio occupato dai nazi fascisti e rientra a Valva.

Le date indicate sul foglio matricolare sono 9 e 20 settembre 1943, periodo nel quale va considerato in "licenza straordinaria in attesa di disposizioni". 

Qui troviamo un dettaglio molto significativo.

Nell'intervista che le abbiamo fatto, dal titolo L'abbraccio del soldato, la sorella Gerardina ha raccontato che quando Michele è tornato dalla guerra aveva i vestiti strappati e ha aggiunto: "ha raccontato che glieli avevano dati delle persone lungo il tragitto di ritorno".

Zia Gerardina ricorda che quando il fratello è tornato il resto della famiglia era ancora in contrada Elice, dove si era nascosto perché in quelle settimane del 1943 a Valva si scontrano tedeschi e americani.

Il ricordo di zia Gerardina è confermato dal foglio matricol,are, come possiamo vedere qui:

Il soldato Angelo Michele Cecere, con gli abiti malandati, è rientrato a Valva a metà settembre 1943, mentre sua madre, le cinque sorelle e suo fratello si erano rifugiati in montagna.

🙏Grazie a Renza Martini per la consueta e gentile disponibilità nella consulenza storica.
🙏Grazie alla famiglia Cecere per la foto e la collaborazione.
G.V.

25 settembre 2023

NICOLINA E LA GUERRA

Alla guerra va Ulisse, ma non è semplice la vita di Penelope. 
Nella nostra storia non abbiamo una moglie in attesa del ritorno del marito dalla guerra, ma una madre che attende invano il ritorno del figlio e poi -ventiquattro anni dopo-  una nonna che non riabbraccerà mai più suo nipote. 

Allegro maestoso
Nicolina Cozza è nota a Valva anche se in pochi l'hanno conosciuta. E' nota perché "di Nicolina" è una sorta di matronimico e di soprannome insieme, che distingue più di un cognome.

Chiariamo, per correttezza metodologica, che questo post si fonda su un'ipotesi che ci sembra molto plausibile: nell'ultimo quarto del XIX secolo a Valva c'è una sola donna di nome Nicolina Cozza. In linea puramente teorica potremmo trovarci in presenza di un caso di omonimia e -al di là di qualche parentela pure possibile- la ricostruzione non sarebbe più valida. Al momento risulta una sola donna con questo nome.

In questa foto, concessaci dalla nipote Norma, è sorridente e solenne: 

Forse uno dei suoi figli, che tutti a Valva ancora ricordano come "zio Pietro di Nicolina", musicista appassionato e desideroso di trasmettere ai più giovani le sue conoscenze, userebbe le parole musicalmente precise per indicare il ritmo: allegro maestoso, come questa 🎹 sonata per pianoforte di Mozart, credo.
La ascolto mentre scrivo, cerco di ascoltarla anche mentre rileggo questo post. 
Un ritmo allegro e maestoso.
A quello che leggo nei documenti, però, la vita di Nicolina non è stata allegra. 
Un figlio emigrato negli Stati Uniti e morto in Francia mentre combatteva la Grande Guerra con la divisa americana, un nipote mai tornato dalla Russia, nella Seconda guerra mondiale. 
Mi viene da pensare a una globalizzazione ante litteram: forse zia Nicolina non si è allontanata mai da Valva, comunque mai dalla provincia di Salerno, e ha avuto tre figli che sono emigrati in America, uno che è andato in Africa in guerra, un nipote disperso in Russia. 

Un caduto con la divisa di un altro colore
Le divise non contano nel cuore di una mamma.
Non sappiamo come abbia ricevuto la notizia della morte del figlio, nei campi di Francia a una settimana dalla fine della Prima guerra mondiale. 
Da bambino ho ascoltato il racconto di zia Rusulina, che ricordava questo dettaglio della sua infanzia: le campane a distesa per celebrare la fine della guerra. Credo sia stato proprio il 4 novembre. 
Penso che anche Nicolina Cozza in quel momento fosse contenta per la fine di una guerra che aveva portato via oltre trenta giovani di Valva. Suo figlio lo aveva portato via da Valva l'emigrazione e proprio in quelle ore moriva in Francia. 
La Company B del315.mo Fanteria americano in Lorena;
fonte: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 174)
Una settimana dopo la guerra sarebbe finita anche su quel fronte. 
Raffaele è morto mentre a Valva suonavano le campane perché in Italia la guerra era finita: a mezzogiorno del 4 novembre 1918, infatti, entrava in vigore l'armistizio firmato la sera prima a Villa Giusti (Padova), con il quale l'Italia vinceva la guerra contro l'Austria.
Abbiamo raccontato la storia  di Raffaele nel post 👉Raffaele, caduto nel giorno della vittoria

Una storia che sa di sale e di lavoro
In America c'è un altro suo figlio, Umberto- "Albert" nei documenti americani- che sposa una valvese, Antonietta Torsiello
Il matrimonio viene celebrato in una data molto romantica: il 14 febbraio 1915, a Retsof (contea di Livingstone, Stato di New York). Testimoni, il fratello dello sposo e la sorella della sposa: Raffaele e Vita Maria.
Gli sposi risultano residenti a Greigville, un centro più grande a pochi minuti di distanza. Non è difficile essere un centro più grande di Retsof (340 abitanti nel censimento del 2010).
Leggo su Wikipedia alcune notizie su Retsof ed è come se sentissi il mio dialetto misto alle prime parole imparate nella nuova lingua americana, è come se rivedessi le difficoltà di sempre della mia gente.

La popolazione originaria di Retsof era per lo più di origine italiana; viveva in un villaggio aziendale dove la miniera di sale possedeva le case e un negozio e gestiva il piccolo villaggio (assegnando le case ai suoi lavoratori). E' un modello abitativo comune in alcune aree industriali, con le aziende che forniscono l'alloggio ai propri dipendenti.  
Le famiglie italiane vivevano insieme a pochi non italiani. Gli altri, per lo più capi, vivevano sulla "Avenue" in case migliori con impianti idraulici.

A Retsof l'anno dopo nasce il primo figlio, Michele; nel 1919 a Torrington nascerà Fannie (Faye). 
Nel censimento del 1920 la famiglia risulta residente a Harwington e possiede una casa pagata con il mutuo.
In un documento del 1924, relativo alla richiesta di cittadinanza americana, non troviamo altri figli; in realtà, nel 1917 è nata Florence ma è deceduta a soli cinque anni nel 1922. Nel 1928 nascerà un'altra sorella, anche lei di nome Florence
Nel censimento del 1940 la famiglia risulta trasferita a Torrington.
In America nel 1920 arriva anche Pasquale Cozza, fratellastro di Umberto e Raffaele. 

Nato il 16 giugno 1903, Pasquale si imbarca il 16 agosto 1920 sulla nave Olimpic da Cherbourg, in Francia. Verosimilmente, è già emigrato in Francia e ora si gioca una seconda carta: l'America. Arriva a New York il 25 agosto, diretto a Torrington dal fratello Alberto Spiotta. Quando si iscrive nelle liste di leva durante la Seconda guerra mondiale risulta residente a Newark.

Altri due fronti di guerra
A Valva, intanto, la signora Nicolina ha avuto altri due figli: Maria Assunta (chiamata Maria Michela) e Pietro.
In questa foto vediamo Pietro (col copricapo bianco) in Africa, durante la guerra in Etiopia:
fonte
Eccolo in un'altra foto, questa degli Anni Ottanta, alla fine di un concerto di musica classica in Villa d'Ayala-Valva:

fonte
Maria Michela è la madre di Raffaele Cuozzo, soldato disperso in Russia nel gennaio 1943. Il nome è significativo: è quello del fratello della madre morto nella Grande Guerra.

A Raffaele abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia 
👉Una lettera dal fronte russo
👉Mio carissimo padre
In particolare, sottolineiamo che nella lettera spedita dal fronte russo nel dicembre 1942 (pubblicata sul nostro blog) il giovane soldato manda i saluti a "nonna Nicolina".

Ecco un brano della lettera:
[...] ora non mi prolungo vi saluto a tutti zio Ernesto zia Maria zia comara Ermelinda sorelle fratelli e in particolare la nonna Nicolina e voi genitori vi abbraccio e vi bacio vostro affezionatissimo figlio Cuozzo Raffaele.
La zia e madrina di battesimo Ermelinda ha scritto questa nota sul retro della foto da noi pubblicata: "La cara mamma ha fatto questa foto all'età di 68 anni nel 1941".

La famiglia di Umberto
Torniamo negli Stati Uniti.
Nel 1942 Umberto (o Albert) risulta registrato nelle liste di leva: una sorta di schedatura dei maschi ancora giovani. 
Dalla sua scheda apprendiamo che in questo periodo lavora all'American Brass Co., un'azienda che produce ottone. 
Ecco una foto -che pubblichiamo per gentile concessione del progetto Mills: Making Places of Connecticut, a project of Preservation Connecticut:

American Brass Co., filiale di Torrington, facciata Sud (uffici)

Nei decenni precedenti ha avuto un notevole sviluppo e durante la Seconda Guerra Mondiale produrrà anelli rotanti per proiettili d'artiglieria. Dopo la guerra l'azienda avrà un declino e nel 1961 a Torrington licenzierà quasi 700 dipendenti.
Umberto nel censimento del 1920 risulta macchinista, nel 1940 piallatore, nel 1950 "elevator man" (addetto all'ascensore) in una fabbrica di aghi.
Umberto è deceduto nel gennaio 1980 a Palm Beach, in Florida. La figlia Faye è morta appena tre giorni (a Torrington); a Palm Beach sono deceduti gli altri due figli di Umberto: Michael nel 1984,  Florence nel 2018.

Una storia umana
Quella dei fratelli Spiotta-Cozza è una storia valvese e americana. Quella di Nicolina Cozza è una storia umana, senza bandiere: una madre e poi una nonna che ha vissuto le conseguenze dell'emigrazione e della guerra, che portano via senza restituire figli e nipoti.


🙏
Un sentito ringraziamento a  Norma e Michele Caldarone, per la foto della loro bisnonna materna e per la preziosa collaborazione nel ricostruire vicende e nomi di una storia molto affascinante ma  complessa da dipanare.
🙏
A gracious thank you to "Mills: Making Places of Connecticut, a project of Preservation Connecticut" for the photo and information about the American Brass Co.
📖
The research on Valvesi Americans was conducted using documents for www.ancestry.com.

Approfondimenti e altre piste

I genitori di Antonietta Torsiello, moglie di Umberto, si chiamavano Giuseppe e Flora Florio (?), nome che nei registri americani diventa ben presto Florence, come infatti si chiameranno la nipotina morta soli cinque anni nel 1922 e la sua sorellina nata nel 1928.
Un fratello di Antonietta si chiama Cesare, che nel 1912 sposa a Torrington Ermelinda Clotilde Maria Porcelli. Ipotizziamo che la signora sia una zia del soldato Henry Porcelli, che dopo lo Sbarco di Salerno nel 1943 verrà a Valva a conoscere la nonna. Ad Henry Porcelli il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:

G.V.

29 agosto 2023

GIUSEPPE, DALLA RUSSIA AL LAGER

La storia di Giuseppe Falcone sembra scritta da uno sceneggiatore che sottoponga il suo personaggio a una sequela di peripezie fino al limite dell'inverosimile.
Giuseppe fa parte del Corpo di spedizione italiano in Russia, riesce a rientrare in Italia dopo la drammatica ritirata; dopo il ricovero in provincia di Udine, nel settembre 1943 si trova a Milano, dove viene catturato dai tedeschi: diventa un internato militare italiano. Torna a casa, ma muore nel 1952, a trentasette anni.
Questa però non è la trama di un film: è la vita drammatica di un uomo.

Da San Biagio a San Vito
Giuseppe nasce a Valva il 7 novembre 1915, da Francesco e Filomena Del Plato, nella loro casa in via San Biagio. A sottoscrivere l'atto di nascita sono Serafino Falcone (sarto) e Antonio Freda (calzolaio); anche papà Francesco appone la sua firma: fatto ancora abbastanza raro.
Giuseppe perde la madre da piccolo; suo padre si risposa.
Il 10 ottobre 1940 Giuseppe sposa Domenica Vuocolo, nella chiesa parrocchiale di Colliano.
Nel foglio matricolare, all'atto dell'arruolamento -quando il giovane non è ancora sposato- l'indirizzo risulta via San Vito. Dopo il matrimonio, Giuseppe e Domenica vanno a vivere nella casa di via San Biagio dove egli era nato.

In Russia
Dopo il servizio militare negli anni 1937-38, nel maggio 1940 Giuseppe risulta richiamato alle armi nel 15.mo Reggimento Fanteria in Salerno. 
Nel novembre lo troviamo assegnato al 77 Battaglione costiero.
Nel 1942, dopo alcuni problemi di salute (risultano un ricovero in un ospedale militare e una licenza di un mese per la convalescenza), nel mese di novembre è inviato in Russia con la Divisione Pasubio, 90.mo Reggimento Fanteria: così leggiamo nel suo foglio matricolare. 
A dir la verità, il 90.mo Reggimento fa parte della Divisione Cosseria, non della Pasubio. E' possibile ipotizzare un errore di chi ha compilato il foglio matricolare: forse la divisione era la Cosseria o, in alternativa, il soldato era nell'80.mo Reggimento (meno probabile).

Giuseppe Falcone è il primo a sinistra, in piedi

A questo punto, lo sceneggiatore da noi evocato all'inizio sembra abbia voluto usare quella che tecnicamente si chiama un'ellissi: omette di raccontare un pezzo della storia, attuando un salto nella narrazione per conferirle un ritmo sostenuto. 
Infatti, il foglio matricolare di Giuseppe riprende con questa voce, alla data del 25 aprile 1943:

Rientrato in Italia e giunto

Non racconta quello che Giuseppe ha vissuto in Russia in quei mesi, non parla del gelo, non dice nulla della penosa ritirata.
Possiamo però immaginare, anche grazie al racconto di chi ha vissuto le stesse esperienze; penso a Mario Rigoni Stern, anche lui in Russia e poi internato militare in Germania.
Il 26 aprile è trasferito al campo contumaciale di Osoppo, in provincia di Udine: è un campo in cui i soldati sono in isolamento sanitario.
Il 10 maggio è con il 90 Reggimento Fanteria a Milano.

La prigionia
Il 12 settembre è catturato dai tedeschi.
Altra ellissi dello sceneggiatore: si passa direttamente al 26 ottobre, quando -rientrato in Italia- si presenta al Distretto di Salerno, dove è inviato in licenza di 60 giorni.

Nella scheda a lui dedicata nel Lessico Biografico IMI, Giuseppe risulta catturato il 25 settembre, mentre la data di rientro risulta il 24 ottobre.  

E in mezzo? Oltre due anni, 775 giorni da internato militare.
Nel Lessico Biografico IMI, Giuseppe Falcone risulta nello Stalag V C. 
Lo Stalag V C si trova nella zona di Baden-Baden ed è in funzione dal febbraio 1940; due anni dopo, la nuova sede diventa Offenburg, non lontano da Stoccarda. C'è anche un sub-campo a Strasburgo.

Accanto al suo nome troviamo la sigla Arb. Kdo 12500: è l'acronimo di Arbeitskcommando, campi che spesso si trovavano vicino ai luoghi di lavoro e ospitavano i prigionieri destinati al lavoro coatto.
Dagli Archivi Arolsen affiora un documento che riporta il nome della località tedesca presso la quale Giuseppe Falcone lavorava:

Giuseppe Falcone è il numero 284; Kr. Gef. significa "prigioniero di guerra"
Dal documento risulta che Giuseppe ha lavorato da questa azienda dall'11 novembre 1944 al 20 aprile 1945, data nella quale verosimilmente è stato liberato.
Come accade a tutti gli internati militari, il rientro a casa è lento perché le Forze Alleate devono occuparsi di milioni di prigionieri.
Nel dicembre del 1945, Giuseppe Falcone sarà ricollocato in congedo illimitato.

Giuseppe non vivrà a lungo: muore infatti a Valva nel dicembre 1952, lasciando due figli maschi e la moglie incinta; pochi mesi dopo, nascerà sua figlia, chiamata Giuseppina in suo onore. Purtroppo la bambina morirà a soli dieci anni.
Lo sceneggiatore non ha proprio voluto un lieto fine.


Un cordiale ringraziamento alla nipote Antonietta e a suo marito Raffaele.

Grazie alla gentilissima Renza Martini, sempre disponibile a chiarire dubbi e a fornire informazioni sulla campagna italiana di Russia.

Fonti

Lessico Biografico IMI

Arolsen Archives


G.V.


26 gennaio 2023

UN GIORNO DI GLORIA CHE HA DATO VALORE A UN'INTERA VITA: IL GIORNO DI NIKOLAJEWKA

26 gennaio

Giornata nazionale della memoria 

e del sacrificio degli Alpini

Con la battaglia di Nikolajewka gli Alpini riescono a sfondare l'accerchiamento sovietico; fonte

La legge del 5 maggio 2022, n.44, ha istituito la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, allo scopo di tenere vivo il ricordo dell'eroismo dimostrato nella battaglia di Nikolajewka, combattuta dagli alpini il 26 gennaio 1943, e di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell'interesse nazionale nonché dell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano, come recita l'articolo 1.

Una rappresentazione della battaglia di Nikolajewka; fonte

Il nostro blog ha dedicato alle vicende della guerra in Russia e della drammatica ritirata alcuni post.

Ci siamo occupati della vicenda di Raffaele Cuozzo, dichiarato disperso il 31 gennaio 1943, con questi post:

Anche un altro valvese risulta disperso in Russia, già nel novembre 1942: è il tenente medico Prospero Annunciata:
👉Il medico disperso nella neve

In questo post abbiamo cercato di ricostruire gli eventi degli ultimi giorni del gennaio 1943, scegliendo le testimonianze di Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern per illuminare l'umanità sofferente della Ritirata di Russia:
👉Tutti i vivi all'assalto!  

Con la battaglia di Nikolajewka le truppe italiane, pur equipaggiate con armi insufficienti e munizioni scarse, riuscirono a sfondare le linee di difesa sovietiche e a conquistare la ferrovia, fondamentale per la ritirata.

Ecco come Rigoni Stern, nel suo celebre Il sergente nella neve, conclude il ricordo della battaglia:

E allora avanti! Una massa di sbandati va incontro alla sua ora di gloria. Si passa, si passa! Attraversano Nikolajewka lastricandola di morti perché ci sono 48 sotto zero e se ti pigliano sei morto. Alle 5 è tutto finito: ci contiamo, siamo qua, siamo vivi ma siamo pochi. Chi non è passato con la prima ondata non passerà più. Persa la Cuneense, persa la Vicenza, persa buona parte della Julia, ma noi, noi ce l'abbiamo fatta. Un giorno di gloria che ha dato valore ad una intera vita. Questo fu il 26 gennaio 1943. Questa fu la battaglia di Nikolajewka.                                               

Alla memoria dei caduti in Russia e di tutti i caduti del corpo degli Alpini dedichiamo questa struggente versione della celebre canzone Sul ponte di Perati, interpretata dal gruppo Al Tei.



G.V.

23 gennaio 2023

TUTTI I VIVI ALL' ASSALTO!

Raffaele Cuozzo era un mitragliere del 156 Battaglione della Divisione Fanteria Vicenza; risulta disperso in Russia in data 31 gennaio 1943. 

Ritirata italiana in Russia; fonte

Renza Martini, esperta delle vicende della spedizione in Russia e della tragica ritirata, riassume così le vicende della Divisione Vicenza, nel gennaio '43:

La Vicenza era priva di artiglieria perché fu inviata con servizi nelle retrovie, controllo prigionieri e antipartigiani e si trovò invece ad essere spostata in prima linea al posto della Julia, che era stata a sua volta spostata a sud e decimata dagli attacchi dei russi a metà dicembre. 
Possiamo dunque ipotizzare che Raffaele Cuozzo sia caduto nell'ultima parte della ritirata, nell'ultimo combattimento in uscita dalla sacca, a Valujki.

E' possibile che Raffaele sia caduto davvero il 31 gennaio oppure è una data approssimativa?

Se Raffaele è caduto il 31 gennaio, vuol dire che il suo battaglione era fuori dalla sacca del Don, mentre nei giorni precedenti era ancora in marcia. Le colonne, per evitare l'accerchiamento, erano state costrette ad aprirsi la strada combattendo prima a Nikitowka (il 25 gennaio), alcuni elementi si erano diretti con la Tridentina verso Nikolaevka (26 gennaio) ma la maggioranza  è stata intrappolata a Valujki il 27 gennaio, costretta alla resa dai reparti del 7 Corpo di cavalleria sovietico. 

Rotta degli alpini nel gennaio 1943. In evidenza, le località di Valujki e di Nikolaevka; fonte

Cosa accade ai corpi dei soldati caduti durante la ritirata?

I morti del ripiegamento, a causa delle circostanze eccezionali in cui i nostri soldati vennero a trovarsi, vennero lasciati insepolti. Giunto il disgelo, fu la popolazione locale a scavare fosse comuni in cui i morti vennero inumati.
Il fante Raffaele Cuozzo

La strada del davai

A Valujki inizia quella che Nuto Revelli, ufficiale degli alpini in Russia e poi protagonista della Resistenza nel Cuneese, ha definito "la strada del davai", parola che in russo significa "avanti, cammina!".

Revelli ha raccolto storie degli alpini della Cuneese, facendo emergere lo sfacelo dell'esercito e la tragedia di uomini gettati allo sbaraglio. Idealmente, però, è come se desse la parola a tutti gli alpini e a tutti i soldati impegnati nel fronte russo perché, come egli stesso osserva, gli alpini erano una minoranza (circa un quarto) del corpo di spedizione: "Non dimenticare vuol dire ricordare tutti".

Ecco una sua significativa descrizione degli eventi del gennaio 1943; il ritmo concitato del racconto esprime bene la concitazione degli eventi:

Con il gennaio 1943 inizia la corsa verso casa. Le notti all'addiaccio, la fame, il freddo, la pazzia, in una terra dove ogni isba ricorda una forza, un eccidio, un deportato, un prigioniero russo assassinato. Chi scappa, chi combatte, chi butta i gradi, chi soccorre un ferito, chi muore di fame, chi mangia e ingrassa, chi viaggia come un baule su una slitta rubata, chi spoglia i morti e chi li copre con pietà. Ogni uomo è nudo, molti uomini sono bestie. [...] Più di duecento tradotte, nell'estate del 1942, avevano portato in Russia il corpo d'armata alpino: diciassette brevi tradotte, nella primavera del 1943, riportarono in Italia i feriti e i congelati, e i quattro muli usciti dalle sacche.

Tutti i vivi all'assalto!

La Divisione Vicenza, alla quale apparteneva Raffaele Cuozzo, è citata anche in questa pagina del Sergente nella neve, il celebre racconto autobiografico che Mario Rigoni Stern ha dedicato alla Ritirata di Russia:

"Vestone, quanti siete?". Troppi pochi. Val Chiese, Tirano, Edolo, ci siete? Morbegno, dov'è il Morbegno? Non c'è Il Morbegno, non c'è più, è rimasto indietro. E gli altri, dove sono? La Julia, la Vicenza, la Cuneense? La Julia c'è, è là: 4000 son rimasti appena ma gli altri dove sono? Non ci sono. Radunarsi, allora, munizioni, baionette, e i feriti? Anche loro, anche i feriti servono. Tutti quelli che camminano, tutti quelli che possono sparare, tutti. E così, sono le 15.30 in quel villaggio dimenticato da dio, che nasce l'ultimo ordine del Generale Reverberi: “TUTTI I VIVI ALL’ASSALTO!”.

Un grazie particolare a Renza Martini, appassionata e disponibilissima esperta dell'argomento e competente custode della memoria degli italiani caduti e dispersi in Russia. 

G.V.


🔍Approfondimenti

Ecco alcuni post dedicati alla guerra in Russia:


La storia di Raffaele Cuozzo è pubblicata anche sul sito www.divisionevicenza.it 
Un sentito ringraziamento ai pronipoti Norma e Michelino Caldarone.
Per la storia di Prospero Annunciata, un sentito ringraziamento alla pronipote Veronica Cuozzo.

29 novembre 2022

IL MEDICO DISPERSO NELLA NEVE

Sono trascorsi ottant'anni.

Il 30 novembre 1942 un soldato valvese risulta disperso in Russia: è Prospero Annunciata, tenente medico, di 39 anni.

Prospero, figlio di Pasquale e di Maria Consiglia Mollica, nasce a Valva l'8 aprile 1903.

Eccolo in una bella foto pubblicata da Gozlinus:

Prospero Annunciata in una foto pubblicata da Gozlinus

Dal suo foglio matricolare apprendiamo che nel marzo 1923 aveva ottenuto un congedo provvisorio con l'obbligo di ripresentarsi alle armi nel giugno dello stesso anno, perché munito della dichiarazione di idoneità nella istruzione premilitare; nel settembre 1924 risulta in congedo illimitato, con dichiarazione di "aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà e onore".

Verosimilmente Prospero si laurea in medicina dopo il servizio militare; esercita la professione di medico all'ospedale di Castellammare di Stabia.

Siamo in attesa di ulteriori documenti dall'Archivio di Stato per ricostuire il periodo che va dal 1924 alla partenza per il fronte.

Prospero alla guerra in Russia

Durante la Seconda guerra mondiale, il tenente Annunciata  presta servizio nell'ospedale da campo 825 della 9.a Divisione di fanteria Pasubio, sul fronte russo; l'ospedale, come tutti i punti sanitari, è stanziato nelle  retrovie della Divisone, a Radtschenskoje.  

La località evidenziata è Radtschenskoje
Le vicende della Pasubio nel 1942

La Divisione Pasubio, destinata al fronte russo, all'inizio del luglio 1941 parte da Verona e raggiunge -prima tra le unità italiane- la zona di operazioni a Jampol, sul fiume Dnjestr, il 6 agosto.

Nel gennaio 1942, la divisione prende parte alle operazioni di contenimento del nemico nella zona di Izyum; nello stesso periodo, i rimanenti reparti della divisione subiscono un violento attacco nella zona di Nowaja Orlowka, ma il nemico viene respinto.

Nel mese di luglio avanza verso est e si sposta sul fiume Don, dove si attesta nella zona di Jejskoi. Il 20 agosto i russi danno inizio alla prima grande offensiva sul Don e attaccano le posizioni sul fianco destro della divisione. La pressione sovietica si esaurisce in pochi giorni. 

Dubrava - Getreide: le vecchie scuole nel 1942 sede di comandi reggimentali e dell'infermeria; fonte

Il destino di Prospero: prigioniero o disperso?

Renza Martini, esperta della spedizione italiana in Russia, scrive sulla pagina del gruppo Facebook "Dispersi" in Russia:

La data di scomparsa di Prospero ci fa pensare che sia rimasto colpito in un periodo di relativa calma, infatti la controffensiva russa sarebbe scattata verso la metà di dicembre 1942. Possiamo pensare che sia rimasto colpito in un attacco locale o anche che si sia spostato dall'ospedale dove prestava servizio e rimasto sotto un bombardamento. In quanto definito disperso, nessuno ha potuto recuperare il suo corpo. Probabilmente ha avuto una sepoltura in una fossa comune, o forse ci ha pensato la natura a dare sepoltura ai suoi resti.

A Valva si è tramandata un'altra versione: come riporta il già citato 👉 post di Gozlinus, il farmacista don Goffredo Merolla fece sapere a Michele Annunciata che suo fratello Prospero era stato fatto prigioniero e aveva subito il congelamento dei piedi; la notizia era giunta tramite la radio.

Renza Martini sostiene che in quel periodo alla radio le notizie non erano molto attendibili, anche per la volontà del regime. Fino agli anni Novanta, praticamente tutti i soldati non rientrati in Italia risultavano "dispersi"; solo con l'arrivo degli elenchi dalla Russia si è chiarita la posizione dei vari soldati e si è scoperto che tanti "dispersi" erano stati sepolti in campi di prigionia; di conseguenza, le schede sono state uniformate e ora sono consultabili nel sito curato dall'Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia:  https://www.unirr.it/ricerche/ricerca-nell-elenco-dei-caduti 

In questo schedario, Prospero Annunciata risulta "disperso":

"Riposano in un ambiente di rara bellezza"

Il sito dell'U.N.I.R.R. riporta una bella testimonianza di Ezio Fiori, che nel 2004 ha visitato i luoghi della Divisione Pasubio. Riportiamo queste significative parole:

In lontananza si scorgevano le colline sulle cui cime i soldati della 9Divisione Pasubio avevano costruito i loro capisaldi. Direi che il panorama del Cappello Frigio [ansa del fiume Don, così chiamata dai nostri fanti] a fine giugno si presentava come un piccola Umbria. I nostri caduti là sepolti, benché lontani dal suolo natio, riposano in un ambiente di rara bellezza.

Panorama sul "Cappello frigio" è sullo sfondo; fonte


🔍Approfondimenti

Le citazioni nel testo sono tratte da:

https://www.unirr.it/viaggi/657-ezio-fiori-viaggio-sui-luoghi-della-pasubio?jjj=1669585359788


Per la ricostruzione storica:

- Renza Martini,  Non sarete dimenticati-Memorie dell'ARMIR dal fronte russo, Tra le righe libri, 2021 


👉Altre storie di soldati in Russia


🙏Ringraziamenti

A Veronica Cuozzo, pronipote del fratello del tenente Annunciata, per la gentile collaborazione e per i documenti forniti.

A Renza Martini, per la consulenza storica, per aver ospitato e commentato sulla pagina del suo gruppo le storie dei due soldati valvesi sul fronte sovietico e per tutto quello che fa per custodire la memoria dei soldati caduti e dispersi in Russia. 


G.V.


13 maggio 2022

MIO CARISSIMO PADRE

Oggi, 13 maggio 2022, Raffaele Cuozzo avrebbe compiuto cento anni.

Non li compirà, perché la sua giovinezza è rimasta nell'inverno russo; il suo corpo è diventato neve, i suoi sogni non sono divenuti domani. 

Ci piace ricordarlo offrendovi la trascrizione di una lettera da lui inviata dal fronte russo, nel dicembre 1942.

Raffaele era in Russia con la Divisione Vicenza.

Abbiamo cercato di rispettare quanto più possibile il testo originale, limitandoci alle modifiche ritenute utili a una sua migliore comprensione. 


??? 156 4 -12 -42

156 è il numero del battaglione

Mio carissimo padre con molto piacere vengo a rispondere alla vostra amata e desiderata lettera la quale mi porta la data del 15-11 e sono molto contento a sentire le vostre buone notizie e così nello stesso tempo vi posso assicurare anche di me che me la passo molto bene.  Come pure proprio adesso ho ricevuto una vostra cartolina della nonna che porta la data del 20-11 e una lettera della fidanzata che mi porta la data del 21 e sono molto contento a sentire buone notizie da tutti come pure vi dico che io mi trovo in viaggio e sono parecchi giorni che dobbiamo camminare e mi trovo questa lettera con i vostri indirizzi sopra e ve la scrivo e non

ho altro per scrivere perché la roba con lo zaino e la cassetta sono andati [avanti] con i [camion] cioè con gli autotrasporti (?) e quindi quando arrivo a destinazione vi scrivo di nuovo e rispondo anche alla fidanzata io scrivo questa lettera con la speranza che presto per la strada troviamo qualche  comando truppa nella stazione con i soldati italiani che fanno servizio e così vi spedisco questa lettera ma non so neanche quando parte. Così io vi raccomando solo una cosa tanto a voi quanto lo dite anche alla mia fidanzata che ogni volta che voi mi rispondete mettete la data della lettera mia che vi arriva così mi posso regolare anche io se vi arriva tutta la posta oppure se si perde per la strada

e come pure vi raccomando non tanto a voi ma quanto alla fidanzata che non dovete aspettare sempre mia posta per scrivere scrivete anche così senza ricevere posta perché non tanto da voi ma quanto da essa ch'io ho ricevuto appena 2 volte posta in due mesi quindi io non so se essa proprio non scrive oppure se si perdono per la strada, solo una volta mi arrivarono 20 lettere e cartoline da voi e da essa e poi altro resto se ne passarono parecchi giorni per ricevere posta.
Riguardo a questo non mi prolungo solo vi dico che io vi ho fatto un vaglio [vaglia] ma non ancora è partito ce l'hanno loro al comando perché parte in questi giorni arrivano i soldi e così ci mettono la somma stesso loro e lo mandano e quando parte io ve lo farà subito sapere ...la somma forse sarà di 900 lire (lire novecento) 

ma ancora non sono sicuro quindi/ quando appena parte vi farò sapere del tutto non mi prolungo forse prima di stasera arriva l'altra posta allora io mi regolo se mi arriva altra posta rispondo qua sotto se no la chiudo così e va la mando ora non mi prolungo vi saluto a tutti zio Ernesto zia Maria zia comara Ermelinda sorelle fratelli e in particolare la nonna Nicolina e voi genitori vi abbraccio e vi bacio vostro affezionatissimo figlio Cuozzo Raffaele.
Posta non è arrivata vi abbraccio di nuovo vostro figlio Raffaele.

Il Soldato Cuozzo Raffaele 156 Batt. 
Mitt. P. Militare 156
Divisione Vicenza


Abbiamo provato a realizzare la "nuvola di parole" tratta dalla lettera di Raffaele, per visualizzare la frequenza con la quale ricorrono le parole.

Eccola:

Dalla nuvola di parole, alcuni elementi risultano evidenti.

Innanzitutto, la notevole presenza dei pronomi vi e voi, che tornano complessivamente una volta in più rispetto ai pronomi io e mi; il rapporto è ridotto all'essenzialità della comunicazione: io scrivo a voi, voglio darvi notizie di me e ne chiedo di voi.

Avrete certamente notato che Raffaele dà del voi al padre.
I sostantivi più ricorrenti sono posta, lettera, data; sono frequenti anche voci verbali legate alla corrispondenza, come arriva e parte. Questa sembra una lettera che parla di altre lettere e della difficoltà incontrate dal servizio postale sul fronte di guerra. In fondo, il soldato fa solo un rapido cenno alla propria condizione, per non far preoccupare la sua famiglia: "me la passo molto bene"; la sua preoccupazione principale sembra relativa al rischio che alcune lettere si perdano, il suo rammarico sembra essere quello che altre molto probabilmente non sono mai giunte a destinazione.

Raffaele Cuozzo era nato a Valva il 13 maggio 1922, un sabato, alle dieci del mattino; era figlio di Michele e di Maria Michela Spiotta. Così leggiamo nell'atto di nascita, redatto dal sindaco Vincenzo Valletta; dall'atto risulta che al bambino erano stati dati anche i nomi Emilio e Ciro.

Alla sua memoria, dedichiamo queste parole di un celebre sergente protagonista della ritirata degli alpini dalla Russia, lo scrittore Mario Rigoni Stern:

Il fiume era gelato, le stelle erano fredde, la neve era vetro che si rompeva sotto le scarpe, la morte fredda e verde aspettava sul fiume, ma io avevo dentro di me un calore che scioglieva tutte queste cose.

Ci piace pensare che simili fossero i pensieri di Raffaele mentre scriveva questa lettera al padre, laggiù, nella steppa dove in tanti ora dormono, nei campi di grano e di papaveri.


G.V.