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07 marzo 2023

LA RADICE E' DONNA

In occasione della Festa della Donna, vi riproponiamo i post che "la ràdica" ha dedicato alle figure femminili.

L'ultima pacchiana

Partiamo da una donna simbolo per Valva: Pasqualina Cuozzo; con lei, nel 2010 si è chiusa una pagina antica e nobile della nostra storia: è stata l'ultima infatti a indossare il tradizionale abito femminile valvese, quello da "pacchiana".

A zia Pasqualina abbiamo dedicato il seguente post:
👉La pacchiana che chiuse dietro di sé un mondo intero


L'ultima "pacchiana" di Valva in una foto del nipote Giancarlo

La nonna dei valvesi, che è appena andata via

Anche la nonna di Valva, scomparsa il mese scorso a 102 anni, si chiamava Pasqualina Cuozzo e anche lei, ovviamente, per tutti era zia Pasqualina.

Ecco i due post che le abbiamo dedicato:
👉 I racconti di zia Pasqualina
👉Tulipani per zia Pasqualina

Questo è l'episodio del podcast "Il giorno dopo" che abbiamo pubblicato in occasione del suo ultimo compleanno, come piccolo omaggio: 
🎧Tulipani e Maramao

La signora Fernanda Superchi Gaudiosi ha insegnato a Valva per trentatré anni,
anche a studenti che sono poi andati in guerra

Altre donne

Il nostro blog ha dedicato alcuni post anche ad altre donne, legate alle vicende dei soldati e dei prigionieri.

Ci siamo occupati della madre del soldato Carmine Corrado, la signora Caterina Cuozzo in questo post:

Due post sono stati dedicati alla fidanzata del prigioniero Giovanni Milanese, Michelina, una figura molto presente nel suo diario di prigionia:


Segnaliamo anche il post dedicato ai cognomi materni nell'Ottocento:


Questo post è dedicato alla memoria dell'ultima levatrice di Valva, la signora Iva Bergamini. Tra i suoi molti meriti, uno un po' meno importante: essere stata la prima donna che ha sorriso a chi scrive queste righe.

G.V.

19 aprile 2022

I RACCONTI DI ZIA PASQUALINA

La nonna dei valvesi, zia Pasqualina Cuozzo, è nata il 6 settembre 1920.

Ama raccontare episodi della sua giovinezza e questo la rende una straordinaria testimone della vita del nostro paese.

Suo padre Michele aveva combattuto la Prima guerra mondiale e sarebbe morto quando il suo ultimo figlio aveva ancora pochi mesi.

Una famiglia di emigranti

È possibile che sia lui il Michele Cuozzo di Valva che risulta sbarcato negli USA nel 1909, diretto a Buffalo dal cugino Pasqualino Figliulo.

Zia Pasqualina ricorda che suo padre è stato due volte in America e che al rientro a Valva acquistava terreni.

La strada dell'emigrazione sarebbe poi stata percorsa anche da un fratello e da una sorella di zia Pasqualina (in Venezuela e Argentina). 

Racconti di guerra

Zia Pasqualina acconta che durante la guerra la sua famiglia e altre due si erano rifugiate in una sorta di grotta in contrada Molinello; mangiavano gli ortaggi che riuscivano a coltivare, soprattutto patate, più facili da conservare.

Un episodio che ama ripetere è legato proprio alle patate: lei stava preparando il pranzo e per lo spavento dovuto allo scoppio di una bomba le cadde tutto l'olio nelle patate, ma non potendosi permettere di buttare nulla mangiarono tutto lo stesso.

Il fidanzato Pasquale, che sarebbe poi diventato suo marito, partì per la guerra, in Libia.

Purtroppo zia Pasqualina non ricorda notizie su altri valvesi in guerra, anche perché vivendo in campagna raramente saliva in paese, dove andava solo per prendere l'olio.

Racconta spesso un aneddoto legato alla fine della guerra: all'arrivo degli americani a Valva, un giorno lei teneva per mano il suo fratello più piccolo; alla vista di un carro armato, il bambino mostrò subito curiosità e fu fatto salire, ma lei era spaventatissima perché non sapeva che fossero gli americani. Poco dopo uscì il fratellino, "cu lu muss spuorc d ciucculata". Capì che erano soldati "amici" e quella fu la prima volta che i due mangiavano cioccolata.

La musica nel sangue...e nell'atto di nascita

Una curiosità.

Tra i testimoni che firmano l'atto di nascita di zia Pasqualina c'è un giovane "musicante", Michele Freda.

Anche il padre di zia Pasqualina, da autodidatta, si dilettava con la musica e teneva lezioni ai ragazzi di Valva, accontentandosi di un po' d'olio per accendere la lampada.

In paese ricordiamo che zia Pasqualina faceva parte del coro in occasione dell'ordinazione sacerdotale di don Virginio Cuozzo.

Un suo cavallo di battaglia sono le filastrocche che imparava a scuola (ha frequentato fino alla terza elementare) e, immaginiamo, nelle serate in famiglia accanto al fuoco.

Ce ne occuperemo nei prossimi post, perché tutto quello che una persona di oltre cento anni ricorda merita la precedenza anche rispetto alle ricerche d'archivio per il quale questo blog è nato.

Le persone anziane sono radici che sostengono la comunità anche con la parola e con il ricordo ed è nostro dovere ascoltarle, con rispetto e riconoscenza.

G.V.


Un sentito ringraziamento alla nipote Michela Torsiello per la preziosissima collaborazione.



23 marzo 2022

LA PACCHIANA CHE CHIUSE DIETRO DI SÉ UN MONDO INTERO

La guerra la fa Ulisse ma non è facile essere Penelope.

Le donne la combattono nei campi, sostituendo le braccia dei mariti, dei fratelli, a volte anche dei padri; o meglio: continuando a fare il lavoro che già facevano prima ma facendolo da sole. Le donne la combattono in casa, allevando figli e tirando avanti ogni giorno, con carattere e speranza.

Le immagino così le ragazze e le donne che attendono il ritorno del loro uomo dal fronte o dalla prigionia.

Nelle lettere dal fronte, sono evocate con pudore se fidanzate, con delicatezza se sono madri, con rispetto se sono nonne, con simpatia se zie e comari. Molti soldati non sono ancora sposati. 

In guerra, scrive De André in una delle sue più celebri canzoni con parole che graffiano l'anima, "a crepare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio". 

Morire di maggio, metafora per indicare la giovane età dei caduti.

La guerra di Ulisse e di Penelope, dunque.

Oggi voglio ricordare una donna che ha avuto il marito al fronte e che rimarrà un simbolo per tutta Valva: la nostra ultima "pacchiana", zia Pasqualina.

Zia Pasqualina Torsiello vestita da pacchiana,
con in testa lu varlirə 

Non amo il termine pacchiana usato in italiano, perché vi vedo la spia linguistica di un pregiudizio di classe. 

L'accezione negativa con la quale l'aggettivo è rimasto incagliato nelle reti della nostra lingua mi sembra ingiusta: "privo di buon gusto e di stile, vistoso, grossolano", scrive il dizionario Treccani. Sullo stesso dizionario, il termine è presentato prima come sostantivo, di area meridionale: "contadino, villano; per lo più al femminile, contadina nelle vesti tradizionali, colorate e vistose".

Quando penso al termine dialettale, invece, mi si apre un mondo straordinario, un patrimonio di cultura e di affetto. 

Le vistose e tradizionali vesti della tradizione contadina appartengono alla nostra cultura in modo profondo, costituiscono un elemento della nostra "ràdica", sono un elemento di identità non solo per le donne che le indossano e che le indossano anche quando nessun'altra lo fa: zia Pasqualina sembrava vivere in un tempo sospeso, testimoniato e reso presente.

Giorno di festa

Queste vesti sono un elemento di identità anche per la comunità intera, perché il modo di vestire è una delle prime cose che notiamo in una persona e che ricordiamo di lei quando non c'è più; sono un elemento di identità collettiva perché un abito tradizionale (non amo definirlo costume: non siamo a teatro, non siamo a Carnevale, siamo nella vita vera delle persone e delle storie) ci ricorda da dove veniamo e, dunque, anche un po' chi siamo.


Zia Pasqualina con un vivace maccaturə

Zia Pasqualina se ne è andata, coi suoi vestiti da pacchiana, il 23 marzo del 2010.

Ci sono persone, scrive Erri De Luca, che morendo chiudono dietro di loro un mondo intero. A distanza di anni se ne accetta la perdita solo concedendo che in verità morirono in tempo.

Ecco perché zia Pasqualina appartiene a tutti noi.


Un grazie alla nipote Stefania per l'affettuosa collaborazione


G.V.