25 aprile 2023

SONO DI NUOVO UN UOMO E NON PIU' UN NUMERO

Mentre nell'aprile 1945 si compiva la liberazione italiana dal nazifascismo e dall'occupazione tedesca, altri italiani ottenevano la libertà, in Germania.

Uno di quest è Giovanni Milanese, sottotenente internato militare prima a Siedlce (in Polonia), poi a Bramekford e infine, dal novembre 1944, nel campo di Wietzendorf, un campo in cui è attestata la presenza di alcuni internati illustri, come lo scrittore Giovannino Guareschi e il futuro segretario del PCI Alessandro Natta.

Campo di Wietzendorf; fonte

La gioia incontenibile, poi il timore che tutto sia un'illusione o una manovra dei tedeschi, il sentirsi sospesi in una situazione di incertezza: sono molti gli stati d'animo che Giovanni Milanese vive nelle ultime due settimane dell'aprile del 1945 che porteranno alla liberazione del campo di Wietzendorf.

Possiamo seguire i sentimenti e le attese del militare prigioniero leggendo le parole del suo diario, pubblicato dall'editore Palladio con il titolo di Frammenti di storia.

Vi presentiamo alcuni brani relativi ai giorni della liberazione del campo. In queste pagine emergono la mitezza di Giovanni Milanese e la sua lucidità nel descrivere alcune situazioni, pur caotiche; non manca un tentativo di analizzare il futuro dell'Italia e dell'esercito.

13-4-45 
E' la più bella giornata della mia vita. I tedeschi se ne sono andati. Siamo soli.  
Vorrei scrivere tante cose, ma la gioia e l'emozione me lo impediscono. Vorrei vestirmi a festa, ma non posso farlo perché sono ridotto a brandelli. 
Ci si incontra e ci si bacia. 
Iddio ci ha fatto la grazia. Dia lodato. Oggi è venerdì. 

16-4-45  
[...] Ordine del giorno della liberazione del Col. Pietro Testa comandante del Campo Italiano.  
Ufficiali, sottufficiali, soldati italiani del Campo di Wietzendorf. 
- Siamo liberi-. 
Le sofferenze di 19 mesi di un internamento peggiore di mille prigionie sono finite.
Siamo degni di ricostruire
Ufficiali, sottufficiali, soldati italiani ricordiamo i morti di stenti ma fieri nelle face sparute, sotto gli abiti a brandelli, con una fede inchiodata alta come una bandiera.  
Salutiamo la Patria che risorge, che noi dobbiamo far risorgere.
W il Re. W l'Italia. W le Nazioni alleate.
Ten. Col. Pietro Testa.

18-4-45
Qui non si può essere mai  sicuri di niente. Solo nell'aiuto di Dio bisogna sperare ed io in quello fido moltissimo.
[...] Quindi noi siamo ancora completamente nelle mani dei tedeschi, sebbene non sorvegliati.
In questi giorni si sta mangiando moltissimo.

Milanese aggiunge che quasi tutti nel campo hanno la diarrea; anche lui è stato male per una scorpacciata di patate. Ritiene un bene non tornare a casa subito perché, con tutta la fame che hanno, rischierebbero di morire mangiando con avidità "roba di sostanza e condita".

19-4-45
Stanotte si son sentiti molti colpi in giro, però gli inglesi ancora non si vedono.
Ho riavuto con gran piacere la tessera ferroviaria.
[...] Son molto preoccupato per la stasi di questi giorni. Sembra già tutto finito. Invece!...
Siamo ancora fra "coloro che son sospesi".
Voglia Iddio che un giorno di questi non ci riservi la sgraditissima sorpresa di vederli ritornare nel campo.  

21-4-45
Stamattina presto c'è stato il rapporto.
Domattina alle 7 si parte. Il col. Duluc fu chiamato ieri sera dal col. tedesco, comandante del settore di combattimento, il quale gli comunicò che dovevamo partire per andare dagli inglesi.
E' mai possibile? Io non ho mai capito niente in questa guerra, ma ora si raggiunge il limite del credibile.
Al comando ci assicurano che realmente si va dagli inglesi. Che i tedeschi non giochino uno dei loro soliti tiri? [...]
Io in questi giorni non sto vivendo più.
Madonna mia aiutami. 

22-4-45
Che giornata meravigliosa!
Tutti i miei dubbi sono risolti.
Alle 9,13 abbiamo varcato l'ultima porta del reticolato, alle 11,50 abbiamo attraversato la prima linea (c'è stata una tregua per farci passare) ed abbiamo trovato gli autocarri alleati che ci hanno trasportati a Bergen.
Alle 16 circa siamo sistemati nelle villette requisite dove troviamo di tutto: farina, latte, birra...insomma tutto.
Anche scatole di carne, ciliegie allo spirito.
Finalmente son sicuro di essere libero.
Sono di nuovo un uomo e non più un numero. 
Molti si sono dati alla razzia insieme ai russi e francesi. Rompono tutto nelle case: piatti, bicchieri, lampadari.

Gli ormai ex prigionieri vengono alloggiati in abitazioni requisite; alcuni mangiano con imprudente voracità quello che trovano (subendone conseguenze intestinali), altri si danno ad atti di vandalismo e di razzia, ma non Giovanni Milanese, che condanna con decisione questi comportamenti.

In particolare, Milanese parla di "orde di russi" che rubano tutto; considera queste bande "il castigo peggiore che Iddio ha voluto dare al popolo che ha sconvolto con una guerra inutile e disumana tutto il mondo". 

Nei giorni seguenti aggiunge che anche francesi e italiani si sono dati alle razzie e rivela "Io odio per natura i tedeschi, ma questa situazione mi fa tanto male". Confessa inoltre: "Visto che l'unico a non mangiare bene sono io, anch'io ho preso qualcosa nei limiti della mia coscienza".

Particolarmente interessante le riflessioni che Milanese affida alla pagina del 29 aprile:

Ci vorranno molti anni per rifare l'esercito italiano, in particolare la classe degli ufficiali.
Ci sono fra noi dei colleghi che forse starebbero bene in una stalla. In quattro hanno aggredito un camion che trasportava latte per i francesi, asportando qualche bidone. Un ufficiale di marina raccattava mozziconi nella piazza principale del paese. Un altro si lavava il viso in uno scolo di fognatura.

Il primo maggio torna a Wietzondorf e con tristezza nota che dalle case requistite i soldati italiani arrivano ai camion trascinando carrettini, carrozzelle per bambini e bagagli di ogni genere. Commenta amaro e profetico:

Forse sarà anche naturale in un paese d'occupazione, specialmente quando questo paese è la Germania, ma sorpassare dei limiti di decenza, per me è assolutamente una cosa indegna.
Bisogna rifare l'Italia, ma prima c'è da forgiare l'italiano nuovo.

Qualche giorno più tardi, scrive parole molto dure:

Penso con terrore all'Italia di domani.
Penso quello che sarà quando rientrerà la massa dei nostri soldati abituati ora a predare, a mangiare a crepapelle senza lavorare.
Quando invece saranno costretti a lavorare e sodo per mangiare un tozzo di pane, cosa succederà?
Io sono sicurissimo che molti non vorranno sottostare a quella che è una legge più che umana, divina: lavorare per mangiare.
Prevedo che la massa aderirà all'idea comunista.

G.V

Approfondimento
Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:


24 aprile 2023

IL GIORNALE PARTIGIANO STAMPATO IN UN SANTUARIO

Si intitolava RINASCITA D'ITALIA, era il foglio di informazioni dei partigiani del cuneese, chiamati sempre "patrioti".

Il giornale esce dal 20 luglio al 20 ottobre 1944, su iniziativa di don Giuseppe Bruno (noto come "il prete dei partigiani") e dei fratelli Bassignana, tipografi di Mondovì.

I primi nove numeri sono stampati nel santuario di Santa Lucia a Villanova Mondovì, dove i partigiani si nascondono nel sottotetto, protetti dalle suore.

Il giornale riporta notizie sulla guerra in generale e sulle attività dei "patrioti" della provincia di Cuneo, avvisi, una rubrica di consigli medici, barzellette.

Gli ultimi quattro numeri sono composti presso il rifugio Mettolo Castellino al Pian della Tura.

Il 20 ottobre esce un'edizione straordinaria, che però non viene diffusa: è costituita da un unico articolo intitolato "Risposta anticipata", che fa esplicito riferimento a un testo di un settimanale fascista sottratto dal Servizio segreto della divisione partigiana.

Nei mesi successivi, i rastrellamenti nazifascisti impediscono altri numeri del giornale. 

Il nostro blog si occupa con particolare attenzione delle vicende dei partigiani del cuneese perché un soldato valvese, Michele Cecere, ha partecipato alla lotta di liberazione in Valle Ellero, dal luglio 1944 al giugno 1945, ricevendo il riconoscimento della qualifica di "partigiano combattente".

*****

PICCOLA ANTOLOGIA

I brani dii Rinascita d'Italia che vi presentiamo vengono dal progetto Stampa clandestina, dell'Istituto Nazionale Ferruccio Parri.

Qui trovate il link al sito, dove potete leggere i numeri della rivista e le schede a cura dell'Istituto.

Vi proponiamo un percorso antologico, scegliendo alcune pagine che ci sembrano particolarmente significative.

Partiamo dalla testata:

Nel foglio dei "patrioti" troviamo notizie sulle attività dei partigiani; ecco un esempio:

Numero 2, 27 luglio 1944
La guerra purtroppo porta violenza: senza molti giri di parole, il giornale testimonia la pratica della "pelatura" delle donne che collaboravano con i nazifascisti. 

In questo avviso, si affronta il problema dell'approvvigionamento di materiale e di viveri e si cerca di rassicurare i contadini:

Numero 1, 20 luglio 1944
Non mancano testi finalizzati a motivare i patrioti; ecco un esempio:
Numero 1, 20 luglio 1944
Interessante la presenza della preghiera dei patrioti (non dimentichiamo che molti numeri del giornale sono stati stampati in un santuario e che tra i promotori c'è un sacerdote):

Numero 3, 3 agosto 1944

Tra i consigli medici, quelli su come comportarsi in caso del morso di una vipera, come proteggersi dagli sbalzi di temperatura in montagna o come fare un soccorso d'urgenza.

Rami d'arancio tra le stelle alpine

C'è spazio anche per le notizie più leggere, che sembrano quasi un tentativo di tornare alla normalità, come questa che riguarda il  matrimonio di un partigiano, in montagna:

Numero 9, 14 settembre 1944

Partigiani come damerini

Troviamo anche notizie che mostrano una certa spavalderia, non senza autoironia:

Numero 2, 27 luglio 1944

Nota linguistica: gagarone è l'accrescitivo, ormai desueto, del termine gagà, una voce onomatopeica che dopo la Grande guerra era utilizzata sui giornali umoristici per indicare un giovane fatuo, che ostenta un'affettata eleganza nel parlare e nel comportarsi.

Quassù è la vera Italia

Ecco l'articolo dal titolo Un giorno con voi (numero 8); oggi lo chiameremmo un reportage in una zona controllata dai partigiani. 

Il tono si fa più solenne, con riferimenti alla vittoria finale presentata epicamente come calata dalle montagne. 
La conclusione è quasi mistica, con i patrioti che sentono la voce dei defunti che ricorda loro il sacrificio di chi è caduto e giurano di seguirla:
Numero 8, 7 settembre 1944
Attività partigiana nelle valli Ellero e Corsaglia

Nel numero 13 della rivista, pubblicato il 19 ottobre, troviamo alcune interessanti notizie sulle attività partigiane nelle valli Ellero e Corsaglia. 

Sono le valli in cui ha combattuto Michele Cecere, ma possiamo ipotizzare che in questi giorni fosse prigioniero delle brigate nere di Cuneo. Non possiamo però affermarlo con certezza, perché conosciamo solo la data della sua liberazione (25 novembre).


Numero 13, 19 ottobre 1944

Ecco un esempio di come avvenivano gli scambi di prigionieri:

Numero 9, 14 settembre 1944

Nel Dizionario della Resistenza (Torino, Einaudi) leggiamo che ogni partito del Comitato di Liberazione Nazionale ha un suo periodico, stampato e distribuito in clandestinità grazie alle staffette. Ci poi pubblicazioni, spesso anche di un solo numero, prodotte dalle stesse formazioni partigiane e ad esse destinate. Le pubblicazioni clandestine non possono avere una periodizzazione regolare; è significativo il sottotitolo di una di esse: "Esce quando può e come può". Le tecniche di stampa sono legate alle circostanze e alle possibilità; praticamente, manca sempre tutto: carta, ciclostili, inchiostro, spazi sicuri.

G.V.

Approfondimento

Ecco i nostri post dedicati alla Resistenza:

23 aprile 2023

MICHELE, PARTIGIANO CATTURATO DAI FASCISTI

Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l'avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com'è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui partì si sentì investito [...] in nome dell'autentico popolo d'Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell'uso legittimo che ne avrebbe fatto. Ed anche fisicamente non era mai stato così uomo, piegava erculeo il vento e la terra.
                                                      Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny 

Sembra davvero pronto a piegare il vento e la terra come scrive Fenoglio,  Michele Cecere, mentre guarda con fierezza un po' sbarazzina il fotografo.

Come abbiamo raccontato nel post Il partigiano di Valva, il signor Michele non amava parlare delle due vicende di soldato e di partigiano.

Con l'ausilio dei documenti, ne possiamo ricostruire l'attività di partigiano in Piemonte, in provincia di Cuneo.

Dopo l'8 settembre 1943, Michele Cecere in fuga dalla Francia trova ospitalità presso una famiglia "borghese" a Pianfei.

Nell'estate del 1944, inizia la sua attività di partigiano, con il nome di battaglia Michele.

Nell'Archivio dei Partigiani d'Italia troviamo la sua scheda, che dimostra che gli è stata riconosciuta la qualifica di partigiano combattente:

Scheda tratta dal sito Partigiani d'Italia

Sappiamo che è stato fatto prigioniero dalle brigate nere fasciste. Certamente non amava parlare della sua prigionia, dunque possiamo fare solo delle ipotesi sulla scorta dei pochi elementi che abbiamo a disposizione.

Da questo documento leggiamo la data in cui è stato liberato: 

Scheda tratta dal sito Partigiani d'Italia

Possiamo ipotizzare che la liberazione sia avvenuta in uno scambio di prigionieri.

Quasi compaesani

L'Istituto piemontese per la storia della Resistenza ha calcolato che ottomila partigiani combattenti, patrioti e benemeriti provenienti dal Sud Italia hanno svolto attività durante la lotta di Liberazione in Piemonte. 

Leggiamo che nella Brigata Valle Ellero dal 15 novembre 1944 al 7 giugno 1945 ha combattuto anche un partigiano di Caposele (Av): Gherardo Cetrullo, classe 1914, barbiere; risulta anche ferito.

Il Monumento alla Resistenza di Cuneo riproduce un'esplosione di un cristallo,
che guarda in direzione di Boves, luogo della prima strage compiuta nell'Italia occupata dai tedeschi; fonte

Approfondimenti 

La strage di Pianfei

Nell'operazione di rastrellamento delle Valli Pesio, Ellero, Vermenagna, Briga Alta, il 12 aprile 1944 a Pianfei vengono uccisi tre uomini (contadini, uno dei quali quindicenne). Sono i giorni di uno degli scontri più gravi della lotta di Liberazione nelle valli della provincia di Cuneo, tra i partigiani e la Wehrmacht tedesca.
Dai documenti, risulta che Michele Cecere a questa data non ha ancora intrapreso la lotta partigiana. Nell'estate del 1944 il movimento partigiano si allargherà in tutte le valli cuneesi e anche Michele inizierà la sua lotta.

Le commissioni per le qualifiche dei partigiani

Dopo la guerra vengono istituite delle commissioni regionali con il compito di accertare e riconoscere le qualifiche ai partigiani. Sono previsti i seguenti gradi: "partigiano combattente", "caduto per la lotta di liberazione", "mutilato o invalido", "patriota".

Viene riconosciuta la qualifica di "partigiano combattente" a coloro che a nord della linea Gotica, hanno militato per almeno tre mesi in una formazione armata partigiana o gappista regolarmente inquadrata nelle forze riconosciute e dipendenti dal C.V. L. e che abbiano partecipato ad almeno tre azioni di guerra o di sabotaggio. Il grado di "patriota" viene riconosciuto a tutti coloro che, avendo i requisiti previsti per i "partigiani", hanno militato nelle formazioni partigiane o collaborato con esse per un periodo inferiore a tre mesi.

G.V.


20 aprile 2023

DUE MEDAGLIE SUL PETTO DI CARMELO, CADUTO SUL PIAVE

Carmelo Alfano nasce a Valva il 18 settembre 1895, da Antonio e Caterina Mari.

Nel suo foglio matricolare non è indicata la professione, ma possiamo ipotizzare sia uno studente, visto che lo sono i fratelli Giuseppe, Giacomo e Michele Benedetto. Tra questi, Giuseppe diventerà sacerdote e sarà il parroco di Valva per diversi anni. Non sappiamo quanti dei fratelli Alfano abbiano partecipato alla Grande guerra.

Carmelo è assegnato alla 1394 Compagnia Mitraglieri Fiat e si distingue in combattimento, ricevendo due Medaglie d'Argento al Valor Militare.

Ecco la motivazione della prima medaglia:

Ferito durante un assalto, continuava a combattere, finché cadde esausto di forze. Già distintosi per coraggio quale porta ordini.
Fagaré di Piave, 16 novembre 1917

La medaglia si riferisce a quella che possiamo definire la prima vittoria italiana dopo la disfatta di Caporetto. Leggiamo nel libro La prima vittoria sul Piave dopo Caporetto. Fagaré di Piave, 16 novembre 1917 di Renzo Cattelani,  che nella minuscola frazione di Fagarè di Piave era stato dislocato un pugno di uomini al comando di un tenente poco più che ventenne. Questi giovani soldati, ai quali si aggiunsero i primi ragazzi del '99, seppero dapprima contenere l'improvviso assalto nemico, e poi respingerlo in poche ore sulla riva opposta, dando così inizio al periodo della "Battaglia d'arresto".

Carmelo Alfano ha partecipato anche alla famosa "Battaglia del Solstizio".

Battaglia del Solstizio; fonte

Come è noto, il nome si deve a Gabriele d'Annunzio.

L'offensiva austriaca diventa una disfatta: l'esercito austro-ungarico perde quasi 150mila uomini; la battaglia è però violentissima e anche per l'esercito italiano il bilancio è pesante: le perdite ammontano a circa 90 mila uomini. La sconfitta austro-ungarica significa in pratica l'inizio della fine.

In questa battaglia, cade Carmelo; ecco cosa leggiamo nella motivazione della seconda medaglia:

Esploratore in una compagnia mitragliatrici, in varie giornate di combattimento, ogni qualvolta ebbe a trovarsi a così stretto contatto col nemico da non essere più in tempo ad avvertirne la propria compagnia, attaccava anche da solo l'avversario con bombe a mano e fucilate. Animato dalla sua abituale audacia, mentre tentava accostarsi ad una mitragliatrice nemica per catturarla, cadeva eroicamente sul campo.
Case Sernagiotto, Breda di Piave, 15-18 giugno 1918

Così il Corriere della Sera del giorno dopo:

Stupendi episodi di valore ovunque. [...] Nel settore di Fagaré sul Piave nostri reparti di assalto contro due interi battaglioni ungheresi passarono l'abitato casa per casa annientando tre quarti dei reparti del nemico e cacciando i superstiti contro il fiume dove la più parte affogò.
Su tutto il corso del fiume le forze nemiche non riescono, non  ostante la pressione continua, la superiorità di numero e la grandiosità dei mezzi, ad avanzare sulle strade della pianura. Le nostre fanterie le tengono inchiodate sul margine dell'acqua, mentre la nostra artiglieria distrugge volta a volta passarelle e imbarcazioni nemiche. [...]
L'ultimo dato della situazione all'inizio della quarta giornata è questo: mentre il nemico, avendo subito perdite sanguinosissime, è costretto a impegnare già le sue riserve, noi, che abbiamo subito perdite relativamente lievi, abbiamo le nostre riserve fondamentalmente intatte. 

Purtroppo, le "perdite relativamente lievi" sono giovani soldati come Carmelo, che non ha ancora compiuto ventitré anni.

Non sappiamo dove riposi Carmelo; forse nel sacrario di Fagaré.

Sacrario Militare di Fagarè della Battaglia, Treviso; fonte

Sacrario Militare di Fagarè della Battaglia, Treviso; fonte

Dedichiamo alla sua memoria i versi che Ernest Hemingway ha scritto per un suo amico, sepolto lì:

KILLED PIAVE  July  8  1918 

Desire and 
All the sweet pulsing aches  
And gentle hurtings 
That were you, 
Are gone into the sullen dark.
Now in the night you come unsmiling
To lie with me
A dull, cold, rigid bayonet
On my hot-swollen, throbbing soul.

Chicago, 1921
 

 

UCCISO  PIAVE  8 luglio 1918  

Il desiderio e
tutti i dolci pulsanti dolori
e le pene delicate
ch’eri tu,  
sono spariti nella tenebra tetra.
Adesso nella notte tu vieni senza sorridere
a giacere con me 
un'opaca, fredda, rigida baionetta
sulla gonfia, palpitante anima mia.

G.V.

19 aprile 2023

CARMINE, CADUTO NEL "VASTO URAGANO" DI CAPORETTO

Carmine Caldarone deve il suo nome alla data di nascita: 16 luglio, Madonna del Carmine; l'anno è il 1898. Su alcuni documeni militari il cognome è Calderone, nell'atto di nascita il cognome è scritto con la "a". 

Figlio di Michele Arcangelo e di Anna Strollo, nei documenti della visita di leva non è indicata la sua professione. 

Carmine parte per la Grande guerra, soldato del 79° Reggimento Fanteria; il suo reggimento insieme all'80°forma la Brigata Roma.

Fanteria a riposo: lavaggio degli indumenti, poi stesi ad asciugare; fonte

Dalla storia della Brigata, vediamo gli avvenimenti del 1917. 

Dal 24 maggio gli austriaci muovono numerosi attacchi contro le posizioni tenute dal 79° a Monte Majo; gli attacchi sono sempre respinti, con gravi perdite.

Cartolina ricordo del 79° Reggimento fanteria; fonte

Ad agosto la Brigata si trasferisce sul Carso, per prendere parte all'XI Battaglia dell'Isonzo (17-31 agosto 1917). 

Fino all'inizio di settembre ci sono feroci combattimenti sulla Bainsizza (una fascia di territorio a sinistra del fiume Isonzo), poi la linea si assesta. 

Altopiano della Bainsizza (oggi Slovenia); fonte

Il 22 ottobre la brigata si trova schierata nel settore Veliki Vhr-Na Gradu. 

Il 24 inizia la grande offensiva austro-tedesca. La Brigata resiste, ma poi deve ripiegare in seguito allo sfondamento di Caporetto.

Il 25 ottobre, Carmine Caldarone cade in combattimento. Non ha ancora venti anni. 

Così un celebre giornalista sul fronte di guerra, Luigi Barzini, racconterà quel 25 ottobre, con parole che tra l'altro danno un'idea del perché sia considerato un grande scrittore:

E' dunque la caratteristica guerra di montagna che divampa, irruenta attorno ai capisaldi, varia, tumultuosa, piena di vicende. Non è possibile in un così vasto teatro di lotta, dove ogni valle ha la sua battaglia, dove le cime separano nettamente le azioni così diverse fra loro, dove il combattimento non ha una linea di insieme, chiara e generale, comprendere i movimenti e le fasi, rendersi conto dei risultati, leggere lo sviluppo di questo vasto uragano.

Tra caduti e dispersi, il 79° Reggimento conterà oltre 1200 vittime nel periodo denominato "dall'Isonzo al Piave" (24 ottobre-4 novembre).

Nei giorni successivi, il 79° praticamente viene accerchiato e si sacrifica quasi per intero nelle trincee del Veliki. Della Brigata rimane un solo battaglione (erano sei). 

A testimoniare il valore del 79° Reggimento, ci sono le parole della motivazione della Medaglia di Bronzo, riferite ad eventi dei mesi successivi: "Dava prove luminose di pertinacia e di virtù militari opponendosi sul Piave all'urto di forti masse nemiche (19-24 giugno 1918)".

Sono note le conseguenze militari della "disfatta di Caporetto": l'esercito italiano viene messo in rotta e deve ripiegare sul Piave e sul Monte Grappa, abbandonando ai nemici l'intero Friuli e buona parte del Veneto.

G.V.

15 aprile 2023

PIERINO, IL CALZOLAIO PRIGIONIERO IN SUDAFRICA

Soldato prima della guerra, ancora prigioniero quando era già finita.

Pierino Vacca era infatti militare in Libia  prima che iniziasse la guerra ed è tornato a casa sei mesi dopo la fine di questa.

In mezzo, sette mesi di guerra e oltre quattro anni di prigionia.

Militari  italiani prigionieri degli inglesi in Sudafrica; fonte

Nato a Valva nel 1914, di professione calzolaio, Pierino  giunge al centro mobilitazione presso l'ospedale militare di Napoli a fine maggio 1940: l'Italia non è ancora entrata in guerra quando egli sbarca in Libia, il 5 giugno.

I giornali di martedì 11 giugno riportano, con toni trionfali, la notizia del discorso di Mussolini della sera prima; ecco una celebre prima pagina, cha dà la notizia dell'entrata in guerra:

Quello stesso giorno, Pierino Vacca viene assegnato alla 15.ma sezione di Sanità mobilitata; "portaferiti", è annotato sul suo foglio matricolare.

Una curiosità: tra le "cognizioni extraprofessionali" dichiara di saper andare in bicicletta.

Sul suo foglio matricolare l'informazione successiva è direttamente quella del 23 gennaio 1941; secca, come il linguaggio dei documenti militari sa essere: prigioniero di guerra in seguito agli avvenimenti di guerra in A.S. (Africa Settentrionale).

Cosa è successo il 23 gennaio 1941?

In mancanza di altri documenti, possiamo fare delle ipotesi.

La guerra in Libia fino al gennaio 1941

L’artiglieria italiana presente in Libia risale alla Prima guerra mondiale, gli automezzi sono insufficienti e il governatore Balbo sollecita rinforzi. 
Caduta la Francia nel giugno 1940, lo stato maggiore dell’esercito italiano pianifica un attacco all’Egitto, controllato dagli inglesi; nei messi successivi, però, Mussolini sposterà l’attenzione sulla Grecia e sulla Jugoslavia.   
Dunque i rinforzi non arrivano e intanto si intensificano le incursioni inglesi contro gli italiani.
Balbo morirà in volo il 28 giugno, abbattuto per un tragico errore dalla contraerea italiana a Tobruch (la piazzaforte italiana più difesa dell’Africa Settentrionale).
A settembre inizia l’offensiva italiana guidata dal nuovo governatore, Graziani. Viene conquistato il villaggio di Sidi el Barrani, sottratto agli inglesi (oggi in Egitto, a 240 km da Tobruch).
Gli inglesi ottengono i rinforzi richiesti e truppe fresche (indiani, australiani) e a dicembre infliggono gravi perdite agli italiani, facendo moltissimi prigionieri: lo schiera-mento italiano si mostra inadeguato a una guerra di movimento.
A gennaio, cade la piazzaforte di Bardia, non lontana da Tobruch; anche in questa occasione, sono molti i prigionieri italiani.
L’attacco ora è rivolto a Tobruch; nella notte tra il 21 e il 22 gennaio avviene l'autoaffondamento dell'incrociatore italiano San Giorgio. 
Alcuni reparti resistono fino al 23 gennaio.

La prigionia in Sudafrica

Dunque, Pierino Vacca è stato uno degli oltre ventimila soldati italiani fatti prigionieri a Tobruch. Di certo, il suo destino nei giorni e negli anni successivi è il medesimo di tanti italiani: le testimonianze parlano di una lunga marcia a piedi lungo la via Balbia, fino al porto di Sollum; poi, l'imbarco sulle navi per Alessandria d'Egitto e i campi di smistamento sul Canale di Suez.

Da lì, la maggior parte dei prigionieri italiani viene inviata nel campo di Zonderwater, in Sud Africa. 

Sarti al lavoro nel campo; fonte

Pierino Vacca sarà il prigioniero numero 114752 del più grande campo di prigionia degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale; ha raccontato di aver svolto la professione di calzolaio anche lì.

Falegnameria; fonte

Un frantoio nel campo; fonte

Una cittadella organizzata dagli italiani

Il campo di Zonderwater era costituito da quattordici blocchi, per un totale di 44 campi; ogni campo poteva ospitare duemila uomini, dunque un blocco ne accoglieva in media ottomila.

E' celebre l'organizzazione del campo: scuole per analfabeti, scuole di lingue e professionali, biblioteche, attività teatrali, musica, sport. Una vera e propria cittadella, dunque, progettata dai prigionieri italiani, con il sostegno del colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, un ufficiale illuminato che, come ha scritto Gian Antonio Stella, "cercò davvero di non aggiungere ferocia e protervia alle pene di quegli italiani prigionieri a migliaia di chilometri da casa". 

Una classe della scuola "Duca d'Aosta"; fonte

Calcio nel campo; ogni blocco aveva una sua squadra e si organizzavano campionati interblocco; fonte

Ci occuperemo ancora del campo di Zonderwater, in particolare dell'organizzazione del campo e dell'aspetto sportivo.

Il ritorno a casa di Pierino

Pierino Vacca risulta rientrato dalla prigionia e presentatosi al centro alloggio di Taranto il giorno 1 novembre 1945.

Forse ha fatto in tempo a seguire le notizie sulla sua amata Juve impegnata,  domenica 4, in una partita contro l'Atalanta finita 1-1, in quello che in anni così difficili si chiamava Campionato di Divisione Nazionale; a causa delle devastazioni dovute alla guerra, infatti, si era tornati a una divisione tra un campionato del Nord e del Centro-Sud, con un girone finale nazionale per l'assegnazione dello scudetto (quell'anno vinto dal Grande Torino).

Una bella foto della famiglia Vacca; Pierino è l'uomo al centro, l'altro a sinistra è suo padre Ermelindo, la signora con l'ampio fazzoletto in testa è la madre Maria Giuseppa Spiotta;
quella con il vestito più scuro e la bottiglia in mano è la moglie Velia Torsiello.
Tra i  bambini, la figlia Giuseppina è la seconda da sinistra, il figlio Ermelindo il penultimo; 
fonte

Oltre i cento anni

Nel 2014 Pierino Vacca ha raggiunto il mirabile traguardo dei cento anni.

Ecco le belle parole che gli ha dedicato il presidente dell'Associazione Zonderwater Block ex Prigionieri di Guerra, Emilio Coccia:

Cent'anni dei quali oltre cinque, tra i più belli della vita poiché a cavallo tra giovinezza e maturità, trascorsi in guerra, in prigionia, fra disagi e tormenti, privato della cara libertà e sempre a contatto con la sofferenza di tanti compagni d'arme. Ma è spesso in quei dolorosi frangenti dove nascono amicizie sincere e forse anche qualche buon ricordo: ricordo degli anni veri e forte insegnamento per quelli a venire.

                                                                                                                       G.V. 

Per approfondire:

🎥La battaglia di Tobruk- Carri armati nel deserto, video Rai

📙Carlo Annese, I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport

🔗http://www.zonderwater.com/it/prigionieri-di-guerra.html