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11 agosto 2024

DOMENICO, LA RESISTENZA SUI MONTI D'ALBANIA

La vicenda di Domenico Torsiello ci consente di indagare un aspetto non molto noto della Seconda guerra mondiale degli italiani: soldati che restano in Albania dopo l'8 settembre, resistono alla cattura da parte dei tedeschi e vanno in montagna a combattere al fianco della Resistenza albanese.

Domenico nasce a Valva il 13 maggio 1923, da Nicola e Virginia Torsiello. Alla visita militare, nel 1942, risulta orfano di padre.

Chiamato alle armi, vi giunge il 9 gennaio 1943, assegnato al Deposito 9° Reggimento Autieri in Macerata. Imbarcatosi a Bari, giunge a Durazzo in Albania il 29 luglio 1943, nell'auto drappello Q.G. della Divisione "Firenze".

Bandiera del Regno albanese; fonte: Wikipedia

A questo punto, sul suo foglio matricolare troviamo un'annotazione insolita:

Foglio matricolare, Archivio di Stato di Salerno
 Proviamo a trascrivere:
Sbandato per gli avvenimenti bellici e portatosi (?) in montagna, 8 settembre 1943
Rimpatriato da Durazzo, 1 giugno 1945
Sbarcato a Brindisi, 1 giugno 1945

Come al solito, tre righe riassumono quasi due anni di guerra (o di prigionia, come accade a tanti altri militari italiani in quello stesso periodo).

Il contesto però, come dicevamo, è insolito.

Dopo l'armistizio di Cassibile, la 9ᵅ Armata italiana in Albania subisce un duro colpo a causa dell'indecisione dei suoi comandanti: quattro delle sei divisioni italiane vengono catturate dai tedeschi. Tuttavia, la 151ᵅ Divisione Fanteria "Perugia" e la 41ᵅ Divisione Fanteria "Firenze" resistono. Il generale Arnaldo Azzi, che comanda la "Firenze", rifiuta di cedere le armi e si allea con l'Esercito Albanese di Liberazione Nazionale. Nasce il Comando Italiano Truppe alla Montagna (CITaM), che riunisce soldati italiani dispersi.

Sul sito ANPI leggiamo:

E' così costituito il "Comando Italiano Truppe alla Montagna" (CITaM), forte di migliaia di uomini suddivisi in alcuni comandi di zona. Risulta presto evidente che una tale massa di uomini e un simile schieramento in terra straniera non sono adatti alla guerra partigiana, e così, presto, il CITaM, sottoposto all'attacco dei tedeschi e alla difficile convivenza con le formazioni della Resistenza albanese, si sbanda. Gli italiani, costretti a cedere agli albanesi armi ed equipaggiamento, trovano rifugio e ospitalità presso la popolazione locale. Alcuni militari entreranno poi nella Resistenza albanese.  fonte

Alla fine della guerra, Domenico si imbarca a Durazzo e sbarca a Brindisi il 1° giugno 1945; il giorno dopo lo troviamo nel campo di Taranto. A giugno ottiene una prima licenza di sessanta giorni, il 25 agosto si presenta al distretto di Salerno e viene inviato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di reimpiego. La guerra per lui è davvero finita.


Fonti consultate:

G.V.

27 aprile 2024

IN NOME DELL'AUTENTICO POPOLO D'ITALIA -Pagine della Resistenza in Fenoglio-

BEPPE FENOGLIO [1922-1963]

Nell'opera di Fenoglio la scelta di salire sulle "somme colline" è vista come un ritorno a una natura-madre, "al fango antico delle colline, impastato da secoli di sudore e ora di sangue", come scrive il filosofo e partigiano Pietro Chiodi.

E' celebre questa pagina del romanzo Il partigiano Johnny:

Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l'avrebbe aiutato nel suo immoto possibile [1], nel vortice del vento nero, sentendo com'è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui partì, si sentì investito -nor death itself would have been divestiture [2]- in nome dell'autentico popolo d'Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante era la coscienza dell'uso legittimo che ne avrebbe fatto. Ed anche fisicamente non era mai stato così uomo, piegava erculeo il vento e la terra.
[1] Il futuro partigiano ha l'impressione di vivere una vicenda senza tempo
[2] Nemmeno la morte avrebbe potuto privarlo dell'investitura. Fenoglio utilizza spesso parole ed espressioni tratte dall'inglese. 

"In nome dell'autentico popolo d'Italia": la Resistenza assume i contorni di un’avventura in cui l'azione dell'eroe è inserita in una lotta collettiva e corale; con il singolo eroe combatte simbolicamente l’intero popolo italiano. 

Gli eroi di Fenoglio sembrano incarnare valori fondamentali; sanno che il bene e la libertà saranno sempre minacciati, perché valori fragili; tuttavia, l'unico atteggiamento che ritengono possibile è quello di impegnarsi nella loro difesa. 

Beppe Fenoglio

Ecco altri significativi passi, sempre tratti dal romanzo Il partigiano Johnny.

L'acciaio delle armi gli ustionava le mani, il vento lo spingeva da dietro con una mano inintermittente, sprezzante e defenestrante, i piedi danzavano perigliosamente sul ghiaccio affilato. Ma egli amò tutto quello, notte e vento, buio e ghiaccio, e la lontananza e la meschinità della sua destinazione, perché tutti erano i vitali e solenni attributi della libertà.

*****

Osservando il cadavere di un partigiano giustiziato, Johnny pensa a due suoi compagni che immagina -erroneamente- caduti ("milioni di colline addietro"); poi pesa alla sua morte e alla necessità di continuare a combattere, fino alla fine:

E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno.

Nel post La scelta di dir di no fino in fondo abbiamo riassunto l'episodio della conversazione tra Johnny e il fornaio.

Ecco la pagina in cui è presente l'episodio:

- Stanno facendovi cascare come passeri dal ramo. E tu, Johnny, sei l'ultimo passero su questi nostri rami, non è vero? Tu stesso ammetti d'aver avuto fortuna sino ad oggi ma la fortuna si consuma, e sarà certamente consumata avanti il 31 gennaio. Perché dunque stare ancora in giro, in divisa e con le armi, digiunando e battendo i denti? Sembrerebbe che tu lo voglia, che tu ti ci prepari a quel loro colpo di caccia.
- Giunse compostamente le sue potenti mani. - Da' retta a me, Johnny. La tua parte l'hai fatta e la tua coscienza è senz'altra a posto. Dunque smetti tutto e scendi in pianura. Non per consegnarti, Dio vieti, e  poi è troppo tardi. Ma scendi e un ragazzo come te avrà certamente parenti e amici che lo nascondano. Un nascondiglio dove stare fino a guerra finita, soltanto mangiare e dormire e godersi il calduccio e... -ridacchiò e abbassò la voce: - e ricevere la visita ogni tanto di qualche tua amica di fiducia, l'unica a conoscere il tuo indirizzo. [...]
-Che mi dici, Johnny? -Johnny alzò il catenaccio. -Mi sono impegnato a dir di no fino in fondo, e questa sarebbe una maniera di dir di sì. - No che non lo è!" -gridò il mugnaio. -Lo è, lo è una maniera di dir di sì.
    Dietro la porta la gelida notte attendeva come una belva all'agguato e la cagna gli sbatté grevemente fra le gambe. -Fa' almeno un boccone di cena con noi, -disse il mugnaio, ma Johnny era già affogato nella tenebra.
    Un vento polare dai rittani [3] di sinistra spazzava la sua strada, obbligandolo a resistere con ogni sua forza per non esser rovesciato nel fosso a destra. >Tutto, anche la morsa del freddo, la furia del vento e la voragine della notte, tutto concorse ad affondarlo in un sonoro orgoglio. - Io sono il passero che non cascherà mai. Io sono quell'unico passero! -ma tosto se ne pentì e soberized [4], come gli parve di vedere in un cerchio di luce diurna le grige, petree guance di Ivan e Luis disserrarsi appena percettibilmente in un mitemente critico, knowing [5] sorrisetto.
[3] I rittani sono valloncelli tipici delle Langhe
[4] "Tornò a pensieri più saggi"
[5] "Accorto"

 G.V.


Bibliografia

  • Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Einaudi
  • Battistini -Cremante- Fenocchio, Se tu segui tua stella, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
  • Bologna -Rocchi- Rossi, Letteratura visione del mondo, Loescher Editore

25 aprile 2024

LA SCELTA DI DIR DI NO FINO IN FONDO

Il partigiano Johnny -protagonista del celebre romanzo di Beppe Fenoglio- è riuscito a scampare ancora una volta all'appuntamento con la morte ma ancora una volta ha visto cadere due compagni.

Il mugnaio che ha condotto in città i cadaveri, e che sicuramente sarà tra i più attivi nel dar loro una dignitosa sepoltura, offre un ricovero al giovane partigiano e gli fa un"discorsetto", di realismo e "buon senso".

Lo invita a non sfidare oltre la sorte ("la fortuna si consuma") e a tornare in pianura. Non ha senso crepare attendendo una vittoria che verrà lo stesso, "senza e all'infuori di voi" grazie agli Alleati che risalgono la penisola.

Nella risposta di Johnny, leggiamo il senso di una scelta netta, coerente e fondante, alla quale ha deciso di rimanere fedele ogni giorno.

Mi sono impegnato a dir di no fino in fondo, e questa sarebbe una maniera di dir di sì.

L'alternativa è la morte, ma Johnny ricorda bene le parole del suo amato professore: "partigiano, come poeta, è parola assoluta, rigettante ogni gradualità".

Stefano Dionisi in una scena del film di Guido Chiesa

La scelta di aderire alla Resistenza è ribadita ogni giorno, come i resistenti francesi di cui parla Sartre, coloro che "ad ogni ora del giorno e della notte, per quattro anni, hanno detto di no".

G.V.

24 aprile 2023

IL GIORNALE PARTIGIANO STAMPATO IN UN SANTUARIO

Si intitolava RINASCITA D'ITALIA, era il foglio di informazioni dei partigiani del cuneese, chiamati sempre "patrioti".

Il giornale esce dal 20 luglio al 20 ottobre 1944, su iniziativa di don Giuseppe Bruno (noto come "il prete dei partigiani") e dei fratelli Bassignana, tipografi di Mondovì.

I primi nove numeri sono stampati nel santuario di Santa Lucia a Villanova Mondovì, dove i partigiani si nascondono nel sottotetto, protetti dalle suore.

Il giornale riporta notizie sulla guerra in generale e sulle attività dei "patrioti" della provincia di Cuneo, avvisi, una rubrica di consigli medici, barzellette.

Gli ultimi quattro numeri sono composti presso il rifugio Mettolo Castellino al Pian della Tura.

Il 20 ottobre esce un'edizione straordinaria, che però non viene diffusa: è costituita da un unico articolo intitolato "Risposta anticipata", che fa esplicito riferimento a un testo di un settimanale fascista sottratto dal Servizio segreto della divisione partigiana.

Nei mesi successivi, i rastrellamenti nazifascisti impediscono altri numeri del giornale. 

Il nostro blog si occupa con particolare attenzione delle vicende dei partigiani del cuneese perché un soldato valvese, Michele Cecere, ha partecipato alla lotta di liberazione in Valle Ellero, dal luglio 1944 al giugno 1945, ricevendo il riconoscimento della qualifica di "partigiano combattente".

*****

PICCOLA ANTOLOGIA

I brani dii Rinascita d'Italia che vi presentiamo vengono dal progetto Stampa clandestina, dell'Istituto Nazionale Ferruccio Parri.

Qui trovate il link al sito, dove potete leggere i numeri della rivista e le schede a cura dell'Istituto.

Vi proponiamo un percorso antologico, scegliendo alcune pagine che ci sembrano particolarmente significative.

Partiamo dalla testata:

Nel foglio dei "patrioti" troviamo notizie sulle attività dei partigiani; ecco un esempio:

Numero 2, 27 luglio 1944
La guerra purtroppo porta violenza: senza molti giri di parole, il giornale testimonia la pratica della "pelatura" delle donne che collaboravano con i nazifascisti. 

In questo avviso, si affronta il problema dell'approvvigionamento di materiale e di viveri e si cerca di rassicurare i contadini:

Numero 1, 20 luglio 1944
Non mancano testi finalizzati a motivare i patrioti; ecco un esempio:
Numero 1, 20 luglio 1944
Interessante la presenza della preghiera dei patrioti (non dimentichiamo che molti numeri del giornale sono stati stampati in un santuario e che tra i promotori c'è un sacerdote):

Numero 3, 3 agosto 1944

Tra i consigli medici, quelli su come comportarsi in caso del morso di una vipera, come proteggersi dagli sbalzi di temperatura in montagna o come fare un soccorso d'urgenza.

Rami d'arancio tra le stelle alpine

C'è spazio anche per le notizie più leggere, che sembrano quasi un tentativo di tornare alla normalità, come questa che riguarda il  matrimonio di un partigiano, in montagna:

Numero 9, 14 settembre 1944

Partigiani come damerini

Troviamo anche notizie che mostrano una certa spavalderia, non senza autoironia:

Numero 2, 27 luglio 1944

Nota linguistica: gagarone è l'accrescitivo, ormai desueto, del termine gagà, una voce onomatopeica che dopo la Grande guerra era utilizzata sui giornali umoristici per indicare un giovane fatuo, che ostenta un'affettata eleganza nel parlare e nel comportarsi.

Quassù è la vera Italia

Ecco l'articolo dal titolo Un giorno con voi (numero 8); oggi lo chiameremmo un reportage in una zona controllata dai partigiani. 

Il tono si fa più solenne, con riferimenti alla vittoria finale presentata epicamente come calata dalle montagne. 
La conclusione è quasi mistica, con i patrioti che sentono la voce dei defunti che ricorda loro il sacrificio di chi è caduto e giurano di seguirla:
Numero 8, 7 settembre 1944
Attività partigiana nelle valli Ellero e Corsaglia

Nel numero 13 della rivista, pubblicato il 19 ottobre, troviamo alcune interessanti notizie sulle attività partigiane nelle valli Ellero e Corsaglia. 

Sono le valli in cui ha combattuto Michele Cecere, ma possiamo ipotizzare che in questi giorni fosse prigioniero delle brigate nere di Cuneo. Non possiamo però affermarlo con certezza, perché conosciamo solo la data della sua liberazione (25 novembre).


Numero 13, 19 ottobre 1944

Ecco un esempio di come avvenivano gli scambi di prigionieri:

Numero 9, 14 settembre 1944

Nel Dizionario della Resistenza (Torino, Einaudi) leggiamo che ogni partito del Comitato di Liberazione Nazionale ha un suo periodico, stampato e distribuito in clandestinità grazie alle staffette. Ci poi pubblicazioni, spesso anche di un solo numero, prodotte dalle stesse formazioni partigiane e ad esse destinate. Le pubblicazioni clandestine non possono avere una periodizzazione regolare; è significativo il sottotitolo di una di esse: "Esce quando può e come può". Le tecniche di stampa sono legate alle circostanze e alle possibilità; praticamente, manca sempre tutto: carta, ciclostili, inchiostro, spazi sicuri.

G.V.

Approfondimento

Ecco i nostri post dedicati alla Resistenza:

23 aprile 2023

MICHELE, PARTIGIANO CATTURATO DAI FASCISTI

Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l'avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com'è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui partì si sentì investito [...] in nome dell'autentico popolo d'Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell'uso legittimo che ne avrebbe fatto. Ed anche fisicamente non era mai stato così uomo, piegava erculeo il vento e la terra.
                                                      Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny 

Sembra davvero pronto a piegare il vento e la terra come scrive Fenoglio,  Michele Cecere, mentre guarda con fierezza un po' sbarazzina il fotografo.

Come abbiamo raccontato nel post Il partigiano di Valva, il signor Michele non amava parlare delle due vicende di soldato e di partigiano.

Con l'ausilio dei documenti, ne possiamo ricostruire l'attività di partigiano in Piemonte, in provincia di Cuneo.

Dopo l'8 settembre 1943, Michele Cecere in fuga dalla Francia trova ospitalità presso una famiglia "borghese" a Pianfei.

Nell'estate del 1944, inizia la sua attività di partigiano, con il nome di battaglia Michele.

Nell'Archivio dei Partigiani d'Italia troviamo la sua scheda, che dimostra che gli è stata riconosciuta la qualifica di partigiano combattente:

Scheda tratta dal sito Partigiani d'Italia

Sappiamo che è stato fatto prigioniero dalle brigate nere fasciste. Certamente non amava parlare della sua prigionia, dunque possiamo fare solo delle ipotesi sulla scorta dei pochi elementi che abbiamo a disposizione.

Da questo documento leggiamo la data in cui è stato liberato: 

Scheda tratta dal sito Partigiani d'Italia

Possiamo ipotizzare che la liberazione sia avvenuta in uno scambio di prigionieri.

Quasi compaesani

L'Istituto piemontese per la storia della Resistenza ha calcolato che ottomila partigiani combattenti, patrioti e benemeriti provenienti dal Sud Italia hanno svolto attività durante la lotta di Liberazione in Piemonte. 

Leggiamo che nella Brigata Valle Ellero dal 15 novembre 1944 al 7 giugno 1945 ha combattuto anche un partigiano di Caposele (Av): Gherardo Cetrullo, classe 1914, barbiere; risulta anche ferito.

Il Monumento alla Resistenza di Cuneo riproduce un'esplosione di un cristallo,
che guarda in direzione di Boves, luogo della prima strage compiuta nell'Italia occupata dai tedeschi; fonte

Approfondimenti 

La strage di Pianfei

Nell'operazione di rastrellamento delle Valli Pesio, Ellero, Vermenagna, Briga Alta, il 12 aprile 1944 a Pianfei vengono uccisi tre uomini (contadini, uno dei quali quindicenne). Sono i giorni di uno degli scontri più gravi della lotta di Liberazione nelle valli della provincia di Cuneo, tra i partigiani e la Wehrmacht tedesca.
Dai documenti, risulta che Michele Cecere a questa data non ha ancora intrapreso la lotta partigiana. Nell'estate del 1944 il movimento partigiano si allargherà in tutte le valli cuneesi e anche Michele inizierà la sua lotta.

Le commissioni per le qualifiche dei partigiani

Dopo la guerra vengono istituite delle commissioni regionali con il compito di accertare e riconoscere le qualifiche ai partigiani. Sono previsti i seguenti gradi: "partigiano combattente", "caduto per la lotta di liberazione", "mutilato o invalido", "patriota".

Viene riconosciuta la qualifica di "partigiano combattente" a coloro che a nord della linea Gotica, hanno militato per almeno tre mesi in una formazione armata partigiana o gappista regolarmente inquadrata nelle forze riconosciute e dipendenti dal C.V. L. e che abbiano partecipato ad almeno tre azioni di guerra o di sabotaggio. Il grado di "patriota" viene riconosciuto a tutti coloro che, avendo i requisiti previsti per i "partigiani", hanno militato nelle formazioni partigiane o collaborato con esse per un periodo inferiore a tre mesi.

G.V.


28 marzo 2023

FILIBERTO, CARABINIERE E PARTIGIANO

Dalle curve della memoria digitale riemerge il nome di un secondo partigiano nato a Valva.

Di lui non si conserva memoria orale o fotografica in paese, ma forse la più vera e feconda memoria di un partigiano è nella Costituzione che ne onora il sacrificio e nella democrazia che ne rappresenta il frutto.  

Filiberto Martinelli, di Benedetto e di Maria Petricone, nasce a Valva il 2 dicembre 1919, tre anni dopo il fratello Flavio.

I genitori non sono di Valva: il padre è maresciallo dei carabinieri, la madre risulta "nobildonna". 

Il bambino aveva tre nomi: Filiberto Ettore Michele.
Si noti la firma dell'Ufficiale dello Stato Civile che ne annota la morte: 
Donato Vacca, al quale abbiamo dedicato alcuni post.

Carabiniere come il padre

Possiamo ricostruire la carriera militare e partigiana di Filiberto.

Dall'11 marzo 1939 risulta militare volontario ordinario nei Carabinieri; il 27 agosto risulta nella Legione di Roma.

Dopo l'8 settembre 1943, la Compagnia Allievi Carabinieri della Legione di Roma è protagonista di eroici combattimenti per contrastare l'occupazione nazista di Roma. Non siamo ancora in grado di stabilire se Filiberto abbia partecipato a questi combattimenti.

L'attività partigiana

Dal 1° ottobre 1943 al 12 giugno 1944 Filiberto milita nella formazione partigiana «Giulio Porzio», nel Cicolano (provincia di Rieti), con il grado di vicecomandante; la banda assume il nome di un suo componente caduto nel maggio 1944.

E' probabile che dopo la guerra Filiberto si sia trasferito a Rieti, visto che nei documenti compare un comune della provincia, Borgocollefegato.


Filiberto Martinelli muore a Roma l'8 febbraio 1972; risulta coniugato con la signora Antonietta Granada.

I documenti relativi all'attività partigiana sono tratti dallo Schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza, consultabile previa registrazione gratuita al sito www.partigianiditalia.cultura.gov.it.

Il blog "la ràdica" ha raccontato la storia del "partigiano" per antonomasia di Valva, il signor Michele Cecere, nel post👉Il partigiano di Valva.

Cercheremo di trovare ulteriori notizie su questo altro valvese partigiano: a volte, per essere uomini che rendono orgoglioso il comune di nascita, non è necessario restarci a lungo. Basta lottare per la libertà, ad esempio.

G.V.




25 aprile 2022

IL PARTIGIANO DI VALVA

Ci sono storie che non diventano racconto.

A volte questo accade per pudore o  per evitare di rievocare fantasmi che hanno tormentato notti insonni; accade per il timore di non essere creduti o magari perché ci sono persone destinate a guardare sempre avanti.

Michele Cecere non amava parlare del suo passato, eppure egli è sempre stato, a Valva, "il partigiano".

Forse è giunto il momento che la sua storia venga raccontata.

Il soprannome

Non tutti i soprannomi nascono per celia, per ricordare situazioni buffe o caratteristiche originali; alcuni sono impressi nella carne come ferite della giovinezza che restano per sempre.

Il senso pratico che fa nascere e mantiene vivi i soprannomi ha subito esteso "lu partigian" alla famiglia Cecere, ma senza particolari connotazioni storiche o politiche; è probabile che oggi in paese molti non sappiano che nel passato di zio Michele c'è davvero la lotta partigiana.

Combattente per la libertà

Ecco il suo Brevetto di Partigiano, rilasciatogli dal Corpo volontari della libertà:


Il documento presenta sei firme molto prestigiose, come dimostra la seguente -celebre- foto:

Il comando generale del Corpo volontari della libertà sfila nella Milano liberata. 
In prima fila ci sono, da sinistra: Mario Argenton, Giovan Battista Stucchi, Ferruccio Parri (poi Presidente del Consiglio), Raffaele Cadorna, Luigi Longo (poi segretario del PCI), Enrico Mattei (poi presidente ENI). 
Tutte queste persone hanno firmato il Brevetto di partigiano rilasciato a Michele Cecere.

La guerra del bersagliere Cecere
Come leggiamo nel suo foglio matricolare, Michele Cecere  partecipa a operazioni di guerra alla frontiera alpina occidentale dall'11 giugno 1940 (praticamente nei primissimi giorni di guerra) al 29 giugno 1940. È poi in azione alla frontiera greco-albanese dal  novembre 1940 al febbraio 1941, quando si ammala di pleurite.
Nel settembre 1941 rientra nel I Reggimento Bersaglieri a Napoli, l'anno successivo è in Francia.
"Naso greco, colorito bruno, dentatura sana"
si legge nei "Dati e contrassegni personali" di Michele Cecere 

Dopo l'8 settembre 1943, riesce a sottrarsi alla cattura e a ricongiungersi con un comando italiano; si rifugia "presso una famiglia borghese" a Pianfei, in provincia di Cuneo.

La lotta partigiana
Michele Cecere entra nella brigata partigiana Val Corsaglia-Val Ellero, in provincia di Cuneo.
Vi milita dal 7 luglio 1944 al 7 giugno 1945.
  
Michele Cecere, di Giacomo, nato il 5 maggio 1920 e deceduto nel 1993

Quali esperienze ha vissuto il partigiano Michele nei suoi undici mesi sulle colline piemontesi?
In un'epoca in cui, come scrive Fenoglio, i ragazzi come lui erano chiamati più a morire che a vivere, quali speranze guidavano le sue scelte, quali paure agitavano i suoi pensieri? 
Forse non lo sapremo mai, almeno non completamente.
Possa questo post essere un primo passo verso il recupero della memoria di un partigiano che non ha avuto paura di mettere a rischio la sua giovinezza per lottare per ciò in cui credeva.
Sarebbe bello rintracciare i discendenti della famiglia che ha ospitato Michele in fuga dalla Francia dopo l'8 settembre '43 e far incontrare in qualche modo due piccoli paesi che, pur essendo tanto lontani, hanno storie in comune che si sono intrecciate nella guerra e poi nell'emigrazione.


Un grazie riconoscente alla famiglia Cecere per la preziosissima collaborazione.


G.V.