30 dicembre 2023

ANGELO MICHELE, L'ARTIGLIERE INTERNATO IN GERMANIA

Nella silenziosa sala di consultazione dell'Archivio di Stato di Salerno, incontro la storia di un mio concittadino che non era nel mio elenco.

Non era nell'elenco degli internati militari italiani e la sua storia mi dimostra che occorre cercare ancora.

Angelo Michele Strollo, nato a Valva il 5 settembre 1909 da Antonio e Maria Macchia; un mulattiere dal naso greco, che speva leggere e scrivere.

Leggo il suo foglio matricolare e subito mi colpisce un'informazione: catturato dai tedeschi e condotto in Germania l'8 settembre 1943

È stato catturato in Grecia, dove era giunto il 18 febbraio 1943, nel 353° Batteria del 26° Artiglieria Corpo d'Armata.

Artiglieria; la foto proviene dall'archivio dell'internato militare
Gelsomino Cuozzo

Il 18 febbraio mi ricorda qualcosa. Penso alla nascita De André e al suo antimilitarismo (uno zio del noto cantautore è stato internato militare), ma Faber quel giorno compiva tre anni. 

Ecco: il 18 febbraio 1943 a Monaco la Gestapo arrestava Sophie e Hans Scholl insieme ad altei membri del movimento Rosa Bianca, un'organizzazione di studenti cristiani che si opponevano al nazismo. 

La resistenza al nazismo è però debole e gli eventi dell'estate del 1943 dimostreranno che l'esercito tedesco è ancora forte. Ne faranno le spese gli oltre seicentomila soldati italiani fatti prigionieri dopo l'8 settembre, i caduti di Cefalonia e delle altre isole, le vittime degli eccidi civili.

Dopo la fine della guerra in Europa, il 18 maggio 1945 Angelo Michele viene liberato; trattenuto dagli Alleati fino al 16 giugno,  rientra in Italia e si presenta al Distretto Militare di Salerno per essere sottoposto all'interrogatorio di rito.

Leggo anche che ha ottenuto la croce al merito di guerra (due concessioni) per la partecipazione alle operazioni di guerra in Balcania, nei teritori greci e albanesi.

Uno dei due artiglieri dovrebbe essere il valvese Gelsomino Cuozzo

Sul foglio matricolare, alla voce distinzioni e servizi speciali leggo servente: un militare addetto con diversi incarichi al funzionamento di un'arma da fuoco o da lancio.

Di lui non so altro, ma da oggi so che è stato soldato, è stato prigioniero, ha detto no ai tedeschi.

G.V.

29 dicembre 2023

IL PRESEPE DEGLI INTERNATI MILITARI

Gli internati militari italiani a Wietzendorf avevano il loro presepe clandestino, realizzato per il Natale 1944 dal milanese Tullio Battaglia, con stracci e ricordi dei singoli prigionieri.

Dopo la liberazione, Tullio Battaglia riuscì a portare con sé il presepe e lo donò alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano, dove ancora oggi si trova.

Mancava una sola statuina, quella del bue, che era stata smarrita. Era rimasta a Wietzendorf, raccontava lo stesso Tullio Battaglia qualche anno fa, "a vegliare sui compagni morti".

Quest'anno un'associazione culturale di Wietzendorf ha fatto realizzare una statuina del bue e l'ha consegnata alla basilica di Sant'Ambrogio, come gesto di pace e di riconciliazione.

Ora il presepe della prigionia in Sant'Ambrogio è di nuovo completo.

Ecco come un bell'articolo di Luca Frigerio (1944: il presepe nel lager, dalla Germania a Milano, sito della Diocesi di Milano) racconta la creazione del presepe: 

Così, con un coltellino da scout (miracolosamemte scampato ad ogni perquisizione), una forbicina robusta, un cardine di una porta come martello, alla luce del lumino che ognuno conteibuì ad alimentare togliendo una piccola parte alla microscopica razione di margarina, nacque questa sacra rappresentazione. 
La nostalgia per la propria terra spinse Tullio ad ambientare la scena in un angolo di una tipica cascina lombarda, dove un'umile contadina s'avvicinava al Bambin Gesù, stretto tra le braccia della Vergine Maria. Attorno ci sono i Re Magi, la tessitrice che confeziona la [...] bandiera tricolore,  lo zampognaro abruzzese e il pastore calabro, presenze poetiche del presepe e "rappresentanti" degli sventurati compagni di prigionia, di ogni parte d'Italia.  fonte 

Due personaggi sembrano avere un valore particolarmente significativo dal punto di vista simbolico: l'internato militare italiano e il guerriero longobardo; il primo sembra quasi intimorito ad avvicinarsi alla mangiatoia e resta un po' in disparte, "nella sua divisa lacera ma dignitosa", il secondo depone le sue armi ai piedi del Bambino.

I pannelli informativi che presentano il presepe in Sant'Ambrogio ci aiutano a comprendere la difficoltà della realizzazione dell'opera. Ad esempio, leggiamo che per le parti in legno (teste, mani, piedi, telaio, cornamusa) sono state usate le assicelle sulle quali si dormiva, per gli scheletri delle statue è stato usato il filo spinato cui sono state tolte le spine con le mani. I vestiti sono stati realizzati con i ricordi dei prigionieri, ad esempio i pizzi sono tagliati dai fazzoletti donati dalle fidanzate ai soldati partiti perr la guerra. Armature, corone e doni sono ritagliati da vecchie lattine.

In primo piano, il bue appena aggiunto al presepe

Il campo di Wietzendorf sarà liberato dagli inglesi il 16 aprile 1945; ecco un plastico che lo ricostruisce: 
Museo Nazionale dell'Internamento, Padova


Un cordiale ringraziamento a Vinicio Sesso per le foto del presepe e per averci messo a disposizione le informazioni riportate sui pannelli informativi.

Approfondimenti
Qui trovate il video di Luca Frigerio, pubblicato sul sito della Diocesi di Milano: 👉📹

Il blog "la ràdica" da citato in alcuni post il campo di Wietzendorf, che ha ospitato il valvese Giovanni Milanese, autore del diario Frammenti di storia- Diario della guerra e della prigionia.
Al diario abbiamo dedicato i seguenti post:

G.V.

27 dicembre 2023

MICHAEL STROLLO, MORTO IN TUNISIA COMBATTENDO CONTRO I TEDESCHI

In un necrologio del Buffalo Evening News del febbraio 1943 leggo che nella chiesa di Sant'Antonio a Buffalo è stata celebrata una solenne messa di requiem per il caporale Michael Strollo, di anni 24, ucciso in azione in Africa nel dicembre 1942. Tra i partecipanti alla celebrazione viene citato suo fratello il caporale Ralph Strollo, di Camp Blanding, Florida.
Una cerimonia nella chiesa di Sant'Antonio da Padova a Buffalo
(per gentile concessione della parrocchia)
Sento che devo ricostruire e raccontare la storia di questo giovane soldato, figlio di emigranti, morto per combattere contro il nazismo.
Alla sua morte, due genitori miei concittadini hanno pianto per un figlio partito soldato e mai più tornato.
Michael Joseph Strollo muore in Tunisia il 29 dicembre 1942, ferito da una scheggia durante un combattimento.
Indossa la divisa dell'esercito statunitense, nel quale si è arruolato nel 1940; da qualche settimana si trova in Africa a combattere contro i tedeschi, nel 6° Battaglione Fanteria Corazzata, assegnato alla 1.a Divisione Corazzata.

La famiglia Strollo

Michael è figlio di emigranti valvesi: Alfonso e Antonietta.
Di Alfonso [1893-1977] ci siamo già occupati nel post 👉Il soldato gentile: giunto negli Stati Uniti come emigrante, ha combattuto la Grande Guerra nell'esercito americano.
Nel giugno 1917 ha sposato, a Batavia, Antonietta Feniello [1900-1972], nata a Retsof da genitori valvesi.
Michael è il primo figlio, nasce il 3 aprile 1918; sempre a Batavia nasceranno gli altri figli: Mary M. nel 1919, Ralph P. nel 1921, Alfonso J. nel 1929.  
Michael si registra nelle liste di leva nell'ottobre 1940. Nella scheda cita come parente più possimo la madre Antonietta (che però viene indicata come father!); il datore di lavoro dichiarato è la Massey Harris Co., un'azienda di macchinari agricoli, e risulta lavoratore di fonderia non qualificato.
Nella stessa azienda troviamo occupato anche il fratello Ralph, arruolatosi nel febbraio 1942.
Michael è Technician fifth grade, qualifica che indica un soldato specializzato in alcune competenze tecniche.

Le mansioni specifiche di un TEC5 variavano in base alla sua specializzazione e all'unità di assegnazione: ad esempio, un tecnico di manutenzione o un operatore di apparecchiature specializzate.

L'operazione Torch e il difficile inverno in Tunisia

La campagna nel Nord Africa segna una svolta nella Seconda guerra mondiale.
Gli Alleati sbarcano in Marocco e Algeria tra l'8 e il 16 novembre 1942: l'operazione è difficile, perché i due Paesi sono legati al regime collaborazionista francese di Vichy.
Truppe americane che stanno per sbarcare 
nel novembre 1942; fonte
L'operazione è guidata dal generale Dwight Eisenhower.
La campagna tunisina si rivela particolarmente complessa contro le Panzer-Divisionen tedesche. 
Nonostante la loro superiorità di uomini e mezzi, all'inizio gli Alleati incontrano notevoli difficoltà; solo dopo il loro potenziamento riusciranno ad avere la meglio sul fronte africano nella primavera del 1943.
Dicembre è un mese assai impegnativo per gli Alleati in Tunisia: il contrattacco tedesco consente il controllo di Tebourba e Djedeida, la 1.a Divisione Corazzata americana perde i tre quarti dei suoi 200 carri.  
Il 24 dicembre il generale Eisenhower sospende gli attacchi verso Tunisi, a causa delle condizioni climatiche e della resistenza tedesca.
Non conosciamo le circostanze in cui viene colpito Michael.
Sappiamo che viene ricoverato per la ferita provocata da una scheggia, come leggiamo nel certificato di ammissione in ospedale che parla di "battle casuality": vittima di guerra, un soldato ferito o ucciso durante un conflitto.

Nel 1949, il padre Alfonso e la sorella Mary firmerano la richiesta di una lapide in granito piatto per il giovane soldato caduto. 

A sincere thank you to St. Anthony of Padua Church in Buffalo for granting permission to use the photos of the church, and greetings to the members of the Italian community, still so closely tied to the traditions of Southern Italy.

Approfondimento

Ancora oggi la chiesa di Sant'Antonio da Padova a Buffalo è molto attenta alle tradizioni religiose della comunità italiana, con una messa in italiano ogni domenica e la celebrazione di varie feste patronali delle comunità originarie di alcune regioni del Sud Italia (Sicilia, Basilicata, Abruzzo, Calabria).

Una foto recente della chiesa di Sant'Antonio da Padova

Fonti

Per il contesto militare in Nord Africa: Wikipedia

Documents consulted on www.ancestry.com 

G.V.

07 dicembre 2023

DON GIACOMINO, IL RAGIONIERE CHE ERA STATO PRIGIONIERO DOPO CAPORETTO

Una foto con i reduci valvesi della Grande Guerra.
Dal prezioso libro fotografico di Ubaldo Falcone dedicato a Villa d'Ayala Valva, pubblichiamo questa straordinaria testimonianza; i reduci valvesi della Grande Guerra radunati nel Teatrino di Verzura della Villa.
Uno di loro è Giacomo Strollo.
Questa è la sua storia
Nato il 3 settembre 1898 da Giovanni e da Diletta Grasso, Giacomo è chiamato alle armi nel marzo 1917, assegnato al 14° Reggimento Fanteria. 
L'estate 1917
L'11 luglio lo troviamo nel Centro di mobilitazione mitraglieri Fiat di Brescia, il 17 luglio giunge in "territorio dichiarato in istato di guerra", il 29 è nel Battaglione complementare Brigata "Avellino", Deposito 231° Fanteria. Il 5 agosto è nel 155° Reggimento Fanteria.
Il reggimento fa parte della Brigata Alessandria. Il 19 agosto i reparti di entrambi i reggimenti che costituiscono la brigata cercano di conquistare il monte Mrzli, ma il terreno insidioso e la difesa nemica non permettono di conseguire un risultato soddisfacente.
Ottobre 1917
Coinvolta nell'offensiva di Caporetto, il 24 ottobre la brigata Alessandria opporre una fiera resistenza, ma non può contenere l'attacco e subisce molte perdite fra caduti e dispersi. 
Proprio il 24 ottobre Giacomo viene fatto prigioniero ed internato a Braunau.
La grafia non è chiara né lo è l'identificazione del campo: infatti nella Grande Guerra ci sono due località con questo nome che ospitano un campo di prigionia.
Braunau am Inn in Austria è celebre per essere la città natale di Hitler; un'altra città di nome Braunau si trova nell'attuale Repubblica Ceca (ai confini con la Polonia).
Il ritorno in patria
Rimpatriato dalla prigionia, Giacomo viene aggregato al "campo di concentramento" di Firenze il 26 dicembre 1918; ovviamente, nel lessico militare del tempo l'espressione non ha il sinistro peso che ha assunto successivamente.
Dal preziosissimo sito Storia e memoria di Bologna, leggiamo queste informazioni che possono riguardare anche il nostro soldato:
[Secondo i vertici politico-militari italiani], il ritorno a casa dei "morti ambulanti" (come un osservatore li definì) andava ritardato, anche a costo di nuove sofferenze. Essi andavano interrogati al fine di accertare le cause della loro cattura e per sottoporli ad eventuali procedimenti penali, nel caso le modalità della cattura fossero risultate sospette. Per le autorità militari questa necessità divenne prioritaria rispetto all'urgenza di curarli, sfamarli e rivestirli dopo anni di privazioni patite in guerra e nei campi di concentramento austro-tedeschi, anche per il timore della diffusione delle nuove idee bolsceviche con le quali essi potevano essere entrati in contatto Oltralpe. Nel sollecitare un miglioramento delle condizioni morali e materiali dei campi, il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando scrisse infatti che si trattava di "uomini che poi si spargeranno in ogni parte del Paese, e dipende da noi farne apostoli di patriottismo o germi di dissolvimento".  fonte
Nel gennaio 1919 è nel 14° Reggimento Fanteria "Foggia" e nell'aprile è aggregato al Distretto dell'Aquila.
Giacomo viene mandato in licenza illimitata in attesa di congedo nel marzo 1920, con il permesso di fregiarsi della medaglia celebrativa della vittoria.
Negli anni successivi diventerà il ragioniere dell'azienda agricola del marchese d'Ayala-Valva.
Nel foglio matricolare di Giacomo Strollo leggiamo che era studente di un istituto tecnico. 
Gli istituti tecnici erano scuole che preparavano agli studi universitari scientifici. Con la riforma Gentile del 1923 i regi istituti furono chiusi: da essi nacquero il liceo scientifico e gli istituti tecnici che conosciamo ancora oggi (ragioneria compresa).

Ecco "don Giacomino" in una foto degli Anni Venti-Trenta: dopo una battuta di caccia, il gruppo posa davanti alla fontana della Taverna del Bosco.

Giacomo Strollo è il primo in basso a sinistra; fonte

Un grazie a Ubaldo Falcone per la gentile collaborazione. 

G.V.

03 dicembre 2023

ANTONIO, DISPERSO IN MARE NEL SILURAMENTO DEL PIROSCAFO "CREMA"

Un soldato di Colliano risulta disperso in mare, nel siluramento del convoglio al quale apparteneva il piroscafo "Crema". Era uno dei militari di scorta al carico.
Di Antonio Vuocolo è ancora vivo il nome, nella sua grande famiglia oggi distribuita tra Colliano e Valva.

La carriera militare
Antonio nasce a Colliano il 5 dicembre 1921, figlio di Sabato e di Maria Esposito.
Di professione pastore, consegue la terza elementare; alla visita militare annotano che ha il colorito roseo.
Viene chiamato alle armi il 15 gennaio 1941, nel 14° Reggimento Artiglieria in Africa Settentrionale, del XX Corpo d'Armata; è  aggregato al deposito 10° Artiglieria di Corpo d'Armata per compiervi il periodo di istruzione di recluta. Giunge in territorio dichiarato in stato di guerra presso il deposito truppe alla sede del 10° Reggimento Artiglieria di Corpo d'Armata in Napoli. 
Nel novembre dello stesso anno lo troviamo nel 2° Reggimento Artiglieria contraerea in Napoli e il 15 novembre 1941 è destinato alla 820.ma batteria contraerea da 20 mm mobilitata per la difesa delle navi trasporto.
Il 15 luglio 1942 viene trattenuto alle armi. 
Nel dicembre 1942 è destinato al 552° Gruppo Corpo d'Armata da 20mm, nella 820 batteria.

I cannoni contraerei richiedevano diversi minuti per passare dall'ordine di marcia all'ordine "in batteria" (pronti al combattimento); per questo motivo la protezione delle colonne in marcia non poteva essere assicurata da parte delle artiglierie. I bombardieri che operavano a quote elevate, a loro volta, avevano difficoltà a colpire con le bombe a caduta dei bersagli che potevano cambiare posizione: di conseguenza, l'arma più adatta per difendere bersagli mobili come le navi era la mitragliatrice, vero e proprio spauracchio per i velivoli che attaccavano a bassa quota. Il Regio Esercito italiano utilizzò mitragliere da 20mm.  fonte: Wikipedia

Il 1 aprile 1943 viene ritenuto disperso in mare per l'affondamento del piroscafo Crema, una nave ex francese, consegnata all'Italia dopo la conquista della Francia meridionale.

Il piroscafo Crema; fonte

Costruito nel 1920, già francese Hebe. Giunge a Savona da Marsiglia il 19 dicembre 1942. Affidato in gestione alla Società Anonima Mare Nostrum di Genova. In navigazione, in convoglio, da Napoli a Biserta (Tunisia), verso le ore 01.00 del 1 aprile 1943, a tre miglia a sud-sud-ovest dell'isola dei Cani e a 10 miglia da Biserta, fu silurato da motosiluranti nemiche in agguato. Affondò poco dopo, a cinque miglia a nord di Capo Farina.

Ufficio Storico della Marina Militare, Navi mercantili perdute

Il convoglio "GG"
Grazie a un blog ricco di informazioni, Con la pelle appesa a un chiodo, possiamo ricostruire le circostanze dell'affondamento del Crema.
L'equipaggio del Crema era composto da 60 uomini di equipaggio (27 civili e 33 militari) e 10 militari di scorta al carico.
La scorta del convoglio era costituita da due torpediniere italiane e da due cacciasommergibili tedeschi. A fine marzo 1943 si aggregarono  al convoglio la corvetta Cicogna e il piroscafo Benevento, scortato da una terza torpediniera e da un cacciasommergibile tedesco.
Il convoglio aveva lasciato Trapani nella notte all'alba del 31 marzo, diretto a Biserta, in Tunisia.

L'attacco
Il 31 marzo si verificò il primo attacco da parte di otto bimotori americani; i piroscafi e le navi di scorta aprirono il fuoco ma non riuscirono a colpire nessun velivolo nemico. Il convoglio riuscì comunque a superare indenne questo primo attacco.
Alle 00.50 del 1 aprile 1943 due motosiluranti britanniche avvistarono delle navi in avvicinamento da est: erano tre navi mercantili scortate da due cacciatorpediniere e diverse motosiluranti.
Il Crema e il Benevento vennero silurati. 
La MTB 266 lanciò entrambi i suoi siluri al Crema e ritenne di averlo affondato; la MTB 315 silurò il Benevento, che riuscì a trascinarsi fino alla vicina costa, incagliandosi presso Capo Zebib: questo permise di recuperare il carico, ma la nave venne considerata perduta.
Diversa fu la sorte del Crema, che affondò in meno di due minuti.
Ecco il racconto del comandante della MTB 266, il tenente di vascello Richard Routledge Smith, riportato nel prezioso blog già citato:

Alle 00.05 [1.05 ora italiana] due siluri vennero lanciati contro questa nave. Una delle navi scorta ed una nave mercantile aprirono poi il fuoco ed io ripiegai [...] procedendo ad alta velocità [...]. Osservai uno dei miei siluri colpire tra la plancia ed il fumaiolo della nave mercantile ed è probabile che anche il secondo siluro abbia colpito, dato che la nave affondò molto rapidamente; la MTB 315 passò in mezzo ai naufraghi circa due minuti dopo.

Dei 70 uomini imbarcati sul Crema, soltanto 26 furono salvati dalle unità della scorta: 14 membri dell'equipaggio civile, 9 militari italiani e 3 militari tedeschi. 
Sulla sorte deli altri 44 uomini del Crema, il 3 aprile 1943 ecco cosa scriveva in un telegramma la Capitaneria di Porto di Trapani a quella di Genova: "Ignorasi sorte rimanenti persone imbarcate".
Dal racconto di un marinaio superstite, apprendiamo che a salvarsi furono coloro che erano scesi in mare da un lato della nave, mentre quelli che erano scesi dal lato opposto erano stati mitragliati.

La stampa non dà la notizia
Spesso si dice che la prima vittima di una guerra sia la verità; questo è ancora più vero in regime che controlla la stampa, come quello fascista.
Ad esempio, sfogliando le edizioni del Corriere della sera nei primi giorni dell'aprile 1943, non troviamo notizie sull'affondamento del convoglio.
Anzi, quasi come uno scherzo del destino il Corriere proprio il 1 aprile 1943 titola: "Come fu decimato nella bufera il grande convoglio nemico".
Il giorno dopo, in prima pagina troviamo questa notizia:

Giovedì 3 aprile il quotidiano milanese titola trionfante: "Diciassette mercantili affondati nell'Atlantico e nel Mediterraneo", ovviamente da parte delle potenze dell'Asse.
Sulla stessa prima pagina, troviamo questa rassicurante foto:

La prima pagina del 4 aprile riporta la notizia che due mercantili nemici naviganti in convoglio sono stati silurati da aerei nel Mediterraneo.
Potremmo continuare, ma forse è meglio fermarci qui.

Omaggio
Alla memoria di Antonio Vuocolo dedichiamo questi versi della Preghiera del disperso:
Nessuno conosce la mia sorte, il dolore del mio cuore e la sofferenza della mia carne. Tu sai quanto ho invocato il Tuo aiuto, ma così Tu hai deciso: io non sarei tornato alla mia casa, disperso in un turbine di neve, di mare, di sabbia, di ghiaccio e di fuoco, nell’infinito del Tuo regno.  fonte

Colliano, Monumento ai Caduti; fonte

Foto di Massimo Gugliucciello

Un ringraziamento alla nipote Antonietta Vuocolo per la gentile collaborazione.

G.V.

27 novembre 2023

"SOLO CHI NASCE MUORE": IL REDUCE DELLA GRANDE GUERRA CHE NON AVEVA PAURA DEL TERREMOTO

Continua il nostro racconto del terremoto dell'Irpinia dal punto di osservazione di un blog dedicato ai soldati che hanno combattuto in guerra.

Questa è la storia di un uomo che la sera del 23 novembre 1980 aveva 100 anni e sei mesi. Una vittima del terremoto, anche se indiretta: morirà in ospedale il 18 dicembre.

Il Mattino ha pubblicato un'intervista a quello che ha definito "il nonno del terremoto"Ecco il post che Gozlinus ha dedicato all'intervista.

Antonio Strollo nell'articolo del Mattino
 2 dicembre 1980

Antonio Strollo era nato a Valva il 9 giugno 1880, in via Quarta San Vito, numero 1.

Il giorno seguente suo padre Francesco -pastore- va a registrarne la nascita. La madre del bambino si chiama Caterina Falcone.

Davanti all'ufficiale di stato civile, l'assessore Arcadio Grasso, sono presenti due testimoni, che non firmano perché dichiarano di non saper scrivere: il "proprietario" Michele Spiotta (di 80 anni, dunque nato nel 1800!) e Raimondo Torsiello (un pastore di 54 anni).

Nel marzo 1905 Antonio sposa Maria Macchia.

Alla visita militare nel foglio matricolare annotano che Antonio ha una cicatrice alla fronte; la sua altezza è leggermente più alta della media (nemmeno i soldati valvesi della Seconda guerra mondiale supereranno, in genere, il metro e settanta).

Il 28 giugno 1900, dopo la visita militare, è lasciato in congedo illimitato.

Un mese e un giorno dopo, re Umberto I viene ucciso a Monza.

Nel marzo 1901 Antonio è chiamato alle ami e assegnato al 10°Reggimento Artiglieria.

Durante il servizio militare (forse nel novembre 1902) Antonio riporta una ferita all'alluce del piede sinistro "in seguito a zampata di cavallo ricevuta durante il governo", come è scritto sul suo foglio matricolare.

Foglio matricolare di Antonio Strollo;
Archivio di Stato di Salerno, fondo Fogli Matricolari

Nel settembre 1903 viene mandato in congedo illimitato e gli è concessa la dichiarazione di buona condotta.

Nel giugno 1909 risulta nella Milizia mobile del Distretto di Campagna.

Il 19 agosto 1909 gli viene rilasciato il nulla osta per recarsi a New York

Egli stesso ricorderà, nel letto di ospedale, di essere stato in America.

Queste le sue parole:

Tornai al mio paese, a Valva, perché non riuscito a guadagnare abbastanza, ero pagato un dollaro e half a giornata, ero sufficiente solo per sopravvivere.

Tornato in Italia, nel 1913 Antonio è inserito nella Milizia territoriale del suo distretto.

Spieghiamo questa terminologia:

In tempo di pace, dopo il congedo si entrava a far parte della milizia mobile o della milizia territoriale. La prima comprendeva congedati in vigore fisico ma con vincoli e interessi legati alla vita privata. Durante la Grande guerra la milizia mobile rappresenterà un vero e proprio secondo esercito alle spalle della prima linea del fronte. La milizia territoriale comprendeva i più anziani: era prevalentemen-te adibita alle scorte dei prigionieri di guerra e solo in maniera eccezionale collaborava alle azioni dell'esercito.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Antonio viene richiamato alle armi e vi giunge il 26 maggio 1915.

Purtroppo qui le notizie sul foglio matricolare finiscono; sarebbero necessarie altre ricerche.

Nell'intervista citata, il signor Antonio Strollo ricorderà così quell'esperienza:

Ho fatto la guerra del '15, allora sì che temevo di poter morire, le fucilate mi hanno sfiorato sui campi di battaglia. Il terremoto non è riuscito a impaurirmi.

Dopo una vita dedicata al lavoro e agli animali, Antonio Strollo ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a letto. Ricordava di aver lavorato "fino a cinque anni fa", quando le sue gambe avevano ceduto.

Dopo la drammatica sera del 23 novembre 1980, il "nonno del terremoto" viene condotto all'ospedale di Oliveto Citra; la sua casa diroccata avrebbe reso difficili le cure.

"Forse non ha resistito alla minestrina in ospedale ed è morto senza la soddisfazione di fumare il suo ultimo mezzo sigaro e il suo buon bicchiere di vino", ricorda il pronipote Michele.


Grazie ai pronipoti Michele e Pompeo per la preziosa collaborazione.


G.V.

23 novembre 2023

ANTONIO, PRIGIONIERO A MAUTHAUSEN, VITTIMA DEL TERREMOTO DELL'IRPINIA

Continua il nostro approfondimento sul terremoto del 1980: stiamo cercando di raccontare le intersezioni tra le vicende delle vittime valvesi e il tema della guerra.
Antonio Del Monte, nato il 27 settembre 1894, muore la sera del 23 novembre 1980.
Figlio di Michele e di Cuozzo Maria, è il fratello di Domenico, soldato della Prima guerra mondiale caduto nel novembre 1915. 
Ecco il post che abbiamo dedicato a Domenico: 👉Domenico, dall'insanguinata frontiera.
Anche Antonio ha combattuto la guerra.
Congedato nell'aprile 1914, è stato richiamato alle armi nell'agosto dello stesso anno, nel 22.mo Reggimento Fanteria.
Nel maggio 1915 arriva in territorio dichiarato in stato di guerra.
Il 29 novembre 1915 viene fatto prigioniero e internato a Mauthausen.
Foto presso io Museo del Risorgimento di Bologna; fonte
In questa cittadina, che diventerà tristemente nota nella Seconda guerra mondiale, gli austriaci hanno costruito un campo di prigionia per sfruttare una cava di granito, utilizzato per pavimentare le strade di Vienna.
Circa 1800 prigionieri italiani vi persero la vita.
Non abbiamo altre notizie sulla prigionia di Antonio Del Monte e non conosciamo nemmeno la data della liberazione.
Nel foglio matricolare troviamo una notizia curiosa: Antonio ottiene un congedo straordinario nel gennaio 1919 in quanto dipendente dell'azienda del marchese D'Angelo (sic!), nome che sarà da intendersi come d'Ayala.
La stessa licenza straordinaria viene concessa a un reduce della Grande guerra, che morirà nel 1921: Giuseppe Marciello.

G.V

22 novembre 2023

LE FERITE DELLA TERRA E DEGLI UOMINI

Il 23 novembre 1980 un violento terremoto ha colpito una vasta area della Campania e della Basilicata, in particolare le province di Avellino, Salerno e Potenza. 

Valva, Corso Vittorio Veneto ripreso dal Monumento ai Caduti, 
foto di Vito Falcone; fonte

Circa tremila vittime, centinaia di miliaia gli sfollati; paesi sbriciolati, da ricostruire in un'ottica di rispetto per il passato e di nuove esigenze di sviluppo: la sfida, non sempre ma in gran parte persa, della ricostruzione. E storie, tante storie.

Il blog "la ràdica" ha già raccontato una storia che intreccia terremoto e guerra, ricostruendo la vicenda della signora Maria D'Amato, morta a Castelnuovo di Conza inseme a suo marito Vincenzo Spatola e al suocero Serafino

Maria, valvese, era una cugina del soldato italo-americano Henry Porcelli, che dopo lo sbarco di Salerno è venuto a Valva a conoscere la nonna. 

Ecco il post dedicato alla sua vicenda: 👉Storie come strade

Tra le vittime del terremoto c'è un soldato della Prima guerra mondiale, prigioniero a Mauthausen: Michele Del Monte, classe 1894. Racconteremo la sua storia in un prossimo post.

Una vittima del terremoto, anche se indiretta, è un centenario di Valva, definito "il nonno del terremoto" in un articolo del Mattino del 2 dicembre 1980. 

Ecco il post che Gozlinus ha dedicato all'intervista.

Antonio Strollo, classe 1980, era ricoverato in ospedale, dove si sarebbe spento il 18 dicembre. Il signor Antonio è stato emigrante negli Stati Uniti, poi è tornato a Valva e ha combattuto la Grande guerra. Racconteremo anche la sua storia.

G.V.


15 novembre 2023

LE FOTO DELLA GUERRA DI GELSOMINO

Il nostro 👉primo post dedicato a Gelsomino Cuozzo partiva dall'amara constatazione che di lui non conoscevamo neppure il campo di prigionia.

Per fortuna ora lo conosciamo e la gentile disponibilità del figlio Angelo ci consente anche di pubblicare alcune foto che sono una testimonianza preziosa della guerra di Gelsomino.

Prima fascista, poi monarchico
Nel maggio del 1934 Gelsomino Cuozzo si iscrive alla Gioventù Italiana del Littorio, come vediamo in questa tessera di alcuni anni più tardi: siamo infatti nell'anno XVI dell'era fascista (1937):
La Gioventù italiana del Littorio era nata da poco: nell'ottobre di quell'anno; prendeva il posto dei Fasci giovanili di combattimento (18-21 anni); in essa era confluita anche l'Opera nazionale Balilla (6-18 anni).
Sul retro della tessera leggiamo anche la formula del giuramento, che il giovane prestava nelle mani del segretario politico del Fascio (come stabilito dal Regio Decreto 27 ottobre 1937):
Foto dalla guerra
Nel maggio 1940, richiamato alle armi, Gelsomino è assegnato al 91.mo Reggimento Artiglieria.
Nel novembre 1942 è trasferito alla 268 Batteria artiglieria controaereaCreta.
E' molto probabile che proprio a questo periodo risalgano le seguenti foto:






Di sicuro al periodo a Creta risale questo documento, che ci consente di ricostruire un momento della sua vita sotto le armi: 
Gelsomino risulta sergente: sul suo foglio matricolare leggiamo che è diventato sergente in detto proprio nel novembre 1942, appena arrivato a Creta.
Non conosciamo la data, ma sappiamo che il sergente Cuozzo con questa bassa passa in sussistenza.
Due annotazioni di lessico militare: la bassa è un documento che giustifica l'allontanamento di un soldato dal proprio reparto; la sussistenza si occupa del vettovagliamento dell'esercito.

Torneremo a occuparci delle testimonianze del periodo di guerra e di prigionia di Gelsomino Cuozzo, anche per consentire alla sua giovanissima pronipote di parlare di lui a scuola con i compagni e riflettere insieme sull'importanza della memoria, dei documenti e dei ricordi storici dei nostri antenati che hanno combattuto e sofferto la prigionia.

Approfondimento
Ai preziosi cimeli della guerra e della prigionia di Gelsomino Cuozzo abbiamo dedicato anche il post 👉 Il museo di un internato, in una cartelletta rossa
G.V.

10 novembre 2023

IL MUSEO DI UN INTERNATO, IN UNA CARTELLETTA ROSSA

Una cartelletta rossa, di quelle da ufficio con la copertina rigida e l'elastico.
La apro pensando di trovare documenti militari e magari qualche informazione più precisa di quelle che ho su Gelsomino Cuozzo, ma mi bastano pochi secondi per capire che in mano ho molto di più.
È un piccolo museo della guerra e della prigionia in un Lager tedesco a Vienna.
Vedo e tocco con mano testimonianze che avevo visto solo dietro a una teca al museo.
Mi colpiscono innanzitutto gli esemplari di Lagergeld, la valuta dei Lager (e dei ghetti) nazisti.




 

Così gli storici Marco Avagliano e Marco Palmieri, nel loro I militari italiani nei Lager nazisti-Una resistenza senz'armi (1943-1945), il Mulino, presentano il tema della moneta all'interno dei campi:

Quanto al salario, laddove riconosciuto, è pari a circa il 60% di quello percepito dai lavoratori non qualificati tedeschi, ma di solito è pagato in moneta spendibile solo nei campi e negli spacci aziendali (Lagermark o Lagergeld) che valgono la metà della valuta corrente. Oltre la metà del compenso inoltre viene versata dal datore di lavoro al lager di appartenenza del prigioniero per le spese di mantenimento, di alimentazione e di custodia. Sono poi previste trattenute per tasse, assistenza e copertura previsenziali pari a un altro 20%. Quel poco che resta può essere speso dagli internati per acquistare beni come birra, saponette e in qualche caso sigarette, ma non cibo, tant'è vero che "non si riesce nemmeno" -annota il soldato Saverio Barletta [...] - a spendere tutti i soldi".  [Avagliano-Palmieri, op. cit., pag. 203]

Trovo anche una fotocopia non molto chiara, ma comunque leggibile; è probabilmente una targhetta col nome del Lager: Stalag XVII A, nei pressi di Vienna.
Dal sito del museo dello Stalag di Kaisersteinbruch ricaviamo queste notizie sulla storia del Lager XVII A e le due foto che pubblichiamo:
Il Lager XVII A è quello di Kaisersteinbruch nel distretto di Neusiedl/See.
Prima ospita prigionieri francesi, ai quali si aggiungono, poi i russi e -dal settembre 1943- gli italiani.
Nel settembre 1944 il Lager raggiunse il numero più alto di internati militari italiani: oltre 15.500.
Nel 1945 la Croce Rossa Internazionale registrerà oltre 26mila prigionieri totali (nel gennaio 1941 il campo aveva raggiunto la sua capacità massima: 73.583 soldati, 970 ufficiali e 220 civili).
La fede per resistere
Ecco una foto che documenta una celebrazione liturgica:
A proposito di preghiera, nella cartelletta museo di Gelsomino Cuozzo troviamo un'immaginetta di Sant'Antonio:


Il "Breve di S. Antonio" è un'invocazione che secondo alcune biografie sarebbe stata dettata dal Santo a una donna, per superare le tentazioni diaboliche, compreso il suicidio. Papa Sisto V la fece scolpire alla base dell'obelisco che si trova in piazza San Pietro.  fonte
Possiamo immaginare che questa breve invocazione abbia fatto compagnia a Gelsomino e a tanti suoi commilitoni e compagni di prigionia.
Nel recente e preziosissimo lavoro dello storico Mimmo Franzinelli, Schiavi di Hitler (Mondadori), leggiamo questa testimonianza di padre Silvino Azzolini, cappellano degli italiani nella zona di Vienna:
Dopo essere stati disarmati venivano trasportati in vagoni di bestiame con scarsissimo vitto nei campi  concentramento centrali, denominati Stammlager, o più brevemente Stalag, ove venivano spogliati di ogni cosa personale, persino delle catenelle e dei ricordi più cari della famiglia.
Brutalmente trattati senza alcuna osservanza delle leggi internazionali per i prigionieri, venivano spesso sottoposti a stringenti interrogatori perché aderissero al nuovo governo. Ma pochissimi cedettero a simili richieste, anche se minacciati di battiture e di digiuni. [...]
In un primo tempo veniva anche lor assolutamente proibito qualsiasi conforto religioso. Moltissime e assai frequenti furono le loro richieste per avere un cappellano, ma il rifiuto era persistente. Solo dopo alcuni mesi un certo numero di cappellani prigionieri internati furono messi a disposizione dei diversi campi di concentramento.   [Mimmo Franzinelli, op. cit., pagg. 234-35]
L'apostolato dei cappellani si esercitò quasi esclusivamente tra gli ufficiali; in molti Lager per soldati, infatti, si vieta la permanenza di cappellani nel timore che possano orientare in senso antifascista gli internati militari italiani. Ad esempio, padre Guido Cinti lamenta che è vietato parlare con i soldati: può solo celebrare la messa domenicale, sotto il controllo di un interprete tedesco.
Particolarmente significativa ci sembra questa riflessione di Mimmo Franzinelli:
La fede religiosa può conferire una forza interiore che rinsalda lea decisione di tener testa alle persecuzioni e continuare a resistere. [Mimmo Franzinelli, op. cit., pag. 233]


Un sentito ringraziamento al signor Angelo Cuozzo, che ci ha consentito questo viaggio nei ricordi di suo padre Gelsomino. 


Approfondimento
Alla vicenda di Gelsomino Cuozzo abbiamo dedicato il post Gelsomino, da Creta alla prigionia in Germania

G.V.