Come già avvenuto dopo il 25 luglio, gli italiani interpretano la firma dell’armistizio come la fine della guerra; subentra però subito la preoccupazione: cosa faranno i tedeschi? Gli angloamericani sbarcheranno ancora?
La risposta arriva subito: i tedeschi occupano le città, applicando
un piano già pronto; gli angloamericani sbarcano a Salerno già il 9 settembre.
Quando i tedeschi capiscono che ci sarà uno sbarco nell’Italia del Sud, il comando tedesco dà un ultimatum all’Italia, presentando alcune richieste e minacciando l’immediato disarmo delle truppe italiane.
La maggioranza
dell’esercito italiano viene colta di sorpresa, quello tedesco è invece già
preparato.
Le direttive "criminali" sui prigionieri italiani
Il 10 e il 12
settembre vengono emanate dalla Germania alcune direttive che uno storico
tedesco in un suo libro sugli internati militari nei campi di concentramento in
Germania ha definito “criminali”.
Quale
trattamento si deve riservare ai soldati italiani?
Chi aderisce
alla proposta di combattere al fianco della Germania, può conservare le armi e
viene trattato come un soldato tedesco.
Chi non vuole
collaborare, deve essere inviato nei campi di internamento in Germania o in
altri paesi alleati, come prigioniero di guerra.
Chi si schiera
apertamente al fianco dei partigiani, viene fucilato se è un ufficiale,
impiegato come forza lavoro nei territori dell’est Europa se è un semplice
soldato.
In questa prima
fase nelle direttive tedesche si parla di prigionieri di guerra; soltanto il 20
settembre 1943, su ordine di Hitler, agli italiani catturati viene attribuita la
denominazione di internati militari: in questo modo, essi non sono tutelati
dalle convenzioni internazionali, anche se è una decisione del tutto arbitraria
dal punto di vista del diritto internazionale.
Un appello all'aperto, nel mese di gennaio 1944. La foto è tratta da: Ho scelto la prigionia, di Vittorio Vialli (il Mulino); fonte |
Tra l'8 il 9 settembre i tedeschi prendono possesso di aeroporti, stazioni ferroviari, centrali dei telefoni e delle poste; cercano di controllare le principali vie di comunicazione; entrano nelle caserme italiane e chiedono il disarmo delle truppe.
In mancanza di ordini precisi da parte del Comando italiano, molti generali e ufficiali fuggono; diversi soldati vengono consegnati nelle caserme, dopo sono poi catturati dai tedeschi, In altri casi, sono invitati a "sbandarsi" e a tornare a casa.
Il "colpo grosso"
Il disarmo degli italiani viene definito a Berlino "il colpo grosso": l'ultima vittoria militare tedesca prima della fine della guerra, scrive lo storico Nicola Labanca.
Su un milione di soldati italiani, solo qualche decina di migliaia sceglie la strada dell'adesione alla Wehrmacht o addirittura alle SS: una via che sembra garantire il ritorno in Italia.
Come scrive lo stesso Labanca,
dalla Francia, dai Balcani, dall'Italia, lunghi treni, spesso piombati, portarono in poche settimane centinaia di migliaia di militari nei vasti territori del Reich, dai confini con la Francia alla Polonia. Chiusi a decine in vagoni senza servizi, senza o con poco cibo, senza indicazioni sul logo di destinazione, non di rado ingannati (a molti in servizio nei Balcani era stato detto che sarebbero stati portati in Italia), sottoposti a violenze e perfino uccisi alla minima resistenza, il viaggio dal luogo di cattura a quello di prima detenzione [...] fu sempre ricordato dai soldati italiani internati come un incubo, come il precipitare in un abisso senza speranza.
fonte |
Bibliografia
Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino
Nicola Labanca, Prigionieri, internati, resistenti- Memorie dell' "altra Resistenza", Editori Laterza
Podcast
Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi
G.V.