Finalmente è arrivato il momento di parlare "tedesco" con queste carogne. Finora abbiamo dovuto andarci piano, con questi signori, altrimenti ci avrebbero accusati di diffamare uno stato alleato. Ma d'ora in avanti tirerà un'altra aria...Adesso non useremo certo molti riguardi, e finalmente impareranno qui, da noi, che cosa vuol dire lavorare.
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I pregiudizi contro gli italiani
Non erano pochi i pregiudizi tedeschi contro gli italiani, soprattutto quelli meridionali, e non erano recenti. Da secoli, infatti, i tedeschi attribuivano agli italiani alcune caratteristiche negative, come l'ozio, la cattiveria, l'avarizia, la doppiezza, la mancanza di spirito combattivo.
Gli studi sui lavoratori stagionali nella Germania di fine Ottocento dimostrano che i tedeschi distinguevano fra gli italiani del Nord, considerati efficienti, frugali e laboriosi, e quelli de Sud, ritenuti brutali, rozzi e arretrati.
Con la fine dell'alleanza italo-tedesca, dopo l'8 settembre tornarono a galla vecchi stereotipi e pregiudizi che la propaganda aveva represso per anni, quando l'Italia fascista era alleata della Germania nazista.
In questa nuova fase, la propaganda tedesca fu abile a strumentalizzare l'indignazione nazionale contro gli italiani, ora considerati "traditori"; i militari italiani non disposti a continuare la guerra a fianco della Germania vennero considerati nemici e di conseguenza denigrati come un esempio assai negativo.
Il cambiamento di status dopo il 1943
Nell'autunno del 1943 la Germania decise di considerare i militari italiani come manodopera nell'industria bellica, una vera e propria "massa da impiegare nell'economia di guerra"; dall'autunno del 1944 fino alla fine della guerra gli internati militari furono considerati "lavoratori civili".
In un primo tempo i soldati italiani furono considerati nemici e quindi prigionieri di guerra, distinti in due tipologie: quelli che non erano disposti a collaborare ma che comunque si erano arresi senza combattere, e quelli che avevano opposto resistenza; i primi vennero avviati al lavoro nell'industria pesante come prigionieri di guerra, i secondi vennero puniti con l'assegnazione a lavori più gravosi, a ridosso della linea del fronte orientale.
Il 20 settembre 1943 i soldati italiani considerati fino a quel momento prigionieri di guerra vennero trasformati in "internati militari italiani" (IMI): venivano considerati tali i prigionieri che avevano opposto una resistenza sostanzialmente passiva.
Il dibattito storiografico sul cambiamento di stato
Perché questo cambiamento di status?
Secondo la storiografia italiana, questa sarebbe stata una misura punitiva contro l'ex esercito italiano: in questo modo i tedeschi avrebbero sottratto gli italiani alla competenza in materia di assistenza ai prigionieri di guerra, spettante alla Croce Rossa.
Nel suo Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, dal quale sono tratte queste informazioni, Gabriele Hammermann ritiene invece che se i militari catturati dai tedeschi avessero mantenuto lo status di prigionieri di guerra essi sarebbero stati considerati prigionieri di un paese nemico e ciò avrebbe comportato il riconoscimento del Regno del Sud e del governo guidato da Badoglio. Ci sarebbero dunque motivazioni politiche alla base di questo cambiamento di statuto voluto da Hitler: riconoscere il governo di Salò, che si stava formando in quelle settimane, come l'unico legittimo rappresentante del popolo italiano.