24 maggio 2023

LA "LEGGENDA DEL PIAVE": UNA PROPOSTA DI ANALISI

La leggenda del Piave (nota anche come La Canzone del Piave) è scritta dopo la battaglia sul Piave del giugno 1918, la cosiddetta "battaglia del solstizio", che è importante perché l'esercito italiano riesce a bloccare l'ultima grande offensiva degli austro-ungarici.

L'autore è E.A.Mario (pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta), autore anche di altre canzoni celebri (come ad esempio Balocchi e profumi e Tammurriata nera).

Proponiamo ora un'analisi del brano. Se preferite, potete ascoltare il testo della nostra analisi insieme alla canzone in questo video: 

La prima strofa

L’inizio è molto celebre:

Il Piave mormorava
Calmo e placido, al passaggio
Dei primi fanti, il ventiquattro maggio
L'esercito marciava
Per raggiunger la frontiera
Per far contro il nemico una barriera

Sono rime baciate (passaggio: maggio, frontiera: barriera); sono in rima anche le parole mormorava: marciava.

La prima strofa riguarda il 24 maggio 1915; più che anacronismo, si tratta di una rilettura simbolica di un avvenimento storico

L’avvenimento storico è l’entrata in guerra dell’Italia, nel maggio 1915 (la guerra era iniziata nell’agosto 1914). Questo avvenimento storico viene reinterpretato, tre anni dopo, come una guerra difensiva: "l’esercito marciava per raggiunger la frontiera", è vero; "per far contro il nemico una barriera", non è vero storicamente perché in quel momento, maggio 1915, l’Italia entra in guerra attaccando.

Chi scrive la canzone la scrive dopo che il Piave è diventato il baluardo, la barriera da difendere a tutti i costi; possiamo dunque dire che nel '18 il Piave era la barriera, nel '18 si faceva contro il nemico una barriera, ma non nel '15.

Chi scrive lo fa nel 1918 e reinterpreta un avvenimento di tre anni prima, attualizzandolo perché nel frattempo il Piave ha assunto un altro valore; il Piave è abbastanza lontano dalla frontiera, difendere il Piave significa impedire che il nemico faccia irruzione nella pianura padana (che è la paura dopo Caporetto).

Muti passaron quella notte i fanti
tacere bisognava e andare avanti
Notiamo una certa eleganza stilistica, perché nell'ordine coretto in italiano la frase dovrebbe essere "bisognava tacere e [bisognava] andare avanti". Il verso della canzone invece inizia con un verbo all'infinito ("tacere"), poi c'è un verbo che regge l'infinito ("bisognava") e alla fine del verso c'è un altro infinito ("andare"). Il verbo principale è dunque al centro e regge i due infiniti posti all'inizio  e alla fine del verso. 
S'udiva intanto dalle amate sponde
Sommesso e lieve il tripudiar dell'onde

Le onde fanno un tripudiare sommesso e lieve: è semplicemente il rumore del fiume, non siamo ancora alla sua trasformazione mitica.

L’interpretazione di questo elemento naturale, però,  conferisce a un dato naturale (il rumore dell’acqua del fiume) un valore che va ben oltre: "era un presagio dolce e lusinghiero"... Il tripudiare delle onde, sommesso e lieve, viene interpretato come un presagio dolce e lusinghiero. Spesso troviamo due aggettivi, uno accanto all’altro.

In ogni strofa il Piave dice qualche cosa.

Nella prima, mormora, anche nella seconda troviamo “mormorò”.

Nella terza il Piave è molto più deciso: "NO!"…e i fanti ripetono "NO!".

Nell’ultima strofa il Piave non parla più,  "tacque"…la guerra è vinta e quindi la missione del Piave può dirsi compiuta.

Il Piave mormorò: non passa lo straniero

Attenzione al verbo: "non passa";  è un presente indicativo, non un congiuntivo esortativo (per esprimere un augurio, ad esempio "non passi lo straniero").

Il Piave è una sorta di vedetta, come è confermato nella seconda strofa: "Ritorna lo straniero".

Non possiamo escludere però che l’uso del congiuntivo "Non passi lo straniero" sia stato avvertito dall’autore come troppo ricercato per una canzone che voleva essere patriottica e popolare.

Forse il concetto che si vuole esprimere in questo verso è simile al celebre motto spagnolo "No pasaran": non passeranno…riferito ai nemici. 

La strofa della sconfitta

Ma in una notte trista 
Si parlò di un fosco evento 
E il Piave udiva l'ira e lo sgomento 
Ahi, quanta gente ha vista 
Venir giù, lasciare il tetto 
Poiché il nemico irruppe a Caporetto. 
S'udiva allor, dalle violate sponde 
Sommesso e triste il mormorio dell'onde. 
Come un singhiozzo, in quell'autunno nero
Il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero".

Nella versione iniziale di questa canzone, per esempio quella eseguita solennemente in occasione dell'arrivo della salma del Milite Ignoto a Roma, questa seconda strofa era un po' diversa.

Durante il fascismo, per intervento diretto del governo, sono state chieste all’autore alcune modifiche.

Ma in una notte trista / Si parlò di tradimento è diventato: Si parlò di un fosco evento.

La parola tradimento è una parola forte, suggerita all’autore da un drammatico bollettino del generale Cadorna che di fatto dava la colpa ai soldati per la sconfitta di Caporetto. In epoca fascista sono stati tolti questi riferimenti così netti. 

Il verso Per l'onta consumata a Caporetto è diventato Poiché il nemico irruppe a Caporetto, un verso quasi descrittivo.  La parola onta sicuramente non gettava buona luce sull’esercito italiano. 

Profughi ovunque, dai lontani monti
Venivano a gremir tutti i suoi ponti

Sono i profughi italiani, il cui esodo inizia già nel 1916, dopo la cosiddetta "Spedizione punitiva": dalle zone occupata da tedeschi e austriaci si spostano nel resto d'Italia. 

S'udiva allor, dalle violate sponde
Sommesso e triste il  mormorio dell'onde
Come un singhiozzo, in quell'autunno nero
Il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero".

Violate sponde: "violate" è un aggettivo forte, il fiume è sacro, dunque c’è una profanazione delle sponde.

Si udiva sommesso e triste: prima il mormorio era sommesso e lieve, adesso diventa triste.

Come un singhiozzo in quell’autunno nero: non è più un presagio dolce e lusinghiero.

Questa è una strofa impegnativa anche emotivamente, perché questa è la strofa della sconfitta, è il racconto del domani della sconfitta, dopo Caporetto.

Dire autunno nero significa dire che l’Italia è in ginocchio, sembra crollare, non solo il fronte di guerra ma anche il fronte interno sembra crollare…  

Il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero". Torna il ruolo di vedetta svolto dal Piave.  

La strofa del Piave che combatte contro il nemico feroce

E ritornò il nemico
Per l'orgoglio, per la fame
Volea sfogare tutte le sue brame
Vedeva il piano aprico
Di lassù, voleva ancora
Sfamarsi e tripudiare come allora. 

"No" disse il Piave, "No" dissero i fanti
Mai più il nemico faccia un passo avanti 
E si vide il Piave rigonfiar le sponde 
E come i fanti combattevan le onde 
Rosso del sangue del nemico altero. 
Il Piave comandò: "Indietro va', straniero".

E ritornò il nemico: nel primo verso troviamo un riferimento al verso conclusivo della strofa precedente ("Ritorna lo straniero"). 

In  questa quarta strofa troviamo subito alcuni versi di grande drammaticità: 

Per l'orgoglio, per la fame
Volea sfogare tutte le sue brame

Il nemico è paragonato a un lupo affamato che ritorna per l’orgoglio e per la fame; era venuto la prima volta nel '16, ora torna nel '17 (l’anno della battaglia di Caporetto). 

Come un animale feroce, affamato che "volea sfogare tutte le sue brame". Il nemico fa paura; deve essere per definizione presentato come brutto e cattivo, affamato e pieno di brame. 

Vedeva il piano aprico
Di lassù, voleva ancora
Sfamarsi e tripudiare come allora. 

Piano aprico significa esposto al sole.

Tripudiare significa esultare in modo clamoroso e vivace, dice il dizionario Treccani; ora tripudiare è attribuito non più al Piave ma allo straniero, che vuole vincere di nuovo, come ha vinto nel 1916, vuole sfamarsi e vuole esultare.

"No" disse il Piave, "No" dissero i fanti
Mai più il nemico faccia un passo avanti 

A livello testuale il verso è molto efficace.

Il Piave ora dice, non mormora più.

Finora avevamo sempre trovato il soggetto (il Piave), il verbo (mormorò), due punti, le virgolette e poi il discorso diretto.

Adesso l’affermazione perentoria, netta (No) viene messa prima del verbo. I fanti rispondono: No.

Il Piave non è più una vedetta, ora è una guida. 

Mai più il nemico faccia un passo avanti. Mai più all'inizio del verso, in una posizione di rilievo; solo dopo c'è il soggetto ("il nemico"). 

La conseguenza qual è? 

La conseguenza è che il Piave entra in guerra a tutti gli effetti.

E si vide il Piave rigonfiar le sponde 
E come i fanti combattevan le onde 
Rosso del sangue del nemico altero. 
Il Piave comandò: "Indietro va', straniero". 

Il Piave partecipa alla guerra, rigonfia le sponde…perché è quello che fanno i fiumi in autunno e in inverno.

Un fatto davvero accaduto, che ha reso la guerra più difficile (per tutti!). Il Piave rigonfia le sponde e come i fanti combattono le onde combatte anche lui, rosso del sangue del nemico altero (altero è un aggettivo messo alla fine di un verso che inizia con il colore del sangue: ora al nemico non serve più essere altero, cioè fiero, orgoglioso, superbo). 

Il Piave comandò: "Indietro va', straniero".

Il Piave comandò: il Piave che diventa un generale

Qui troviamo un esempio di climax: tre elementi che sono messi in scala, ascendente o discendente, tre aggettivi o tre verbi in cui il primo ha un’intensità, il secondo ne ha una maggiore e il terzo è ancora più intenso.

Il Piave mormorò (prima strofa)…Il Piave disse (seconda strofa)…Il Piave comandò (questa terza strofa)…

Dal mormorare al dire si arriva al comandò. 

Il Piave comandò: "Indietro va', straniero". Indietro va' è scritto con l'apostrofo per indicare che è un imperativo: vai indietro, vattene.  

Fanteria italiana attraversa il Piave su un ponte galleggiante; fonte

La strofa della vittoria

Indietreggiò il nemico
Fino a Trieste, fino a Trento
E la vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico 
Tra le schiere furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti. 
Infranse alfin l'italico valore 
Le forche e l'armi dell'impiccatore
Sicure l'Alpi, libere le sponde
E tacque il Piave, si placaron l' onde
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi
La Pace non trovò né oppressi né stranieri.

Fino a Trieste, fino a Trento: Trieste e Trento vengono conquistate alla fine della guerra, negli ultimi giorni.

E la vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico 

L’ultima strofa è quella della vittoria: chi ha scritto ha immaginato la conclusione della guerra oppure questo è stato modificato e aggiunto dopo?

Il poeta sta immaginando la vittoria: la vittoria sciolse le ali al vento, la vittoria sta volando…il patto è un riferimento al Risorgimento, il popolo che lotta per riprendersi il sacro suolo, “il suolo fatal” direbbe Verdi, “fratelli su libero suol” scrive Manzoni: è il Risorgimento.

Tra le schiere furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti

Vengono citati tre esponenti del cosiddetto irredentismo (cittadini con passaporto austriaco che vivano in territori come Trento, Trieste, l’Istria e lottavano perché queste zone diventassero italiane).

Cesare Battisti era stato impiccato nel 1916 a Trento (si era arruolato nell’esercito italiano ma viveva in una città non ancora italiana; catturato dagli austriaci, fu impiccato).

Nazario Sauro fu impiccato a Pola, città istriana oggi in Croazia,  sempre nel 1916.

Guglielmo Oberdan era stato impiccato a Trieste nel 1882.

La Leggenda del Piave introduce questi patrioti, figure care alla memoria di quei luoghi (parlando di Trieste si parla di Sauro e di Oberdan, parlando di Trento si parla di Battisti).

Infranse alfin l'italico valore 
Le forche e l'armi dell'impiccatore
Un verso molto solenne, un elegante endecasillabo.

Prima il verbo, poi l’aggettivo e infine il soggetto (valore).

Il valore degli italiani infranse/distrusse infine che cosa? Le truppe e l’armi dell’Impiccatore, termine con cui i patrioti italiani chiamavano l’imperatore (Francesco Giuseppe morto nel novembre 1916).

E tacque il Piave, si placaron l' onde

Questi ultimi versi sono particolarmente significativi.

Una volta che le Alpi erano ormai sicure, che le sponde (Adriatico) sono ormai libere, il Piave tace. Il Piave ha finito di guidare gli italiani alla resistenza contro il nemico.

Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi
La Pace non trovò né oppressi né stranieri

I torvi imperi (austro-ungarico, tedesco, impero ottomano). Erano nostri alleati fino a pochi anni prima. Adesso sono definiti torvi; "torvo" significa minaccioso (esprime astio o malanimo, minaccia o diffidenza, riferito allo sguardo o all’espressione del volto). Qui è riferito ai nemici.

La pace non trovò stranieri? Dal punto di vista degli abitanti di alcune zone, ad esempio il nostro Alto Adige (o Sud Tirolo) è una zona a stragrande maggioranza di popolazione di lingua e cultura tedesca. Dal punto di vista italiano, non ci sono stranieri lì!

Non ci sono oppressi? Magari…la pace trova oppressi dal punto di vista socio-economico, trova vecchie questioni mai risolte (ad esempio la questione agraria), sta per iniziare un periodo di tensione sociale ed economica che poi sfocerà nell’affermazione del fascismo.

Una reinterpretazione di fatti storici

La leggenda del Piave reinterpreta, dopo i fatti, alcuni avvenimenti e lo fa perché il Piave ha assunto un valore simbolico, di resistenza, di invito alla lotta contro il nemico; è un elemento capace di unire gli italiani verso uno sforzo comune, è un simbolo di identità, di appartenenza.

Il Piave è un confine simbolico, ideologico, di identità.

Il testo che ho cercato di analizzare ben rappresenta questo valore del fiume.

Grazie per la vostra attenzione.

G.V.