31 luglio 2024

PIERINO, DA PIAZZA CASTELLO AL LAGER IN GERMANIA

Pierino Torsiello nasce a Valva il 24 gennaio 1923 da Francesco e Giovanna Spiotta; da giovane abita in Piazza Plebiscito: praticamente davanti al castello della Villa d'Ayala Valva.

Valva, panorama anni Quaranta; fonte: Gozlinus

E' chiamato alle armi l'8 settembre 1942 ed è assegnato al 31.mo Reggimento Fanteria "Siena".

Purtroppo per un anno esatto il suo foglio matricolare non racconta molto delle vicende della guerra. Sappiamo comunque che la divisione "Siena" nel 1942 viene trasferita a Creta, dove svolge compiti di presidio e occupa la parte orientale dell'isola: Pierino vi giunge il 1 novembre.

Stemma araldico Reggimento "Siena"; fonte: Wikipedia

La notizia successiva sul suo foglio matricolare è quella che ne fa un internato militare in Germania: Pierino viene infatti catturato dai tedeschi il 10 settembre 1943 e condotto in Germania, non sappiamo se in uno o più campi di prigionia. 

Sarà liberato  l'8 maggio 1945.

Trattenuto dagli Alleati fino al 20 settembre,  Pierino si presenta al Distretto militare di Salerno, dal quale sarà inviato in licenza straordinaria. Sarà poi collocato in congedo illimitato il 15 agosto 1946.

Nel 1967 gli sarà conferita la croce al merito di guerra: il primo conferimento in virtù del Regio Decreto 1729 del 14-12-1942 per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940-1943, il secondo per internamento in Germania per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1943-1945.

Croce al merito di guerra, secondo conferimento; fonte: Wikipedia

G.V.

29 luglio 2024

L'ELABORAZIONE DEL LUTTO NEL DOPOGUERRA ITALIANO

All'indomani del bagno di sangue della Grande Guerra si cerca di dare un senso al sacrificio di tanti giovani attraverso la creazione di luoghi dedicati alla memoria e all'elaborazione del lutto in forme collettive.
Vincenzo Cazzato nel suo preziosissimo Natura aere perennius (di cui ci siamo già occupati) studia la nascita dei parchi della Rimembranza e dei luoghi della memoria in Italia. 
Proponiamo una sintesi di alcuni passaggi fondamentali del suo studio.

La fascistizzazione della memoria
Subito dopo la guerra, si diffondono  monumenti che nascono dal basso, per iniziative autonome: nasce una complessa macchina simbolica che esalta il sacrificio e la vittoria e testimonia il senso che i vivi attribuiscono alla guerra", come scrivono Monteleone e Sarasini [I monumenti italiani ai caduti della Grande Guerra, in: "La Grande Guerra. Esperienza memoria, immagini", Bologna 1986].
Dopo la Marcia su Roma, il fascismo si appropria del rituale del ricordo dei caduti, creando una vera e propria "religione della patria" con l'obiettivo di educare le masse; Mario Isneghi scrive che l'obiettivo è quello di conquistare un "consenso retroattivo alla guerra" che la legittimi a posteriori [I luoghi della memoria, Roma-Bari 1996-97].

Caposele (AV), Allegoria del soldato come eroe antico;
BCS; fonte
Questo disegno comprende i monumenti celebrativi, i parchi e i viali della Rimembranza: è un'operazione che nasce dal centro e si diffonde in varie località italiane.
Promotore ne è il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi, per il quale il soldato deve essere ricordato dalla sua comunità: ecco dunque che i parchi concentrano l'attenzione sui luoghi di origine dei caduti. 
Siamo in presenza di un'elaborazione del lutto in forme collettive, con i parchi e i viali della Rimembranza che celebrano i figli che la comunità ha perso.

Il Milite Ignoto e la monumentalizzazione dei luoghi di guerra
La comunità più grande, quella nazionale, sceglie ugualmente una forma di celebrazione univoca: è l'idea del Milite Ignoto, che "rispondeva perfettamente alle dimensioni d'impersonalità e di massificazione che il sacrificio aveva rivestito", come scrive Antonio Gibelli [La Grande Guerra degli Italiani, 1915-1918, Milano 1998].
Il rituale è studiato con cura: nel duomo di Aquileia Maria Bergamas sceglie una delle undici salme di soldati ignoti provenienti da undici zone del fronte, poi il lento viaggio fino a Roma e la tumulazione al Vittoriano.
Tumulazione Milite Ignoto; fonte

Il governo fascista rivendica la progettazione dei cimiteri monumentali e dei sacrari nazionali (Monte Grappa Caporetto, Redipuglia): i luoghi della guerra diventano così scenari della rappresentazione del dolore e del ricordo; Quinto Antonelli parla di "teatralizzazione del paesaggio" [Q. Antonelli, Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie, Roma 2018].

Approfondimento
Tutte le citazioni sono tratte da Vincenzo Cazzato, Natura aere perennius - Parchi della Rimembranza e luoghi della memoria (Danilo Montanari Editore).
Al lavoro di Cazzato abbiamo già dedicato il post 👉La Festa degli Alberi come precedente del culto dei caduti. 

G.V.

28 luglio 2024

LA FESTA DEGLI ALBERI COME PRECEDENTE DEL CULTO DEI CADUTI

Un prezioso lavoro di Vincenzo Cazzato ricostruisce la nascita dei luoghi della memoria dopo la Grande Guerra: Natura aere perennius - Parchi della Rimembranza e luoghi della memoria (Danilo Montanari Editore). Il titolo, di chiara ispirazione oraziana, significa: la Natura è più duratura del bronzo, con allusione al bronzo dei monumenti.

L'autore individua un precedente dei Parchi della Rimembranza che si diffondono in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale: la Festa degli Alberi. Tra l'altro, il discorso con il quale Dario Lupi -sottosegretario alla Pubblica Istruzione- il 26 novembre 1922 a Fiesole lancia l'idea di parchi dedicati ai caduti della Grande Guerra è pronunciato proprio in occasione di questa festa.

La Festa degli Alberi era stata istituita nel 1899, per educate i giovani al rispetto della natura. Particolarmente solenne la prima festa celebrata a Roma, il 21 novembre 1899,  alla presenza della Regina Margherita e della Principessa Elena e di circa diecimila alunni delle scuole elementari e medie: vengono piantati 500 alberi.

Nel 1902 la Festa diventa una celebrazione annuale e obbligatoria. Infatti, il Regio Decreto n. 18 del 2 febbraio 1902 istituisce ufficialmente la Festa degli Alberi in tutti i comuni; non viene scelta una data precisa ma ci si limita all'indicazione di un giorno festivo di primavera o di autunno.

Festa degli Alberi di Bologna, 1899
(Fondo Belluzzi, Museo Civico del Risorgimento, Bologna); fonte

Nel 1911 l'Associazione Pro Montibus diventa il supporto organizzativo della festa e  viene istituita una commissione speciale per stabilire criteri uniformi per la festa "nazionale"; viene anche scelta la data comune: l'11 novembre, compleanno di Vittorio Emanuele III.

Durante la Prima Guerra Mondiale la Festa diventa un'occasione di raccolta donazioni per la Croce Rossa.

Nel dopoguerra la celebrazione assume un forte valore ideologico: il ricordo degli eroi caduti.

Cazzato parla di "saldatura con i parchi e i viali della Rimembranza": Dario Lupi prevederà infatti la dedica di un albero ad ogni soldato caduto.

Valva, fine anni Cinquanta-inizio anni Sessanta:
è trascorso del tempo, ma il legame tra la Festa degli Alberi
e la memoria dei caduti in guerra è ancora forte; fonte

In una circolare del 1923, il ministro dell'Agricoltura De  Capitani d'Arzago chiede che allo scopo simbolico della festa se ne aggiunga uno pratico, suggerendo di non utilizzare poche piante (spesso poi abbandonate a se stesse) ma qualche terreno incolto e rimboschirlo, "per costituire, col tempo una fonte di reddito" per le scuole promotrici della Festa. 

Il 30 dicembre 1923 il Regio decreto legge n. 3267 istituisce la Festa degli alberi: "Essa sarà celebrata ogni anno nelle forme che saranno stabilite di accordo fra i ministri dell'economia nazionale e dell'istruzione pubblica", per infondere nei giovani il rispetto e l'amore per la natura. E' il cosiddetto "Decreto Serpieri", sottosegretario all'Agricoltura (ministero nel frattempo accorpato a quello dell'Economia Nazionale).

Sulla fascistizzazione della Festa degli Alberi, interessanti le parole che troviamo nel testo La scuola fascista. Istituzioni, parole d'ordine e luoghi dell'immaginario [a cura di Gabrielli e Montino, 2009]:

Lo scopo della manifestazione era simbolico e pratico insieme, finalizzato a lasciare un'impronta nello spirito dei giovani oltre che nell'ambiente fisico. [...] Tanto l'appuntamento autunnale quanto quello primaverile coincidevano con un giorno di sospensione dell'attività didattica: domenica o altra festività (in novembre l'11, genetliaco del re, o il 4, in memoria dei caduti della grande guerra; in aprile il 21, Natale di Roma- saldandosi così ad altre cerimonie angolari della retorica di regime). [...] A partire dal 1937, poi, la cerimonia assunse un carattere che si legò alle svolte imperialiste della nazione e la Festa degli alberi divenne l'occasione per la piantagione non più dei vecchi "Boschi del Littorio", ma dei nuovi "Boschi dell'Impero". 
[citato in: La Festa dell'Albero dalle origini al Decreto Serpieri del 1923, sulla rivista on line Sherwood]


Approfondimento

Oltre al documentatissimo Natura aere perennius, segnaliamo anche l'interessante articolo on line La Festa dell'Albero dalle origini al Decreto Serpieri del 1923, in: Sherwood

G.V.

17 luglio 2024

PIETRO, IL MITRAGLIERE MORTO SUL PIAVE

Il 6 luglio 1918 muore, per le ferite riportate in battaglia, Pietro Feniello.

Nato a Valva il 10 agosto 1884 -figlio di Pasquale- Pietro Feniello appartiene alla 1360.ma compagnia mitraglieri Fiat.

La data e il luogo ci fanno pensare alla "battaglia del solstizio".

Come è noto, il nome si deve a Gabriele d'Annunzio.

L'offensiva austriaca diventa una disfatta: l'esercito austro-ungarico perde quasi 150mila uomini; la battaglia è però violentissima e anche per l'esercito italiano il bilancio è pesante: le perdite ammontano a circa 90 mila uomini. La sconfitta austro-ungarica significa in pratica l'inizio della fine.

Possiamo ipotizzare che Pietro sia sepolto nel sacrario di Fagarè della Battaglia, alla quale abbiamo dedicato il post 👉 Al sacrario di Fagarè sulle orme di Carmelo, eroe del Piave.

Due giorni dopo la morte di Pietro, cadrà sul Piave anche il tenente della Croce Rossa americana Edward Mc Key, amico del grande scrittore Ernest Hemingway che gli dedicherà questi versi (incisi nel sacrario di Fagaré): 

KILLED PIAVE  July  8  1918 

Desire and 
All the sweet pulsing aches  
And gentle hurtings 
That were you, 
Are gone into the sullen dark.
Now in the night you come unsmiling
To lie with me
A dull, cold, rigid bayonet
On my hot-swollen, throbbing soul.

Chicago, 1921
 

UCCISO  PIAVE  8 luglio 1918  

Il desiderio e
tutti i dolci pulsanti dolori
e le pene delicate
ch’eri tu,  
sono spariti nella tenebra tetra.
Adesso nella notte tu vieni senza sorridere
a giacere con me 
un'opaca, fredda, rigida baionetta
sulla gonfia, palpitante anima mia.

G.V. 

12 luglio 2024

AL SACRARIO DI FAGARÈ SULLE ORME DI CARMELO, EROE DEL PIAVE

Mi appare all'improvviso, quasi a interrompere l'uniforme lunghezza di questa statale molto trafficata che attraversa la pianura trevigiana.

Da qui non si sente la voce del Piave, ma ne trovo quasi l'eco nei toponimi attorno al Sacrario Militare di Fagaré.

Sono qui per rendere omaggio a un mio compaesano che proprio al Piave ha legato il suo destino.

Dopo Caporetto -quel singulto nell'autunno nero in cui il Piave ha avvisato che ritornava lo straniero- il valvese Carmelo Alfano ha preso parte alla riscossa dell'esercito italiano.

Nonostante l'ingente numero di caduti e prigionieri a Caporetto, nel novembre 1917 la battaglia di Fagaré segna un simbolico riscatto e proprio in quella battaglia Carmelo ottiene una medaglia d'argento. 

Nel giugno del 1918, in quella che d'Annunzio chiamerà "la battaglia del solstizio", a Breda di Piave Carmelo meriterà un'altra medaglia ma lascerà sul campo la sua giovane vita.

Il Piave mormorò: Non passa lo straniero

Oggi sono qui perché sono convinto che tra gli oltre cinquemila soldati ignoti sepolti nel sacrario c'è anche lui.

Il luogo di sepoltura non compare nei documenti e mi piacerebbe contribuire a far correggere questa mancanza, però il sacrario oggi è chiuso (anche se Google afferma il contrario) e io non me la sento di andare a piedi alla ricerca di Breda di Piave né riesco a inoltrarmi verso il fiume, ma Carmelo capirà: queste non sono strade che si percorrono a piedi, soprattutto da un forestiero che non sa orientatsi e che si affida a internet.

Mi sarebbe piaciuto portarmi a casa il profumo del Piave, ma avverto con piacere quello inconfondibile di una vigna a pochi metri dal sacrario e mi dico che forse a Carmelo questo odore sarà parso molto più familiare, in questa terra lontana da casa dove oggi le lingue si mischiano come ai suoi tempi i dialetti d'Italia.

 

Leggo infatti l'insegna di un ristorante in spagnolo e in inglese e a un bivio vicino due indicazioni su tre sono di località con nomi dialettali. 

Mi chiedo quale sia stata la cadenza delle ultime parole che un soldato ha rivolto, in italiano o in qualcosa di simile, a quel giovane valvese che moriva in questa terra di Piave all'inizio dell'estate del 1918.

Fagaré della Battaglia, Treviso, 12 luglio 2024

G.V.

08 luglio 2024

I DUE BISNONNI DI GIANLUCA NELLO STESSO CAMPO DI PRIGIONIA

Gianluca è un giovane che vive in Germania, dove è nato da genitori italiani, entrambi originari di Valva. Ama molto l'Italia e fin da bambino ogni anno torna a Valva, dai nonni e dagli amici. Quando ha letto il nostro post dedicato al suo bisnonno Angelo Michele Cecere, sopravvissuto alla ritirata di Russia, ci ha contattato per segnalarci che altri due suoi bisnonni hanno condiviso la prigionia nello stesso Lager tedesco, come internati militari italiani: glielo raccontavano da bambino a Valva.

E' bastato un rapido controllo nel Lessico Biografico IMI per confermare questo suo ricordo d'infanzia.

Infatti, Michele Perna e Giovanni Falcone -entrambi classe 1923- risultano prigionieri nello Stalag IX C; nel caso di Michele Perna,  questo è il secondo campo, visto che egli è stato prigioniero anche nello Stalag III C, mentre il foglio matricolare di Giovanni Falcone riporta la dizione "campo di concentramento IV C".

Lo Stalag III C è quello di Alt Drewitz, vicino a Berlino. 
Lo Stalag IV C è situato a Wistritz, vicino a Dresda e non lontano dalla Cecoslovacchia occupata dai nazisti. 

Come abbiamo già osservato analizzando un documento relativo alla prigionia del valvese Enrico Santovito, per Stalag IX C probabilmente si intende il campo principale, in Turingia: attorno al quartier generale di Bad Sulza c'erano tanti sottocampi.

Sappiamo che molti prigionieri lavoravano nelle miniere di potassio della zona.

Bad Sulza, Stalag IX C: entrata del campo poco dopo la liberazione
 fonte Croce Rossa

Organizzazione dello Stalag IX; fonte

Wikipedia ci informa che il campo fu aperto nel febbraio 1940 per recludervi i soldati polacchi dopo l'invasione tedesca. Il campo fu evacuato il 29 marzo 1945: i prigionieri furono costretti a marciare verso est prima dell'offensiva americani; i prigionieri rimasti nel campo furono liberati dagli americani. 

Michele Perna nasce a Valva il 5 giugno 1923, figlio di Martire e di Maria Michela Torsiello; è chiamato alle armi e vi giunge l'8 gennaio 1943, assegnato al Deposito 24 Reggimento Fanteria in Gradisca, in provincia di Gorizia. 

Il 22 febbraio è trasferito al 23.mo Reggimento Fanteria  mobilitato (zona di Gorizia); il 31 marzo giunge in territorio jugoslavo.

Il suo reggimento ha compiti di presidio e controguerriglia; viene sciolto dopo l'8 settembre. 

Michele Perna viene catturato il 14 settembre, a Trieste.

Michele Perna

Giovanni Falcone nasce a Valva il 5 dicembre 1923, figlio di Antonio e Filomena Vuocolo; chiamato alle armi, vi giunge il 6 gennaio 1943, assegnato al Deposito 52.mo Reggimento Fanteria in Spoleto. 

Il 15 marzo 1943 è trasferito al 192.mo Reggimento Fanteria mobilitato in Croazia. Viene fatto prigioniero il 9 settembre, in Croazia.

Giovanni Falcone

Giovanni Falcone viene liberato il 5 aprile 1945 e trattenuto dalle forze armate alleate.

Il 13 aprile viene liberato Michele Perna, dagli americani.

Giovanni rientra in Italia il 18 agosto 1945, mentre Michele è rimpatriato il 5 settembre; sottoposto a interrogatorio presso il Distretto Miliare di Salerno, è inviato in licenza straordinaria.

Alle spalle, i due giovani soldati hanno quasi 600 giorni di prigionia, una parte dei quali trascorsa almeno con la consolazione di un volto conosciuto, di un compaesano col quale poter parlare nello stesso dialetto delle stesse persone.

Non sanno ancora che il figlio di Michele e la figlia di Giovanni un giorno diventeranno marito e moglie.

🙏Un caloroso ringraziamento a Gianluca Parisi e alla mamma Filomena Perna per la collaborazione e le foto fornite.

G.V.