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24 maggio 2023

LA "LEGGENDA DEL PIAVE": UNA PROPOSTA DI ANALISI

La leggenda del Piave (nota anche come La Canzone del Piave) è scritta dopo la battaglia sul Piave del giugno 1918, la cosiddetta "battaglia del solstizio", che è importante perché l'esercito italiano riesce a bloccare l'ultima grande offensiva degli austro-ungarici.

L'autore è E.A.Mario (pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta), autore anche di altre canzoni celebri (come ad esempio Balocchi e profumi e Tammurriata nera).

Proponiamo ora un'analisi del brano. Se preferite, potete ascoltare il testo della nostra analisi insieme alla canzone in questo video: 

La prima strofa

L’inizio è molto celebre:

Il Piave mormorava
Calmo e placido, al passaggio
Dei primi fanti, il ventiquattro maggio
L'esercito marciava
Per raggiunger la frontiera
Per far contro il nemico una barriera

Sono rime baciate (passaggio: maggio, frontiera: barriera); sono in rima anche le parole mormorava: marciava.

La prima strofa riguarda il 24 maggio 1915; più che anacronismo, si tratta di una rilettura simbolica di un avvenimento storico

L’avvenimento storico è l’entrata in guerra dell’Italia, nel maggio 1915 (la guerra era iniziata nell’agosto 1914). Questo avvenimento storico viene reinterpretato, tre anni dopo, come una guerra difensiva: "l’esercito marciava per raggiunger la frontiera", è vero; "per far contro il nemico una barriera", non è vero storicamente perché in quel momento, maggio 1915, l’Italia entra in guerra attaccando.

Chi scrive la canzone la scrive dopo che il Piave è diventato il baluardo, la barriera da difendere a tutti i costi; possiamo dunque dire che nel '18 il Piave era la barriera, nel '18 si faceva contro il nemico una barriera, ma non nel '15.

Chi scrive lo fa nel 1918 e reinterpreta un avvenimento di tre anni prima, attualizzandolo perché nel frattempo il Piave ha assunto un altro valore; il Piave è abbastanza lontano dalla frontiera, difendere il Piave significa impedire che il nemico faccia irruzione nella pianura padana (che è la paura dopo Caporetto).

Muti passaron quella notte i fanti
tacere bisognava e andare avanti
Notiamo una certa eleganza stilistica, perché nell'ordine coretto in italiano la frase dovrebbe essere "bisognava tacere e [bisognava] andare avanti". Il verso della canzone invece inizia con un verbo all'infinito ("tacere"), poi c'è un verbo che regge l'infinito ("bisognava") e alla fine del verso c'è un altro infinito ("andare"). Il verbo principale è dunque al centro e regge i due infiniti posti all'inizio  e alla fine del verso. 
S'udiva intanto dalle amate sponde
Sommesso e lieve il tripudiar dell'onde

Le onde fanno un tripudiare sommesso e lieve: è semplicemente il rumore del fiume, non siamo ancora alla sua trasformazione mitica.

L’interpretazione di questo elemento naturale, però,  conferisce a un dato naturale (il rumore dell’acqua del fiume) un valore che va ben oltre: "era un presagio dolce e lusinghiero"... Il tripudiare delle onde, sommesso e lieve, viene interpretato come un presagio dolce e lusinghiero. Spesso troviamo due aggettivi, uno accanto all’altro.

In ogni strofa il Piave dice qualche cosa.

Nella prima, mormora, anche nella seconda troviamo “mormorò”.

Nella terza il Piave è molto più deciso: "NO!"…e i fanti ripetono "NO!".

Nell’ultima strofa il Piave non parla più,  "tacque"…la guerra è vinta e quindi la missione del Piave può dirsi compiuta.

Il Piave mormorò: non passa lo straniero

Attenzione al verbo: "non passa";  è un presente indicativo, non un congiuntivo esortativo (per esprimere un augurio, ad esempio "non passi lo straniero").

Il Piave è una sorta di vedetta, come è confermato nella seconda strofa: "Ritorna lo straniero".

Non possiamo escludere però che l’uso del congiuntivo "Non passi lo straniero" sia stato avvertito dall’autore come troppo ricercato per una canzone che voleva essere patriottica e popolare.

Forse il concetto che si vuole esprimere in questo verso è simile al celebre motto spagnolo "No pasaran": non passeranno…riferito ai nemici. 

La strofa della sconfitta

Ma in una notte trista 
Si parlò di un fosco evento 
E il Piave udiva l'ira e lo sgomento 
Ahi, quanta gente ha vista 
Venir giù, lasciare il tetto 
Poiché il nemico irruppe a Caporetto. 
S'udiva allor, dalle violate sponde 
Sommesso e triste il mormorio dell'onde. 
Come un singhiozzo, in quell'autunno nero
Il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero".

Nella versione iniziale di questa canzone, per esempio quella eseguita solennemente in occasione dell'arrivo della salma del Milite Ignoto a Roma, questa seconda strofa era un po' diversa.

Durante il fascismo, per intervento diretto del governo, sono state chieste all’autore alcune modifiche.

Ma in una notte trista / Si parlò di tradimento è diventato: Si parlò di un fosco evento.

La parola tradimento è una parola forte, suggerita all’autore da un drammatico bollettino del generale Cadorna che di fatto dava la colpa ai soldati per la sconfitta di Caporetto. In epoca fascista sono stati tolti questi riferimenti così netti. 

Il verso Per l'onta consumata a Caporetto è diventato Poiché il nemico irruppe a Caporetto, un verso quasi descrittivo.  La parola onta sicuramente non gettava buona luce sull’esercito italiano. 

Profughi ovunque, dai lontani monti
Venivano a gremir tutti i suoi ponti

Sono i profughi italiani, il cui esodo inizia già nel 1916, dopo la cosiddetta "Spedizione punitiva": dalle zone occupata da tedeschi e austriaci si spostano nel resto d'Italia. 

S'udiva allor, dalle violate sponde
Sommesso e triste il  mormorio dell'onde
Come un singhiozzo, in quell'autunno nero
Il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero".

Violate sponde: "violate" è un aggettivo forte, il fiume è sacro, dunque c’è una profanazione delle sponde.

Si udiva sommesso e triste: prima il mormorio era sommesso e lieve, adesso diventa triste.

Come un singhiozzo in quell’autunno nero: non è più un presagio dolce e lusinghiero.

Questa è una strofa impegnativa anche emotivamente, perché questa è la strofa della sconfitta, è il racconto del domani della sconfitta, dopo Caporetto.

Dire autunno nero significa dire che l’Italia è in ginocchio, sembra crollare, non solo il fronte di guerra ma anche il fronte interno sembra crollare…  

Il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero". Torna il ruolo di vedetta svolto dal Piave.  

La strofa del Piave che combatte contro il nemico feroce

E ritornò il nemico
Per l'orgoglio, per la fame
Volea sfogare tutte le sue brame
Vedeva il piano aprico
Di lassù, voleva ancora
Sfamarsi e tripudiare come allora. 

"No" disse il Piave, "No" dissero i fanti
Mai più il nemico faccia un passo avanti 
E si vide il Piave rigonfiar le sponde 
E come i fanti combattevan le onde 
Rosso del sangue del nemico altero. 
Il Piave comandò: "Indietro va', straniero".

E ritornò il nemico: nel primo verso troviamo un riferimento al verso conclusivo della strofa precedente ("Ritorna lo straniero"). 

In  questa quarta strofa troviamo subito alcuni versi di grande drammaticità: 

Per l'orgoglio, per la fame
Volea sfogare tutte le sue brame

Il nemico è paragonato a un lupo affamato che ritorna per l’orgoglio e per la fame; era venuto la prima volta nel '16, ora torna nel '17 (l’anno della battaglia di Caporetto). 

Come un animale feroce, affamato che "volea sfogare tutte le sue brame". Il nemico fa paura; deve essere per definizione presentato come brutto e cattivo, affamato e pieno di brame. 

Vedeva il piano aprico
Di lassù, voleva ancora
Sfamarsi e tripudiare come allora. 

Piano aprico significa esposto al sole.

Tripudiare significa esultare in modo clamoroso e vivace, dice il dizionario Treccani; ora tripudiare è attribuito non più al Piave ma allo straniero, che vuole vincere di nuovo, come ha vinto nel 1916, vuole sfamarsi e vuole esultare.

"No" disse il Piave, "No" dissero i fanti
Mai più il nemico faccia un passo avanti 

A livello testuale il verso è molto efficace.

Il Piave ora dice, non mormora più.

Finora avevamo sempre trovato il soggetto (il Piave), il verbo (mormorò), due punti, le virgolette e poi il discorso diretto.

Adesso l’affermazione perentoria, netta (No) viene messa prima del verbo. I fanti rispondono: No.

Il Piave non è più una vedetta, ora è una guida. 

Mai più il nemico faccia un passo avanti. Mai più all'inizio del verso, in una posizione di rilievo; solo dopo c'è il soggetto ("il nemico"). 

La conseguenza qual è? 

La conseguenza è che il Piave entra in guerra a tutti gli effetti.

E si vide il Piave rigonfiar le sponde 
E come i fanti combattevan le onde 
Rosso del sangue del nemico altero. 
Il Piave comandò: "Indietro va', straniero". 

Il Piave partecipa alla guerra, rigonfia le sponde…perché è quello che fanno i fiumi in autunno e in inverno.

Un fatto davvero accaduto, che ha reso la guerra più difficile (per tutti!). Il Piave rigonfia le sponde e come i fanti combattono le onde combatte anche lui, rosso del sangue del nemico altero (altero è un aggettivo messo alla fine di un verso che inizia con il colore del sangue: ora al nemico non serve più essere altero, cioè fiero, orgoglioso, superbo). 

Il Piave comandò: "Indietro va', straniero".

Il Piave comandò: il Piave che diventa un generale

Qui troviamo un esempio di climax: tre elementi che sono messi in scala, ascendente o discendente, tre aggettivi o tre verbi in cui il primo ha un’intensità, il secondo ne ha una maggiore e il terzo è ancora più intenso.

Il Piave mormorò (prima strofa)…Il Piave disse (seconda strofa)…Il Piave comandò (questa terza strofa)…

Dal mormorare al dire si arriva al comandò. 

Il Piave comandò: "Indietro va', straniero". Indietro va' è scritto con l'apostrofo per indicare che è un imperativo: vai indietro, vattene.  

Fanteria italiana attraversa il Piave su un ponte galleggiante; fonte

La strofa della vittoria

Indietreggiò il nemico
Fino a Trieste, fino a Trento
E la vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico 
Tra le schiere furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti. 
Infranse alfin l'italico valore 
Le forche e l'armi dell'impiccatore
Sicure l'Alpi, libere le sponde
E tacque il Piave, si placaron l' onde
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi
La Pace non trovò né oppressi né stranieri.

Fino a Trieste, fino a Trento: Trieste e Trento vengono conquistate alla fine della guerra, negli ultimi giorni.

E la vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico 

L’ultima strofa è quella della vittoria: chi ha scritto ha immaginato la conclusione della guerra oppure questo è stato modificato e aggiunto dopo?

Il poeta sta immaginando la vittoria: la vittoria sciolse le ali al vento, la vittoria sta volando…il patto è un riferimento al Risorgimento, il popolo che lotta per riprendersi il sacro suolo, “il suolo fatal” direbbe Verdi, “fratelli su libero suol” scrive Manzoni: è il Risorgimento.

Tra le schiere furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti

Vengono citati tre esponenti del cosiddetto irredentismo (cittadini con passaporto austriaco che vivano in territori come Trento, Trieste, l’Istria e lottavano perché queste zone diventassero italiane).

Cesare Battisti era stato impiccato nel 1916 a Trento (si era arruolato nell’esercito italiano ma viveva in una città non ancora italiana; catturato dagli austriaci, fu impiccato).

Nazario Sauro fu impiccato a Pola, città istriana oggi in Croazia,  sempre nel 1916.

Guglielmo Oberdan era stato impiccato a Trieste nel 1882.

La Leggenda del Piave introduce questi patrioti, figure care alla memoria di quei luoghi (parlando di Trieste si parla di Sauro e di Oberdan, parlando di Trento si parla di Battisti).

Infranse alfin l'italico valore 
Le forche e l'armi dell'impiccatore
Un verso molto solenne, un elegante endecasillabo.

Prima il verbo, poi l’aggettivo e infine il soggetto (valore).

Il valore degli italiani infranse/distrusse infine che cosa? Le truppe e l’armi dell’Impiccatore, termine con cui i patrioti italiani chiamavano l’imperatore (Francesco Giuseppe morto nel novembre 1916).

E tacque il Piave, si placaron l' onde

Questi ultimi versi sono particolarmente significativi.

Una volta che le Alpi erano ormai sicure, che le sponde (Adriatico) sono ormai libere, il Piave tace. Il Piave ha finito di guidare gli italiani alla resistenza contro il nemico.

Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi
La Pace non trovò né oppressi né stranieri

I torvi imperi (austro-ungarico, tedesco, impero ottomano). Erano nostri alleati fino a pochi anni prima. Adesso sono definiti torvi; "torvo" significa minaccioso (esprime astio o malanimo, minaccia o diffidenza, riferito allo sguardo o all’espressione del volto). Qui è riferito ai nemici.

La pace non trovò stranieri? Dal punto di vista degli abitanti di alcune zone, ad esempio il nostro Alto Adige (o Sud Tirolo) è una zona a stragrande maggioranza di popolazione di lingua e cultura tedesca. Dal punto di vista italiano, non ci sono stranieri lì!

Non ci sono oppressi? Magari…la pace trova oppressi dal punto di vista socio-economico, trova vecchie questioni mai risolte (ad esempio la questione agraria), sta per iniziare un periodo di tensione sociale ed economica che poi sfocerà nell’affermazione del fascismo.

Una reinterpretazione di fatti storici

La leggenda del Piave reinterpreta, dopo i fatti, alcuni avvenimenti e lo fa perché il Piave ha assunto un valore simbolico, di resistenza, di invito alla lotta contro il nemico; è un elemento capace di unire gli italiani verso uno sforzo comune, è un simbolo di identità, di appartenenza.

Il Piave è un confine simbolico, ideologico, di identità.

Il testo che ho cercato di analizzare ben rappresenta questo valore del fiume.

Grazie per la vostra attenzione.

G.V.

04 maggio 2023

IN MEMORIA DI GIUSEPPE FENIELLO

In memoria di
GIUSEPPE FENIELLO 
1923-2023

ultimo reduce valvese della Seconda Guerra Mondiale 


Hanno l'impercettibile sussurro, 
Non fanno più rumore
Del crescere dell'erba,
Lieta dove non passa l'uomo.

Giuseppe Ungaretti, Non gridate più



Soldato della Seconda Guerra Mondiale
10° Reggimento genio-marconisti di Santa Maria Capua Vetere
catturato in Africa Settentrionale il 6 aprile 1943
prigioniero degli inglesi fino al 9 agosto 1946
rientrato a casa il 20 settembre 1946

Giuseppe Feniello nella festa del suo centesimo compleanno

Al signor Giuseppe Feniello il blog la ràdica ha dedicato alcuni post e un eBook:


Le nostre sentite condoglianze ai familiari tutti.

01 maggio 2023

UNA SOCIETA' OPERAIA PIANGE I SUOI CADUTI NELLA GRANDE GUERRA

A Valva c'è una lapide che forse nessuno legge perché posta in alto e ormai non più chiarissima. 

Non sono insoliti il tono e il lessico -caratteristici delle epigrafi del periodo- ma certamente la firma merita una riflessione.

Ecco il testo: 

foto di Maria Rosaria Feniello

PUGNANDO DA FORTI

PER LA LIBERAZIONE DEI SACRI CONFINI

PEL TRIONFO DEI DIRITTI PIU' SACRI DELL'UOMO

CADDERO

BENEDICENTI AL DOVERE

CONDANNA IMPERITURA DELLA BARBARIE TEUTONICA

CATINO MICHELE - MARCIELLO ANTONIO

TORSIELLO ANTONIO-TORSIELLO PASQUALE

LA SOCIETA' OPERAIA INDIPENDENTE

FIERA DI AVERLI AVUTI TRA I SOCI

NE ETERNA IL NOME E LA GLORIA

1915-1918

Dunque anche a Valva esisteva una società operaia.

Queste associazioni si diffondono nella seconda metà dell'Ottocento, con diversi scopi: il mutuo soccorso in caso di malattia e di inabilità permanente al lavoro (una prima forma di welfare, come diremmo oggi), la creazione di cooperative per l'acquisto di prodotti e mezzi per l'agricoltura, la promozione dell'istruzione e dell'educazione dei soci, con iniziative culturali.

Il mutuo soccorso è una forma di solidarietà che potremmo definire dal basso: i soci versano una quota, che garantisce loro un sussidio in caso di malattia, invalidità o morte.

Solo lentamente lo Stato unitario attua delle riforme in campo sociale, recependo sempre di più le funzioni assolte dalle Società di Mutuo Soccorso: si pensi alla Cassa Nazionale di Assicurazione contro gli infortuni (1883) e alla Cassa Nazionale di Previdenza per invalidità e vecchiaia (1898); nel 1910 viene inserita una sezione dedicata alla maternità e nel 1912 nasce l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni.

Possiamo considerare queste società anche come una prima forma di sindacato. In occasione della Grande guerra, esse si mostrano generalmente non interventiste; negli anni del conflitto si prodigano nell'assistenza alle famiglie dei soldati.

Non abbiamo ancora trovato informazioni sull'associazione valvese, ma è certamente significativo che anche nell'Alto Sele ci fossero società operaie; la ricerca va dunque estesa agli altri comuni della Valle.

I soldati citati nell'epigrafe

Ecco alcune informazioni sui quattro soldati citati nell'epigrafe.

Catino Michele di Francesco, nato il 25 marzo 1882; soldato del 26.mo Reggimento Lancieri Vercelli, caduto sul Carso il 29 giugno 1916 per ferite riportate in combattimento; riposa al Sacrario Militare di Redipuglia (Gorizia). Torneremo a occuparci di lui, perché abbiamo scoperto che suo fratello Amedeo ha combattuto la Grande guerra nell'esercito americano (in Francia).

Marciello Antonio di Michele e Torsiello Filomena, nato il 30 dicembre 1883, pastore (altre volte compare come contadino); soldato del 238.mo Reggimento Fanteria, morto il 19 giugno 1917 sul monte Forno per ferite riportare in combattimento. 

Il 238.mo Reggimento Fanteria "Grosseto" ha preso parte alla battaglia del monte Ortigara, combattuta dal 10 al 29 giugno 1917 sull'altopiano dei Sette Comuni e conclusasi con la ritirata italiana. Nell'attacco al monte Forno il Reggimento "Grosseto" e il 214.mo Reggimento persero quasi 1500 uomini, praticamente senza avanzare [Wikipedia].

Torsiello Antonio di Francesco e Spatola Filomena, nato il 30 dicembre 1891, falegname; soldato del 112.mo Reggimento Fanteria, morto il 18 giugno 1916, in un ospedale campo, per ferite riportare in combattimento.    

Torsiello Pasquale di Domenico, nato il 1 dicembre 1888, soldato del 7.mo Reggimento Fanteria, morto il 28 ottobre 1918 in un ospedale da campo per ferite riportate in combattimento. 

G.V.

20 aprile 2023

DUE MEDAGLIE SUL PETTO DI CARMELO, CADUTO SUL PIAVE

Carmelo Alfano nasce a Valva il 18 settembre 1895, da Antonio e Caterina Mari.

Nel suo foglio matricolare non è indicata la professione, ma possiamo ipotizzare sia uno studente, visto che lo sono i fratelli Giuseppe, Giacomo e Michele Benedetto. Tra questi, Giuseppe diventerà sacerdote e sarà il parroco di Valva per diversi anni. Non sappiamo quanti dei fratelli Alfano abbiano partecipato alla Grande guerra.

Carmelo è assegnato alla 1394 Compagnia Mitraglieri Fiat e si distingue in combattimento, ricevendo due Medaglie d'Argento al Valor Militare.

Ecco la motivazione della prima medaglia:

Ferito durante un assalto, continuava a combattere, finché cadde esausto di forze. Già distintosi per coraggio quale porta ordini.
Fagaré di Piave, 16 novembre 1917

La medaglia si riferisce a quella che possiamo definire la prima vittoria italiana dopo la disfatta di Caporetto. Leggiamo nel libro La prima vittoria sul Piave dopo Caporetto. Fagaré di Piave, 16 novembre 1917 di Renzo Cattelani,  che nella minuscola frazione di Fagarè di Piave era stato dislocato un pugno di uomini al comando di un tenente poco più che ventenne. Questi giovani soldati, ai quali si aggiunsero i primi ragazzi del '99, seppero dapprima contenere l'improvviso assalto nemico, e poi respingerlo in poche ore sulla riva opposta, dando così inizio al periodo della "Battaglia d'arresto".

Carmelo Alfano ha partecipato anche alla famosa "Battaglia del Solstizio".

Battaglia del Solstizio; fonte

Come è noto, il nome si deve a Gabriele d'Annunzio.

L'offensiva austriaca diventa una disfatta: l'esercito austro-ungarico perde quasi 150mila uomini; la battaglia è però violentissima e anche per l'esercito italiano il bilancio è pesante: le perdite ammontano a circa 90 mila uomini. La sconfitta austro-ungarica significa in pratica l'inizio della fine.

In questa battaglia, cade Carmelo; ecco cosa leggiamo nella motivazione della seconda medaglia:

Esploratore in una compagnia mitragliatrici, in varie giornate di combattimento, ogni qualvolta ebbe a trovarsi a così stretto contatto col nemico da non essere più in tempo ad avvertirne la propria compagnia, attaccava anche da solo l'avversario con bombe a mano e fucilate. Animato dalla sua abituale audacia, mentre tentava accostarsi ad una mitragliatrice nemica per catturarla, cadeva eroicamente sul campo.
Case Sernagiotto, Breda di Piave, 15-18 giugno 1918

Così il Corriere della Sera del giorno dopo:

Stupendi episodi di valore ovunque. [...] Nel settore di Fagaré sul Piave nostri reparti di assalto contro due interi battaglioni ungheresi passarono l'abitato casa per casa annientando tre quarti dei reparti del nemico e cacciando i superstiti contro il fiume dove la più parte affogò.
Su tutto il corso del fiume le forze nemiche non riescono, non  ostante la pressione continua, la superiorità di numero e la grandiosità dei mezzi, ad avanzare sulle strade della pianura. Le nostre fanterie le tengono inchiodate sul margine dell'acqua, mentre la nostra artiglieria distrugge volta a volta passarelle e imbarcazioni nemiche. [...]
L'ultimo dato della situazione all'inizio della quarta giornata è questo: mentre il nemico, avendo subito perdite sanguinosissime, è costretto a impegnare già le sue riserve, noi, che abbiamo subito perdite relativamente lievi, abbiamo le nostre riserve fondamentalmente intatte. 

Purtroppo, le "perdite relativamente lievi" sono giovani soldati come Carmelo, che non ha ancora compiuto ventitré anni.

Non sappiamo dove riposi Carmelo; forse nel sacrario di Fagaré.

Sacrario Militare di Fagarè della Battaglia, Treviso; fonte

Sacrario Militare di Fagarè della Battaglia, Treviso; fonte

Dedichiamo alla sua memoria i versi che Ernest Hemingway ha scritto per un suo amico, sepolto lì:

KILLED PIAVE  July  8  1918 

Desire and 
All the sweet pulsing aches  
And gentle hurtings 
That were you, 
Are gone into the sullen dark.
Now in the night you come unsmiling
To lie with me
A dull, cold, rigid bayonet
On my hot-swollen, throbbing soul.

Chicago, 1921
 

 

UCCISO  PIAVE  8 luglio 1918  

Il desiderio e
tutti i dolci pulsanti dolori
e le pene delicate
ch’eri tu,  
sono spariti nella tenebra tetra.
Adesso nella notte tu vieni senza sorridere
a giacere con me 
un'opaca, fredda, rigida baionetta
sulla gonfia, palpitante anima mia.

G.V.

19 aprile 2023

CARMINE, CADUTO NEL "VASTO URAGANO" DI CAPORETTO

Carmine Caldarone deve il suo nome alla data di nascita: 16 luglio, Madonna del Carmine; l'anno è il 1898. Su alcuni documeni militari il cognome è Calderone, nell'atto di nascita il cognome è scritto con la "a". 

Figlio di Michele Arcangelo e di Anna Strollo, nei documenti della visita di leva non è indicata la sua professione. 

Carmine parte per la Grande guerra, soldato del 79° Reggimento Fanteria; il suo reggimento insieme all'80°forma la Brigata Roma.

Fanteria a riposo: lavaggio degli indumenti, poi stesi ad asciugare; fonte

Dalla storia della Brigata, vediamo gli avvenimenti del 1917. 

Dal 24 maggio gli austriaci muovono numerosi attacchi contro le posizioni tenute dal 79° a Monte Majo; gli attacchi sono sempre respinti, con gravi perdite.

Cartolina ricordo del 79° Reggimento fanteria; fonte

Ad agosto la Brigata si trasferisce sul Carso, per prendere parte all'XI Battaglia dell'Isonzo (17-31 agosto 1917). 

Fino all'inizio di settembre ci sono feroci combattimenti sulla Bainsizza (una fascia di territorio a sinistra del fiume Isonzo), poi la linea si assesta. 

Altopiano della Bainsizza (oggi Slovenia); fonte

Il 22 ottobre la brigata si trova schierata nel settore Veliki Vhr-Na Gradu. 

Il 24 inizia la grande offensiva austro-tedesca. La Brigata resiste, ma poi deve ripiegare in seguito allo sfondamento di Caporetto.

Il 25 ottobre, Carmine Caldarone cade in combattimento. Non ha ancora venti anni. 

Così un celebre giornalista sul fronte di guerra, Luigi Barzini, racconterà quel 25 ottobre, con parole che tra l'altro danno un'idea del perché sia considerato un grande scrittore:

E' dunque la caratteristica guerra di montagna che divampa, irruenta attorno ai capisaldi, varia, tumultuosa, piena di vicende. Non è possibile in un così vasto teatro di lotta, dove ogni valle ha la sua battaglia, dove le cime separano nettamente le azioni così diverse fra loro, dove il combattimento non ha una linea di insieme, chiara e generale, comprendere i movimenti e le fasi, rendersi conto dei risultati, leggere lo sviluppo di questo vasto uragano.

Tra caduti e dispersi, il 79° Reggimento conterà oltre 1200 vittime nel periodo denominato "dall'Isonzo al Piave" (24 ottobre-4 novembre).

Nei giorni successivi, il 79° praticamente viene accerchiato e si sacrifica quasi per intero nelle trincee del Veliki. Della Brigata rimane un solo battaglione (erano sei). 

A testimoniare il valore del 79° Reggimento, ci sono le parole della motivazione della Medaglia di Bronzo, riferite ad eventi dei mesi successivi: "Dava prove luminose di pertinacia e di virtù militari opponendosi sul Piave all'urto di forti masse nemiche (19-24 giugno 1918)".

Sono note le conseguenze militari della "disfatta di Caporetto": l'esercito italiano viene messo in rotta e deve ripiegare sul Piave e sul Monte Grappa, abbandonando ai nemici l'intero Friuli e buona parte del Veneto.

G.V.

10 aprile 2022

Sabato, nato in America e caduto in guerra da italiano

Tra i cognomi non più presenti a Valva, ce n'è uno che se n'è andato in America: lo ha portato un valvese che a diciotto anni era già cittadino americano (come si evince dal documento di sbarco a Ellis Island). 

Sabato, nato negli USA e caduto in guerra in Italia

Suo fratello, nato negli Stati Uniti, qualche anno dopo sarebbe tornato in Italia a combattere durante la Prima guerra mondiale: Sabato Fratangelo, classe 1895, calzolaio, settimo nome tra quelli dei soldati caduti sul campo, incisi sulla lapide del Monumento ai Caduti. Il tempo ha cancellato la prima e l'ultima lettera del suo nome, ma la sua storia merita di essere raccontata.
Sabato nasce a Piffard, negli Stati Uniti, il 10 agosto 1895, da Francesco e Filomena Spiotta.
L'Italia lo chiama alla visita militare e poi a combattere nella Grande guerra. 
Sabato cadrà in guerra, sul Carso, il 19 novembre 1915, combattendo con il 21°Reggimento Fanteria.

Elenco dei valvesi caduti nella Prima guerra mondiale, Monumento ai Caduti, Valva

Una famiglia di emigranti
Quando sono arrivati negli Stati Uniti i suoi genitori?
Il 1 gennaio 1888, due italiani di nome Francesco Fratangelo sbarcano negli USA, a bordo della nave Chateau Queen: il primo ha 27 anni, il secondo 29. Non abbiamo notizie sul luogo di nascita e di residenza in Italia. Non possiamo escludere un errore.
Ancora più difficile individuare l'arrivo in America di Filomena Spiotta: è registrata una donna con questo nome, ma di 60 anni e risulta sbarcata nel dicembre 1900: dunque non può essere la madre di Sabato.

Fratello e sorella

Sabato aveva un fratello più grande, di nome Alfredo.
Alfredo Fratangelo risulta sbarcato nel 1910, a diciotto anni; ultimo luogo di residenza: Valva; c'è un dettaglio che colpisce, alla voce "Ethnicity": "US Citizen".
Alfredo sembra diretto a Pittsburg, se leggiamo correttamente l'indirizzo vergato sul registro di sbarco, disponibile on line sul sito della The Statue of Liberty - Ellis Island Foundation.

 fonte

Una curiosità: nella riga successiva a quella che riporta la destinazione di Alfredo, ci sono alcune informazioni relative a un altro valvese, suo compagno di viaggio, di nome Gerardo Freda,  che va da Amodio Freda a Newark.
Sia Gerardo sia Amodio Freda risultano tra i nomi dei valvesi promotori della serata organizzata dalla comunità valvese di Newark per raccogliere fondi in vista della costruzione del monumento ai Caduti in guerra a Valva, nel 1924.
Qui trovate il post che Gozlinus ha dedicato a quella serata.
Due anni dopo l'arrivo di Alfredo, risulta sbarcata anche Olimpia Fratangelo; ha 22 anni, è single. E' verosimile che sia la sorella, perché nell'indirizzo di destinazione, a Pittsburg, compare il nome Filomena, preceduto da "mother" (madre).
Insieme a Olimpia viaggiava un'altra ragazza valvese, Filomena Cozza.

Le valvesi Olimpia e Filomena sono alle righe 26 e 27  Fonte

Restano alcuni dubbi.
Ad esempio, come mai Alfredo era tornato in Italia? Era comunque tenuto alla visita militare?
Sulla sua nave, la Hamburg, ci sono altri sei valvesi (uno, Pietro Falcone, risulta cittadino statunitense).
Magari, incrociando le informazioni sugli altri passeggeri, potremo scoprirne di più.
La ricerca continua!


G.V.