In memoria di Settimo e Ottavo
Ai figli si danno i nomi, poi a un
certo punto iniziano i numeri.
Quinto, sesto, settimo, ottavo.
I miei genitori hanno iniziato a
contare quando sono arrivato io: sono Settimo, mio fratello si chiama Ottavo.
Veramente, si chiamava.
Ora il suo nome è nel telegramma
che abbiamo ricevuto dall'Africa Settentrionale.
È stato il primo valvese a cadere
in questa guerra.
Lui combatteva in Africa, io in
Italia.
In Italia, sì, perché l'isola di
Coo si trovava nel Dodecaneso italiano.
Una colonia italiana, abitata da
tanti italiani.
Quando sono arrivato ho notato
subito le case ricostruite dagli italiani dopo il terremoto del '33. È bello
ricostruire dopo una sciagura, chissà se riusciremo a ricostruire anche
l'Italia dopo questo flagello della guerra.
Mi trovo qui, prigioniero a
Stargad, da quando l'isola è stata invasa dai tedeschi.
Ci siamo opposti come potevamo, ma
eravamo soli.
Aspettavamo i rinforzi inglesi,
pensavamo che sarebbero venuti ad aiutare i loro che erano già con noi.
Ci siamo sentiti abbandonati,
forse per loro non eravamo importanti.
Per i tedeschi…non ne
parliamo…traditori dell'Asse, ci dicevano.
Prima per me l'asse era una parte
dell'ingranaggio di un orologio.
L'asse è in acciaio, è una ruota
dentata che ingrana in una ruota più grande.
Io lo so, perché ho imparato da mio padre la precisione
paziente di chi aggiusta orologi. Ora che lui non c'è più, quello che ho
imparato da lui lo metto in pratica e i valvesi lo sanno.
Oppure l'asse per me era solo un
piano di legno lungo e stretto, che si ottiene tagliando un tronco nella sua
lunghezza. Ho aiutato tante volte mio fratello Alfonso, che è falegname.
Poi a un certo punto ci hanno
detto che l'alleanza con i tedeschi si chiamava Asse…
E i tedeschi mi hanno fatto
prigioniero, il 4 ottobre, insieme a 2500 italiani e a 600 inglesi.
Pensavo che era arrivata la fine,
poi due giorni dopo ho saputo che i tedeschi hanno ucciso oltre cento soldati
italiani e mi sono sentito fortunato…
Ora devo resistere, cercare di
rimanere in vita e di non perdere la mia dignità di soldato italiano.
Nel campo vedo tanta sofferenza e
tante malattie.
Secondo me, nel mondo c'è una malattia ancora più grande, si chiama ignoranza.
I popoli non farebbero le guerre, se no.
I popoli non farebbero le guerre, se no.
Se esco di qui e ho la fortuna di
avere dei figli, farò di tutto per farli studiare.
Da grandi, devono aiutare gli
altri, guarendoli dalle malattie e dall'ignoranza.
G.V.
Immagine
Simboli di Resilienza e Libertà, Creazione generata con l'aiuto di DALL-E, ispirata al racconto storico del blog "la ràdica".