11 aprile 2025

IL PIU' POVERO TI SVENTOLI: DUE POESIE PER PIETRO VUOCOLO

Pietro Vuocolo non ha avuto un sacerdote ad accompagnarlo nell'ultimo viaggio ma ne ha avuti due come testimoni dell'atto di nascita.
Forse uno scherzo del destino -sa essere spiritoso, ma non sempre le battute gli riescono- o forse una mera coincidenza; sicuramente, una circostanza curiosa.

Siamo nell'aprile 1945, la guerra non è ancora conclusa ma già si annunciano le tensioni che caratterizzeranno il lungo dopoguerra italiano e internazionale.
Già prima della scomunica contro i comunisti, a Valva si decide di non concedere i funerali in chiesa a un contadino accusato di essere comunista.
L'11 aprile Pietro muore di nefrite. 
In famiglia è rimasta la memoria delle sue urla durante l'agonia.
Lascia la moglie Carmela -che sarà una donna molto attiva nelle lotte comuniste contadine di Valva, anche tesserata alla locale sezione- e tre bambini.
In paese ancora si raccontano due episodi: al suo funerale venne portato in processione per il paese e davanti al cimitero il farmacista Merolla tenne l'orazione funebre.
Eppure, nell'atto di nascita datato 3 giugno 1906 (Pietro era nato il 31 maggio) i due testimoni erano stati due sacerdoti, entrambi residenti a Valva: Geremia Avallone (di 63 anni) e Donato Cuozzo (di 31anni).
Tra l'altro, il giorno in cui Michele Vuocolo va in comune a denunciare la nascita del bambino è la domenica di Pentecoste e si celebra la festa dello Statuto.
Comune aperto, due sacerdoti che fanno da testimoni nel giorno di una festa solenne nel calendario religioso e in quello civile.

A Pietro Vuocolo dedichiamo due poesie.
La prima è di Pier Paolo Pasolini: Alla bandiera rossa.

Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l'analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli. 
Pasolini sogna una bandiera capace di ridiventare straccio, oggetto concreto e umile, da restituire al popolo: si augura che gli ultimi della terra, gli esclusi -qui rappresentati dal mondo offeso delle plebi meridionali- si riapproprino di una lotta che appartiene ai più poveri.
Tessera del Partito Comunista Italiano, 1945

Questi altri versi sono tratti da Teatro degli Artigianelli, di Umberto Saba:

Falce martello e la stella d'Italia
ornano nuovi la sala. Ma quanto
dolore per quel segno sul quel muro!
[...]
Tra un atto e l'altro, alla Cantina, in giro
rosseggia parco ai bicchieri l'amico
dell'uomo, cui rimargina ferite,
gli chiude solchi dolorosi; alcuno
venuto qui da spaventosi esigli,
si scalda a lui come chi ha freddo al sole.

La bandiera del Partito comunista torna a sventolare: è un segno della liberazione; anche se la guerra non è finita (la poesia è scritta nel settembre 1944), il fascismo è caduto e i cittadini tornano a manifestare liberamente le proprie opinioni politiche.
Saba sottolinea che la libertà è stata riconquistata a caro prezzo: Ma quanto/ dolore per quel segno su quel muro!
Molto suggestiva la personificazione del vino, definito amico/dell'uomo, al quale dà sollievo, facendogli dimenticare le sofferenze. L'uomo sofferente si scalda al sole come chi ha freddo si scalda al sole.

A Pietro Vuocolo abbiamo dedicato il post Il funerale negato.

Grazie per la gentile collaborazione a Ortensia Vuocolo e Lucia Farella.
G.V.

IL FUNERALE NEGATO

Di Pietro Vuocolo ho sempre sentito raccontare un episodio della sua vita: l'ultimo, il funerale non celebrato in chiesa perché era "comunista".
Immagine generata con l'intelligenza artificiale
Mi risulta l'unico caso nella storia di Valva, se sbaglio mi correggerete.
Forse dovremmo tornare indietro alle storie dei briganti per trovare qualcosa di simile e credo basti questo dubbio per riflettere sulla portata della decisione.
11 aprile 1945: Pietro muore a 38 anni; lascia tre figli piccoli, uno è già morto a soli due mesi, nel 1943.
Ha sposato Carmela nel 1930, l'anno dopo ha perso il padre (anche lui giovane).
Nell'aprile '45 la guerra in Italia non è ancora finita, a Valva sì.
In realtà, un'altra guerra sta covando: la forte contrapposizione ideologica che caratterizzerà la vita politica e sociale dell'Italia del Dopoguerra, chierico rosso contro chierico nero, dirà Montale.
La scomunica contro i comunisti sarà pronunciata solo nel 1949, da Pio XII; il papa bergamasco che inviterà a distinguere tra errante ed errore -guardando prima alla persona e poi alle sue idee- è ancora di là da venire, si chiamerà Giovanni.
Dunque, c'è ancora la guerra.
Il Nord non è ancora liberato, l'avanzata alleata e la lotta partigiana contro i nazifascisti non hanno ancora vinto. DC e PCI fanno parte del governo di unità nazionale, ma nel Paese sono già divisi, anche nelle realtà più piccole.
Non sono riuscito a trovare documenti o testimonianze che potessero fugare il mio dubbio principale sulla vicenda: perché proprio a Valva e perché proprio il fratello di mio nonno?
Questo dubbio ne racchiude altri: perché una scomunica prima di quella papale? quale pericolo poteva venire a Santa Romana Chiesa dalle idee di un contadino morto a 38 anni?
So poco della situazione politica valvese nei mesi dopo la caduta del fascismo; evidentemente il partito comunista era uscito dalla clandestinità e so che annoverava tra le sue file anche alcune donne; ce n'è una celebre, a Valva: proprio la moglie di Pietro, zé Carmela.
Credo che quel contadino morto così giovane meriti almeno la fine di una sorta di damnatio memoriae alla quale i tempi -drammatici e confusi- lo hanno condannato, in quel giorno di aprile del 1945, quando una guerra non era ancora finita e un'altra -meno cruenta ma ugualmente lacerante- si stava preparando.
La ricerca continua.
G.V.

09 aprile 2025

L'AMORE AI TEMPI DELLA GUERRA: NICOLA E LAURETTA, UN MATRIMONIO PER PROCURA

Questa storia comincia con una torta e un matrimonio.
La torta è quella che si vede in tante foto degli album di famiglia a Valva, tra gli anni Sessanta e Settanta: un bambino o una bambina festeggia il compleanno, tutte le bottiglie di alcolici presenti in casa (anche quelle ornamentali) schierate a decorare la scena e, al centro,  una torta grande e bellissima.
Molto spesso, quella torta era opera di zia Lauretta, signora D'Antona, pasticcera provetta.
Il matrimonio è il suo, celebrato di martedì, il 6 marzo 1941.
Lo sposo però non c'è: è in guerra, ad Addis Abeba. A rappresentarlo, l'amico lavianese Pasquale Nappi. 
E' un matrimonio per procura.
Per capire meglio questa storia occorre fare un passo indietro.
Nicola D’Antona (all'anagrafe Nicola Gerardo Vincenzo) è nato a Laviano l'8 febbraio 1911, in via Garibaldi, da Raffaele (muratore) e Chiarina Trapanese. 
Nell'atto di nascita si nota una particolarità: la firma di papà Raffaele; non capita spesso di trovare la firma del genitore sui registri di nascita (a volte nemmeno i testimoni, a meno che non siano possidenti -quindi benestanti- firmano) 
Nel 1941, mentre l'amico Pasquale firma al suo posto l'atto di matrimonio, Nicola si trova alla sua seconda guerra, sempre in Africa.
C’era già stato infatti tra il 4 ottobre 1935 e il 20 ottobre 1936, durante la campagna d’Etiopia che culminò con l’ingresso del maresciallo Badoglio ad Addis Abeba. È la stessa vicenda ricordata dal discorso di Mussolini rimasto famoso per il riferimento ai "colli fatali di Roma", sui quali torna a risplendere l’Impero.
Sul foglio matricolare di Nicola compare anche l’importo del premio di mobilitazione: 300 lire. 
Riceverà la Medaglia commemorativa della campagna d’Africa Orientale (1935–1936) e, nel febbraio del 1937, la Croce al Merito di Guerra.
Nicola è un muratore come suo padre, ma in questa foto sembra quasi un attore a un provino cinematografico:

Nel 1939 si arruola volontario per l’Africa Orientale Italiana, con una ferma di due anni. È assegnato al 10º Reggimento Granatieri di Savoia. Parte da Napoli e sbarca a Massaua il 29 febbraio 1939 (sì, c'è scritto proprio il 29!). Torna ufficialmente in guerra l’11 giugno 1940, il giorno dopo il celebre discorso di Mussolini a Palazzo Venezia.
Il periodo tra febbraio e marzo 1941 è particolarmente intenso: il 10° Reggimento Granatieri d'Africa fa parte della 65ª Divisione fanteria "Granatieri di Savoia", che proprio per le vicende militari di quei giorni riceverà la Medaglia d'Argento al Valor Militare, con questa motivazione:

Salda unità costituita da granatieri e bersaglieri, in prolungata aspra battaglia contro preponderanti forze terrestri ed aeree, superba nel valore come nel sacrificio, opponeva con incrollabile tenacia valida resistenza agli attacchi dell'agguerrito avversario, contribuendo a mantenere in grande onore il prestigio delle armi italiane.

A.O. 1°febbario-1°marzo 1941

Consapevole del rischio di non tornare vivo dalla guerra in Africa, durante la permanenza in Etiopia Nicola propone a Laura D'Arcangelo, di Valva, di sposarsi.
Non sappiamo di preciso quando si sono conosciuti, ma la figlia Annamaria ci aiuta a ricostruire il contesto: Nicola era a Valva per motivi di lavoro. Possiamo dunque immaginare che i due giovani si siano conosciuti e tra di loro, con le modalità e la timidezza del tempo, sia nato un sentimento reciproco.
Come detto, il matrimonio si celebra a Valva il 6 marzo 1941. 
Poco dopo, il 1° aprile, Nicola viene fatto prigioniero.
Forse, in quel momento, il suo primo pensiero è stato quello di aver fatto bene a sposare la sua Lauretta.
Resterà prigioniero degli inglesi fino al 13 ottobre 1943, quando finalmente rientra in Italia.
Ai figli racconterà di aver sofferto di dissenteria durante la prigionia e di essere stato poi operato allo stomaco.
Possiamo ipotizzare che Nicola D'Antona sia stato liberato proprio per motivi di salute; generalmente i prigionieri degli Alleati vengono liberati molto tardi, sicuramente dopo la fine della guerra. 
Viene ricoverato all’Ospedale Militare di Bari; dopo due settimane ottiene una licenza di 90 giorni. A fine gennaio 1944 torna in ospedale per una visita di controllo. 
Nell’aprile dello stesso anno viene posto in congedo illimitato.
Nicola D'Antona è l'uomo a sinistra; 
accanto a lui, la suocera Maria Del Plato,
che tiene una mano sulla spalla di Laura D'Arcangelo;
la donna con la bimba in braccio è Caterina D'Arcangelo.
La pasticcera dal sorriso gentile, continuerà a preparare le torte per i bambini di Valva. Oggi, sfogliando gli album di famiglia, quelle torte parlano ancora; raccontano anche una storia d'amore e di attesa, di guerra e di ritorno.

Un cordiale ringraziamento alla signora Anna Maria D'Antona.

G.V.