10 settembre 2025

LA LUNGA PRIGIONIA DI ANTONIO

Quella di Antonio Torsiello è stata una lunghissima prigionia, conclusa solo un anno dopo la fine della guerra in Europa.
Antonio nasce a Valva il 10 agosto 1917 da Angelo e Maria Michela Marciello. 
Alla visita militare risulta più alto e più robusto della media dei suoi compaesani.
Chiamato alle armi il 1°settembre 1938, lo troviamo nella Scuola addestramento Allievi Sottoufficiali di Nocera Inferiore.
Esattamente un anno dopo, risulta in forza al Deposito del 12° Reggimento Artiglieria.

Ogni reggimento dell’esercito disponeva di un deposito territoriale in Italia, con il compito di addestrare e mobilitare nuovi soldati, fornire ricambi per il reggimento operativo all’estero e gestire materiali e munizioni.

Antonio Torsiello è arruolato nel 55° Reggimento Artiglieria “Brescia”, il cui deposito di riferimento era il 12° Reggimento Artiglieria situato a Nola Questo deposito inviava i rinforzi verso la Libia, dove il 55°Reggimento era schierato.
Antonio viene imbarcato a Napoli il 1 settembre 1939, una data storica: è il giorno in cui inizia la Seconda guerra mondiale, con l'aggressione di Hitler alla Polonia.
Conosciamo anche il nome del piroscafo diretto in Libia: dalle informazioni sul 55°Reggimento, infatti, questo risulta costituito proprio il 1° settembre 1939 a bordo del piroscafo Liguria.
Il 3 settembre Antonio sbarca a Tripoli
Lo stesso giorno lo troviamo proprio nel 55°Reggimento Artiglieria Brescia.
Sul suo foglio matricolare compare un'annotazione significativa.
Alla data dell'11 giugno 1940 leggiamo infatti: "Tale in territorio dichiarato in stato di guerra". La frase, burocratica, testimonia che l'Italia è appena entrata in guerra (con il famoso discorso del 10 giugno da Palazzo Venezia).
Il Reggimento Brescia viene schierato al confine libico-tunisino.
Nel mese di dicembre è spostato in Cirenaica, per rinforzare la Divisione Sirte, impegnata nei pressi della piazzaforte di Tobruch.
Artiglieri italiani sulla linea del fronte di Tobruch; fonte
Proprio in quest'area, tra la fine del dicembre 1940 e l'inizio del gennaio 1941, gli inglesi sferrano attacchi che porteranno alla cattura di migliaia di soldati italiani, tra i quali anche alcuni valvesi, tra i quali Pierino Vacca, di cui ci siamo già occupati e Donato D'Arcangelo, al quale ha dedicato un post Gozlinus.
Le due successive scarne annotazioni sul foglio matricolare di Antonio Torsiello nascondono il dramma di una lunga prigionia:
Prigioniero nel fatto d'arme di A.S. (Africa Settentrionale) lì 1 gennaio 1941
- Rientrato dalla prigionia e presentatosi al Centro Alloggio San Martino lì 31 maggio 1946 
La cattura
Formuliamo alcune ipotesi sulla cattura di Antonio Torsiello.
Non risulta una battaglia proprio il 1°gennaio 1941, dunque possiamo ipotizzare che la data indicata sul foglio matricolare indichi l'inizio ufficiale della prigionia e non sia quella dell'effettiva cattura. 
Non possiamo escludere comunque che Antonio fosse di stanza in una posizione difensiva costretta ad arrendersi per mancanza di munizioni o rifornimenti.
Ricostruiamo brevemente il contesto delle operazioni.
Dopo la presa di Bardia, gli inglesi attaccano l'altra grande piazzaforte della Cirenaica: Tobruch.
La divisione Brescia, insieme alla Sirte, alla Catanzaro e ad alcuni reparti tedeschi, partecipa alla difesa di Tobruch. Nel gennaio 1941 molti reparti italiani vengono travolti o catturati.

Antonio Torsiello appartiene al 55° Reggimento Artiglieria “Brescia”, reparto che fornisce il supporto di fuoco alla Divisione di fanteria “Brescia”.

Il rientro dalla prigionia
Dopo quasi duemila giorni di prigionia, Antonio Torsiello è ricoverato presso il Centro Alloggio San Marino, a Napoli, che serviva come punto di transito e assistenza per i reduci, offrendo loro supporto logistico e sanitario prima del ritorno definitivo alle loro case.
Dunque, Antonio torna in Italia quando la guerra è finita da oltre un anno.
Il foglio matricolare non riporta le tappe della prigionia (è rimasto sempre in Africa? Non è detto) e soprattutto non dice nulla del dramma, delle esperienze vissute, dei pericoli corsi, dei sacrifici affrontati.
Una storia che non si è persa, perché è stata custodita e raccontata, anno dopo anno, ai numerosi figli e ai nipoti: la memoria è diventata testimonianza e racconto, un filo che unisce passato e presente.

G.V.