100 anni
l’argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri
Amo molto questa immagine: l’argento dei capelli bianchi rifulge tra i sentieri illuminati. Mi fa pensare al passo lento e tranquillo degli anziani, che si muovono nella campagna amica.
Forse hanno fatto un patto con le pietre del campo, come dice la Bibbia.
Lo penso degli anziani che conosco, al mio paese. Quelli che hanno molto o un po’ del mio sangue, parlano la lingua che abbiamo imparato col latte, io dopo di loro ma anche io come loro. Quelli che mi chiedono a chi appartengo.
Appartenere, appartenenza: l’italiano non riesce a rendere pienamente la potenza di queste parole. Non può usare ‘appartenenza’ per descrivere legami familiari o di sangue, ma solo per esprimere l’atto di far parte di un gruppo, di una comunità o di un’organizzazione. Quando gli anziani di Valva chiedono a un giovane ‘A chi appartieni?’, vogliono sottolineare il legame di responsabilità e cura che esiste in famiglia: non si tratta solo di far parte di un gruppo, ma di qualcuno che si prende cura di te perché sei di sua competenza.
Quando l’argento prende il posto dell’oro lucente nei capelli, suscita la malinconia dell’amante.
La divina Alida Valli però cantava:
Ma l’amore no
l’ amore mio non può
dissolversi con l’oro dei capelli.
Fin ch′io vivo sarà vivo in me
Solo per te.
Non a caso, quando la Bibbia vuole augurare una vita lunga e piena, scrive:
Te ne andrai in piena maturità, come un covone raccolto a suo tempo.
Ho avuto la fortuna di incontrare più di dieci persone che hanno attraversato un secolo di tempo.
Questo racconto fotografico è un omaggio a loro, e in particolare a una donna forte e gentile che oggi compie cento anni: la signora Giovanna Cuozzo, per tutti noi zia Giovannina.
Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano non è un alieno. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo. [Papa Francesco]
Questa volta, vorrei essere io ad accompagnare zia Giovannina in questo viaggio nel passato e vorrei ricordare con lei uomini e donne di Valva che hanno raggiunto il suo stesso straordinario traguardo.
Anzi, la carrozza non fa per noi. A noi basta un calessino, come quello con cui don Gerardo veniva a Valva quando corteggiava donna Marietta:
Quando mi vedi mi accogli come se fossi uno importante.
Non lo sono, ma accompagnarti in questo viaggio nel tempo è il minimo che possa fare per ricambiare il tuo affetto.
Andiamo, è tempo di ripercorrere il tempo.
Il 18 ottobre 1925 -forse lo hai scoperto dopo e ancora lo ricordi- è una domenica, giorno di San Luca. Una giornata sementina, come ricorda un proverbio: O molle o asciutto, per San Luca semina tutto.
Bisogna seminare, senza aspettare il tempo perfetto. Non si può più aspettare. Non è neanche Sant Savastan (quest’anno cade di martedì).
Forse tuo padre Antonio ha già finito il lavoro. Tua madre Maria Michela non ha potuto aiutarlo, quest’anno.
Chissà cosa vedono i tuoi occhi quando li apri la prima volta.
Credo zé Rebecca la levatrice, poi la tua mamma e le donne che sono venute ad aiutarla per il parto.
Nel paese in cui sei nata, il marchese ha deciso di ristrutturare il suo palazzo e farne un castello.
L'ultimo marchese, Giuseppe d'Ayala-Valva |
Sul fianco sinistro della facciata principale, ha voluto metterci anche una bella torre, in stile normanno (perché i suoi antenati erano normanni); non è alta come la torre dalla quale si vede il mare, ma è bella. E’ molto bella. Solo pochi anni fa, ancora non c’era.

Via Porta del Niglio.
Un nome che mi ha sempre affascinato. Da bambino ci giocavo con mia sorella, ma non lo ricordo bene.
Tu sei nata in una casa di quel vicolo.
A registrare la tua nascita, al municipio è andato tuo padre; il sindaco era Vincenzo Valletta:
Vorrei chiederti se la mia casa già esisteva, chissà com’era. C’era già l’arco che ricordo da bambino?
Anche lei è stata appena battezzata: l’hanno chiamata Piazza della Rimembranza, con una bella parola antica. Rimembranza significa ricordo, perché la piazza ricorderà a tutti i valvesi, a voi ai vostri figli e ai vostri nipoti, che bisogna ricordare. Ricordare il sacrificio dei giovani morti in guerra, ricordare che non si sono tirati indietro ma sono partiti e non sono più tornati. Alcuni di questi valvesi erano partiti per l’America, si sono arruolati nell’esercito americano e sono tornati in Europa a combattere; cinque di loro sono morti.
Passando per la piazza, vedi il monumento ai caduti.
Oggi vedi una statua con un lenzuolo; lo toglieranno solo tra quaranta giorni, a fine novembre.
Il monumento è pronto: grazie ai soldi raccolti dai valvesi emigrati in America, è stato costruito grande e bello. Per l’inaugurazione vogliono fare le cose in grande. Valva sa organizzare belle giornate di festa, quando si impegna. Ci saranno autorità civili e militari, anche un oratore importante. Il comitato per il monumento sta organizzando gli ultimi dettagli: manderà una macchina alla stazione di Contursi per accogliere il Prefetto di Salerno e accompagnarlo a Valva.
Tu non vai a scuola.
Sono tempi difficili, soprattutto per le bambine. Alcune famiglie scelgono di mandare a scuola solo i maschi.
Molti di questi valvesi hanno la tua età, alcuni sono appena un po’ più grandi. La donna al centro è la signora Fernanda -la maestra del paese- con il braccio suo figlio:
Anche se nella foto non ci sei, li conosci tutti questi valvesi. Nessuno è valvese da più tempo di te e se tu non li ricordi non c’è nessuno che li ricorda più. Fai un piccolo sforzo, zia Giovannina, falli vivere ancora una volta.
Si allontanano sempre di più, ormai sono ombre nella memoria di Valva…