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18 giugno 2023

GELSOMINO, DA CRETA ALLA PRIGIONIA IN GERMANIA

Ci sono storie che non diventano racconto e sofferenze che non lasciano tracce nei documenti; nei documenti, dico, perché nell'animo di chi le ha patite restano per sempre.
Forse si può dire questo del sergente Gelsomino Cuozzo, nato a Valva l'11 febbraio 1916 da Giovanni e Maria Michela Cuozzo.
Sappiamo che è stato internato militare in Germania, ma di lui non conosciamo al momento neppure il campo di prigionia.
Come sempre, con burocratica sintesi, nei documenti del Distretto militare (oggi all'Archivio di Stato) ci sono solo due date, quella in cui è stato fatto prigioniero e quella in cui è stato liberato: 12 settembre 1943 - 8 maggio 1945, ma rientrerà in Italia solo il 17 settembre. 
Quello che è accaduto nel periodo di prigionia lo possiamo immaginare conoscendo esperienze simili, ma la sofferenza individuale -quella irriducibile, che non si scioglie nel comune dolore- è rimasta chiusa nella sua mente.

La carriera militare
Gelsomino Cuozzo sa leggere e scrivere: ha frequentato la terza elementare.
Durante il servizio militare è nei gruppi artiglieri, poi risulta trombettiere, artigliere scelto, caporale.
In congedo illimitato nel 1938, viene richiamato alle armi nel maggio 1940, quando è assegnato al 91.mo Reggimento Artiglieria.
L'Italia entra in guerra il 10 giugno, Gelsomino il 12 è già in zona di operazioni, ma non siamo riusciti a stabilire dove.
Il 17 settembre si imbarca a Bari per l'Albania, sbarca a Durazzo il giorno dopo.
Il 28 ottobre si trova in territorio dichiarato in stato di guerra, fino al maggio 1941. Viste le date, sembra ragionevole ipotizzare che abbia preso parte all'attacco italiano alla Grecia.
Nel novembre 1942 è trasferito alla 268 Batteria artiglieria controaerea a Creta
Creta, 1941: affresco nella reggia di Cnosso; fonte
Sul foglio matricolare troviamo elementi che ci consentono di ricostruirne la carriera militare: caporale in detto e poi sergente in detto con anzianità, trombettiere, servente al pezzo.
Il servente al pezzo è un soldato addetto al funzionamento di un sistema d'arma, addestrato anche a ricoprire un altro incarico in sostituzione di un posto scoperto. 
Nell'autunno del 1943 Gelsomino risulta ricoverato nell' ospedale da campo della 35 sezione Sanità. Per malattia riconosciuta viene dispensato da compiti di servizio: è il giorno di Natale del 1942.
Il 7 aprile 1943 viene dimesso dal luogo di cura e torna al suo corpo di appartenenza.

Uno dei pochi a dire no ai tedeschi
Gelsomino Cuozzo viene fatto prigioniero dai tedeschi il 12 settembre 1943, quando a Creta si verifica la stessa situazione di altri luoghi in cui italiani e tedeschi si trovano insieme: accettare di combattere con i tedeschi oppure diventarne prigionieri.
Dal sito www.ilpostalista.it troviamo queste interessanti informazioni:
[I soldati italiani a Creta erano 21.700]. Di questi, circa 20mila vennero disarmati e si dichiararono disposti a continuare a combattere con i tedeschi. Gli altri vennero considerati fuggiaschi. Per uno stano fenomeno, ma non si deve dimenticare che le forze armate a Creta dipendevano direttamente dai tedeschi, la quasi totalità dei militari italiani si accordarono con i tedeschi [...]. I militari che non aderirono si stimano non arrivassero a duemila unità. Nel dicembre 1943 i militari internati presenti nell'isola erano circa mille.

Nello stesso sito troviamo questa tabella, relativo allo sgombero dei militari italiani da Creta dopo l'8 settembre 1943.

Gelsomino Cuozzo è stato verosimilmente uno dei primi ad essere portato via dall'isola.

Liberato l'8 maggio 1945, rientra in Italia il 17 settembre 1945.

Creta, 1941: rovine della reggia di Cnosso; fonte

Approfondimento: gli italiani a Creta
Patrizia Larese, nel suo saggio Accadde a Creta. 1941-1945 scrive che nella provincia di Lassithi erano presenti dai 15 ai 22 mila italiani: una percentuale molto alta, se si considera che la popolazione era di circa 70 mila abitanti.  Dopo un primo periodo in cui i cretesi mostrarono ostilità verso gli italiani, considerati invasori, la situazione migliorò e si giunse a un clima di relativa pacifica coesistenza. Da alcune testimonianze risulta che i soldati italiani chiedessero ai cretesi cibo per integrare le loro scarse razioni: si presentavano alle case dei contadini e mostravano foto delle mamme o delle fidanzate per chiedere cibo.

Blog

Per contestualizzare le vicende che riguardano Gelsomino Cuozzo, può essere utile leggere questi post:
Il giorno dopo nel Dodecaneso italiano👉
Il giorno in cui nacquero gli IMI 👉

G.V.

28 marzo 2023

FILIBERTO, CARABINIERE E PARTIGIANO

Dalle curve della memoria digitale riemerge il nome di un secondo partigiano nato a Valva.

Di lui non si conserva memoria orale o fotografica in paese, ma forse la più vera e feconda memoria di un partigiano è nella Costituzione che ne onora il sacrificio e nella democrazia che ne rappresenta il frutto.  

Filiberto Martinelli, di Benedetto e di Maria Petricone, nasce a Valva il 2 dicembre 1919, tre anni dopo il fratello Flavio.

I genitori non sono di Valva: il padre è maresciallo dei carabinieri, la madre risulta "nobildonna". 

Il bambino aveva tre nomi: Filiberto Ettore Michele.
Si noti la firma dell'Ufficiale dello Stato Civile che ne annota la morte: 
Donato Vacca, al quale abbiamo dedicato alcuni post.

Carabiniere come il padre

Possiamo ricostruire la carriera militare e partigiana di Filiberto.

Dall'11 marzo 1939 risulta militare volontario ordinario nei Carabinieri; il 27 agosto risulta nella Legione di Roma.

Dopo l'8 settembre 1943, la Compagnia Allievi Carabinieri della Legione di Roma è protagonista di eroici combattimenti per contrastare l'occupazione nazista di Roma. Non siamo ancora in grado di stabilire se Filiberto abbia partecipato a questi combattimenti.

L'attività partigiana

Dal 1° ottobre 1943 al 12 giugno 1944 Filiberto milita nella formazione partigiana «Giulio Porzio», nel Cicolano (provincia di Rieti), con il grado di vicecomandante; la banda assume il nome di un suo componente caduto nel maggio 1944.

E' probabile che dopo la guerra Filiberto si sia trasferito a Rieti, visto che nei documenti compare un comune della provincia, Borgocollefegato.


Filiberto Martinelli muore a Roma l'8 febbraio 1972; risulta coniugato con la signora Antonietta Granada.

I documenti relativi all'attività partigiana sono tratti dallo Schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza, consultabile previa registrazione gratuita al sito www.partigianiditalia.cultura.gov.it.

Il blog "la ràdica" ha raccontato la storia del "partigiano" per antonomasia di Valva, il signor Michele Cecere, nel post👉Il partigiano di Valva.

Cercheremo di trovare ulteriori notizie su questo altro valvese partigiano: a volte, per essere uomini che rendono orgoglioso il comune di nascita, non è necessario restarci a lungo. Basta lottare per la libertà, ad esempio.

G.V.




27 marzo 2023

IL SOLDATO CHE EVASE DALLA PRIGIONIA

Nel post Le tre guerre di Donato Vacca abbiamo già presentato le vicende del soldato valvese volontario nella Guerra civile spagnola.

fonte

Ora ci occupiamo degli anni 1941-1946.

In Africa

L'11 gennaio 1941 Donato Vacca si imbarca da Napoli per l'Africa Settentrionale; sbarca a Tripoli il 14.

Viene fatto prigioniero durante la battaglia di Agedabia, una località che costituiva il principale nodo stradale che collegava Tripoli a Bengasi. 

Nel dicembre 1941 le forze britanniche avevano costretto l'Afrika Korps del generale tedesco Rommel a ritirarsi da questo territorio; il 2 aprile 1942 gli inglesi perdono di nuovo la città, ma la riconquisteranno definitivamente il 23 novembre 1942.

Il 2 aprile Donato evade dalla prigionia e si presenta al presidio di Barce, città della Libia (oggi Al Marj).

Il 18 aprile è inviato al centro raccolta reduci della prigionia di guerra a Bengasi; viene assegnato all'VIII Battaglione Carri del 132.mo Reggimento Fanteria Carristi.

1942-1943

Nel settembre ottiene una licenza premio di 15 giorni, nel dicembre lo troviamo nel 1 Reggimento Carristi, a maggio 1943 ha una licenza coloniale di 45 giorni, rientra il 13 luglio.

La guerra in Africa è di fatto conclusa nel maggio 1943, con la vittoria degli Alleati.

A fine agosto 1943 lo troviamo nel 1 Reggimento Carristi di Vercelli.

L’ 8 settembre 1943 viene annunciato l’armistizio con  le forze Alleate, il 9 Donato Vacca risulta sbandato; si sottrae alla cattura in territorio occupato dai nazi-fascisti; si ricongiunge al comando italiano.

Rientra in famiglia il 12 ottobre, da considerarsi in licenza ordinaria.

Una bella foto della famiglia Vacca nella prima metà degli anni Cinquanta; fonte

Gli ultimi anni

Non è semplice ricostruire gli avvenimenti dei mesi successivi: il foglio suo matricolare, generalmente ricco di informazioni, diventa meno preciso sugli eventi di questo periodo.

Di certo, Donato Vacca rientra alle armi; dall’11 dicembre 1944 all’8 maggio 1945 (fine della guerra in Europa) fa parte del comando italiano 212, Primo Deposito Materiale Sanitario.

Finita la guerra, dopo altri incarichi risulta ricoverato per oltre un mese nell’ospedale militare di Firenze, per poi essere dimesso e inviato in licenza di convalescenza di venti giorni.

Il 17 gennaio 1946 Donato si presenta all’ospedale militare di Napoli per la visita di controllo e viene dichiarato idoneo; il giorno dopo giunge al distretto militare di Salerno e inviato in congedo. 

Il 19 gennaio 1946, è inviato in congedo illimitato.

Si conclude così la sua carriera militare, iniziata nel lontano ottobre 1932 come volontario con la ferma di due anni, nel 30.mo Reggimento Fanteria.

Nel 1936 si era arruolato volontario per l’Africa Orientale Italiana con ferma indeterminata e destinato da Deposito 88.mo Fanteria di Livorno, a fine dicembre era nel deposito 22.mo Fanteria in Pisa, poi l’arruolamento volontario per la Guerra di Spagna, di cui abbiamo parlato nel post Le tre guerre di Donato Vacca.


Un sentito grazie al figlio Antonio per la gentile collaborazione.

G.V.


01 ottobre 2022

OTTO VALVESI PRIGIONIERI

Dopo l'8 settembre diversi valvesi vengono fatti prigionieri dai tedeschi in Jugoslavia, Albania, Grecia, Dodecaneso. 
Di sei prigionieri valvesi non siamo però in grado di indicare il luogo di cattura né, in quasi tutti i casi, il fronte di guerra.

Mastrolia Carmine, classe 1923, fante
Carmine Mastrolia risulta prigioniero dall'8 settembre.
E' giunto alle armi nel gennaio 1943, assegnato al 67.mo Reggimento Fanteria in Como. Il suo reggimento nel settembre 1943 risulta in Puglia; a fine settembre, sarà la prima grande unità militare del nuovo Esercito Cobelligerante Italiano, che combatterà accanto alle forze alleate. 
Non siamo ancora in grado di dire dove sia stato catturato il fante valvese.

Mastrolia Onofrio, classe 1923, fante
Nemmeno di un altro fante valvese, Onofrio Mastrolia, siamo in grado di indicare con precisione il luogo di cattura. 
Sappiamo che anche lui è giunto alle armi nel gennaio 1943, assegnato al 49.mo Reggimento Fanteria in Ascoli Piceno. 
Nel settembre 1943 il reggimento risulta impegnato in Albania. Di Onofrio Mastrolia l'Archivio Arolsen conserva un documento significativo: la scheda compilata dagli Alleati il 9 luglio 1945. Egli sarà rimpatriato l'8 settembre 1945, esattamente due anni dopo la cattura. 
Negli anni successivi, emigrerà in Francia.

Spiotta Sabino, classe 1920 
Risulta prigioniero dei tedeschi il 12 settembre 1943 e rimpatriato il 4 agosto 1945. E' assegnato al reparto distrettuale Savona. In un documento degli Archivi Arolsen risulta presente in Germania dal 1 gennaio al 7 aprile 1945: è probabilmente un elenco di internati che lavorano in un'azienda in Bassa Sassonia; nel foglio che alleghiamo, si nota la nazionalità degli altri prigionieri: polacchi, ucraini, olandesi.

Si notino due refusi: Solino al posto di Spiotta e Valoa al posto di Valva

Torsiello Pietro, classe 1920, fante
Quando il 22 aprile 1939 è dichiarato abile e arruolato, Pietro Torsiello rinuncia al beneficio del congedo anticipato; è chiamato alle armi nel febbraio 1940, assegnato all'85.mo Reggimento Fanteria. 
A questo punto, la sua storia diventa difficile da ricostruire.
Il prezioso sito www.regioesercito.it informa che il reggimento è impegnato in Africa; viene sciolto nel 1941 a causa delle gravi perdite subite; nei mesi successivi, con i superstiti anche di altri reggimenti viene costituito il Reggimento di Fanteria "Sabratha", sciolto poi nell'estate 1942 nella zona di El Alamein. Il personale e il materiale superstiti vengono trasferiti al 61.mo Reggimento Fanteria della Divisione "Trento", che a sua volta sarà sciolto per eventi bellici il 25 novembre 1942. 
Seguendo le vicende del reggimento al quale è stato assegnato, dobbiamo ipotizzare che Pietro Torsiello sia stato in Africa, ma il documento custodito negli Archivi Arolsen  che pubblichiamo ne testimonia sicuramente la presenza in Germania come internato militare italiano. 
Il documento è un elenco, redatto a Monaco nel 1946; Pietro Torsiello risulta in Germania dal settembre 1944 all'aprile 1945.

Falcone Giuseppe, classe 1915, fante
Il soldato Giuseppe Falcone risulta assegnato al 90.mo Reggimento Fanteria Salerno. Il reggimento risulta in Russia; dopo il rimpatrio, viene sciolto dopo l'8 settembre, mentre è ancora in fase di riordinamento in Lombardia. Al comune di Valva risulta fatto prigioniero di guerra il12 settembre, mentre nella sua scheda nell'Archivio IMI la data di cattura risulta il 25 settembre.
Un documento custodito negli Archivi Arolsen riporta il nome  della località presso la quale egli lavorava. Non siamo ancora in grado di indicare il luogo e le circostanze della cattura. 

Nelle convulse vicende del "giorno dopo", cioè a partire dall'indomani dell'annuncio dell'armistizio, altri soldati valvesi vengono fatti prigionieri dai tedeschi, in zone sicuramente diverse dai Balcani. Di questi soldati, conosciamo il fronte in cui sono stati catturati e, in due casi, anche il luogo preciso: in Italia, evidentemente prima della nascita della Repubblica di Salò (che avverrà il 23 settembre 1943).

Strollo Domenico, classe 1921
Risulta catturato sul fronte francese il 9 settembre.
Non conosciamo il luogo preciso. Di lui conosciamo il campo di internamento, lo Stalag VI D, a Dortmund. 

Strollo Giuliano, classe 1921, fante
Assegnato al 4 Reggimento Fanteria Carrista, è catturato il 10 settembre a Vercelli

Perna Michele, classe 1923, fante
Risulta catturato a Trieste. Il suo reggimento, il 24.mo Fanteria, è in territorio jugoslavo, con compiti di presidio e controguerriglia. 

Falcone Giuseppe è il numero 284; Kr.Gef. significa "prigioniero di guerra"


🎧 Podcast

Nei seguenti episodi del podcast "Il giorno dopo" ci sono altre informazioni sui valvesi prigionieri o caduti nella Seconda guerra mondiale.


Blog


Questi i post più recenti dedicati agli altri prigionieri valvesi:


G.V.

30 settembre 2022

IL GIORNO DOPO NEL DODECANESO ITALIANO

In occasione della pubblicazione del decimo episodio del podcast "Il giorno dopo", dedichiamo un approfondimento all'isola di Rodi.
L'episodio "La prima Resistenza" è particolarmente ricco di informazioni ed è pertanto diviso in tre parti: ci occupiamo dei primi italiani che si oppongono ai tedeschi e cadono sul campo o sono  fatti prigionieri, su un fronte che va dai Balcani all'Egeo.
Nella terza parte dell'episodio analizziamo le conseguenze dell'8 settembre sui soldati italiani in Grecia, nel Dodecaneso italiano e in altre isole.

L'Italia a Rodi e nel Dodecaneso
I soldati italiani sono impiegati nel controllo delle isole del Dodecaneso, nell'Egeo. Queste isole sono state conquistate durante la Guerra italo-turca (1911-1912), trasformate in colonia e poi in possedimento d'oltremare, nel 1926.

Così, nel 1936, l'Enciclopedia Treccani presentava la popolazione di Rodi:

La popolazione è formata da quattro elementi diversi per lingua e per religione, per quanto tutti gli abitanti siano cittadini italiani. Gl'indigeni, però, sono privi di diritti politici ma non hanno obblighi di servizio militare. Gl'Italiani d'origine sono quasi tutti cattolici, di rito latino.  [...]

La grande maggioranza della popolazione si dedica ad attività particolari. Gli ortodossi sono dediti per lo più al commercio e alla pesca, in campagna all'agricoltura e alla pastorizia. I musulmani all'artigianato e all'agricoltura, gl'israeliti esclusivamente al commercio e alle banche. L'elemento cattolico, ossia italiano, è rappresentato, oltre che da funzionari, da contadini, da operai specializzati, da commercianti, industriali, imprenditori.

Dopo l'8 settembre
L'8 settembre 1943, il comandante delle truppe italiane in Grecia, il generale Vecchiarelli, proclama che gli italiani non rivolgeranno le armi contro tedeschi, ma reagiranno ad ogni violenza armata. 
Pressato dai tedeschi, il 9 settembre invita a cedere loro le armi. Tra i soldati c'è disorientamento. Vecchiarelli crede alle parole dei tedeschi, che promettono di riportare le truppe in Italia; accetta il disarmo, anche se gli italiani sono più numerosi dei tedeschi.
I comandanti in Grecia in maggioranza obbediscono, ma quelli delle isole no; sulle isole gli italiani sono di più e sanno che esse sono importanti per gli anglo-americani. 
Rodi ha una grande importanza strategica per il controllo dell'Egeo, ma gli Alleati non la occupano dopo l'armistizio (anche perché sono impegnati a sbarcare a Salerno). 

La caduta di Rodi
L'isola è occupata quasi subito, nonostante la superiorità delle truppe italiane. 
Anche a Rodi c'è una resistenza, con perdite tra gli italiani. 
Uno dei dispersi in battaglia è il valvese Enrico Fusella
Nato nel 1923, chiamato alle armi nel febbraio 1942, Enrico Fusella è assegnato alla Nona Compagnia sussistenza di Bari. 
Alla stessa compagnia è assegnato Amodio Cuozzo, che sempre a Rodi sarà fatto prigioniero il 25 settembre. 
Abbiamo raccontato la sua storia nel post Un uomo mite dal nome insolito.

Il diario di un valvese
Un soldato nato a Valva, Giovanni Milanese, ci ha lasciato un diario della sua prigionia da internato militare italiano, prima nella Polonia occupata dai nazisti e poi in Germania. 
Il suo "Frammenti di storia" [Palladio, 1997] ci aiuta a ricostruire le vicende di cui ci stiamo occupando ed è una testimonianza preziosissima per ricostruire le condizioni di prigionia degli internati militari italiani.
Anche lui viene catturato a Rodi. 
Ecco come racconta i giorni dopo l'8 settembre. 


    8 settembre 1943

Alle ore 20.30, a quota 99 di Ofanto, so dell'armistizio con le potenze alleate.

    9 settembre 1943 

[...] Bisogna lasciar passare i tedeschi, purché non abbiano intenzioni ostili [...]

    11 settembre 1943

[...] Alle 17 i tedeschi entrano in Rodi, facilitati dall'inerzia e fare ambiguo di molti ufficiali superiori e dall'aiuto dato da un battaglione di camicie nere esistenti sul territorio.

Alle 19 ci vien dato l'ordine di cedere le armi e di arrenderci. Grande costernazione!

Il capitano di fanteria Romeri [...] va dal colonnello Manna per pregarlo di prendere qualche iniziativa ma il colonnello Manna risponde che si è combattuto fino allora coi tedeschi e bisogna continuare a combattere a loro fianco.

    12 settembre 1943
Si attendono ordini.

    13 settembre 1943
Si attendono ordini.

    15 settembre 1943
Ci ritiriamo a Calitea [frazione di Rodi].



La caduta di Coo
A Coo e in altre isole gli inglesi riescono a far sbarcare piccoli contingenti, ma non si riesce a evitare l'occupazione tedesca. Coo viene occupata il 4 ottobre: 600 inglesi e 2500 italiani sono fatti prigionieri. 
Tra i prigionieri condotti nei campi di internamento in Germania c'è il nostro Settimo Fasano, catturato il 4 ottobre. Suo fratello Ottavo è già morto nell'Africa Settentrionale italiano, da quasi tre anni. Abbiamo raccontato la loro storia nel post Settimo ha un fratello di nome Ottavo, ma non è una fiaba.
Uno storico inglese ha scritto:

Gli italiani fiduciosi che si erano uniti agli inglesi dopo abbondanti promesse di aiuti britannici, si trovarono abbandonati da tutti [...] Agli occhi degli inglesi non erano importanti; agli occhi dei tedeschi non erano altro che traditori dell'Asse.

[P.C. Smith e E. Walker, War in the Aegean, London, 1974; citato in: Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando, Il Mulino]


Per le foto del Sacrario italiano a Rodi ringraziamo il signor Michele Tammaro per la gentilissima collaborazione.

🔍Approfondimenti

Per la ricostruzione storica, fondamentale il seguente testo:

- Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando -8 settembre 1943, il Mulino, 2003

🎧 Podcast



G.V.

21 settembre 2022

L'8 SETTEMBRE AL DI LA' DELL'ADRIATICO

Le conseguenze dell'armistizio reso pubblico l'8 settembre 1943 sono particolarmente drammatiche per i soldati italiani di stanza nei Balcani e nell'Egeo. 

In questo post analizzeremo in particolare la situazione in Albania.

L'Italia nei Balcani

Con la guerra italo-turca, l’Italia ha occupato le isole del Dodecaneso e l’Epiro settentrionale, un territorio tra Albania e Grecia, di fronte all’isola di Corfù, isola che viene occupata nel 1923.

Nel 1914 l'Italia occupa l'Albania, e dal 1917 al 1920 esercita un protettorato sul piccolo stato balcanico.

Nell’aprile 1939, dopo che Hitler ha occupato la Cecoslovacchia, Mussolini invade l’Albania.

Aprile 1939: l'Italia invade l'Albania

L'illusione della neutralità italiana dopo l'8 settembre

Dopo l'8 settembre 1943, i soldati italiani di stanza nei Balcani e in Grecia devono decidere se consegnarsi ai tedeschi o combatterli.

Si diffonde l'illusione che l'Italia possa rimanere neutrale per evitare ritorsioni tedesche. E' un approccio che condanna le forze italiane, che non prendono iniziative a differenza dei tedeschi.

L'annuncio dell'armistizio coglie di sorpresa i soldati italiani, che non sapevano nulla delle trattative; essi non ricevono un ordine diretto di disarmare i tedeschi, a decidere son i singoli comandanti. 

Alla forze nel Mar Egeo viene ordinato di disarmare i tedeschi solo in caso di "prevedibili atti di forza" da parte di questi ultimi. Nella notte dell'8 settembre, il Comando Supremo dà indicazioni di non fare atti ostili contro i tedeschi; questo determinerà un atteggiamento passivo da parte dei comandi italiani nella regione. L'11 settembre finalmente le direttive sono chiare: bisogna attaccare i tedeschi; è tardi, però: le divisioni italiane in gran parte si sono già arrese. 

Mentre dall'Italia non arrivano ordini, i tedeschi occupano aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, vie di comunicazione; ancora una volta, essi si muovono seguendo un piano ben preciso. Promettono di rimpatriare le truppe italiane in cambio del disarmo, ma poi non manterranno gli impegni presi. 

La situazione in Albania

Tra il 25 luglio e l'8 settembre, le forze tedesche sono state autorizzate a occupare tutti gli aeroporti. Le forze italiane sono inferiore a quelle tedesche. 

Nella foto dell'Istituto Luce, una folla di albanesi a Tirana
ascolta il discorso di entrata in guerra dell'Italia; fonte

La sera dell'8 settembre arriva l'ordine di reagire ai tedeschi per non essere disarmati; non si deve però prendere l'iniziativa di atti ostili contro i tedeschi. L' 11 settembre, il comando italiano è circondato: tutti gli ufficiali sono fatti prigionieri. 

I tedeschi fanno opera di propaganda: distribuiscono manifestini che promettono il ritorno in patria agli italiani. Molti soldati sperano di tornare in Italia.  

Un soldato ingannato due volte

Pensiamo a un soldato di Valva catturato in Albania: Enrico Santovito. 

Sappiamo che è stato catturato l'11 novembre. La sua famiglia ha raccontato un episodio relativo alla sua liberazione: fu ingannato e si trovò su un treno diretto in Unione Sovietica; a Praga si accorse dell'inganno e, dopo un mese trascorso a racimolare il denaro necessario al viaggio di ritorno, partì per l'Italia. Potrebbe essere stato ingannato dai tedeschi in Albania e dai sovietici in Germania.


Bibliografia

Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino

Podcast

Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi


G.V.

20 settembre 2022

IL GIORNO IN CUI NACQUERO GLI IMI

Come già avvenuto dopo il 25 luglio, gli italiani interpretano la firma dell’armistizio come la fine della guerra; subentra però subito la preoccupazione: cosa faranno i tedeschi? Gli angloamericani sbarcheranno ancora?

La risposta arriva subito: i tedeschi occupano le città, applicando un piano già pronto; gli angloamericani sbarcano a Salerno già il 9 settembre.

Quando i tedeschi capiscono che ci sarà uno sbarco nell’Italia del Sud, il comando tedesco dà un ultimatum all’Italia, presentando alcune richieste e minacciando l’immediato disarmo delle truppe italiane. 

La maggioranza dell’esercito italiano viene colta di sorpresa, quello tedesco è invece già preparato.

Le direttive "criminali" sui prigionieri italiani

Il 10 e il 12 settembre vengono emanate dalla Germania alcune direttive che uno storico tedesco in un suo libro sugli internati militari nei campi di concentramento in Germania ha definito “criminali”.

Quale trattamento si deve riservare ai soldati italiani?

Chi aderisce alla proposta di combattere al fianco della Germania, può conservare le armi e viene trattato come un soldato tedesco.

Chi non vuole collaborare, deve essere inviato nei campi di internamento in Germania o in altri paesi alleati, come prigioniero di guerra.

Chi si schiera apertamente al fianco dei partigiani, viene fucilato se è un ufficiale, impiegato come forza lavoro nei territori dell’est Europa se è un semplice soldato.

In questa prima fase nelle direttive tedesche si parla di prigionieri di guerra; soltanto il 20 settembre 1943, su ordine di Hitler, agli italiani catturati viene attribuita la denominazione di internati militari: in questo modo, essi non sono tutelati dalle convenzioni internazionali, anche se è una decisione del tutto arbitraria dal punto di vista del diritto internazionale.

Un appello all'aperto, nel mese di gennaio 1944.
La foto è tratta da: Ho scelto la prigionia, di Vittorio Vialli (il Mulino); fonte

Lo sbando

Tra l'8 il 9 settembre i tedeschi prendono possesso di aeroporti, stazioni ferroviari, centrali dei telefoni e delle poste; cercano di controllare le principali vie di comunicazione; entrano nelle caserme italiane e chiedono il disarmo delle truppe.

In mancanza di ordini precisi da parte del Comando italiano, molti generali e ufficiali fuggono; diversi soldati vengono consegnati nelle caserme, dopo sono poi catturati dai tedeschi, In altri casi, sono invitati a "sbandarsi" e a tornare a casa.

Il "colpo grosso"

Il disarmo degli italiani viene definito a Berlino "il colpo grosso": l'ultima vittoria militare tedesca prima della fine della guerra, scrive lo storico Nicola Labanca.

Su un milione di soldati italiani, solo qualche decina di migliaia sceglie la strada dell'adesione alla Wehrmacht o addirittura alle SS: una via che sembra garantire il ritorno in Italia.

Come scrive lo stesso Labanca,

dalla Francia, dai Balcani, dall'Italia, lunghi treni, spesso piombati, portarono in poche settimane centinaia di migliaia di militari nei vasti territori del Reich, dai confini con la Francia alla Polonia. Chiusi a decine in vagoni senza servizi, senza o con poco cibo, senza indicazioni sul logo di destinazione, non di rado ingannati (a molti in servizio nei Balcani era stato detto che sarebbero stati portati in Italia), sottoposti a violenze e perfino uccisi alla minima resistenza, il viaggio dal luogo di cattura a quello di prima detenzione [...] fu sempre ricordato dai soldati italiani internati come un incubo, come il precipitare in un abisso senza speranza.

fonte

Bibliografia

Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino

Nicola Labanca, Prigionieri, internati, resistenti- Memorie dell' "altra Resistenza", Editori Laterza


Podcast

Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi


G.V.

09 settembre 2022

IL GIORNO DOPO

Nei giorni 8 e 9 settembre il nostro blog ha pubblicato due numeri del podcast IL GIORNO DOPO, dedicato proprio alle vicende dei soldati valvesi in quei giorni.

Gli episodi hanno dei titoli a nostro avviso significativi:

- L'ORA GRAVE DELLA NOSTRA STORIA

- LO SBANDO

In questo post proviamo a fare una sintesi dei due episodi e a mettere in evidenza alcuni punti che riguardano i soldati valvesi.

L'annuncio dell'armistizio

Alle 19.42 dell'8 settembre 1943, il Capo del Governo italiano, il Maresciallo Pietro Badoglio, pronuncia questo drammatico comunicato:


La riscoperta dolente della patria

Dall'episodio LO SBANDO riportiamo queste parole di Natalia Ginsburg:

“Le strade e le piazze delle città, teatro un tempo della nostra noia di adolescenti e oggetto del nostro altezzoso disprezzo, diventarono i luoghi che era necessario difendere. Le parole «patria» e «Italia», che ci avevano tanto nauseato fra le pareti della scuola perché sempre accompagnate dall'aggettivo «fascista», perché gonfie di vuoto, ci apparvero d'un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta. D'un tratto alle nostre orecchie risultarono vere. Eravamo là per difendere la patria e la patria erano quelle strade e quelle piazze, i nostri cari e la nostra infanzia, e tutta la gente che passava.

La morte della patria?
Dello stesso episodio, segnaliamo questa scena di un celebre film dedicato all'8 settembre 1943:
Tutti a casa, di Luigi Comencini, 1960

Vicende dei valvesi

Dopo l’8 settembre iniziano alcune settimane di assenza di autorità e di ordini chiari: i soldati italiani si trovano così costretti a scegliere se combattere al fianco dei tedeschi o no.

I soldati più a rischio sono quelli dislocati nei Balcani (in particolare sul fronte greco-albanese), e nelle isole del Dodecaneso.

Lo dimostrano le vicende dei soldati valvesi: tre di loro cadono a Rodi, Cefalonia e Corfù proprio all’indomani dell’8 settembre, nei giorni dello scontro con l’esercito tedesco; altri sono fatti prigionieri dai tedeschi in Croazia, Albania, Grecia e nelle isole dell’Egeo che costituivano il possedimento italiano.

Ecco i loro nomi:

Alfonso Feniello, 32 anni

Giuseppe Macchia, 32 anni

Enrico Fusella, 21 anni

A loro nei mesi scorsi abbiamo dedicato il post La prima resistenza.

In questa prima fase dello scontro tra italiani e tedeschi, un soldato valvese viene fatto prigioniero a Vercelli, il 10 settembre: è Giuliano Strollo, di Erberto, classe 1921.

Un altro valvese sarà fatto prigioniero a Trieste, ma qualche giorno più tardi, il 14: Michele Perna di Martire, classe 1923: aveva da poco compiuto vent’anni.

Michele Cecere l'’8 settembre lascia la Francia, il 9 è già in Piemonte, ospitato da una famiglia borghese a Pianfei, in provincia di Cuneo, come riporta il suo foglio matricolare. Resterà in Piemonte e dal luglio 1944 al giugno 1945 prenderà parte alla lotta partigiana.

A Michele Cecere abbiamo dedicato il post Il partigiano di Valva.

Il ritorno degli "sbandati"

Dopo l'annuncio dell'armistizio, i soldati dislocati in Italia si tolgono la divisa e scappano, per raggiungere casa; spesso sono aiutati da civili, che offrono loro abiti per la fuga.

Sarebbe interessante ricostruire le tappe del ritorno a casa dei soldati valvesi dopo l'8 settembre.

Confondiamo nella memoria orale: i racconti dei nostri soldati sono stati affidati ai figli e poi ai nipoti. Riportarli alla luce potrà essere utile a ricostruire un momento importante della nostra storia nazionale e locale. 

G.V.


16 luglio 2022

MA L'AMORE NO

Terzo episodio del podcast IL GIORNO DOPO, dedicato alle conseguenze dell'8 settembre 1943, dal punto di vista dei soldati valvesi.

Con questo episodio inizia un percorso di approfondimento dedicato alle canzoni degli anni Trenta-Quaranta; il primo argomento è la canzone d'amore.

Ascoltare le canzoni che i nostri soldati hanno cantato, magari mentre erano prigionieri, è un modo per ricostruire il loro mondo e per conoscerli un po' più da vicino.



Il podcast è disponibile sulle seguenti piattaforme:

Podomatic

Spotify

G.V.


25 aprile 2022

IL PARTIGIANO DI VALVA

Ci sono storie che non diventano racconto.

A volte questo accade per pudore o  per evitare di rievocare fantasmi che hanno tormentato notti insonni; accade per il timore di non essere creduti o magari perché ci sono persone destinate a guardare sempre avanti.

Michele Cecere non amava parlare del suo passato, eppure egli è sempre stato, a Valva, "il partigiano".

Forse è giunto il momento che la sua storia venga raccontata.

Il soprannome

Non tutti i soprannomi nascono per celia, per ricordare situazioni buffe o caratteristiche originali; alcuni sono impressi nella carne come ferite della giovinezza che restano per sempre.

Il senso pratico che fa nascere e mantiene vivi i soprannomi ha subito esteso "lu partigian" alla famiglia Cecere, ma senza particolari connotazioni storiche o politiche; è probabile che oggi in paese molti non sappiano che nel passato di zio Michele c'è davvero la lotta partigiana.

Combattente per la libertà

Ecco il suo Brevetto di Partigiano, rilasciatogli dal Corpo volontari della libertà:


Il documento presenta sei firme molto prestigiose, come dimostra la seguente -celebre- foto:

Il comando generale del Corpo volontari della libertà sfila nella Milano liberata. 
In prima fila ci sono, da sinistra: Mario Argenton, Giovan Battista Stucchi, Ferruccio Parri (poi Presidente del Consiglio), Raffaele Cadorna, Luigi Longo (poi segretario del PCI), Enrico Mattei (poi presidente ENI). 
Tutte queste persone hanno firmato il Brevetto di partigiano rilasciato a Michele Cecere.

La guerra del bersagliere Cecere
Come leggiamo nel suo foglio matricolare, Michele Cecere  partecipa a operazioni di guerra alla frontiera alpina occidentale dall'11 giugno 1940 (praticamente nei primissimi giorni di guerra) al 29 giugno 1940. È poi in azione alla frontiera greco-albanese dal  novembre 1940 al febbraio 1941, quando si ammala di pleurite.
Nel settembre 1941 rientra nel I Reggimento Bersaglieri a Napoli, l'anno successivo è in Francia.
"Naso greco, colorito bruno, dentatura sana"
si legge nei "Dati e contrassegni personali" di Michele Cecere 

Dopo l'8 settembre 1943, riesce a sottrarsi alla cattura e a ricongiungersi con un comando italiano; si rifugia "presso una famiglia borghese" a Pianfei, in provincia di Cuneo.

La lotta partigiana
Michele Cecere entra nella brigata partigiana Val Corsaglia-Val Ellero, in provincia di Cuneo.
Vi milita dal 7 luglio 1944 al 7 giugno 1945.
  
Michele Cecere, di Giacomo, nato il 5 maggio 1920 e deceduto nel 1993

Quali esperienze ha vissuto il partigiano Michele nei suoi undici mesi sulle colline piemontesi?
In un'epoca in cui, come scrive Fenoglio, i ragazzi come lui erano chiamati più a morire che a vivere, quali speranze guidavano le sue scelte, quali paure agitavano i suoi pensieri? 
Forse non lo sapremo mai, almeno non completamente.
Possa questo post essere un primo passo verso il recupero della memoria di un partigiano che non ha avuto paura di mettere a rischio la sua giovinezza per lottare per ciò in cui credeva.
Sarebbe bello rintracciare i discendenti della famiglia che ha ospitato Michele in fuga dalla Francia dopo l'8 settembre '43 e far incontrare in qualche modo due piccoli paesi che, pur essendo tanto lontani, hanno storie in comune che si sono intrecciate nella guerra e poi nell'emigrazione.


Un grazie riconoscente alla famiglia Cecere per la preziosissima collaborazione.


G.V.