30 novembre 2025

IL CUORE DI VALVA

Un video dedicato ai cento anni del Monumento ai Caduti di Valva, inaugurato il 29 novembre 1925.

Lo trovate nel canale You Tube @laradica_radicivalvesi

Basta cliccare qui:👉Il cuore di Valva

Alberto trova la formula: “E’ la guerra che ci ha reso inetti a tutto”. Ha ragione: non siamo più giovani, non aspiriamo più a prendere il mondo d’assalto. Siamo dei profughi, fuggiamo noi stessi, la nostra vita. Avevamo diciott’anni, e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretto a spararle contro. La prima granata ci ha colpiti al cuore; esclusi ormai dall’attività, dal lavoro, dal progresso, non crediamo più a nulla. Crediamo alla guerra. 

A nessuno la terra è amica quanto al fante. Quando egli vi si aggrappa, lungamente, violentemente; quando col volto e con le membra  in lei si affonda nell’angoscia mortale del fuoco, allora essa è il suo unico amico, gli è fratello, gli è madre; nel silenzio di lei egli soffoca il suo terrore e i suoi gridi, nel suo rifugio protettore essa lo accoglie, poi lo lascia andare, perché viva e corra per altri dieci secondi, e poi lo abbraccia di nuovo, e spesso per sempre. Terra, terra, terra. 

Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale

L'attesa: la statua è ancora coperta

Il 30 novembre 1925, il Sottoprefetto di Campagna scrive al Prefetto di Salerno:

Ieri come è noto alla S.V. ILL.MA ha avuto luogo a Valva in forma solenne l’inaugurazione del Monumento ai caduti. Nonostante il tempo pessimo vi è stato un larghissimo concorso di popolo.
Il mattino alle ore 9 è arrivato S.E l’arcivescovo di Campagna col suo seguito.
Subito dopo ha avuto luogo nella chiesa parrocchiale una funzione funebre in memoria dei caduti [...]
Poscia è stato inaugurato il monumento alla presenza di autorità religiose, civili e militari, ha parlato Sua Ecc. l’arcivescovo che ha avuto parole di calda ammirazione per il governo nazionale e ha ricordato anche il dovere che incombe a tutti di rispondere all’appello del presidente del consiglio per la battaglia del grano e per il dollaro alla patria (sic!) e poscia la medaglia d’oro Baruzzi, il presidente del comitato arciprete Prof. Spiotta, il sindaco e l’avvocato Vestuti a nome dei combattenti e dei mutilati. Da ultimo ha pronunziato la sua orazione commemorativa padre Semeria, accolto da vivi applausi.
Dopo l’inaugurazione si è svolto un lungo corteo seguito da immensa folla e sono deposte corone sulle lapidi che ricordano i cittadini caduti a Dogali, a Adua ed in Libia.
Nella sede del fascio ha quindi avuto luogo un banchetto cui hanno partecipao tutte le autorità convenute
[...] Organizzatore della manifestazione è stato il signor Ercole Pomes, amministratore della casa d’Ayala che ha riunito nel partito fascista tutti i migliori uomini del luogo compresi quelli che per ragioni locali e personali erano rimasti estranei all’attuale situazione. 
La casa d’Ayala ha concorso largamente nelle spese per la costruzione del monumento e per l’inaugurazione ed ha offerto la piazza su cui il monumento è sorto. 

La cerimonia

Il monumento nelle cartoline.

Il monumento per le  esercitazioni paramilitari del sabato fascista.
Nel luogo del ricordo dei Caduti per la patria, ci si prepara alla guerra futura.

Il monumento come  luogo della vita, dove ci si mette in posa per una bella foto.
Luogo della gioventù, della bellezza.

Ma è soprattutto luogo  della rimembranza, dell’attesa e del congedo, come nel caso dell’arrivo a Valva delle spoglie del soldato Michele Macchia, morto in Grecia a vent’anni.

Il monumento come altare civile, dove ogni anno viene officiato il rito del 4 Novembre.


 


E poi, il monumento nel cuore di Valva, come luogo delle manifestazioni e della rituale foto di classe di generazioni di 
studenti.



Al centesimo anniversario dell'inaugurazione del Monumento ai Caduti, il blog "la ràdica" sta dedicando alcune iniziative.
Ad esempio, un racconto storico a puntate.
Il primo episodio si intitola Dolce e bello morire per la patria ed è dedicato a padre Semeria, oratore ufficiale della cerimonia. Lo trovate qui: 👉Dolce e bello morire per la patria.

Le foto sono tratte dal blog "Gozlinus" e da Valva Foto Storiche i Valentino Cuozzo. Nel video sono presenti altre foto, tratte dal nostro blog e da una pubblicazione di Ubaldo Falcone.
G.V.

29 novembre 2025

DOLCE E BELLO MORIRE PER LA PATRIA - 1. UN ORATORE A VALVA

Il giorno del Monumento 
episodio 1
A Valva sono giorni di fermento.
Domenica 29 novembre si avvicina, la statua è ormai pronta anche se ancora coperta da un lenzuolo bianco.
Qualcuno, però, è già deluso. Il sindaco Valletta, per esempio.
Stamattina ha ricevuto il telegramma del Prefetto: ringrazia per il cortese invito, certo, ma annuncia che non potrà intervenire “per motivi di salute”. In compenso, ha autorizzato l’arrivo di una fanfara reggimentale.
«Sarà comunque una bella cerimonia -pensa il sindaco- ne abbiamo tutti bisogno».
Ne ha bisogno soprattutto lui. Vive un periodo molto difficile. E’ dal 1923 che il contrasto con la sezione valvese del Fascio è diventato un caso politico a livello provinciale. In paese c’è tensione, nemmeno la realizzazione del monumento è riuscita a pacificare del tutto Valva.
Don Antonio Cappetta, invece, è emozionato.
Pensa all’arrivo dell’ospite d’onore, al momento in cui gli stringerà la mano, alle parole che vorrebbe dirgli. E nel frattempo, mentre tutta Valva si prepara al grande giorno, lui ripassa nella mente ciò che dirà all’oratore.

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L’oratore ufficiale

L’oratore ufficiale, infatti, non mancherà. Il Comitato organizzatore è orgoglioso di essersi garantito la presenza di Giovanni Semeria, illustre conferenziere e scrittore, ex cappellano militare al Comando Supremo durante la Prima guerra mondiale.
Chiamato dal Generale Cadorna nel giugno 1915, Semeria ha abbandonato le sue precedenti posizioni pacifiste e ha collaborato attivamente alla macchina bellica.

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Ritratto di padre Giovanni Semeria; fonte

Svolge un’intensa attività oratoria, promuovendo tra i soldati le ragioni patriottico-religiose della guerra. È un vulcano di iniziative: organizza conferenze, lotterie, gare di poesia per sollevare il morale.

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Padre Semeria organizza una lotteria al fronte; fonte
Cita spesso l’antico verso di Orazio: Dulce et decorum est pro patria mori, sostenendo che la morte di uno può servire alla vita di molti, di «tutti i nostri». La morte serve alla vita. Con questa fiducia, la tristezza diventa serenità d’animo, l’amaro diventa dolce.
In un suo articolo scrive:

«È dolce ed è bello - è una morte estetica questa del soldato. La morte nel letto è prosaica, è volgare: la morte nel campo è poetica, è sublime. Il sangue purpureo non macchia, come il pus delle malattie. L’atto di cogliere quasi al volo la morte è più nobile di chi se ne lascia volgarmente sorprendere, schiacciare. L’inno funebre che si leva spontaneo da ogni letto di morte si trasforma davanti a questa morte bella per il suo eroismo in un inno, poema trionfale. Ha più l’aria di essere entrato nella immortalità il guerriero sacrificatosi per la patria che di essere partito dalla terra, che di avere perduta la vita.

Il Cristianesimo, che non rinnega in ciò che ha di spontaneamente nobile la natura umana, il Cristianesimo, che non soffoca l’amor di patria, ammette la bellezza e la gioia del sacrificio compiuto per la difesa e il buon diritto di Lei. Anche su cristiane labbra, anche lungo i cristiani secoli echeggia il grido dulce et decorum est pro patria mori».1

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Padre Semeria parla ai soldati; fonte

La crisi interiore e la rinascita operosa

Padre Semeria ha conosciuto il dramma della guerra e da questa esperienza ha sviluppato una profonda sensibilità verso il dramma dei soldati e degli orfani di guerra.
Non è stato semplice. Ha rischiato il baratro, ha vissuto il tracollo.
Nel novembre 1915 ha avuto un esaurimento nervoso. Il Generale Cadorna, che lo stima, ha detto di lui: “da un lato deve predicare la guerra e dall’altro è inorridito dagli orrori della guerra”.

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Padre Semeria con il Generale Cadorna e Gabriele d’Annunzio; fonte
Ma padre Semeria non si è fermato: alla fine dell’estate 1916 è tornato al Comando Supremo.
Non si limita a celebrare il sacrificio: guarda già al futuro. Vuole impegnarsi per una società migliore, quando la guerra finirà. Ha un progetto chiaro in mente: carità concreta, educazione cristiana e senso del dovere civile, con l’obiettivo di contribuire al futuro della società italiana a partire dai più deboli.
Così lo ha presentato al Papa, Benedetto XV, nel 1917:

Orfano io stesso di padre per la guerra del 1866, verso gli orfani di questa immane guerra mi sento personalmente inclinatissimo. Ma fra tutti gli orfani, degni di speciale pietà e più operosa, paionmi gli orfani dell’Italia Meridionale, perché questa, della guerra ha risentiti tutti i danni, pagando larghissimo il tributo di sangue, ma non ha quasi risentito quei vantaggi economici che hanno reso meno triste il fenomeno per le province dell’Italia Settentrionale. È pure giustizia che gli uomini del Nord si pieghino verso il Sud e non a parole, ma con fatti, portando laggiù capitale di energie pedagogiche e di denari. Più in specie, bisognerà educare i figli orfani dei contadinieducarli in modo che rimangano affezionati alla terra, e a quella loro terra che già prima della guerra troppi abbandonavano, attirati dal miraggio della emigrazione.

[…] Né va obliato che i nostri avversari — i figli delle tenebre, più industriosi dei figli della luce — si sono subito gittati all’opera della educazione degli orfani dei contadini, fiutando la forza morale e politica che proprio essi, i contadini, saranno nel domani della società italiana. Io poi individualmente crederei di non poter spendere meglio i pochi anni che forse ancora mi restano di vita, che dedicandomi a tale opera: educazione semplice, sana, cristiana degli orfani di guerra in qualcuna delle più derelitte provincie dell’Italia Meridionale... Calabria, ad esempio, o Basilicata.2

In guerra, padre Semeria aveva promesso ai soldati che non avrebbe dimenticato i loro orfani. Finito il conflitto, con il suo amico don Giovanni Minozzi ha fondato l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia per l’assistenza agli orfani di guerra, una rete di orfanotrofi, scuole e centri di formazione per aiutare orfani e poveri nelle regioni meridionali.

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Padre Semeria inaugura un orfanatrofio in Italia Meridionale; fonte

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Padre Semeria con due piccoli orfani

Per lui la carità deve tradursi in azione concreta: «Nell’azione s’illumina il pensiero», ama ripetere.
Ha deciso di curare le ferite della guerra.
Don Antonio Cappetta e il ricreatorio di Valva
Mentre Semeria porta sulle spalle il peso di una guerra e il sogno di un’Italia nuova, a Valva don Antonio Cappetta lo attende con trepidazione.
Le parole da dire, il tono da usare, i gesti.
A padre Semeria presenterà l’opera che più gli sta a cuore, forse gli mostrerà anche la lettera del Regio Provveditore agli studi.
In segno riconoscenza “della importante raccolta di oro fatta in codesto comune, tra i buoni cittadini che hanno mostrato tanta fiducia in lei e tanto amore verso la Patria”, il provveditore aveva messo a disposizione del ricreatorio di Valva la somma di 500 lire, “da servire per l’assistenza scolastica ai figli dei militari chiamati alle armi”.
Don Antonio ha avuto l’incarico di dar vita a un’istituzione “che sarà più specialmente utile ai figli dei soldati d’Italia”, provvedendo a dare ai bambini
la refezione calda, o fredda che sia, intrattenendoli nella scuola o fuori di essa, anche in ore che non sieno dell’obbligo scolastico con esercitazioni varie e didattevoli, togliendoli ai pericoli della via e dando agio alle madri, specialmente in questi mesi di gravi lavori pei campi, di attendere con più serenità alle loro occupazioni.
Don Antonio si è informato.
Sa che padre Semeria in guerra era famoso perché riusciva a procurarsi cibo di qualità e arrivava ai banchetti degli ufficiali con ricche provviste; era un provvidenziale seminatore di gioia in un ambiente cupo.
Quando incontrerà padre Semeria, don Antonio potrà presentargli tutto ciò che ha costruito negli anni più duri della guerra: il ricreatorio, l’assistenza, e quei bambini che oggi sono già ragazzi, qualcuno quasi adulto.
Immagine che contiene vestiti, Stile retrò, portafotografie, Carta fotografica

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Gli presenterà Angelo Michele Strollo e il ragazzo racconterà la sua storia.
Durante la guerra, un mattino sua madre lo ha svegliato presto e gli ha detto di andare a lavorare con lei. Infatti, il marchese Francesco d’Ayala Valva aveva deciso di assumere tutti i bambini che hanno il padre al fronte.
Angelo Michele confesserà che lui e gli altri bambini erano così piccoli che hanno trascorso le giornate giocando e correndo nelle terre del marchese ma hanno avuto comunque la loro paga, che hanno consegnato alle loro madri per tirare avanti in quegli anni difficili.3
Don Antonio coglierà l’occasione per sottolineare la bontà di sua eccellenza il marchese.
Il sindaco Valletta insisterà sicuramente sulle “cospicue offerte” del marchese e sulla donazione del terreno per il Monumento ai Caduti.
Don Antonio pensa che si concentrerà su altro. Magari parlerà delle corse dei bambini nei campi, della dignità delle loro madri, spose di soldati al fronte.
Non è solo un sacerdote, è anche un insegnante elementare: a lui interessa che i bambini vengano tenuti per più tempo possibile lontani dai pericoli della via, come gli ha scritto il Provveditore, proprio nei mesi in cui padre Semeria scriveva addirittura al Papa.
Ma questo, don Antonio non può saperlo. Sa però che è una personalità illustre, che parla bene, sa fare emozionare le persone, piangere i soldati, sospirare le spose e le madri. Sa che è stato molto stimato dal Generale Cadorna. Sa anche che in passato ha avuto problemi con la Chiesa, per vie di alcune idee che sono state sospettate di modernismo; ma è acqua passata, c’è stata la guerra, la storia è andata avanti veloce.
La parola fa battere il cuore e conquista la mente.
L’oratore illustre dirà ai valvesi che è possibile conciliare la fede con la patria in armi.
Non è stato semplice per lui conciliare i due aspetti, ma dopo la crisi e la rinascita, ci è riuscito. Ora lo dirà ai valvesi, che lo accoglieranno con vivi applausi e con gli occhi lucidi.
Forse ripeterà le parole che ha scritto in suo libro, che don Antonio Cappetta ha letto:
Non piangete, non piangiamo quelli che sono morti piamente così… in osculo Domini. Poiché il morire è una necessità, lodiamo il Signore che ad essi sia toccata questa morte caritatevole. Beati mortui qui in Domino et quia in Domino mortui sunt.4
Sì, don Antonio Cappetta è proprio emozionato.
Mancano pochi giorni e, mentre il lenzuolo bianco continua a coprire la statua come un segreto, don Antonio ripassa mentalmente ogni parola.

1- Continua

1 G. SEMERIA, Sulle tombe dei nostri morti parole di gloria e di conforto, in «Mater Divinae Providentiae. Mater Orphanorum», Numero unico, In Memoriam, Roma, novembre 1921, pp. 5-6; citato in: Filippo M. Lovison, Pontificia Università Gregoriana, P. Semeria nella Grande Guerra. Un “caso di coscienza”?
2 Lettera citata in: Filippo M. Lovison, cit.
3 Per la storia dei bambini assunti dal marchese, si veda il post Il salariato del marchese, Gozlinus
4 G. SEMERIA, Sulle tombe dei nostri morti cit., pp. 6-7, in: Filippo M. Lovison, cit.
 

28 novembre 2025

LA RIMEMBRANZA, DOVERE GENTILE

Per Giacomo Leopardi, rimembrare consiste nel soffermarsi su un ricordo, nel richiamare alla mente un’esperienza o un’emozione e nel lasciare che il cuore reagisca con il proprio sentimento.

Forse i nostri antenati volevano dirci proprio questo quando, esattamente cento anni fa, decisero di dare alla piazza principale di Valva il nome di Piazza della Rimembranza.

Il 29 novembre 1925 -una domenica- veniva inaugurato solennemente il Monumento ai Caduti per la Patria, sorto grazie all'iniziativa e alla raccolta fondi del Circolo Valvese di Newark, negli Stati Uniti.

Alla realizzazione del monumento hanno collaborato sicuramente in tanti: l'amministrazione comunale, con il sindaco Vincenzo Valletta; il marchese Francesco d'Ayala-Valva, che ha donato la terra dove sarebbe sorto il monumento; l'architetto Carlo Milanese (padre di Giovanni, che nel 1943 sarà internato in Germania), autore del progetto.

Il monumento sorge nel 1924 (data che si legge sotto la statua) ma viene inaugurato l'anno dopo.

A organizzare la cerimonia provvede il Comitato Organizzatore, presieduto da don Lorenzo Spiotta, con il segretario (con delega alla firma) Luigi Freda, reduce di guerra e dipendente comunale.

La cerimonia vedrà alcuni illustri ospiti, a partire dall'oratore ufficiale: Giovanni Semeria, una figura complessa della Chiesa della prima metà del Novecento (ora Servo di Dio).

*****

In occasione dei 100 anni dell'inaugurazione del Monumento ai Caduti di Valva, il blog la ràdica propone alcune iniziative.

Un video dal titolo Il cuore di Valva, che racconta l’inaugurazione attraverso la relazione del Sottoprefetto di Campagna al Prefetto di Salerno.

Un racconto storico a puntate, in cui i documenti consultati presso l’Archivio di Stato vengono presentati in forma narrativa, con un pizzico di fantasia ma con assoluta fedeltà alla realtà storica.

Ogni episodio sarà raccontato dal punto di vista di uno dei protagonisti della cerimonia: nella prima puntata, don Antonio Cappetta -sacerdote e maestro elementare- attende con impazienza l'arrivo dell'oratore ufficiale, padre Giovanni Semeria.

Sarebbe bello anche realizzare un podcast con lo stesso spirito, ma per ora è solo un desiderio.

Un'altra inaugurazione: la banda di giovani valvesi
diretta dall'indimenticabile Pietro Cozza suona in occasione della riapertura
del Monumento dopo il restauro successivo al terremoto

Vi chiediamo, pertanto, di seguire queste iniziative con la vostra consueta cortesia.

La rimembranza è un dovere gentile: non chiede sforzi immensi, non pretende sacrifici gravosi.

È un peso leggero, che si porta con il cuore prima ancora che con la memoria.

Grazie.

G.V.

23 ottobre 2025

CENT'ANNI DI GRATITUDINE, seconda parte

                                                                                                                                             100 anni  

Prosegue il nostro viaggio nel tempo insieme alla signora Giovanna Cuozzo, che da pochi giorni ha compiuto cento anni.
Nella prima puntata abbiamo ripercorso la sua nascita e la sua adolescenza, orientandoci con alcune immagini del nostro paese.


Sei bambina e poi ragazza, a Valva ci si prepara alla guerra.
Le lacrime delle madri e delle mogli che hanno perso un figlio o un marito in guerra non si sono ancora asciugate e già ci si esercita col pensiero rivolto alla guerra di domani. Anche a Valva e anche le ragazze.

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Immagine che contiene cimitero, tomba, testo, aria aperta

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Gli uomini nella loro divisa fascista imparano a marciare, a obbedire agli ordini.

Tu vivi in casa, come fanno le donne del tuo tempo.
Cuci e rammendi, anche per i tuoi fratelli che vanno all’ “istruzione”.
Arriva la guerra.
Sei preoccupata per una persona a te cara, che non dà notizie.
Poi Pietro Nicola Falcone, il postino del paese, vi porta una lettera. Forse vai con tua madre in paese dalla signora Fernanda, la mastra, nel suo palazzo a lu munuzzar, a farvela leggere, o forse ti aiuta tuo fratello Giuseppe, più piccolo di te.

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Cercate di avere notizie anche di tuo fratello Michele, che è prigioniero in Africa.
È stato ferito a una spalla; per tutta la vita porterà una piccola scheggia di ferro nella schiena: la memoria nella carne.
Anche tuo cugino è prigioniero.

Poi arriva il settembre 1943.
Tu hai diciotto anni.
La guerra viene a trovarvi, qui a Valva. I tedeschi stanno per scappare, ma resistono; gli americani stanno per arrivare e bombardano. Le famiglie scappano in montagna e cercano rifugio anche nella grotta di San Michele o in altre località in cui si sentono sicuri, se in guerra si può essere sicuri.
Chissà se anche tu canti con le donne, per chiedere la protezione dell’Arcangelo, per chiedere il ritorno dei soldati, per ingannare la paura.
Hai nascosto i pochi spiccioli che avevi, sotto una pianta d’ulivo.
Come molti altri valvesi, anche tuo padre ha nascosto una cassa con la biancheria in una buca scavata nel terreno e coperta con le pietre.
In montagna avete portato un maiale, di notte; poi lo avete ucciso e lo avete condiviso con gli altri valvesi che avevano fame.
Tu non ti senti sicura. Hai una maglia rossa, hai paura che ti si veda dalla strada, chissà fin da dove.
Un tuo coetaneo muore ucciso da una mina tedesca, nascosta sotto in cinturone. Era qui con voi fino a ieri, oggi ha fatto una grande luce. Aurelio non tornerà più.
A volte torni in campagna con tuo padre. Non trovi più i polli, li hanno rubati i soldati, certamente. Vedi anche alcuni tedeschi vicino a un corso d’acqua, mentre si sentono i colpi secchi: ta ta ta, ripeti ancora il suono. Non se ne è mai andato dalla tua memoria, quel suono di guerra.
Tra le donne che piangono, ce n’è una che ha un figlio piccolo, che ha poco più di un anno. Lei è mia nonna, il bambino è mio padre.

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Anche da questa guerra, purtroppo, alcuni valvesi non tornano. Tu li hai conosciuti tutti, eri già una ragazza quando sono partiti. Conosci tutte le loro famiglie, forse hai avuto occasione di scambiare qualche parola anche con alcuni di loro. Forse in paese si è diffusa la notizia della loro morte, l’hai sentita in chiesa o mentre andavi in campagna una mattina o sei passata davanti al monumento.

Giacomo, morto in Spagna prima di tutti. Prospero, il medico, e Michele, rimasti sotto la neve della Russia. Michele, Michele e Ottavo caduti in Africa. Carmine, il figlio di zé Catarina, non è tornato dalla prigionia, lo hanno sepolto in Austria. Alfonso ed Enrico, caduti a Cefalonia. E poi ancora Francesco -il fratello di Marianna, la ragazza sfortunata di cui hai sentito parlare fin da bambina- un altro Francesco, due Giuseppe, Pasquale, morto avvelenato. E poi Michele e Raffaele, morti di malattia appena tornati dalla guerra.

Ormai sei già sposata quando insieme a tutta Valva attendi nel monumento il ritorno di Michele, che è partito a vent’anni e ha lasciato la moglie ed è tornato “in una cassetta di sapone”, come ha detto mamma Clelia tra le lacrime.

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Lavori nella villa del marchese, come tante ragazze di Valva.
La villa diventa sempre più bella. Proprio in questi anni vengono installate nel parco le statue più belle, quelle delle arti.
In questa foto, sei con due compagne che lavorano con te.
Alle vostre spalle, proprio davanti al villino, c’è un imballaggio di legno.

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Quando viene tolto l’imballaggio, si dischiude la bellezza:

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Il marchese lo hai conosciuto negli ultimi anni della sua vita.
Forse sei rimasta incantata il giorno in cui hai visto per la prima volta questa meraviglia:

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Ora ti lascio, il nostro viaggio nel tempo è finito.

Ma ti lascio in buone mani.
Qui ti aspetta un giovane, un tuo coetaneo, che secondo l’uso del tempo ti porta l’ammasciata, come si dice a Valva. Il messaggio per eccellenza: quello d’amore.
Tu sei curiosa.
Ora sento la tua voce centenaria che mi racconta la scena e io la immagino, perché la tua voce sa disegnare con le parole.
Le tue parole fanno rivivere i momenti, creano una scena.

“C’è un ragazzo che ti vuole.”
“Ma chi è?”
“Sono proprio io!”

E poi, la sorpresa. La tua sorpresa, che nessuna espressione in italiano renderà con più efficacia di questa tua frase, con la quale ancora oggi la ricordi: “Rumaniett tesa”, mi dici.

Grazie.

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Grazie alla nipote Rosanna per la preziosa collaborazione.

 

Le foto della Grotta di San Michele e dell'Emiciclo della Bellezza di Villa d'Ayala-Valva sono di Valentino Cuozzo. Le altre sono state tratte dal prezioso archivio di Gozlinus (alcune di queste sono state raccolte proprio da Valentino).

G.V.

18 ottobre 2025

CENT'ANNI DI GRATITUDINE -Un viaggio nella memoria con zia Giovannina

100 anni  

l’argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri

Un poeta rivede nella memoria suo nonno che coglie la frutta matura dagli alberi.
Amo molto questa immagine: l’argento dei capelli bianchi rifulge tra i sentieri illuminati. Mi fa pensare al passo lento e tranquillo degli anziani, che si muovono nella campagna amica. 
Forse hanno fatto un patto con le pietre del campo, come dice la Bibbia.
Lo penso degli anziani che conosco, al mio paese. Quelli che hanno molto o un po’ del mio sangue, parlano la lingua che abbiamo imparato col latte, io dopo di loro ma anche io come loro. Quelli che mi chiedono a chi appartengo.
Appartenere, appartenenza: l’italiano non riesce a rendere pienamente la potenza di queste parole. Non può usare ‘appartenenza’ per descrivere legami familiari o di sangue, ma solo per esprimere l’atto di far parte di un gruppo, di una comunità o di un’organizzazione. Quando gli anziani di Valva chiedono a un giovane ‘A chi appartieni?’, vogliono sottolineare il legame di responsabilità e cura che esiste in famiglia: non si tratta solo di far parte di un gruppo, ma di qualcuno che si prende cura di te perché sei di sua competenza.
Quando l’argento prende il posto dell’oro lucente nei capelli, suscita la malinconia dell’amante.
La divina Alida Valli però cantava:
Ma l’amore no
l’ amore mio non può
dissolversi con l’oro dei capelli.
Fin ch′io vivo sarà vivo in me
Solo per te.
In fondo, le persone giungono alla maturità con l’argento al posto dell’oro, ma il loro raccolto è il più abbondante.
Non a caso, quando la Bibbia vuole augurare una vita lunga e piena, scrive:

Te ne andrai in piena maturità, come un covone raccolto a suo tempo.

La vita di un anziano è un sentiero illuminato dall’esperienza.
Ho avuto la fortuna di incontrare più di dieci persone che hanno attraversato un secolo di tempo.
Questo racconto fotografico è un omaggio a loro, e in particolare a una donna forte e gentile che oggi compie cento anni: la signora Giovanna Cuozzo, per tutti noi zia Giovannina. 
La saluto da lontano, eppure idealmente sono con i suoi cari, con gli amici, con le autorità che si congratulano con lei per questo glorioso traguardo e le fanno sentire il calore e la gioia di tutti i valvesi.

Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano non è un alieno. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo.  [Papa Francesco]
Con i loro racconti, sono gli anziani a guidarci all’indietro nel tempo; ci conducono per mano come quando eravamo bambini, ci portano in una terra che è diventata lontana anche per loro ma di cui ritrovano la strada, come un carraro ancora riconoscibile tra i campi. Che bella, la parola carraro: la mulattiera scavata dal passaggio del carro, una parola che evoca la vita rurale, i percorsi in campagna, ma soprattutto la lentezza del tempo.
Questa volta, vorrei essere io ad accompagnare zia Giovannina in questo viaggio nel passato e vorrei ricordare con lei uomini e donne di Valva che hanno raggiunto il suo stesso straordinario traguardo
Ci spostiamo nel tempo con una carrozza, come si conviene a una signora nel giorno del suo centesimo compleanno.
Anzi, la carrozza non fa per noi. A noi basta un calessino, come quello con cui don Gerardo veniva a Valva quando corteggiava donna Marietta:

Quest’estate non sono venuto a trovarti, zia Giovannina.
Quando mi vedi mi accogli come se fossi uno importante.
Non lo sono, ma accompagnarti in questo viaggio nel tempo è il minimo che possa fare per ricambiare il tuo affetto.
Andiamo, è tempo di ripercorrere il tempo.
Il 18 ottobre 1925 -forse lo hai scoperto dopo e ancora lo ricordi- è una domenica, giorno di San Luca. Una giornata sementina, come ricorda un proverbio: O molle o asciutto, per San Luca semina tutto.
Bisogna seminare, senza aspettare il tempo perfetto. Non si può più aspettare. Non è neanche Sant Savastan (quest’anno cade di martedì).
Forse tuo padre Antonio ha già finito il lavoro. Tua madre Maria Michela non ha potuto aiutarlo, quest’anno.
Chissà cosa vedono i tuoi occhi quando li apri la prima volta.
Credo zé Rebecca la levatrice, poi la tua mamma e le donne che sono venute ad aiutarla per il parto.
Nel paese in cui sei nata, il marchese ha deciso di ristrutturare il suo palazzo e farne un castello.
L'ultimo marchese, Giuseppe d'Ayala-Valva

Sul fianco sinistro della facciata principale, ha voluto metterci anche una bella torre, in stile normanno (perché i suoi antenati erano normanni); non è alta come la torre dalla quale si vede il mare, ma è bella. E’ molto bella. Solo pochi anni fa, ancora non c’era.

L’azienda del marchese produce vino e olio. L’amministratore, il cavaliere Ercole Pomes, non è di Valva ma da cinque mesi ne è diventato cittadino onorario: è in gamba e si fa voler bene in paese.
Via Porta del Niglio.
Un nome che mi ha sempre affascinato. Da bambino ci giocavo con mia sorella, ma non lo ricordo bene.
Tu sei nata in una casa di quel vicolo.
A registrare la tua nascita, al municipio è andato tuo padre; il sindaco era Vincenzo Valletta:
Chissà cosa vedono i tuoi occhi quando da via Porta del Niglio vai in chiesa per il battesimo.
Vorrei chiederti se la mia casa già esisteva, chissà com’era. C’era già l’arco che ricordo da bambino?
Forse quel giorno dopo la messa sei passata per la piazza, che ancora non è una vera piazza ma fra poco lo diventerà.
Anche lei è stata appena battezzata: l’hanno chiamata Piazza della Rimembranza, con una bella parola antica. Rimembranza significa ricordo, perché la piazza ricorderà a tutti i valvesi, a voi ai vostri figli e ai vostri nipoti, che bisogna ricordare. Ricordare il sacrificio dei giovani morti in guerra, ricordare che non si sono tirati indietro ma sono partiti e non sono più tornati. Alcuni di questi valvesi erano partiti per l’America, si sono arruolati nell’esercito americano e sono tornati in Europa a combattere; cinque di loro sono morti.
Passando per la piazza, vedi il monumento ai caduti.
Oggi vedi una statua con un lenzuolo; lo toglieranno solo tra quaranta giorni, a fine novembre.

Il monumento è pronto: grazie ai soldi raccolti dai valvesi emigrati in America, è stato costruito grande e bello. Per l’inaugurazione vogliono fare le cose in grande. Valva sa organizzare belle giornate di festa, quando si impegna. Ci saranno autorità civili e militari, anche un oratore importante. Il comitato per il monumento sta organizzando gli ultimi dettagli: manderà una macchina alla stazione di Contursi per accogliere il Prefetto di Salerno e accompagnarlo a Valva.

Ti porto dentro la tua infanzia, se vuoi.
Tu non vai a scuola.
Sono tempi difficili, soprattutto per le bambine. Alcune famiglie scelgono di mandare a scuola solo i maschi.
Molti di questi valvesi hanno la tua età, alcuni sono appena un po’ più grandi. La donna al centro è la signora Fernanda -la maestra del paese- con il braccio suo figlio:

Anche se nella foto non ci sei, li conosci tutti questi valvesi. Nessuno è valvese da più tempo di te e se tu non li ricordi non c’è nessuno che li ricorda più. Fai un piccolo sforzo, zia Giovannina, falli vivere ancora una volta.

Si allontanano sempre di più, ormai sono ombre nella memoria di Valva…



La foto delle coccinelle è di Valentino Cuozzo. Le altre sono state tratte dal prezioso archivio di Gozlinus (alcune di queste sono state raccolte proprio da Valentino).

 1- Continua
G.V.