24 giugno 2025

GLI OCCHI DI RODOLFO

Celeste Cozza è una contadina che vive in via San Biagio.
La notte del 17 marzo 1869, verso le tre, viene svegliata dai vagiti di un neonato. 
Si alza, apre la porta e trova "sulla nuda terra" un bambino avvolto in un grembiule di lana nera e una fascia.
Il giorno dopo va al municipio, presenta il bambino al sindaco -il cavaliere Antonio D'Urso- e gli racconta l'accaduto, mentre il sindaco verbalizza sul registro dei nati dell'anno.
Il sindaco scrive che il bambino è di sesso maschile, "dall'età apparente di due giorni, siccome mi ha anche assicurato la levatrice Maria Fratangelo".
Il bambino non ha su di sé segni o scritti che possano farlo riconoscere. 

Spesso -non sempre- i trovatelli hanno un foglietto con il nome; a volte hanno scritto anche "battezzato".
Il sindaco affida il bambino alla balia, Maria Francesca Megaro di Pasquale, moglie di Angelo Strollo: la famiglia risiede in via Pistelle.
Infine, applicando l'articolo 34 del Codice Civile del Regno d'Italia, il sindaco dà al bambino un nome: Rodolfo Cilestrino. 
Come mai questa scelta?
In genere ai "projetti" si dà un nome simbolico, benaugurante; il cognome può far riferimento alla loro condizione o anche a qualche elemento fisico. 
E' improbabile che un bambino di due giorni abbia già gli occhi celeste chiaro, come il cognome Cilestrino potrebbe far pensare.
Non escludo, per la verità, un indiretto omaggio alla donna che ha trovato il bambino: Celeste.
Quella di Rodolfo sembra una vicenda a lieto fine, ma non lo è.
Lo stesso sindaco D'Urso annoterà sul registro dei morti dell'anno 1875, alla data del 24 maggio, la morte del piccolo "Cilestrino Rodolfo trovatello".
Mi colpisce il termine che sul registro si accompagna al nome e al cognome del bambino: è come se fosse un secondo cognome, un soprannome o un titolo.
A quella data, probabilmente Rodolfo si trova ancora presso la famiglia di Maria Francesca e Angelo, perché nel registro risulta che è morto in via Prima Pistelli. Angelo Strollo, di anni trentotto, è presenta all'atto in qualità di testimone.
Mi colpisce anche un altro particolare: il sindaco è molto preciso -non lo è per gli altri defunti nelle pagine del registro di quell'anno- nell'indicare l'età del bambino: anni sei, mesi due, giorni dieci.
In questo elemento che potrebbe apparire un vezzo burocratico vedo un piccolo gesto di attenzione, forse un omaggio nei confronti di una piccola esistenza, di un bambino che è entrato nella storia di Valva in una notte di marzo e se n'è andato poco prima dell'estate, pochi anni dopo. 
Forse in quel momento gli occhi di Rodolfo sono davvero di colore celeste chiaro.
G.V.