Un soldato di Colliano risulta disperso in mare, nel siluramento del convoglio al quale apparteneva il piroscafo "Crema". Era uno dei militari di scorta al carico.
Di Antonio Vuocolo è ancora vivo il nome, nella sua grande famiglia oggi distribuita tra Colliano e Valva.
La carriera militare
Antonio nasce a Colliano il 5 dicembre 1921, figlio di Sabato e di Maria Esposito.
Di professione pastore, consegue la terza elementare; alla visita militare annotano che ha il colorito roseo.
Viene chiamato alle armi il 15 gennaio 1941, nel 14° Reggimento Artiglieria in Africa Settentrionale, del XX Corpo d'Armata; è aggregato al deposito 10° Artiglieria di Corpo d'Armata per compiervi il periodo di istruzione di recluta. Giunge in territorio dichiarato in stato di guerra presso il deposito truppe alla sede del 10° Reggimento Artiglieria di Corpo d'Armata in Napoli.
Nel novembre dello stesso anno lo troviamo nel 2° Reggimento Artiglieria contraerea in Napoli e il 15 novembre 1941 è destinato alla 820.ma batteria contraerea da 20 mm mobilitata per la difesa delle navi trasporto.
Il 15 luglio 1942 viene trattenuto alle armi.
Nel dicembre 1942 è destinato al 552° Gruppo Corpo d'Armata da 20mm, nella 820 batteria.
I cannoni contraerei richiedevano diversi minuti per passare dall'ordine di marcia all'ordine "in batteria" (pronti al combattimento); per questo motivo la protezione delle colonne in marcia non poteva essere assicurata da parte delle artiglierie. I bombardieri che operavano a quote elevate, a loro volta, avevano difficoltà a colpire con le bombe a caduta dei bersagli che potevano cambiare posizione: di conseguenza, l'arma più adatta per difendere bersagli mobili come le navi era la mitragliatrice, vero e proprio spauracchio per i velivoli che attaccavano a bassa quota. Il Regio Esercito italiano utilizzò mitragliere da 20mm. fonte: Wikipedia
Il 1 aprile 1943 viene ritenuto disperso in mare per l'affondamento del piroscafo Crema, una nave ex francese, consegnata all'Italia dopo la conquista della Francia meridionale.
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Il piroscafo Crema; fonte |
Costruito nel 1920, già francese Hebe. Giunge a Savona da Marsiglia il 19 dicembre 1942. Affidato in gestione alla Società Anonima Mare Nostrum di Genova. In navigazione, in convoglio, da Napoli a Biserta (Tunisia), verso le ore 01.00 del 1 aprile 1943, a tre miglia a sud-sud-ovest dell'isola dei Cani e a 10 miglia da Biserta, fu silurato da motosiluranti nemiche in agguato. Affondò poco dopo, a cinque miglia a nord di Capo Farina.
Ufficio Storico della Marina Militare, Navi mercantili perdute
Il convoglio "GG"
Grazie a un blog ricco di informazioni, Con la pelle appesa a un chiodo, possiamo ricostruire le circostanze dell'affondamento del Crema.
L'equipaggio del Crema era composto da 60 uomini di equipaggio (27 civili e 33 militari) e 10 militari di scorta al carico.
La scorta del convoglio era costituita da due torpediniere italiane e da due cacciasommergibili tedeschi. A fine marzo 1943 si aggregarono al convoglio la corvetta Cicogna e il piroscafo Benevento, scortato da una terza torpediniera e da un cacciasommergibile tedesco.
Il convoglio aveva lasciato Trapani nella notte all'alba del 31 marzo, diretto a Biserta, in Tunisia.
L'attacco
Il 31 marzo si verificò il primo attacco da parte di otto bimotori americani; i piroscafi e le navi di scorta aprirono il fuoco ma non riuscirono a colpire nessun velivolo nemico. Il convoglio riuscì comunque a superare indenne questo primo attacco.
Alle 00.50 del 1 aprile 1943 due motosiluranti britanniche avvistarono delle navi in avvicinamento da est: erano tre navi mercantili scortate da due cacciatorpediniere e diverse motosiluranti.
Il Crema e il Benevento vennero silurati.
La MTB 266 lanciò entrambi i suoi siluri al Crema e ritenne di averlo affondato; la MTB 315 silurò il Benevento, che riuscì a trascinarsi fino alla vicina costa, incagliandosi presso Capo Zebib: questo permise di recuperare il carico, ma la nave venne considerata perduta.
Diversa fu la sorte del Crema, che affondò in meno di due minuti.
Ecco il racconto del comandante della MTB 266, il tenente di vascello Richard Routledge Smith, riportato nel prezioso blog già citato:
Alle 00.05 [1.05 ora italiana] due siluri vennero lanciati contro questa nave. Una delle navi scorta ed una nave mercantile aprirono poi il fuoco ed io ripiegai [...] procedendo ad alta velocità [...]. Osservai uno dei miei siluri colpire tra la plancia ed il fumaiolo della nave mercantile ed è probabile che anche il secondo siluro abbia colpito, dato che la nave affondò molto rapidamente; la MTB 315 passò in mezzo ai naufraghi circa due minuti dopo.
Dei 70 uomini imbarcati sul Crema, soltanto 26 furono salvati dalle unità della scorta: 14 membri dell'equipaggio civile, 9 militari italiani e 3 militari tedeschi.
Sulla sorte deli altri 44 uomini del Crema, il 3 aprile 1943 ecco cosa scriveva in un telegramma la Capitaneria di Porto di Trapani a quella di Genova: "Ignorasi sorte rimanenti persone imbarcate".
Dal racconto di un marinaio superstite, apprendiamo che a salvarsi furono coloro che erano scesi in mare da un lato della nave, mentre quelli che erano scesi dal lato opposto erano stati mitragliati.
La stampa non dà la notizia
Spesso si dice che la prima vittima di una guerra sia la verità; questo è ancora più vero in regime che controlla la stampa, come quello fascista.
Ad esempio, sfogliando le edizioni del Corriere della sera nei primi giorni dell'aprile 1943, non troviamo notizie sull'affondamento del convoglio.
Anzi, quasi come uno scherzo del destino il Corriere proprio il 1 aprile 1943 titola: "Come fu decimato nella bufera il grande convoglio nemico".
Il giorno dopo, in prima pagina troviamo questa notizia:
Giovedì 3 aprile il quotidiano milanese titola trionfante: "Diciassette mercantili affondati nell'Atlantico e nel Mediterraneo", ovviamente da parte delle potenze dell'Asse.
Sulla stessa prima pagina, troviamo questa rassicurante foto:
La prima pagina del 4 aprile riporta la notizia che due mercantili nemici naviganti in convoglio sono stati silurati da aerei nel Mediterraneo.
Potremmo continuare, ma forse è meglio fermarci qui.
Omaggio
Alla memoria di Antonio Vuocolo dedichiamo questi versi della Preghiera del disperso:
Nessuno conosce la mia sorte,
il dolore del mio cuore
e la sofferenza della mia carne.
Tu sai quanto ho invocato il Tuo aiuto,
ma così Tu hai deciso:
io non sarei tornato alla mia casa,
disperso in un turbine di neve,
di mare, di sabbia, di ghiaccio e di fuoco,
nell’infinito del Tuo regno. fonte
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Colliano, Monumento ai Caduti; fonte |
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Foto di Massimo Gugliucciello |
Un ringraziamento alla nipote Antonietta Vuocolo per la gentile collaborazione.
G.V.