18 ottobre 2025

CENT'ANNI DI GRATITUDINE -Un viaggio nella memoria con zia Giovannina

100 anni  

l’argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri

Un poeta rivede nella memoria suo nonno che coglie la frutta matura dagli alberi.
Amo molto questa immagine: l’argento dei capelli bianchi rifulge tra i sentieri illuminati. Mi fa pensare al passo lento e tranquillo degli anziani, che si muovono nella campagna amica. 
Forse hanno fatto un patto con le pietre del campo, come dice la Bibbia.
Lo penso degli anziani che conosco, al mio paese. Quelli che hanno molto o un po’ del mio sangue, parlano la lingua che abbiamo imparato col latte, io dopo di loro ma anche io come loro. Quelli che mi chiedono a chi appartengo.
Appartenere, appartenenza: l’italiano non riesce a rendere pienamente la potenza di queste parole. Non può usare ‘appartenenza’ per descrivere legami familiari o di sangue, ma solo per esprimere l’atto di far parte di un gruppo, di una comunità o di un’organizzazione. Quando gli anziani di Valva chiedono a un giovane ‘A chi appartieni?’, vogliono sottolineare il legame di responsabilità e cura che esiste in famiglia: non si tratta solo di far parte di un gruppo, ma di qualcuno che si prende cura di te perché sei di sua competenza.
Quando l’argento prende il posto dell’oro lucente nei capelli, suscita la malinconia dell’amante.
La divina Alida Valli però cantava:
Ma l’amore no
l’ amore mio non può
dissolversi con l’oro dei capelli.
Fin ch′io vivo sarà vivo in me
Solo per te.
In fondo, le persone giungono alla maturità con l’argento al posto dell’oro, ma il loro raccolto è il più abbondante.
Non a caso, quando la Bibbia vuole augurare una vita lunga e piena, scrive:

Te ne andrai in piena maturità, come un covone raccolto a suo tempo.

La vita di un anziano è un sentiero illuminato dall’esperienza.
Ho avuto la fortuna di incontrare più di dieci persone che hanno attraversato un secolo di tempo.
Questo racconto fotografico è un omaggio a loro, e in particolare a una donna forte e gentile che oggi compie cento anni: la signora Giovanna Cuozzo, per tutti noi zia Giovannina. 
La saluto da lontano, eppure idealmente sono con i suoi cari, con gli amici, con le autorità che si congratulano con lei per questo glorioso traguardo e le fanno sentire il calore e la gioia di tutti i valvesi.

Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano non è un alieno. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo.  [Papa Francesco]
Con i loro racconti, sono gli anziani a guidarci all’indietro nel tempo; ci conducono per mano come quando eravamo bambini, ci portano in una terra che è diventata lontana anche per loro ma di cui ritrovano la strada, come un carraro ancora riconoscibile tra i campi. Che bella, la parola carraro: la mulattiera scavata dal passaggio del carro, una parola che evoca la vita rurale, i percorsi in campagna, ma soprattutto la lentezza del tempo.
Questa volta, vorrei essere io ad accompagnare zia Giovannina in questo viaggio nel passato e vorrei ricordare con lei uomini e donne di Valva che hanno raggiunto il suo stesso straordinario traguardo
Ci spostiamo nel tempo con una carrozza, come si conviene a una signora nel giorno del suo centesimo compleanno.
Anzi, la carrozza non fa per noi. A noi basta un calessino, come quello con cui don Gerardo veniva a Valva quando corteggiava donna Marietta:

Quest’estate non sono venuto a trovarti, zia Giovannina.
Quando mi vedi mi accogli come se fossi uno importante.
Non lo sono, ma accompagnarti in questo viaggio nel tempo è il minimo che possa fare per ricambiare il tuo affetto.
Andiamo, è tempo di ripercorrere il tempo.
Il 18 ottobre 1925 -forse lo hai scoperto dopo e ancora lo ricordi- è una domenica, giorno di San Luca. Una giornata sementina, come ricorda un proverbio: O molle o asciutto, per San Luca semina tutto.
Bisogna seminare, senza aspettare il tempo perfetto. Non si può più aspettare. Non è neanche Sant Savastan (quest’anno cade di martedì).
Forse tuo padre Antonio ha già finito il lavoro. Tua madre Maria Michela non ha potuto aiutarlo, quest’anno.
Chissà cosa vedono i tuoi occhi quando li apri la prima volta.
Credo zé Rebecca la levatrice, poi la tua mamma e le donne che sono venute ad aiutarla per il parto.
Nel paese in cui sei nata, il marchese ha deciso di ristrutturare il suo palazzo e farne un castello.
L'ultimo marchese, Giuseppe d'Ayala-Valva

Sul fianco sinistro della facciata principale, ha voluto metterci anche una bella torre, in stile normanno (perché i suoi antenati erano normanni); non è alta come la torre dalla quale si vede il mare, ma è bella. E’ molto bella. Solo pochi anni fa, ancora non c’era.

L’azienda del marchese produce vino e olio. L’amministratore, il cavaliere Ercole Pomes, non è di Valva ma da cinque mesi ne è diventato cittadino onorario: è in gamba e si fa voler bene in paese.
Via Porta del Niglio.
Un nome che mi ha sempre affascinato. Da bambino ci giocavo con mia sorella, ma non lo ricordo bene.
Tu sei nata in una casa di quel vicolo.
A registrare la tua nascita, al municipio è andato tuo padre; il sindaco era Vincenzo Valletta:
Chissà cosa vedono i tuoi occhi quando da via Porta del Niglio vai in chiesa per il battesimo.
Vorrei chiederti se la mia casa già esisteva, chissà com’era. C’era già l’arco che ricordo da bambino?
Forse quel giorno dopo la messa sei passata per la piazza, che ancora non è una vera piazza ma fra poco lo diventerà.
Anche lei è stata appena battezzata: l’hanno chiamata Piazza della Rimembranza, con una bella parola antica. Rimembranza significa ricordo, perché la piazza ricorderà a tutti i valvesi, a voi ai vostri figli e ai vostri nipoti, che bisogna ricordare. Ricordare il sacrificio dei giovani morti in guerra, ricordare che non si sono tirati indietro ma sono partiti e non sono più tornati. Alcuni di questi valvesi erano partiti per l’America, si sono arruolati nell’esercito americano e sono tornati in Europa a combattere; cinque di loro sono morti.
Passando per la piazza, vedi il monumento ai caduti.
Oggi vedi una statua con un lenzuolo; lo toglieranno solo tra quaranta giorni, a fine novembre.

Il monumento è pronto: grazie ai soldi raccolti dai valvesi emigrati in America, è stato costruito grande e bello. Per l’inaugurazione vogliono fare le cose in grande. Valva sa organizzare belle giornate di festa, quando si impegna. Ci saranno autorità civili e militari, anche un oratore importante. Il comitato per il monumento sta organizzando gli ultimi dettagli: manderà una macchina alla stazione di Contursi per accogliere il Prefetto di Salerno e accompagnarlo a Valva.

Ti porto dentro la tua infanzia, se vuoi.
Tu non vai a scuola.
Sono tempi difficili, soprattutto per le bambine. Alcune famiglie scelgono di mandare a scuola solo i maschi.
Molti di questi valvesi hanno la tua età, alcuni sono appena un po’ più grandi. La donna al centro è la signora Fernanda -la maestra del paese- con il braccio suo figlio:

Anche se nella foto non ci sei, li conosci tutti questi valvesi. Nessuno è valvese da più tempo di te e se tu non li ricordi non c’è nessuno che li ricorda più. Fai un piccolo sforzo, zia Giovannina, falli vivere ancora una volta.

Si allontanano sempre di più, ormai sono ombre nella memoria di Valva…



La foto delle coccinelle è di Valentino Cuozzo. Le altre sono state tratte dal prezioso archivio di Gozlinus (alcune di queste sono state raccolte proprio da Valentino).

 1- Continua
G.V.

09 ottobre 2025

LE RADICI E LA GUERRA - La famiglia D'Arcangelo, tra la Puglia e il mondo

Ogni famiglia ha le sue radici e a volte queste radici si intrecciano con altre storie, in terre lontane.
I D’Arcangelo, contadini della Masseria Accetta a Statte, Taranto, sono un esempio di resilienza: dalle campagne pugliesi a Valva, al servizio del marchese; dal lavoro nella mezzadria in una grande fattoria fino alle dure vicende della Seconda guerra mondiale - con due cugini prigionieri- e poi quelle dell'emigrazione in Argentina.
Questo è un racconto di terra e di guerra, di difficoltà e di forza.
Durante la Seconda guerra mondiale, due cugini – entrambi chiamati Donato D’Arcangelo – furono fatti prigionieri. 
Uno, figlio di Michele (classe 1917), catturato dagli inglesi in Africa e condotto prigioniero in Australia. L’altro, figlio di Pietro (classe 1919), catturato sul fronte greco e  poi internato militare in Germania.
Ci occuperemo delle loro vicende, ma prima facciamo un passo indietro e ripercorriamo le vicende della famiglia D'Arcangelo, da Taranto a Valva.

Un nome che porta a Taranto
Se inseguiamo il nome Donato D'Arcangelo a ritroso nel tempo arriviamo in Puglia.
Il 2 gennaio 1860 è un lunedì.
A Massafra, in provincia di Taranto, Pietro D'Arcangelo -contadino di 37 anni- e sua moglie Vitantonia Giuliana diventano genitori di un bambino, che chiamano Donato.
In una domenica di un altro inverno, il 20 gennaio 1884, a Crispiano, Donato sposa Vita Maria Magazzino, figlia di Giovanni e di Maria Rosaria Marzella, pastori.

Crispiano è diventato comune a sé nel 1881; prima dipendeva da Statte, dove nel 1859 è stato aperto un ufficio sezionale di Stato Civile. In un documento dell'azienda agricola del marchese di Valva, sul quale torneremo, Statte compare come il comune di nascita di Donato. Possiamo ipotizzare che la confusione sia dovuta al fatto che Donato si è trasferito a Statte per lavoro.

Nelle pubblicazioni di matrimonio leggiamo che gli sposi "da un anno a oggi [sono] residenti a Taranto". Firmano l'atto sia Donato sia Pietro.
Nell'atto di matrimonio, lo sposo e i suoi genitori risultano residenti in Masseria Accetta, a Statte.
La Masseria Accetta Grande è una storica masseria fortificata risalente al XVI secolo. In origine era un' azienda agricola con torre difensiva, magazzini e case di paglia. 
Più che un semplice luogo produttivo, essa rappresentava un piccolo mondo autonomo, organizzato attorno ai ritmi dell’agricoltura e della pastorizia, ma anche capace di ospitare la vita quotidiana di una comunità, con i suoi spazi per abitare, lavorare e pregare.
foto di Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi

Già a partire dal Settecento, grazie a una serie di interventi promossi dalla congregazione degli Olivetani, la masseria iniziò a prendere forma come un complesso articolato, con corti, magazzini, stalle, frantoi e alloggi per i lavoratori. Ma fu soprattutto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento che il complesso raggiunse il suo massimo sviluppo. 
In questo periodo, la Masseria Accetta Grande assunse le sembianze di un vero centro organizzativo della vita agricola locale

Veduta della Masseria Accetta
foto di Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi
L'ambiente era ordinato e funzionale. Da una parte, il cuore produttivo: i frantoi (tra cui un trappeto ipogeo), i magazzini per grano e sementi, il palmento per la vinificazione, le stalle e i recinti per gli animali. Dall’altra, gli ambienti destinati alla vita quotidiana: la residenza del massaro, le camerate per i braccianti stagionali — separate tra uomini e donne — e una piccola cappella dedicata a San Benedetto, situata poco fuori dall’abitazione principale. Ogni angolo aveva una funzione precisa e tutto concorreva a garantire l’autosufficienza e l’efficienza del sistema agricolo. 
Una stalla
foto di Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi

Il trappeto
foto di Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi

I “contadini residenti” erano coloro che vivevano stabilmente nella masseria, lavorando la terra come mezzadri o braccianti agricoli. Il proprietario forniva terra e strumenti, mentre i contadini coltivavano e dividevano i raccolti: un sistema che creava un forte legame di comunità e appartenenza.
Residenze dei lavoratori
foto di Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi

           Fonti: 

👉Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi, "Masseria Accetta Grande, Un ecomuseo delle masserie nel territorio delle gravine, per un ritorno sostenibile alla terra", Università degli Studi di Torino
👉Cosimo Mottolese, "La masseria di Accetta"
La vita sembra sorridere a Donato e a Vita Maria: un lavoro in una grande azienda agricola, un bambino in arrivo.
Dieci mesi dopo il matrimonio, il 5 novembre 1884, nasce Pietro.
A denunciarne la nascita è una filatrice cinquantenne di nome Candelora Paciulli, "per avere assistito al parto di Maria Vita Magazzino, ed in luogo del marito che non ha potuto denunciarla perché assente dal villaggio".
Nell'atto Donato risulta "trainiere, di Statte".
Il trainiere conduceva carri trainati da animali per il trasporto di merci o persone, soprattutto su lunghe distanze.
Il manto gelido del destino
A questo punto però il destino decide di non sorridere più.
Tredici giorni dopo, il 18 novembre alle 7.35 del mattino, Vita Maria muore, forse a causa di complicazioni post partum. Già un’ora e mezza dopo, due testimoni si presentano al comune per denunciarne il decesso: Donata Lanzi e Angelo D’Arcangelo, probabilmente un parente di Donato.
L'inverno cala il suo manto gelido sulla giovane famiglia in maniera ancora più crudele. Nella notte del 1° dicembre si spegne anche il piccolo Pietro. A comunicarne la morte è Giovanni Magazzino, registrato come "contadino": possiamo comunque ipotizzare che sia il nonno materno.

In due settimane Donato ha perso la moglie e il figlio.
Forse, col pensiero rivolto a Vita Maria e al piccolo Pietro, entra per una breve preghiera in questa cappellina della Masseria Accetta:
La cappella
foto di Silvia Palmisano - Marianna Rita Parisi
Poi raccoglie le sue cose, ne fa un fagotto e parte insieme ai genitori, per ricominciare altrove. Nel suo cuore, la speranza di una nuova primavera.

1- continua

🙏Un sentito ringraziamento alle dottoresse Silvia Palmisano e Marianna Rita Parisi, che hanno concesso l'utilizzo delle informazioni e delle foto contenute nella loro tesi.
A loro, il blog "la ràdica" rivolge l'augurio di realizzare l'obiettivo che la tesi si pone: promuovere il territorio della “Terra delle Gravine” e farlo riconoscere come ecomuseo, con al centro la Masseria Accetta.

🙏Grazie a Gina D'Arcangelo, che con generosità ha condiviso ricordi, aneddoti e volti della sua famiglia. Il suo contributo è stato determinante per dare vita a questo nostro “romanzo familiare”, che continueremo a raccontare nei prossimi post.

Per approfondire
Oltre alla tesi e all'articolo citati, ecco un video, consultabile su YouTube, dedicato alla Masseria Accetta Grande.
Gli atti tratti dai registri anagrafici sono stati consultati su www.antenati.cultura.gov.it

G.V.

04 ottobre 2025

ZIO CICCHIELLO, MAESTRO DEL COMMERCIO

Avevo dodici anni e portavo la croce.
Non in senso metaforico, per fortuna; era quella di metallo che portavamo ai funerali.
Era metà settembre. Pochi giorni prima, un paese sconvolto aveva salutato un giovane operaio morto sul lavoro.
Ora ero lì, nel prefabbricato vicino alla chiesa, insieme a don Domenico. Mentre attendevo, mi colpì un quadro, esposto all'ingresso, con l'orgoglio di un antico mercante. A distanza di decenni, lo ritrovo grazie ai nipoti e ammetto che è come se ritrovassi un frammento della mia infanzia, vissuta nei prefabbricati dopo il terremoto:
Francesco Miranda era morto a novanta anni. 
Era nato il 3 novembre 1898, terzo figlio di Ferdinando e di Rosa
Ripercorriamone la vita, tra le armi, il commercio e la famiglia.

In divisa
Francesco alla visita militare dichiara di svolgere la professione di carrettiere; in un'annotazione leggiamo che sa scrivere.
È chiamato alle armi il 22 marzo 1917; tre mesi dopo risulta allievo nella scuola Bombardieri. 
La scuola Bombardieri era un reparto di addestramento dell’Esercito Italiano durante la Prima guerra mondiale, dove i soldati venivano istruiti all’uso di bombe a mano, mortai leggeri e altri ordigni da campo.
A metà luglio Francesco giunge in territorio dichiarato in stato di guerra e per un breve periodo è caporale. Il 22 settembre è nel 21° Reggimento Artiglieria da campagna.
Era un'unità specializzata nell’artiglieria da campo. I suoi soldati manovravano cannoni leggeri e medi, utilizzati per sostenere la fanteria sul fronte, bombardare posizioni nemiche e proteggere truppe e fortificazioni. 
A novembre è nel Deposito Bombardieri.
Nel giugno 1919, dunque a guerra finita, Francesco viene ricoverato nell'ospedale militare n. 11 a Chioggia e poi inviato in licenza di convalescenza per 90 giorni, fino a settembre.
Nel mese di ottobre è inviato in congedo illimitato, dopo aver ricevuto il pacco in stoffa
Il pacco in stoffa serviva per il rientro nella vita civile: dopo la guerra, il soldato che tornava a casa poteva confezionarsi un vestito. Sicuramente nella famiglia Miranda avranno valutato con i loro occhi esperti la qualità della stoffa ricevuta dall'Esercito Italiano.
Nell'agosto del 1920 Francesco risulta caporale nell'8°Artiglieria di campagna. 
Ottiene la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e aver servito con fedeltà e onore.

Francesco ed Elvira
Francesco ("negoziante") sposa Elvira Sica il 7 aprile 1932 (l'orario è preciso e curioso: 16 e 40). Elvira è figlia di Francesco e di Rosa Falcone. 

La seconda guerra mondiale
Pochi giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia, Francesco Miranda è richiamato alle armi dal Comando del XVII Corpo d'armata di Napoli.
Il 3 giugno 1940 lo troviamo però ricoverato nell'ospedale militare di Napoli; tre giorni dopo viene dimesso perché riconosciuto non idoneo e inviato in licenza di convalescenza di 90 giorni. Nel mese di ottobre viene ricollocato in congedo.
Tecnicamente, sia pure per pochi giorni, ha partecipato anche alla Seconda guerra mondiale.

Tra famiglia e commercio
Seguendo le orme del padre, Francesco dedicherà la sua vita al commercio dei tessuti, portando il suo carro di paese in paese nella Valle del Sele.
Se questa ruota potesse parlare, racconterebbe tutte le strade polverose che ha percorso, ancora prima dell'asfalto. A chi sa ascoltarla, parla comunque: della fatica, della dedizione al lavoro, dell'abnegazione che hanno accompagnato ogni viaggio, nelle giornate di lavoro che idealmente si concludevano nel momento in cui Cicchiello -come lo chiamavano tutti a Valva- con il suo carro, svoltava la curva in località Serre e la moglie Elvira capiva che era l'ora di mettere la pentola sul fuoco. 
Nella famiglia Miranda non mancano i momenti difficili. Uno, terribile, è la morte della piccolissima Clara.
Una ferita che continuerà a sanguinare nel cuore dei genitori è sicuramente la morte della figlia Michelina (nata il 27 aprile 1940), in seguito ad un'operazione chirurgica affrontata nella speranza di guarire da un problema al piede. 
I valvesi la ricordano come una ragazzina molto bella, sempre con le trecce.
Di lei abbiamo trovato la pagella scolastica, datata 3 luglio 1948 e firmata dal maestro Teodorico Corona.
Una scena di vita quotidiana d'altri tempi ci viene restituita dai ricordi che abbiamo raccolto. 
La stalla del cavallo è in zona Pistelli sotto Chiesa, vicino alla casa del cosiddetto "Cunticcje".  
Quando portano al cavallo la crusca da mangiare, Ferdinando (figlio di Francesco) e Michele (figlio di Rosa, cugina di Ferdinando) ogni tanto mangiano le "suscelle", il frutto del carrubo, un baccello dolce e nutriente. In un piccolo gesto c'è il sapore della festa di paese: le "suscelle" infatti erano vendute alle bancarelle ed erano molto amate.

Gli ultimi anni
Francesco ed Elvira trascorreranno in serenità l'ultimo periodo della loro vita.
Eccoli posare con dignità e orgoglio nel loro prefabbricato, in una foto degli anni Ottanta:
In questa altra foto di pochi anni prima, nel periodo immediatamente successivo al terremoto del 1980, zio Cicchiello sembra indicare la strada per la rinascita:
Un filo che unisce le generazioni dei Miranda
Idealmente, il carro di zio Cicchiello si collega a quello con il quale suo padre Ferdinando alla fine dell'Ottocento era arrivato a Valva, per stabilirvisi insieme alla moglie Rosa.
Da quella decisione sarebbe nata una famiglia che avrebbe dato vita a una piccola epopea di mercanti, percorrendo le vie e i mercati della Valle del Sele.
A questa famiglia abbiamo dedicato il nostro piccolo romanzo, in tre capitoli; i due precedenti pubblicati nel nostro blog sono stati: Il carro del mercante: l'arrivo dei Miranda a Valva, dedicato al capostipite Ferdinando e a sua moglie Rosa; Eugenio, la stoffa del mercante, dedicato al figlio maggiore.
La ricerca  condotta per realizzare questo nostro piccolo omaggio ci ha permesso di reperire materiale prezioso, che potrà servire per raccontare altre storie legate a Corso Umberto I e alla zona nota come "Pistelle sotto Chiesa".
Può valere come esempio questa bella foto, scattata a pochi metri dalla casa di Francesco, in cui vediamo la compianta figlia Irma:
Le strade e la polvere, il mercato e il ritorno a casa, le gioie che riempiono il cuore e il dolore che non passa. Quasi un forziere di esperienze che resta nella memoria della famiglia Miranda e, attraverso di essa, in quella di Valva.

Un caloroso ringraziamento alla nipote Isabelle per la sua costante e appassionata collaborazione: oltre a fornirci informazioni e foto della famiglia Miranda, ha coinvolto le cugine Maria Grazia ed Elvira, insieme agli zii Ferdinando e Carmela, permettendo di arricchire ulteriormente il nostro racconto con preziosi dettagli e ricordi.
G.V.





27 settembre 2025

VALVA, 1901: UN ANNO CHE PROFUMA DI GELSOMINO

Ho conosciuto e conosco alcune donne di nome Gelsomina e mi sono occupato della prigionia in Austria di un valvese di nome Gelsomino.
Non sospettavo però che nel 1901 a Valva ben undici tra bambini e bambine avessero ricevuto questo nome, come primo o secondo.
Il 14 gennaio, in via quarta sotto Piazza Plebiscito nasce Gelsomina Spiotta (con altri quattro nomi accanto al primo).
Pochi giorni dopo, il 23, è la volta di Gelsomina Maria Feniello, in via San Biagio.
Il mese si chiude con un’altra bambina: Gelsomina Torsiello, venuta alla luce il 31 gennaio in via seconda Pistelle.
Poi arriva un maschietto: il 4 febbraio nasce Salvatore Gelsomino Strollo, in via prima San Vito.
Una prima pagina triste: il 10 febbraio, nella casa posta in via prima sotto Piazza Plebiscito, nasce senza vita Gelsomina Cuozzo.
Il 24 febbraio, in via prima Porta del Niglio, nasce Gelsomina Maria Francesca Spiotta.
Il 4 marzo viene alla luce Salvatore Gelsomino Spiotta, in via terza San Vito.
Una seconda pagina triste segna la primavera: il 24 marzo, in via seconda sotto Piazza Plebiscito nasce senza vita Gelsomina Mastrolia. Nell’atto di nascita, accanto alla sua firma, il padre sembra lasciare una lacrima: due lettere più scure, in un registro che sa di dolore.
Le strade di Valva continuano a riempirsi di piccoli gelsomini.
In via Pistelle sotto la Chiesa, il 2 maggio nasce Gelsomina Donata Torsiello. A dichiararne la nascita è una zia (o un'amica della mamma), perché il papà è lontano da Valva.
Il 6 giugno in via Piazza dell'Olmo nasce Gelsomina Francesca Maria Macchia.
Il 13 agosto nasce Gelsomina Strollo, nella via quarta sotto Piazza Plebiscito.
Alla fine dell'anno i nati a Valva saranno 54. Undici di loro portano un nome che sa di fiore: Gelsomina, Gelsomino.
Un nome che torna, come un fiore che sboccia tra le case di Valva, in un anno che profuma di gelsomino.

Fonti
https://antenati.cultura.gov.it/
G.V.

19 settembre 2025

AI VALVESI CHE NON ABBASSARONO LA TESTA

20 settembre
 Giornata degli Internati italiani 
nei campi di concentramento tedeschi 
durante la Seconda guerra mondiale
(Legge n. 6, del 13 gennaio 2025)

Quasi un sentiero luminoso. 
Così vorrei ricordare i miei concittadini che ebbero il coraggio di dire NO ai tedeschi. 
L’idea mi è venuta osservando nel centro di Monaco di Baviera un vicolo chiamato Viscardigasse, che durante il regime nazista divenne simbolo di una resistenza silenziosa: un piccolo passaggio utilizzato da chi rifiutava il saluto nazista obbligatorio davanti al monumento dedicato ai “martiri del movimento”. Alcune guardie armate lo imponevano ai passanti, e chi non voleva obbedire allungava il percorso passando per quel vicolo. Oggi, una sottile striscia dorata nel pavimento ricorda quell’atto di disobbedienza civile.

Vorrei dedicare un sentiero simile ai miei concittadini internati militari in Germania, uomini che hanno sofferto la prigionia e lo sfruttamento lavorativo ma che non hanno abbassato la testa, non hanno accettato di "optare" per la Repubblica di Salò o per l'esercito tedesco.
Un sentiero di cubetti di porfido dorati, che guardi verso la montagna di San Michele o verso il fiume Sele; verso la chiesa o verso il cimitero; verso il monumento ai caduti -loro fratelli- o verso le campagne che hanno visto il sudore e i sacrifici di questi soldati, sia quando erano giovani prima e partivano per la guerra, sia quando sono ritornati dalla prigionia.
Non so di preciso quanti siano stati. Ho fatto tre anni e mezzo di ricerche e ne ho individuati venticinque.

Ecco i loro nomi e le loro date di nascita. 
Risuonino nel silenzio grato e rispettoso. 

CALDARONE Flavio — 16 settembre 1921 
CAPPETTA Pasquale — 17 aprile 1924 
CORRADO Carmine — 11 novembre 1920 
CUOZZO Amodio — 25 agosto 1921 
CUOZZO Gelsomino — 11 febbraio 1916 
FALCONE Giovanni — 5 dicembre 1923 
FALCONE Giuseppe — 7 novembre 1915 
FASANO Settimo — 7 agosto 1914 
FENIELLO Cosimo — 6 settembre 1914 
FIGLIULO Minente — 23 settembre 1920 
MARCIELLO Angelantonio — 19 gennaio 1910 
MARCIELLO Scipione — 22 marzo 1923 
MASTROLIA Carmine — 26 novembre 1923 
MASTROLIA Onofrio — 26 novembre 1923 
MEGARO Bonaventura — 1 aprile 1915 
MILANESE Giovanni — 1 gennaio 1917 
PERNA Michele — 5 giugno 1923 
SANTOVITO Enrico — 9 marzo 1922 
SPIOTTA Sabino — 1 settembre 1920 
STROLLO Angelo Michele — 5 settembre 1909 
STROLLO Domenico — 3 aprile 1921 
STROLLO Giuliano — 12 ottobre 1921 
TORSIELLO Pierino — 24 gennaio 1923 
TORSIELLO Pietro — 29 giugno 1920 
VOLTURO Pasquale — 4 novembre 1916  


Penso ce ne siano altri: continuerò a cercarli.
Hanno pagato un prezzo alto per la libertà.
Onoriamo la loro memoria, riconoscendo il loro coraggio e la loro dignità. 
Se le famiglie vorranno, insieme all'Amministrazione comunale e all'Associazione combattenti e reduci potranno fare la richiesta per la medaglia prevista per loro.
Il blog "la ràdica" è a disposizione per informare e collaborare.
Un pensiero particolare a uno di questi soldati: Carmine Corrado, il figlio di Pasquale e Caterina. Catturato sul fronte greco, morirà in un ospedale austriaco il 31 dicembre 1943.
È doverosa infine una precisazione.
In questo lavoro di ricerca, spesso ci siamo occupati anche di soldati valvesi catturati dagli inglesi e tenuti prigionieri per anni: alcuni di loro sono tornati a casa addirittura nell'autunno del 1946, un anno e mezzo dopo la fine della guerra.
Anche se per loro attualmente non è prevista né una giornata commemorativa né una medaglia, il blog "la ràdica" continuerà a ricercare i loro nomi e a ricostruire e raccontare le loro storie.
Nemmeno loro abbassarono la testa e faremo di tutto per onorare anche la loro memoria.
G.V.

18 settembre 2025

EUGENIO, LA STOFFA DEL MERCANTE

Eugenio Miranda nasce a Valva il giorno di San Biagio, il 3 febbraio 1896.
Suo padre Ferdinando è un mercante di tessuti che proviene dalla zona di Napoli e ha scelto di stabilirsi a Valva insieme a sua moglie Rosa.

In paese è già presente un loro compaesano, che potrebbe essere un parente perché ha lo stesso cognome della madre di Ferdinando e proviene dallo stesso comune, Ottaiano (nella grafia dl tempo): si chiama Luigi Cutolo e si è sposato a Valva -da vedovo- nel 1868.

Eugenio è il secondo figlio di Ferdinando e Rosa: tre anni prima  di lui è nata Luisa.
Quando nasce Eugenio, il papà Ferdinando risulta ancora residente a Ottaiano, segno che il trasferimento a Valva non è ancora definitivo.
Eugenio in guerra
Chiamato alle armi il 22 novembre 1915, il 6 dicembre Eugenio è assegnato al 1° Reggimento Genio "Treno". 
Alla visita militare, nel settembre 1915, Eugenio dichiara di essere carrettiere; sa leggere e scrivere. La sua statura è leggermente inferiore alla media nazionale delle reclute, ma è compensata da un torace robusto. È infatti inserito nella prima categoria, che includeva i giovani che risultavano pienamente idonei al servizio militare e venivano arruolati e destinati al servizio attivo.

fonte
Purtroppo il suo foglio matricolare non è particolarmente ricco di informazioni. 
Infatti, l'annotazione successiva riguarda il pagamento del "premio di congedamento" di 200 lire, ottenuto dal 2° Genio, nel dicembre 1919, dunque a guerra finita.
Durante la Prima guerra mondiale, il 1° e il 2° Reggimento Genio operarono spesso nelle stesse aree montane e lungo il fronte dell’Isonzo, svolgendo compiti differenti ma complementari. Il 1° Genio era principalmente impegnato nella gestione della mobilità ferroviaria e delle operazioni logistiche, indispensabili per i rifornimenti e gli spostamenti delle truppe. Il 2° Genio concentrava le proprie attività nella realizzazione di opere difensive e infrastrutture a supporto dell’artiglieria e delle unità di prima linea.
La sovrapposizione geografica e la natura dei lavori rendevano frequente l’aggregazione temporanea di soldati da un reggimento all’altro. Non era raro, ad esempio, che un militare del 1° Genio fosse assegnato al 2° Genio per la costruzione di ponti, trincee o linee di comunicazione. Questo spiega perché,  come nel caso di Eugenio Miranda, il premio di congedamento potesse risultare attribuito da un reparto diverso da quello di arruolamento originario.
Nelle aree strategiche del Trentino, del Veneto e dell’Isonzo la collaborazione tra i reparti ferroviari e quelli del genio di linea fu continua: questa garantiva approvvigionamenti costanti e la realizzazione di infrastrutture essenziali, elementi determinanti per la tenuta del fronte e il sostegno delle operazioni militari.
Il 22 agosto 1919 a Eugenio sarà concessa la Croce al Merito di Guerra:
Successivamente, "per meriti combattentistici" gli sarà riconosciuto il titolo di Cavaliere dell'Ordine di Vittorio Veneto:
fonte

La famiglia
Il 3 febbraio 1923, proprio nel giorno del suo ventisettesimo compleanno, Eugenio sposa Ersilia Manna.
Il matrimonio è celebrato a Colliano, comune della sposa. Ersilia ha 18 anni ed è figlia di Giacomo (carrettiere) e di Teresa Fornataro (donna di casa). I testimoni che firmano l'atto sono Vincenzo Barletta (sellaio) e Vincenzo Gugliucciello (messo comunale). 
Un dettaglio interessante: tra le firme, c'è anche quella della sposa:
Ersilia Manna
Per la foto, ringraziamo Gina D'Arcangelo

Nel novembre dello stesso anno nasce la loro prima figlia, Rosa.
Nel 1925 arriva il primo figlio maschio, Ferdinando.
Negli anni successivi nascono gli altri figli della numerosa famiglia Miranda.
Eccone sette, in questa bella foto del 1935:
Per la foto ringraziamo Gina D'Arcangelo

Partendo da destra: i due figli più grandi, Rosa e Ferdinando, con i braccio due gemelle: Maria e Fernanda. Al centro c'è Luisa, poi Umberto e Gerardina. 
Non sono ancora nati gli altri quattro figli della famiglia Miranda: Francesco, Ersilio, Michelina e Antonia.

Nei ricordi della famiglia è ancora vivo il nome del piccolo Ersilio e un gesto significativo che risale alla sua morte, il 3 maggio 1944. 
All'uscita del feretro dalla casa posta in corso Vittorio Veneto, alcuni soldati americani -ancora in paese dopo il loro arrivo nel settembre precedente- fanno il saluto militare.
Una storia commerciale
Soldato in guerra, commerciante di tessuti in tempo di pace.
Eugenio -come suo fratello Francesco ("Cicchiello")- continuerà il lavoro del padre Ferdinando.
Il periodo della Seconda guerra mondiale è molto duro, ma Eugenio riesce a garantire alla sua famiglia condizioni relativamente buone: il cibo in tavola non manca mai, anche perché spesso i contadini pagano la sua merce con prodotti della terra.
Eugenio utilizza il suo calesse anche per trasportare turisti dalla stazione di Contursi alla zone delle terme. L'autista, suo dipendente, dorme in paese, nella piccola locanda di Raffaele Megaro.
In questa foto leggiamo la scritta "Ditta Miranda Eugenio":
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Ecco Eugenio, elegante nella sua inconfondibile sciarpa di lana:
Nel prezioso archivio di Gozlinus troviamo una foto con alcuni membri della sua numerosa famiglia:
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In alto, Lorenzo Cozza (che diventerà genero di Eugenio); sotto di lui, Ferdinando che abbraccia la sorellina Antonia; accanto a Ferdinando, il giovane con il berretto è il fratello Umberto. 
L'ultimo ragazzo sulla destra è Mosè Caprio, che sposerà Rosa -la prima figlia di Francesco Miranda- e insieme ai fratelli darà vita a una fortunata attività commerciale nel settore dei tessuti. 

L'ultima immagine
La famiglia Caprio è in ottimi rapporti con la famiglia Miranda. 
Una delle ultime immagini di Eugenio rimaste nella memoria del paese è di grande tenerezza: negli ultimi anni, pur avendo ormai dismesso l'attività, continua a frequentare i mercati con lo stesso spirito di sempre, con il furgoncino guidato da Gigino, uno dei figli della signora Maria Grazia che nel frattempo è diventata venditrice di tessuti.
Eugenio, che ha fatto del commercio la sua vita, non smette mai davvero di esercitarlo: con discrezione e semplicità, si rifornisce dalla “comare” Maria Grazia e va a vendere al mercato.
Non è solo un modo per riempire il tempo: immaginiamo che a spingerlo ci siano la memoria di una vita spesa nel commercio, la fierezza di continuare a sentirsi parte di quel mondo, la fedeltà a una passione ereditata dal padre e che non lo ha mai abbandonato.

Con Eugenio e la sua famiglia abbiamo raccontato un altro capitolo della storia dei Miranda a Valva. Nella prossima puntata racconteremo le vicende di altri membri della famiglia, continuando a tessere il filo dei Miranda nel cuore della Valle del Sele.

Questo capitolo della storia della famiglia Miranda è dedicato alla memoria della signora Antonia, figlia di Eugenio, recentemente scomparsa.

🙏Un sentito ringraziamento ai nipoti di Eugenio Miranda, in particolare a Luigina (Gina) e Michele D'Arcangelo (figli di Rosa, la prima figlia): hanno fornito preziose informazioni e coinvolto anche altri cugini nella raccolta di documenti e ricordi.

Fonti
Per i documenti anagrafici: Portale Antenati
I fogli matricolari sono stati consultati o richiesti all'Archivio di Stato di Salerno.
Anche il blog Gozlinus si è occupato della famiglia Miranda in diversi post.
La ricostruzione delle vicende del Genio militare è stata fatta con il supporto di ChatGPT, assistente AI di OpenAI.

G.V.