31 ottobre 2022

SE SOLO POTESTE VINCERE IL FATO, SARETE DUE MARCELLI

Heu, miserande puer, si qua fata aspera rumpas,
tu Marcellus eris.
O, giovane degno di pietà, se solo potessi rompere il tuo fato crudele, 
tu sarai un Marcello.
Così nell'Eneide di Virgilio si parla di un nipote di Augusto destinato a morire giovane.
Ho pensato a questi versi quando ho visto la bellissima foto di Eduardo Marcelli pubblicata da 👉Gozlinus e ho trovato alcune brevi notizie su di lui e su suo fratello Anacleto.
fonte: Gozlinus
Anacleto ed Eduardo Marcelli sono due fratelli nati negli ultimi anni dell'Ottocento (1895 e 1897), in una delle famiglie più illustri di Valva.
Il padre si chiama Francesco Ferdinando, nato nel 1857: bastano i due nomi a far intuire le simpatie borboniche di nonno Francesco.
Poi la storia prende una direzione diversa e i due fratelli Marcelli si trovano al fronte, nello stesso reggimento di fanteria del Regio esercito dell'Italia unita, durante la Prima guerra mondiale.
Anacleto diventa sottotenente di complemento.
Nell'estate del 1916 partecipa, in Veneto, all'attacco sull'Altopiano di Tonezza, che il 24 luglio torna italiano. 
Insieme al suo reggimento, Anacleto è insignito della medaglia d'argento al Valor Militare.
A causa delle ferite riportate in combattimento, muore il 25 luglio.
Sulla sua figura, Gozlinus ha pubblicato due post: 👉Due giovani eroi e un solo destino (che dà notizia del ritrovamento della sepoltura di Anacleto Marcelli nel cimitero di Thiene, in provincia di Vicenza) e 👉La foto dell'eroe ritrovato, che contiene questa bella foto del giovane ufficiale:

Il 29 novembre 1918, poche settimane dopo la fine della guerra, suo fratello Eduardo muore a Valva per una malattia contratta in guerra: risulta infatti a tutti gli effetti un caduto in guerra per il Ministero della Difesa e nel monumento ai caduti a Valva risulta tra i "morti per la guerra".
Possiamo con ragionevole certezza ipotizzare che non abbia partecipato all'attacco di Tonezza.
Entrambi i fratelli sono morti a ventuno anni, due anni in più rispetto al personaggio a cui sono riferiti i commoventi versi virgiliani citati all'inizio, che si concludono con parole di commosso omaggio:
[...] versate gigli a piene mani, che io sparga fiori purpurei

Una famiglia nel contesto valvese
Spesso le nostre ricerche partono dal sito dell'Archivio di Stato di Salerno anche perché questo strumento ci consente di fare alcune riflessioni di carattere socio-economico a partire da semplici dati anagrafici. 
Ad esempio, prendiamo in esame i giovani valvesi della famiglia Marcelli che nella seconda metà dell'Ottocento hanno sostenuto la visita militare: la professione indicata (possidente, proprietario, studente) testimonia un'agiata condizione.
Le liste di leva sono importanti anche per le informazioni che danno sui cognomi femminili: nel nostro caso troviamo tre cognomi molto rari a Valva: Cozzarelli (la madre), Zuccari (la nonna), Olivieri (forse una zia), cognomi che indicano che le signore erano "forestiere", una circostanza diffusa nelle famiglie notabili del tempo.
G.V.

08 ottobre 2022

COL SANGUE, CON LA LIBERTA': QUEI NO PAGATI CARO

Il podcast "Il giorno dopo" è giunto al suo decimo episodio.
Agli eventi legati alle conseguenze dell'8 settembre 1943 è dedicato un ricco episodio, diviso in tre parti; la terza parte analizza le vicende in Grecia e nelle isole.
Il 9 settembre 1943 in Grecia vengono catturati Minente Figliulo e Cosimo Feniello (quest'ultimo ad Atene). 
E' probabile che anche Carmine Corrado sia stato catturato nella zona di Atene, visto che apparteneva allo stesso reggimento di Cosimo Feniello. 
Carmine morirà di malattia durante la prigionia e sarà sepolto a Mauthausen, dove ancora oggi riposa. Ci siamo occupati di lui in tre post del nostro blog: 

La divisione Acqui
Cefalonia e Corfù hanno una posizione strategica; i tedeschi inviano truppe in zona già in estate, considerando più probabile uno sbarco alleato in questa area che in Sicilia. 
Dopo la proclamazione dell'armistizio, la Divisione Acqui -di stanza nell'isola di Cefalonia e  con una parte delle truppe a Corfù- è chiamata a una scelta drammatica. 
Gli ordini che giungono sono contraddittori: prima si autorizza l’uso  delle armi in caso di attacco da parte dei tedeschi (di di fatto si sostiene la neutralità italiana), poi la sera del 9 settembre il comandante dell'XI Armata, Vecchiarelli, emana l'ordine di resa ai tedeschi in tutta la Grecia, ma il comandante della Divisione, Antonio Gandin, prende tempo, perché considera l’ordine in contrasto con la dichiarazione dell’armistizio (le truppe italiane sarebbero in balìa di quelle tedesche). Gandin inizia le trattative con il comandante tedesco cercando di rinviare la resa. 
A Corfù il comandante italiano Lusignani rifiuta nettamente ogni trattativa con i tedeschi. 
Dopo vari tentativi falliti di contattare telefonicamente il governo italiano, solo il 13 settembre arriva dal Comando Supremo italiano, che si trova a Brindisi dopo la fuga, l'ordine di resistere alle forze tedesche, che devono essere considerate nemiche. 
Quando giunge l'ultimatum tedesco accade qualcosa di inedito: una consultazione fra le truppe italiane; ai soldati viene chiesto se consegnare le armi o combattere contro i tedeschi, quasi tutti decidono di combattere. 
A Cefalonia, il 15 settembre inizia la battaglia. 
Tante testimonianze ricordano il forte spirito di corpo e la determinazione mostrata dai soldati italiani contro i tedeschi. 
Le truppe tedesche, grazie ai rinforzi giunti dall'entroterra e soprattutto grazie all'appoggio aereo, hanno la meglio sui soldati italiani dopo circa una settimana di combattimenti. 
Gli italiani si arrendono il 22 settembre, ma questo non ferma il massacro; il 24, le salme degli ufficiali trucidati nella "Casetta rossa" vengono gettate in mare, i corpi dei soldati bruciati. 
Nei tre giorni seguenti, i massacri si ripetono a Corfù, dove i tedeschi sono sbarcati il 24 settembre. 
La tragedia della Divisione Acqui non finisce a Cefalonia e a Corfù. 
Tre navi che trasportano i prigionieri vengono affondate, causando oltre mille morti (tremila, secondo altre fonti). Circa seimila sopravvissuti iniziano un viaggio di oltre un mese verso i campi di prigionia nell'Europa dell'Est. 

I valvesi nella Divisione Acqui
Due valvesi appartenenti al Battaglione mitraglieri di corpo d’armata della Divisone Acqui risultano dispersi in combattimento il 9 settembre; entrambi sono della classe 1911:
Alfonso Feniello
Da civile esercitava il mestiere di mulattiere; verrà dichiarato “morto presunto a Cefalonia” da una sentenza del tribunale di Salerno nel 1956.  
Giuseppe Macchia 
Disperso a Corfù. Negli anni precedenti, ha partecipato alle operazioni di guerra sul fronte albano-greco-jugoslavo fino alla resa della Grecia e ha ricevuto il distintivo del Regio Governo d’Albania. Successivamente, è stato aggregato al Battaglione mitraglieri. 
Un post di Gozlinus del giugno 2019 parla della loro vicenda e mostra anche le loro (rare) foto.
Della divisione Acqui fa parte anche Pasquale Cappetta, chiamato alle armi a maggio e fatto prigioniero a settembre. Sarà il prigioniero matricola 117709, nel campo di Luckenwalde, Stalag del settore III A.  
Di lui, gli Archivi Arolsen conservano due documenti.
Ecco un foglio di registro, con numero di matricola, codice del campo di prigionia, data di nascita a professione (o impiego nel campo):
Pasquale Cappetta è definito "bauer", "contadino"; fonte
Questo documento sembra essere un appello mensile (nel febbraio 1944):
Il nome che nell'elenco viene dopo Cappetta Pasquale sembra di un valvese,
ma la data di nascita non corrisponde; fonte
In quel momento, Pasquale non ha ancora compiuto venti anni.


G.V.

01 ottobre 2022

OTTO VALVESI PRIGIONIERI

Dopo l'8 settembre diversi valvesi vengono fatti prigionieri dai tedeschi in Jugoslavia, Albania, Grecia, Dodecaneso. 
Di sei prigionieri valvesi non siamo però in grado di indicare il luogo di cattura né, in quasi tutti i casi, il fronte di guerra.

Mastrolia Carmine, classe 1923, fante
Carmine Mastrolia risulta prigioniero dall'8 settembre.
E' giunto alle armi nel gennaio 1943, assegnato al 67.mo Reggimento Fanteria in Como. Il suo reggimento nel settembre 1943 risulta in Puglia; a fine settembre, sarà la prima grande unità militare del nuovo Esercito Cobelligerante Italiano, che combatterà accanto alle forze alleate. 
Non siamo ancora in grado di dire dove sia stato catturato il fante valvese.

Mastrolia Onofrio, classe 1923, fante
Nemmeno di un altro fante valvese, Onofrio Mastrolia, siamo in grado di indicare con precisione il luogo di cattura. 
Sappiamo che anche lui è giunto alle armi nel gennaio 1943, assegnato al 49.mo Reggimento Fanteria in Ascoli Piceno. 
Nel settembre 1943 il reggimento risulta impegnato in Albania. Di Onofrio Mastrolia l'Archivio Arolsen conserva un documento significativo: la scheda compilata dagli Alleati il 9 luglio 1945. Egli sarà rimpatriato l'8 settembre 1945, esattamente due anni dopo la cattura. 
Negli anni successivi, emigrerà in Francia.

Spiotta Sabino, classe 1920 
Risulta prigioniero dei tedeschi il 12 settembre 1943 e rimpatriato il 4 agosto 1945. E' assegnato al reparto distrettuale Savona. In un documento degli Archivi Arolsen risulta presente in Germania dal 1 gennaio al 7 aprile 1945: è probabilmente un elenco di internati che lavorano in un'azienda in Bassa Sassonia; nel foglio che alleghiamo, si nota la nazionalità degli altri prigionieri: polacchi, ucraini, olandesi.

Si notino due refusi: Solino al posto di Spiotta e Valoa al posto di Valva

Torsiello Pietro, classe 1920, fante
Quando il 22 aprile 1939 è dichiarato abile e arruolato, Pietro Torsiello rinuncia al beneficio del congedo anticipato; è chiamato alle armi nel febbraio 1940, assegnato all'85.mo Reggimento Fanteria. 
A questo punto, la sua storia diventa difficile da ricostruire.
Il prezioso sito www.regioesercito.it informa che il reggimento è impegnato in Africa; viene sciolto nel 1941 a causa delle gravi perdite subite; nei mesi successivi, con i superstiti anche di altri reggimenti viene costituito il Reggimento di Fanteria "Sabratha", sciolto poi nell'estate 1942 nella zona di El Alamein. Il personale e il materiale superstiti vengono trasferiti al 61.mo Reggimento Fanteria della Divisione "Trento", che a sua volta sarà sciolto per eventi bellici il 25 novembre 1942. 
Seguendo le vicende del reggimento al quale è stato assegnato, dobbiamo ipotizzare che Pietro Torsiello sia stato in Africa, ma il documento custodito negli Archivi Arolsen  che pubblichiamo ne testimonia sicuramente la presenza in Germania come internato militare italiano. 
Il documento è un elenco, redatto a Monaco nel 1946; Pietro Torsiello risulta in Germania dal settembre 1944 all'aprile 1945.

Falcone Giuseppe, classe 1915, fante
Il soldato Giuseppe Falcone risulta assegnato al 90.mo Reggimento Fanteria Salerno. Il reggimento risulta in Russia; dopo il rimpatrio, viene sciolto dopo l'8 settembre, mentre è ancora in fase di riordinamento in Lombardia. Al comune di Valva risulta fatto prigioniero di guerra il12 settembre, mentre nella sua scheda nell'Archivio IMI la data di cattura risulta il 25 settembre.
Un documento custodito negli Archivi Arolsen riporta il nome  della località presso la quale egli lavorava. Non siamo ancora in grado di indicare il luogo e le circostanze della cattura. 

Nelle convulse vicende del "giorno dopo", cioè a partire dall'indomani dell'annuncio dell'armistizio, altri soldati valvesi vengono fatti prigionieri dai tedeschi, in zone sicuramente diverse dai Balcani. Di questi soldati, conosciamo il fronte in cui sono stati catturati e, in due casi, anche il luogo preciso: in Italia, evidentemente prima della nascita della Repubblica di Salò (che avverrà il 23 settembre 1943).

Strollo Domenico, classe 1921
Risulta catturato sul fronte francese il 9 settembre.
Non conosciamo il luogo preciso. Di lui conosciamo il campo di internamento, lo Stalag VI D, a Dortmund. 

Strollo Giuliano, classe 1921, fante
Assegnato al 4 Reggimento Fanteria Carrista, è catturato il 10 settembre a Vercelli

Perna Michele, classe 1923, fante
Risulta catturato a Trieste. Il suo reggimento, il 24.mo Fanteria, è in territorio jugoslavo, con compiti di presidio e controguerriglia. 

Falcone Giuseppe è il numero 284; Kr.Gef. significa "prigioniero di guerra"


🎧 Podcast

Nei seguenti episodi del podcast "Il giorno dopo" ci sono altre informazioni sui valvesi prigionieri o caduti nella Seconda guerra mondiale.


Blog


Questi i post più recenti dedicati agli altri prigionieri valvesi:


G.V.

30 settembre 2022

IL GIORNO DOPO NEL DODECANESO ITALIANO

In occasione della pubblicazione del decimo episodio del podcast "Il giorno dopo", dedichiamo un approfondimento all'isola di Rodi.
L'episodio "La prima Resistenza" è particolarmente ricco di informazioni ed è pertanto diviso in tre parti: ci occupiamo dei primi italiani che si oppongono ai tedeschi e cadono sul campo o sono  fatti prigionieri, su un fronte che va dai Balcani all'Egeo.
Nella terza parte dell'episodio analizziamo le conseguenze dell'8 settembre sui soldati italiani in Grecia, nel Dodecaneso italiano e in altre isole.

L'Italia a Rodi e nel Dodecaneso
I soldati italiani sono impiegati nel controllo delle isole del Dodecaneso, nell'Egeo. Queste isole sono state conquistate durante la Guerra italo-turca (1911-1912), trasformate in colonia e poi in possedimento d'oltremare, nel 1926.

Così, nel 1936, l'Enciclopedia Treccani presentava la popolazione di Rodi:

La popolazione è formata da quattro elementi diversi per lingua e per religione, per quanto tutti gli abitanti siano cittadini italiani. Gl'indigeni, però, sono privi di diritti politici ma non hanno obblighi di servizio militare. Gl'Italiani d'origine sono quasi tutti cattolici, di rito latino.  [...]

La grande maggioranza della popolazione si dedica ad attività particolari. Gli ortodossi sono dediti per lo più al commercio e alla pesca, in campagna all'agricoltura e alla pastorizia. I musulmani all'artigianato e all'agricoltura, gl'israeliti esclusivamente al commercio e alle banche. L'elemento cattolico, ossia italiano, è rappresentato, oltre che da funzionari, da contadini, da operai specializzati, da commercianti, industriali, imprenditori.

Dopo l'8 settembre
L'8 settembre 1943, il comandante delle truppe italiane in Grecia, il generale Vecchiarelli, proclama che gli italiani non rivolgeranno le armi contro tedeschi, ma reagiranno ad ogni violenza armata. 
Pressato dai tedeschi, il 9 settembre invita a cedere loro le armi. Tra i soldati c'è disorientamento. Vecchiarelli crede alle parole dei tedeschi, che promettono di riportare le truppe in Italia; accetta il disarmo, anche se gli italiani sono più numerosi dei tedeschi.
I comandanti in Grecia in maggioranza obbediscono, ma quelli delle isole no; sulle isole gli italiani sono di più e sanno che esse sono importanti per gli anglo-americani. 
Rodi ha una grande importanza strategica per il controllo dell'Egeo, ma gli Alleati non la occupano dopo l'armistizio (anche perché sono impegnati a sbarcare a Salerno). 

La caduta di Rodi
L'isola è occupata quasi subito, nonostante la superiorità delle truppe italiane. 
Anche a Rodi c'è una resistenza, con perdite tra gli italiani. 
Uno dei dispersi in battaglia è il valvese Enrico Fusella
Nato nel 1923, chiamato alle armi nel febbraio 1942, Enrico Fusella è assegnato alla Nona Compagnia sussistenza di Bari. 
Alla stessa compagnia è assegnato Amodio Cuozzo, che sempre a Rodi sarà fatto prigioniero il 25 settembre. 
Abbiamo raccontato la sua storia nel post Un uomo mite dal nome insolito.

Il diario di un valvese
Un soldato nato a Valva, Giovanni Milanese, ci ha lasciato un diario della sua prigionia da internato militare italiano, prima nella Polonia occupata dai nazisti e poi in Germania. 
Il suo "Frammenti di storia" [Palladio, 1997] ci aiuta a ricostruire le vicende di cui ci stiamo occupando ed è una testimonianza preziosissima per ricostruire le condizioni di prigionia degli internati militari italiani.
Anche lui viene catturato a Rodi. 
Ecco come racconta i giorni dopo l'8 settembre. 


    8 settembre 1943

Alle ore 20.30, a quota 99 di Ofanto, so dell'armistizio con le potenze alleate.

    9 settembre 1943 

[...] Bisogna lasciar passare i tedeschi, purché non abbiano intenzioni ostili [...]

    11 settembre 1943

[...] Alle 17 i tedeschi entrano in Rodi, facilitati dall'inerzia e fare ambiguo di molti ufficiali superiori e dall'aiuto dato da un battaglione di camicie nere esistenti sul territorio.

Alle 19 ci vien dato l'ordine di cedere le armi e di arrenderci. Grande costernazione!

Il capitano di fanteria Romeri [...] va dal colonnello Manna per pregarlo di prendere qualche iniziativa ma il colonnello Manna risponde che si è combattuto fino allora coi tedeschi e bisogna continuare a combattere a loro fianco.

    12 settembre 1943
Si attendono ordini.

    13 settembre 1943
Si attendono ordini.

    15 settembre 1943
Ci ritiriamo a Calitea [frazione di Rodi].



La caduta di Coo
A Coo e in altre isole gli inglesi riescono a far sbarcare piccoli contingenti, ma non si riesce a evitare l'occupazione tedesca. Coo viene occupata il 4 ottobre: 600 inglesi e 2500 italiani sono fatti prigionieri. 
Tra i prigionieri condotti nei campi di internamento in Germania c'è il nostro Settimo Fasano, catturato il 4 ottobre. Suo fratello Ottavo è già morto nell'Africa Settentrionale italiano, da quasi tre anni. Abbiamo raccontato la loro storia nel post Settimo ha un fratello di nome Ottavo, ma non è una fiaba.
Uno storico inglese ha scritto:

Gli italiani fiduciosi che si erano uniti agli inglesi dopo abbondanti promesse di aiuti britannici, si trovarono abbandonati da tutti [...] Agli occhi degli inglesi non erano importanti; agli occhi dei tedeschi non erano altro che traditori dell'Asse.

[P.C. Smith e E. Walker, War in the Aegean, London, 1974; citato in: Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando, Il Mulino]


Per le foto del Sacrario italiano a Rodi ringraziamo il signor Michele Tammaro per la gentilissima collaborazione.

🔍Approfondimenti

Per la ricostruzione storica, fondamentale il seguente testo:

- Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando -8 settembre 1943, il Mulino, 2003

🎧 Podcast



G.V.

25 settembre 2022

LA MEGLIO GIOVENTU'

Il nostro podcast "Il giorno dopo", dedicato alle conseguenze dell'armistizio del settembre 1943, negli episodi pubblicati in questi giorni si occupa delle vicende in Jugoslavia, Albania, Grecia e Dodecaneso dopo l'8 settembre.

Abbiamo ritenuto di dividere in tre parti l'episodio dal titolo "La prima Resistenza".

Il titolo cita un post pubblicato dal nostro blog, dedicato a tre soldati valvesi caduti a Cefalonia, Corfù e Rodi.

La decisione dei soldati italiani che rifiutano di consegnare le armi ai tedeschi è a tutti gli effetti una forma di resistenza, proprio negli stessi giorni in cui viene fondato il Comitato di Liberazione Nazionale (proprio il 9 settembre).

I tedeschi approfittano dell'immobilità dell'esercito italiano -in attesa di ordini, nel caos nato l'8 settembre- e occupano punti strategici, seguendo un piano ben preciso.

La prima Resistenza, prima parte

Qui trovate la prima parte dell'episodio: 👉

L'episodio inizia con un'introduzione storica dedicata all'espansionismo italiano nei Balcani: Guerra italo-turca degli anni 1911-12, prima spedizione in Albania nel 1914, occupazione di Corfù nel 1923, occupazione dell'Albania del 1939; vengono analizzate poi le vicende dell'invasione della Grecia (ottobre 1940-aprile 1941) e della Jugoslavia (aprile 1941).

Sbarco di truppe italiane in Albania nella primavera del 1939
(foto Corriere della Sera Illustrato); fonte

La campagna italiana in Grecia -il cui governo con fierezza rifiuta l'ultimatum dell'Italia fascista- si rivela un fallimento; solo l'intervento tedesco nell'aprile del 1940 costringerà alla resa la resistenza greca.

A questa guerra risale il celebre canto della brigata alpina "Julia", Sul ponte di Perati.

Ecco alcuni significativi versi: 

Sul ponte di Perati, bandiera nera:
L'è il lutto degli alpini che fan la guera
L'è il lutto degli alpini che fan la guera
La meglio zoventù che va sottoterra. 

[...]

Quelli che son partiti, non son tornati:
sui monti della Grecia sono restati.

Il brano sarà prima censurato e poi proibito dal fascismo, perché considerato disfattista. Per questo episodio del nostro podcast ne abbiamo scelto una struggente versione  del gruppo bellunese Al Tei.

Nei Balcani cadono quattro soldati valvesi:

Francesco Feniello, in Albania, il 13 marzo 1941
Francesco Torsiello, in Croazia, il 27 febbraio 1942
Giuseppe Macchia, in Grecia, il 1 agosto 1943
Michele Macchia, in Grecia, il 17 agosto 1943

Domenica del Corriere, 3 novembre 1940: notizia dell'invasione italiana della Grecia

Abbiamo raccontato la storia di Michele Macchia nel post "Michele, tornato avvolto nel Tricolore".

Siamo alla ricerca di notizie relative agli altri tre soldati.

L'episodio analizza poi le prime conseguenze dell'8 settembre 1943.

L'annuncio dell'armistizio coglie di sorpresa la maggioranza dell'esercito italiano, mentre quello tedesco reagisce con prontezza: occupa aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, vie di comunicazione; dimostra di agire seguendo piani già pronti. Intanto, gli Alleati sbarcano a Salerno.

Salerno, applausi al passaggio di un carro armato britannico, dopo lo sbarco alleato del 9 settembre, fonte

Come abbiamo  visto nel post "Il giorno in cui nacquero gli IMI", già a partire dal 10 settembre 1943 la Germania emana durissime direttive sul trattamento da riservare ai soldati italiani.

In sintesi: chi accetta di combattere al loro fianco, viene trattato come un soldato tedesco; chi rifiuta, viene fatto prigioniero; chi si schiera al fianco dei partigiani viene fucilato (se è un ufficiale), impiegato come forza lavoro (se è un semplice soldato). 

Il 20 settembre 1943 viene utilizzata per la prima volta la definizione di “internati militari”, allo scopo di sottrarre i prigionieri di guerra italiani alle convenzioni internazionali. 

In mancanza di ordini, molti generali e ufficiali fuggono, mentre diversi soldati vengono consegnati nelle caserme, dove sono poi catturati dai tedeschi; in molti casi, essi sono invitati a "sbandarsi" e a tornare a casa. 

🔍Approfondimenti

Ecco alcuni dei brani che abbiamo scelto per il commento musicale del podcast:

-  Ludovico Einaudi, Le Onde (Le Onde, BMG Ricordi, 1996)
- Francesco de Gregori - Giovanna Marini, Sento il fischio del vapore (Il fischio del vapore, Caravan, 2002)
- Sul ponte di Perati, canto della brigata alpina "Julia" (nella versione del gruppo Al Tei)

Per la ricostruzione storica, fondamentale il seguente testo:

- Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando -8 settembre 1943, il Mulino, 2003

Sulla guerra in Grecia:


🎧 Podcast


G.V.

24 settembre 2022

TRE VALVESI CATTURATI IN JUGOSLAVIA

Continua la nostra analisi delle conseguenze dell'8settembre 1943; in questo post ci occupiamo delle vicende dei soldati italiani, e valvesi, di stanza in Jugoslavia.

Nella foto dell'Istituto Luce, una postazione di guardia  in una zona di confine
(probabilmente tra Italia e Regno di Jugoslavia); fonte


L'Italia in Jugoslavia

L'Italia dichiara guerra alla Grecia nell'ottobre 1940 ma nella prima fase è in difficoltà; si rende decisivo l'intervento dell'alleato tedesco: con l'operazione "Castigo", nell' aprile 1941 la Germania attacca Grecia e Jugoslavia. 

I tedeschi bombardano Belgrado, avanzano in Croazia e Serba, occupano la Grecia. 

L'esercito italiano avanza verso Lubiana, ma la maggior parte delle città della Dalmazia e del Montenegro conquistate dall'Italia lo saranno solo dopo la resa jugoslava. 

Come si vede nella cartina, l'Italia controlla la Slovenia meridionale, la fascia costiera adriatica, il Kosovo, il Montenegro e alcune zone della Macedonia.

La cartina è tratta dal sito www.valigiablu.it; fonte

Dopo l'8 settembre in Jugoslavia

I soldati italiani in Jugoslavia apprendono alla radio la notizia dell'armistizio.

Quando il 9 settembre mattina arrivano gli ordini, c'è un'espressione decisiva: "senza spargimento di sangue". Altre direttive nei giorni successivi confermano.

La vicenda più tragica che riguarda i soldati in Jugoslavia è quella della divisione di fanteria Bergamo: 1500 soldati si uniscono ai partigiani jugoslavi, sia per evitare di essere catturati dai tedeschi sia per poter mangiare.

Quando i tedeschi conquistano Spalato, cominciano rastrellamenti e rappresaglie.

Stiamo verificando un'ipotesi: il soldato valvese Angelantonio Marciello, catturato il 12 settembre e deportato militare in Germania, risulta catturato sul fronte greco. In realtà, essendo arruolato nel 26.mo Reggimento fanteria, quello chiamato Bergamo, è possibile che il fronte sia proprio quello jugoslavo.

In Croazia, il 9 settembre risulta catturato Giovanni Falcone, arruolato nel 52.mo Reggimento fanteria a Spoleto. Il reggimento è impiegato in operazioni di polizia: presidio e controguerriglia. Dopo l'8 settembre, si scioglie nella zona di Lubiana. 

Giovanni Falcone sarà prigioniero nello Stalag IX-C, con quartier generale vicino a Bad Sulza (in Turingia) e molti sottocampi.

Il 9 settembre viene catturato anche un altro soldato valvese: Pasquale Volturo

Già nell'aprile 1941 ha partecipato alle operazioni di guerra alla frontiera italo-jugoslava; è arruolato nel 23.mo settore di copertura della Guardia di Frontiera, con il quale prenderà parte ad altre operazioni di guerra nei Balcani, per quasi due anni (fino all'8 settembre 1943). 

Non sappiamo dove sia avvenuto l'arresto; sappiamo che il suo settore di copertura interessava una zona dell'attuale Slovenia.

Pasquale Volturo sarà prigioniero a Dachau.


21 settembre 2022

L'8 SETTEMBRE AL DI LA' DELL'ADRIATICO

Le conseguenze dell'armistizio reso pubblico l'8 settembre 1943 sono particolarmente drammatiche per i soldati italiani di stanza nei Balcani e nell'Egeo. 

In questo post analizzeremo in particolare la situazione in Albania.

L'Italia nei Balcani

Con la guerra italo-turca, l’Italia ha occupato le isole del Dodecaneso e l’Epiro settentrionale, un territorio tra Albania e Grecia, di fronte all’isola di Corfù, isola che viene occupata nel 1923.

Nel 1914 l'Italia occupa l'Albania, e dal 1917 al 1920 esercita un protettorato sul piccolo stato balcanico.

Nell’aprile 1939, dopo che Hitler ha occupato la Cecoslovacchia, Mussolini invade l’Albania.

Aprile 1939: l'Italia invade l'Albania

L'illusione della neutralità italiana dopo l'8 settembre

Dopo l'8 settembre 1943, i soldati italiani di stanza nei Balcani e in Grecia devono decidere se consegnarsi ai tedeschi o combatterli.

Si diffonde l'illusione che l'Italia possa rimanere neutrale per evitare ritorsioni tedesche. E' un approccio che condanna le forze italiane, che non prendono iniziative a differenza dei tedeschi.

L'annuncio dell'armistizio coglie di sorpresa i soldati italiani, che non sapevano nulla delle trattative; essi non ricevono un ordine diretto di disarmare i tedeschi, a decidere son i singoli comandanti. 

Alla forze nel Mar Egeo viene ordinato di disarmare i tedeschi solo in caso di "prevedibili atti di forza" da parte di questi ultimi. Nella notte dell'8 settembre, il Comando Supremo dà indicazioni di non fare atti ostili contro i tedeschi; questo determinerà un atteggiamento passivo da parte dei comandi italiani nella regione. L'11 settembre finalmente le direttive sono chiare: bisogna attaccare i tedeschi; è tardi, però: le divisioni italiane in gran parte si sono già arrese. 

Mentre dall'Italia non arrivano ordini, i tedeschi occupano aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, vie di comunicazione; ancora una volta, essi si muovono seguendo un piano ben preciso. Promettono di rimpatriare le truppe italiane in cambio del disarmo, ma poi non manterranno gli impegni presi. 

La situazione in Albania

Tra il 25 luglio e l'8 settembre, le forze tedesche sono state autorizzate a occupare tutti gli aeroporti. Le forze italiane sono inferiore a quelle tedesche. 

Nella foto dell'Istituto Luce, una folla di albanesi a Tirana
ascolta il discorso di entrata in guerra dell'Italia; fonte

La sera dell'8 settembre arriva l'ordine di reagire ai tedeschi per non essere disarmati; non si deve però prendere l'iniziativa di atti ostili contro i tedeschi. L' 11 settembre, il comando italiano è circondato: tutti gli ufficiali sono fatti prigionieri. 

I tedeschi fanno opera di propaganda: distribuiscono manifestini che promettono il ritorno in patria agli italiani. Molti soldati sperano di tornare in Italia.  

Un soldato ingannato due volte

Pensiamo a un soldato di Valva catturato in Albania: Enrico Santovito. 

Sappiamo che è stato catturato l'11 novembre. La sua famiglia ha raccontato un episodio relativo alla sua liberazione: fu ingannato e si trovò su un treno diretto in Unione Sovietica; a Praga si accorse dell'inganno e, dopo un mese trascorso a racimolare il denaro necessario al viaggio di ritorno, partì per l'Italia. Potrebbe essere stato ingannato dai tedeschi in Albania e dai sovietici in Germania.


Bibliografia

Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino

Podcast

Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi


G.V.

20 settembre 2022

IL GIORNO IN CUI NACQUERO GLI IMI

Come già avvenuto dopo il 25 luglio, gli italiani interpretano la firma dell’armistizio come la fine della guerra; subentra però subito la preoccupazione: cosa faranno i tedeschi? Gli angloamericani sbarcheranno ancora?

La risposta arriva subito: i tedeschi occupano le città, applicando un piano già pronto; gli angloamericani sbarcano a Salerno già il 9 settembre.

Quando i tedeschi capiscono che ci sarà uno sbarco nell’Italia del Sud, il comando tedesco dà un ultimatum all’Italia, presentando alcune richieste e minacciando l’immediato disarmo delle truppe italiane. 

La maggioranza dell’esercito italiano viene colta di sorpresa, quello tedesco è invece già preparato.

Le direttive "criminali" sui prigionieri italiani

Il 10 e il 12 settembre vengono emanate dalla Germania alcune direttive che uno storico tedesco in un suo libro sugli internati militari nei campi di concentramento in Germania ha definito “criminali”.

Quale trattamento si deve riservare ai soldati italiani?

Chi aderisce alla proposta di combattere al fianco della Germania, può conservare le armi e viene trattato come un soldato tedesco.

Chi non vuole collaborare, deve essere inviato nei campi di internamento in Germania o in altri paesi alleati, come prigioniero di guerra.

Chi si schiera apertamente al fianco dei partigiani, viene fucilato se è un ufficiale, impiegato come forza lavoro nei territori dell’est Europa se è un semplice soldato.

In questa prima fase nelle direttive tedesche si parla di prigionieri di guerra; soltanto il 20 settembre 1943, su ordine di Hitler, agli italiani catturati viene attribuita la denominazione di internati militari: in questo modo, essi non sono tutelati dalle convenzioni internazionali, anche se è una decisione del tutto arbitraria dal punto di vista del diritto internazionale.

Un appello all'aperto, nel mese di gennaio 1944.
La foto è tratta da: Ho scelto la prigionia, di Vittorio Vialli (il Mulino); fonte

Lo sbando

Tra l'8 il 9 settembre i tedeschi prendono possesso di aeroporti, stazioni ferroviari, centrali dei telefoni e delle poste; cercano di controllare le principali vie di comunicazione; entrano nelle caserme italiane e chiedono il disarmo delle truppe.

In mancanza di ordini precisi da parte del Comando italiano, molti generali e ufficiali fuggono; diversi soldati vengono consegnati nelle caserme, dopo sono poi catturati dai tedeschi, In altri casi, sono invitati a "sbandarsi" e a tornare a casa.

Il "colpo grosso"

Il disarmo degli italiani viene definito a Berlino "il colpo grosso": l'ultima vittoria militare tedesca prima della fine della guerra, scrive lo storico Nicola Labanca.

Su un milione di soldati italiani, solo qualche decina di migliaia sceglie la strada dell'adesione alla Wehrmacht o addirittura alle SS: una via che sembra garantire il ritorno in Italia.

Come scrive lo stesso Labanca,

dalla Francia, dai Balcani, dall'Italia, lunghi treni, spesso piombati, portarono in poche settimane centinaia di migliaia di militari nei vasti territori del Reich, dai confini con la Francia alla Polonia. Chiusi a decine in vagoni senza servizi, senza o con poco cibo, senza indicazioni sul logo di destinazione, non di rado ingannati (a molti in servizio nei Balcani era stato detto che sarebbero stati portati in Italia), sottoposti a violenze e perfino uccisi alla minima resistenza, il viaggio dal luogo di cattura a quello di prima detenzione [...] fu sempre ricordato dai soldati italiani internati come un incubo, come il precipitare in un abisso senza speranza.

fonte

Bibliografia

Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino

Nicola Labanca, Prigionieri, internati, resistenti- Memorie dell' "altra Resistenza", Editori Laterza


Podcast

Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi


G.V.