Le poche patate che danno "alla mano" ogni tre giorni, hanno ora dei lunghi germogli pallidi e molli come vermi. Dev'essere primavera.
Vengono in mente queste parole dell'internato militare Giovanni Guareschi, il celebre autore dei romanzi di don Camillo e Peppone, quando si pensa a zio Enrico Santovito, che raccontava di mangiare solo patate e di essere dimagrito tantissimo durante la sua prigionia in Germania.
Ieri alla sua memoria è stata consegnata la medaglia d'onore del Presidente della Repubblica, durante una cerimonia presso il Salone dei Marmi del comune di Salerno, nel corso della quale sono state consegnate le medaglie ai familiari di 27 ex internati della provincia di Salerno.
A ritirare la medaglia, la nipote Rosanna.
Rosanna con la zia Michelina, figlia di Enrico Santovito |
La cerimonia
A presiedere la cerimonia, il prefetto Francesco Esposito; erano presenti, tra i partecipanti, il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli e l'arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno mons. Andrea Bellandi.
Hanno preso la parola la direttrice dell'Archivio di Stato Fortunata Manzi e la presidente della Società Dante Alighieri Pina Basile.
Gli studenti di alcune scuole salernitane hanno eseguito alcuni brani musicali e proiettato un documentario fotografico sulla visita al Lager di Auschwitz-Birkenau.
Abbiamo chiesto a Rosanna Santovito di riassumere le parole del Prefetto e di condividere con noi le sue emozioni.
Ecco cosa ha riportato la nipote di zio Enrico:
Il Prefetto ha iniziato il suo discorso spiegando l'etimologia del termine memoria, che indica la capacità di ritenere traccia di informazioni relative a eventi, immagini, sensazioni e idee di cui si sia avuta esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato, riconoscendole come stati di coscienza trascorsi. Per sopravvivere ai dolori e ai traumi, la mente tende a eliminare o a mettere in disparte i ricordi dolorosi che hanno segnato la persona.
A questo punto io mi sono soffermata a pensare che mio nonno Enrico non ha mai dimenticato quegli eventi, anzi fino agli ultimi giorni della sua vita ha parlato di quegli orrori, portandosi addosso quel trauma con incubi e paure ricorrenti su una possibile nuova guerra.
Ecco la conclusione del discorso del prefetto Esposito:
La memoria è il fondamento della nostra Repubblica, che si basa sui principi di uguaglianza, libertà, solidarietà e riconoscimento della dignità umana. Non dobbiamo correre il rischio che il Giorno della Memoria sbiadisca con il trascorrere del tempo e si trasformi soltanto in una ritualità ripetitiva, ma dobbiamo viverlo come un sentimento civile, coinvolgente e appassionato, per preservare la pace, l'amicizia tra i popoli, il dialogo, la libertà e la democrazia. Mi piace concludere citando Primo Levi: l'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria. Questa frase, così suggestiva, assume oggi particolare rilievo perché, con il venir meno delle testimonianze dei sopravvissuti, grava su tutti noi ancora di più la responsabilità di tenere viva la memoria nel suo significato più autentico. fonte consultata
Esprime la sua soddisfazione Fiorenza Volturo, presidente della sezione di Valva dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci:
E' stata una data importante per la nostra comunità, inserita tra gli eventi del Giorno della Memoria, sempre più consapevole che la democrazia ci è stata consegnata da uomini come zio Enrico. L'onore della Memoria e l'anelito alla libertà di uomini che non ripudiarono la loro Patria siano il nostro faro perché il Male non torni.
La presidente Volturo, con la collaborazione dell'amministrazione comunale, aveva cercato di far ottenere la medaglia d'onore al signor Enrico Santovito quando egli era ancora in vita.
Salutando l'ultimo reduce valvese dell'internamento in Germania, aveva scritto:
Il tempo non ci è stato amico, ma il mio impegno sarà quello che il suo onore venga riconosciuto in memoria dalla più alta carica dello Stato.
Ora la promessa è stata mantenuta, la medaglia a zio Enrico Santovito è stata concessa.
L'auspicio è che si riesca a farla ottenere anche alla memoria degli altri valvesi internati in Germania, pur nella consapevolezza che il percorso non è breve.
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G.V.