Heu, miserande puer, si qua fata aspera rumpas,tu Marcellus eris.O, giovane degno di pietà, se solo potessi rompere il tuo fato crudele,tu sarai un Marcello.
fonte: Gozlinus |
Uno strumento di ricerca storica per ricostruire e custodire la memoria dei valvesi caduti o fatti prigionieri in guerra
Heu, miserande puer, si qua fata aspera rumpas,tu Marcellus eris.O, giovane degno di pietà, se solo potessi rompere il tuo fato crudele,tu sarai un Marcello.
fonte: Gozlinus |
Alfonso FenielloDa civile esercitava il mestiere di mulattiere; verrà dichiarato “morto presunto a Cefalonia” da una sentenza del tribunale di Salerno nel 1956.
Giuseppe MacchiaDisperso a Corfù. Negli anni precedenti, ha partecipato alle operazioni di guerra sul fronte albano-greco-jugoslavo fino alla resa della Grecia e ha ricevuto il distintivo del Regio Governo d’Albania. Successivamente, è stato aggregato al Battaglione mitraglieri.
Pasquale Cappetta è definito "bauer", "contadino"; fonte |
Il nome che nell'elenco viene dopo Cappetta Pasquale sembra di un valvese, ma la data di nascita non corrisponde; fonte |
🎧 Podcast
Nei seguenti episodi del podcast "Il giorno dopo" ci sono altre informazioni sui valvesi prigionieri o caduti nella Seconda guerra mondiale.
Si notino due refusi: Solino al posto di Spiotta e Valoa al posto di Valva |
Così, nel 1936, l'Enciclopedia Treccani presentava la popolazione di Rodi:
🔍Approfondimenti
Per la ricostruzione storica, fondamentale il seguente testo:
🎧 Podcast
Il nostro podcast "Il giorno dopo", dedicato alle conseguenze dell'armistizio del settembre 1943, negli episodi pubblicati in questi giorni si occupa delle vicende in Jugoslavia, Albania, Grecia e Dodecaneso dopo l'8 settembre.
Abbiamo ritenuto di dividere in tre parti l'episodio dal titolo "La prima Resistenza".
Il titolo cita un post pubblicato dal nostro blog, dedicato a tre soldati valvesi caduti a Cefalonia, Corfù e Rodi.
La decisione dei soldati italiani che rifiutano di consegnare le armi ai tedeschi è a tutti gli effetti una forma di resistenza, proprio negli stessi giorni in cui viene fondato il Comitato di Liberazione Nazionale (proprio il 9 settembre).
I tedeschi approfittano dell'immobilità dell'esercito italiano -in attesa di ordini, nel caos nato l'8 settembre- e occupano punti strategici, seguendo un piano ben preciso.
La prima Resistenza, prima parte
Qui trovate la prima parte dell'episodio: 👉
L'episodio inizia con un'introduzione storica dedicata all'espansionismo italiano nei Balcani: Guerra italo-turca degli anni 1911-12, prima spedizione in Albania nel 1914, occupazione di Corfù nel 1923, occupazione dell'Albania del 1939; vengono analizzate poi le vicende dell'invasione della Grecia (ottobre 1940-aprile 1941) e della Jugoslavia (aprile 1941).
Sbarco di truppe italiane in Albania nella primavera del 1939 (foto Corriere della Sera Illustrato); fonte |
La campagna italiana in Grecia -il cui governo con fierezza rifiuta l'ultimatum dell'Italia fascista- si rivela un fallimento; solo l'intervento tedesco nell'aprile del 1940 costringerà alla resa la resistenza greca.
A questa guerra risale il celebre canto della brigata alpina "Julia", Sul ponte di Perati.
Ecco alcuni significativi versi:
Il brano sarà prima censurato e poi proibito dal fascismo, perché considerato disfattista. Per questo episodio del nostro podcast ne abbiamo scelto una struggente versione del gruppo bellunese Al Tei.
Nei Balcani cadono quattro soldati valvesi:
Francesco Feniello, in Albania, il 13 marzo 1941
Francesco Torsiello, in Croazia, il 27 febbraio 1942
Giuseppe Macchia, in Grecia, il 1 agosto 1943
Michele Macchia, in Grecia, il 17 agosto 1943
Domenica del Corriere, 3 novembre 1940: notizia dell'invasione italiana della Grecia |
Abbiamo raccontato la storia di Michele Macchia nel post "Michele, tornato avvolto nel Tricolore".
Siamo alla ricerca di notizie relative agli altri tre soldati.
L'episodio analizza poi le prime conseguenze dell'8 settembre 1943.
L'annuncio dell'armistizio coglie di sorpresa la maggioranza dell'esercito italiano, mentre quello tedesco reagisce con prontezza: occupa aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, vie di comunicazione; dimostra di agire seguendo piani già pronti. Intanto, gli Alleati sbarcano a Salerno.
Salerno, applausi al passaggio di un carro armato britannico, dopo lo sbarco alleato del 9 settembre, fonte |
Come abbiamo visto nel post "Il giorno in cui nacquero gli IMI", già a partire dal 10 settembre 1943 la Germania emana durissime direttive sul trattamento da riservare ai soldati italiani.
In sintesi: chi accetta di combattere al loro fianco, viene trattato come un soldato tedesco; chi rifiuta, viene fatto prigioniero; chi si schiera al fianco dei partigiani viene fucilato (se è un ufficiale), impiegato come forza lavoro (se è un semplice soldato).
Il 20 settembre 1943 viene utilizzata per la prima volta la definizione di “internati militari”, allo scopo di sottrarre i prigionieri di guerra italiani alle convenzioni internazionali.
In mancanza di ordini, molti generali e ufficiali fuggono, mentre diversi soldati vengono consegnati nelle caserme, dove sono poi catturati dai tedeschi; in molti casi, essi sono invitati a "sbandarsi" e a tornare a casa.
🔍Approfondimenti
Ecco alcuni dei brani che abbiamo scelto per il commento musicale del podcast:
Per la ricostruzione storica, fondamentale il seguente testo:
🎧 Podcast
G.V.
Continua la nostra analisi delle conseguenze dell'8settembre 1943; in questo post ci occupiamo delle vicende dei soldati italiani, e valvesi, di stanza in Jugoslavia.
Nella foto dell'Istituto Luce, una postazione di guardia in una zona di confine (probabilmente tra Italia e Regno di Jugoslavia); fonte |
L'Italia in Jugoslavia
L'Italia dichiara guerra alla Grecia nell'ottobre 1940 ma nella prima fase è in difficoltà; si rende decisivo l'intervento dell'alleato tedesco: con l'operazione "Castigo", nell' aprile 1941 la Germania attacca Grecia e Jugoslavia.
I tedeschi bombardano Belgrado, avanzano in Croazia e Serba, occupano la Grecia.
L'esercito italiano avanza verso Lubiana, ma la maggior parte delle città della Dalmazia e del Montenegro conquistate dall'Italia lo saranno solo dopo la resa jugoslava.
Come si vede nella cartina, l'Italia controlla la Slovenia meridionale, la fascia costiera adriatica, il Kosovo, il Montenegro e alcune zone della Macedonia.
La cartina è tratta dal sito www.valigiablu.it; fonte |
Dopo l'8 settembre in Jugoslavia
I soldati italiani in Jugoslavia apprendono alla radio la notizia dell'armistizio.
Quando il 9 settembre mattina arrivano gli ordini, c'è un'espressione decisiva: "senza spargimento di sangue". Altre direttive nei giorni successivi confermano.
La vicenda più tragica che riguarda i soldati in Jugoslavia è quella della divisione di fanteria Bergamo: 1500 soldati si uniscono ai partigiani jugoslavi, sia per evitare di essere catturati dai tedeschi sia per poter mangiare.
Quando i tedeschi conquistano Spalato, cominciano rastrellamenti e rappresaglie.
Stiamo verificando un'ipotesi: il soldato valvese Angelantonio Marciello, catturato il 12 settembre e deportato militare in Germania, risulta catturato sul fronte greco. In realtà, essendo arruolato nel 26.mo Reggimento fanteria, quello chiamato Bergamo, è possibile che il fronte sia proprio quello jugoslavo.
In Croazia, il 9 settembre risulta catturato Giovanni Falcone, arruolato nel 52.mo Reggimento fanteria a Spoleto. Il reggimento è impiegato in operazioni di polizia: presidio e controguerriglia. Dopo l'8 settembre, si scioglie nella zona di Lubiana.
Giovanni Falcone sarà prigioniero nello Stalag IX-C, con quartier generale vicino a Bad Sulza (in Turingia) e molti sottocampi.
Il 9 settembre viene catturato anche un altro soldato valvese: Pasquale Volturo.
Già nell'aprile 1941 ha partecipato alle operazioni di guerra alla frontiera italo-jugoslava; è arruolato nel 23.mo settore di copertura della Guardia di Frontiera, con il quale prenderà parte ad altre operazioni di guerra nei Balcani, per quasi due anni (fino all'8 settembre 1943).
Non sappiamo dove sia avvenuto l'arresto; sappiamo che il suo settore di copertura interessava una zona dell'attuale Slovenia.
Pasquale Volturo sarà prigioniero a Dachau.
Le conseguenze dell'armistizio reso pubblico l'8 settembre 1943 sono particolarmente drammatiche per i soldati italiani di stanza nei Balcani e nell'Egeo.
In questo post analizzeremo in particolare la situazione in Albania.
L'Italia nei Balcani
Con la guerra
italo-turca, l’Italia ha
occupato le isole del Dodecaneso e l’Epiro settentrionale, un territorio tra
Albania e Grecia, di fronte all’isola di Corfù, isola che viene occupata nel
1923.
Nel 1914 l'Italia occupa l'Albania, e dal 1917 al 1920 esercita un protettorato sul piccolo stato balcanico.
Nell’aprile 1939, dopo che Hitler ha occupato la Cecoslovacchia, Mussolini invade l’Albania.
Aprile 1939: l'Italia invade l'Albania |
L'illusione della neutralità italiana dopo l'8 settembre
Dopo l'8 settembre 1943, i soldati italiani di stanza nei Balcani e in Grecia devono decidere se consegnarsi ai tedeschi o combatterli.
Si diffonde l'illusione che l'Italia possa rimanere neutrale per evitare ritorsioni tedesche. E' un approccio che condanna le forze italiane, che non prendono iniziative a differenza dei tedeschi.
L'annuncio dell'armistizio coglie di sorpresa i soldati italiani, che non sapevano nulla delle trattative; essi non ricevono un ordine diretto di disarmare i tedeschi, a decidere son i singoli comandanti.
Alla forze nel Mar Egeo viene ordinato di disarmare i tedeschi solo in caso di "prevedibili atti di forza" da parte di questi ultimi. Nella notte dell'8 settembre, il Comando Supremo dà indicazioni di non fare atti ostili contro i tedeschi; questo determinerà un atteggiamento passivo da parte dei comandi italiani nella regione. L'11 settembre finalmente le direttive sono chiare: bisogna attaccare i tedeschi; è tardi, però: le divisioni italiane in gran parte si sono già arrese.
Mentre dall'Italia non arrivano ordini, i tedeschi occupano aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, vie di comunicazione; ancora una volta, essi si muovono seguendo un piano ben preciso. Promettono di rimpatriare le truppe italiane in cambio del disarmo, ma poi non manterranno gli impegni presi.
La situazione in Albania
Tra il 25 luglio e l'8 settembre, le forze tedesche sono state autorizzate a occupare tutti gli aeroporti. Le forze italiane sono inferiore a quelle tedesche.
Nella foto dell'Istituto Luce, una folla di albanesi a Tirana ascolta il discorso di entrata in guerra dell'Italia; fonte |
La sera dell'8 settembre arriva l'ordine di reagire ai tedeschi per non essere disarmati; non si deve però prendere l'iniziativa di atti ostili contro i tedeschi. L' 11 settembre, il comando italiano è circondato: tutti gli ufficiali sono fatti prigionieri.
I tedeschi fanno opera di propaganda: distribuiscono manifestini che promettono il ritorno in patria agli italiani. Molti soldati sperano di tornare in Italia.
Un soldato ingannato due volte
Pensiamo a un soldato di Valva catturato in Albania: Enrico Santovito.
Sappiamo che è stato catturato l'11 novembre. La sua famiglia ha raccontato un episodio relativo alla sua liberazione: fu ingannato e si trovò su un treno diretto in Unione Sovietica; a Praga si accorse dell'inganno e, dopo un mese trascorso a racimolare il denaro necessario al viaggio di ritorno, partì per l'Italia. Potrebbe essere stato ingannato dai tedeschi in Albania e dai sovietici in Germania.
Bibliografia
Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino
Podcast
Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi
G.V.
Come già avvenuto dopo il 25 luglio, gli italiani interpretano la firma dell’armistizio come la fine della guerra; subentra però subito la preoccupazione: cosa faranno i tedeschi? Gli angloamericani sbarcheranno ancora?
La risposta arriva subito: i tedeschi occupano le città, applicando
un piano già pronto; gli angloamericani sbarcano a Salerno già il 9 settembre.
Quando i tedeschi capiscono che ci sarà uno sbarco nell’Italia del Sud, il comando tedesco dà un ultimatum all’Italia, presentando alcune richieste e minacciando l’immediato disarmo delle truppe italiane.
La maggioranza
dell’esercito italiano viene colta di sorpresa, quello tedesco è invece già
preparato.
Le direttive "criminali" sui prigionieri italiani
Il 10 e il 12
settembre vengono emanate dalla Germania alcune direttive che uno storico
tedesco in un suo libro sugli internati militari nei campi di concentramento in
Germania ha definito “criminali”.
Quale
trattamento si deve riservare ai soldati italiani?
Chi aderisce
alla proposta di combattere al fianco della Germania, può conservare le armi e
viene trattato come un soldato tedesco.
Chi non vuole
collaborare, deve essere inviato nei campi di internamento in Germania o in
altri paesi alleati, come prigioniero di guerra.
Chi si schiera
apertamente al fianco dei partigiani, viene fucilato se è un ufficiale,
impiegato come forza lavoro nei territori dell’est Europa se è un semplice
soldato.
In questa prima
fase nelle direttive tedesche si parla di prigionieri di guerra; soltanto il 20
settembre 1943, su ordine di Hitler, agli italiani catturati viene attribuita la
denominazione di internati militari: in questo modo, essi non sono tutelati
dalle convenzioni internazionali, anche se è una decisione del tutto arbitraria
dal punto di vista del diritto internazionale.
Un appello all'aperto, nel mese di gennaio 1944. La foto è tratta da: Ho scelto la prigionia, di Vittorio Vialli (il Mulino); fonte |
Tra l'8 il 9 settembre i tedeschi prendono possesso di aeroporti, stazioni ferroviari, centrali dei telefoni e delle poste; cercano di controllare le principali vie di comunicazione; entrano nelle caserme italiane e chiedono il disarmo delle truppe.
In mancanza di ordini precisi da parte del Comando italiano, molti generali e ufficiali fuggono; diversi soldati vengono consegnati nelle caserme, dopo sono poi catturati dai tedeschi, In altri casi, sono invitati a "sbandarsi" e a tornare a casa.
Il "colpo grosso"
Il disarmo degli italiani viene definito a Berlino "il colpo grosso": l'ultima vittoria militare tedesca prima della fine della guerra, scrive lo storico Nicola Labanca.
Su un milione di soldati italiani, solo qualche decina di migliaia sceglie la strada dell'adesione alla Wehrmacht o addirittura alle SS: una via che sembra garantire il ritorno in Italia.
Come scrive lo stesso Labanca,
fonte |
Bibliografia
Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando- L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino
Nicola Labanca, Prigionieri, internati, resistenti- Memorie dell' "altra Resistenza", Editori Laterza
Podcast
Il giorno dopo- Il 9 settembre 1943 dei soldati valvesi
G.V.