La memoria e il futuro è il titolo della serata in programma a Valva domenica 10 settembre alle ore 18 al piano nobile del castello di Villa d'Ayala-Valva.
Villa d'Ayala -Valva, Ingresso al giardino del castello; foto di Valentino Cuozzo |
Ai diciottenni e ai vincitori delle borse di studio comunali sarà donato il libro Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945 (ed. Principato), diario scritto dal valvese Giovanni Milanese durante la sua prigionia nei Lager nazisti dal 1943 al 1945.
Il libro sarà consegnato dal sindaco Giuseppe Vuocolo e da Guido Milanese, cittadino onorario di Valva e figlio dell'autore.
Castello di Villa d'Ayala-Valva, Salone al piano nobile foto di Valentino Cuozzo |
Alcuni giovani leggeranno brani significativi del diario e ricostruiranno il dramma degli internati militari italiani, inquadrandolo nel contesto storico della Seconda guerra mondiale; racconteranno anche le vicende degli internati valvesi.
Castello di Villa d'Ayala-Valva, Sala delle armi foto di Valentino Cuozzo |
Sarà presente l'Associazione combattenti e reduci, con il presidente nazionale Antonio Landi e con la presidente della sezione valvese, Fiorenza Volturo, figlia di un internato militare.
Interverranno anche Enzo Todaro, presidente dell'Associazione Giornalisti Salernitani e Pino Acocella, rettore dell’Università Giustino Fortunato.
La locandina dell'evento |
Il futuro visto da Giovanni Milanese
Ci siamo occupati più volti del diario di Giovanni Milanese.
Ora scegliamo alcuni brani sul tema del futuro, che egli vede in maniera abbastanza negativa, come notiamo da alcune sue riflessioni nei giorni dopo la liberazione (aprile 1945).
Assiste a comportamenti che condanna con decisione: alcuni ex prigionieri mangiano in maniera vorace quello che trovano nelle villette requisite, altri si danno a veri e propri atti di razzia.
Il 29 aprile 1945 scrive:
Ci vorranno molti anni per rifare l'esercito italiano, in particolare la classe degli ufficiali.
Ci sono fra noi dei colleghi che forse starebbero bene in una stalla.
Ci sono fra noi dei colleghi che forse starebbero bene in una stalla.
Il primo maggio nota che dalle case requisite i soldati italiani portano via carrettini, carrozzelle per bambini e bagagli di ogni genere. Commenta con amarezza:
Forse sarà anche naturale in un paese d'occupazione, specialmente quando questo paese è la Germania, ma sorpassare dei limiti di decenza, per me è assolutamente una cosa indegna.
Bisogna rifare l'Italia, ma prima c'è da forgiare l'italiano nuovo.
Bisogna rifare l'Italia, ma prima c'è da forgiare l'italiano nuovo.
Qualche giorno più tardi, scrive parole molto dure:
Penso con terrore all'Italia di domani.
Penso quello che sarà quando rientrerà la massa dei nostri soldati abituati ora a predare, a mangiare a crepapelle senza lavorare.
Quando invece saranno costretti a lavorare e sodo per mangiare un tozzo di pane, cosa succederà?
Penso quello che sarà quando rientrerà la massa dei nostri soldati abituati ora a predare, a mangiare a crepapelle senza lavorare.
Quando invece saranno costretti a lavorare e sodo per mangiare un tozzo di pane, cosa succederà?
Dire NO, nonostante tutto
Ha aggiunto che è molto più facile fare gli eroi sul campo di battaglia, nella mischia, che languire e combattere disperatamente e costantemente con la fame e con la morte in un lager, quando si risponde nella maniera più decisa no mentre tutto un complesso di sofferenze fisiche e morali ti impongono di dire sì.
E' una riflessione molto significativa, perché in essa troviamo quasi la chiave per interpretare il senso della lunga prigionia dell'internato militare Giovanni Milanese e degli oltre seicentomila soldati italiani che, come lui, hanno continuato a pronunciare il loro no nonostante tutto.
Nei mesi precedenti si era rifiutato di andare a lavorare: il suo modo di opporsi ai tedeschi.
Ad esempio, scriveva:
27-11-44
E' uno dei più brutti giorni di questa mia prigionia.
Mi hanno chiamato per mandarmi a lavoro, ma non mi sono presentato. Stiamo a vedere cosa succede.
1-1-45
Tutti mi consigliano di uscire al lavoro se voglio salvare la salute.
Malgrado tutto voglio resistere ancora.
Voglio difendere fino all'ultimo il mio punto di vista.
Resistere, incrociando le braccia quando sarebbe più comodo lavorare (visto che chi lavora viene nutrito di più).
Resistere, confidando a un diario i propri sogni e i propri timori.
Resistere, per sentirsi ancora uomo.
Castello di Villa d'Ayala-Valva foto di Valentino Cuozzo |
Al diario di Giovanni Milanese il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:
G.V.