11 febbraio 2025

I PATTI LATERANENSI E I MATRIMONI A VALVA

L'11 febbraio 1929 Benito Mussolini e il Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri sottoscrivono i Patti Lateranensi tra il Regno d'Italia e la Santa Sede.

Una delle conseguenze di questo storico accordo riguarda il matrimonio: quello celebrato secondo il rito cattolico può ora essere trascritto dall'ufficiale di stato civile, acquistando effetti legali.

Tra le leggi attuative del Concordato, la numero 1159 del 24 giugno all'articolo 10 prevede:

L'uffiziale dello stato civile, ricevuto l'atto di matrimonio, ne cura, entro le ventiquattro ore, la trascrizione nei registri dello stato civile.

Proprio in quei giorni, precisamente il 15 giugno, a Valva si sposano Falcone Giuseppe – figlio di Antonio e di Strollo Filomena – e Feniello Anna – figlia di Ciro e di Spiotta Antonia. I testimoni sono Caprio Amedeo, calzolaio, e Spiotta Michele, possidente.

Questo è l'ultimo matrimonio celebrato secondo le modalità precedenti al Concordato, quando il matrimonio religioso non aveva effetti civili e si rendevano necessarie due cerimonie distinte.

A questo punto, il registro dei matrimonio del Comune di Valva dell'anno 1929 -E.F. VII- si conclude e viene sostituito dalla parte seconda, "Serie B".

Ora il podestà Bonocore deve trascrivere l'atto di matrimonio ricevuto dal parroco, don Lorenzo Spiotta.

Il primo matrimonio celebrato secondo le nuove regole è quello di Angelo Michele Cuozzo -figlio di Francesco Carmine e di Torsiello Anna- con Falcone Gerardina -figlia di Falcone Michele fu Gennaro e di D'Ambrosio Caterina fu Gennaro.

La cerimonia si svolge in chiesa, i testimoni sono Cuozzo Donato, un sacerdote, e Caprio Generoso.

La svolta decisiva è in queste parole scritte da don Lorenzo nell'atto:

Subito dopo manifestato il consenso, alla presenza dei sopradetti testimoni ho spiegato agli sposi oltreché gli effetti sacramentali del matrimonio contratto, anche i civili, dando lettura degli articoli del codice civile 130, 131, 132, riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi.

Dopo di che ho redatto l'atto di matrimonio in doppio originale, dei quali uno si conserva in questo archivio parrocchiale, l'altro è destinato all'ufficio di stato civile di questo comune di Valva per essere trascritto nei registri civili.

La riforma è arrivata a Valva.

Gli altri matrimoni del 1929

Il 23 settembre il podestà Vincenzo Bonocore registrerà un altro matrimonio, quello di Strollo Donato e Torsiello Filomena, celebrato il giorno prima.

Dall’ottobre del 1929 sul registro dei matrimoni troviamo la firma del delegato Masi cav. Antonio.

Il primo matrimonio registrato dal nuovo podestà sarà quello di Marzullo Rocco, macellaio di Quaglietta, e di Porcelli Enrica Eunice. Una curiosità: uno dei testimoni è Caprio Amedeo, che abbiamo già trovato nell’ultimo matrimonio celebrato davanti al sindaco, a giugno; insieme a lui, il falegname Caprio Antonio.

A dicembre saranno trascritti tre matrimoni: quello di Cuozzo Salvatore e Torsiello Ginetta, quello di Taddeo Stefano (della provincia di Taranto ma domiciliato a Rieti) e D’Arcangelo Antonia e infine quello di Spiotta Vito (figlio di Michele, “domiciliato negli Stati Uniti dell’America del Nord”) e Garofalo Nicolina (“nei registri dello stato civile Viola”).

I testimoni in chiesa saranno sempre gli stessi: il sacerdote Cuozzo Donato e Caprio Generoso.

Valva, un abito da sposa degli anni Trenta

Fonte

https://antenati.cultura.gov.it/

G.V.


09 febbraio 2025

LA MORTE CHE VIENE DAL FUOCO D'AGOSTO

                                                    Valva nell'Ottocento, 3

Il 29 agosto 1842, due valvesi si recano in municipio e dichiarano al sindaco Gabriele Valletta che alle nove del mattino è morta
nella casa del Signor Marchese la Signora Donna Chiara Savelli, di anni settanta, brugiata (sic!) dal fuoco.
Nobildonna, era nata a Taranto da Don Felice Fanelli, possidente; il nome della madre era Vienna, il cognome è ignoto ai testimoni e al sindaco che redige l'atto di morte.
Cerco di formulare delle ipotesi sulle cause della morte. Credo che a fine agosto non sia plausibile pensare a un fuoco in casa. Ipotizzo un incendio.
Intanto, sfoglio la pagina del registro e trovo che lo stesso giorno gli stessi testimoni hanno dichiarato che è morto 
nella casa del Signor Marchese Don Gaspare Pepe brugiato  (sic!) dal fuoco, di anni nove.
Il bambino è figlio di Don Baldassarre Pepe, fattore, e di Donna Grazia Maresca. E' nato a Valva, ma i registri a disposizione non consentono di stabilire se i genitori si siano sposati nel paese dove sicuramente hanno seguito il marchese, da Taranto.
Nel 1842, il marchese di Valva è Francesco Saverio, che ha unito il suo cognome D'Ayala a quello dello zio Giuseppe Maria Valva.
Dunque, due vittime del fuoco, a fine agosto.
La corte del marchese è visitata dalla morte come le case dei contadini di Valva; la deferenza suggerisce a chi compila il registro di definire "Don" anche il giovane figlio del fattore del marchese.
Immagine creata con la collaborazione di ChatGPT
Uno dei due testimoni è un mio antenato: Felice Vacca.
E' un "bracciale" (bracciante) ma è anche impiegato comunale -"servente comunale", nella prosa dell'epoca- ed è spesso citato come testimone di nascite, matrimoni e morti. E' anche il custode del cimitero (ipotizzo sia stato il primo o comunque uno dei primi). 
Probabilmente è toccato a lui dare sepoltura a queste due vittime di un fuoco di fine agosto.
Erano due forestieri, sicuramente salutati con rispetto dai valvesi, che si saranno tolti il cappello davanti alla "Signora Donna Chiara" e che avranno chiamato, come il sindaco, "Don Gaspare" il figlio di Don Baldassarre, il fattore del marchese.
Scrivendo questi due nomi, penso al presepe e ai Magi.
Forse la vita si muove come i Re Magi, tra l'umile e il divino, tra la nobiltà e la povertà.
Forse la morte unisce mondi così distanti.
C'è sicuramente dell'ironia nella scelta di chiamare il proprio figlio Gaspare da parte di un uomo di nome Baldassarre, non ce n'è affatto nella morte che viene dal fuoco in un giorno di fine agosto.
G.V.
 

LA FIRMA DI ANNA

Il 16 febbraio ricorrono i cento anni del matrimonio tra Anna Feniello e Michele Cuoco.
Lui è morto in guerra, in Africa, ed è rimasto lì.
La loro è una storia particolare: nessuno dei due è nato a Valva né in Italia. Lei a Jersey City, lui in Francia.
Le loro famiglie erano tra i primi emigrati di fine Ottocento, poi scelsero di tornare in Italia.
C’è un dettaglio nel loro atto di matrimonio che mi ha colpito: entrambi firmano. Anche la sposa.
Come una signora, come una "gentildonna", per usare la formula più ricorrente nei registri anagrafici.
Non era scontato. Spesso gli atti di matrimonio riportano solo la firma del sindaco e dei testimoni (e non sempre questi ultimi sapevano firmare).
A volte compare quella dello sposo. Ma raramente quella della sposa.
Immagine generata con l'ausilio di ChatGPT
Sempre nel registro dei matrimoni celebrati a Valva nel 1925 un’altra pagina attira la nostra attenzione: questa volta firma solo la sposa. Era nata a Kansas City, Missouri.
Ci piace pensare a quelle giovani donne che, lontano dall’Italia, avevano imparato a scrivere il loro nome.
Forse per mantenere un’identità italiana, tra altri emigrati.
Forse per affermare la loro dignità di cittadine e di donne.
Forse anche perché un giorno la firma di una giovane sposa su un registro non fosse più un elemento capace di attirare l'attenzione.
G.V.

06 febbraio 2025

CECILIA, NATA A SANTA LUCIA -Le voci che raccontano la nostra esistenza

                                                    Valva nell'Ottocento, 2

Due miei antenati hanno scelto una data molto romantica per sposarsi: il 14 febbraio.

E' il 1828, sono i nonni di mio nonno: si chiamano Lorenzo Cuozzo e Cecilia Torsiello.

La sposa, però, non può produrre un certificato di nascita e allora davanti al Regio Giudice del Circondario di Laviano si presentano sette testimoni.

Sono Giuseppe Spiotta, Domenico Anselmo, Carmine Vacca, Carmine ?, Angela Torsiello, Cecilia Mastrogiacomo e Teresa Grippo.

Immagine generata con l'ausilio di ChatGPT

Ecco uno stralcio del verbale:

Essi testimoni ci hanno uniformemente dichiarato che Cecilia Torsiello di Valva, contadina, figlia di Giuseppe e di Maria Giuseppa Falcone, domiciliata in Valva, nacque a Valva nel dì 13 decembre 1807 ricordandoselo bene come vicini o confidenti di casa dei genitori di essa Cecilia, perché ricorreva in quel giorno la festività di Santa Lucia che segnalatamente se ne pratica il culto in Valva e la testimone Grippo se lo ricorda con più precisione perché nel mese di luglio dell'anno 1807 le nacque un figlio, di conseguenza Cecilia Torsiello ha l'età di anni venti compiuti a 13 decembre ultimo.

Dicono dunque che la richiedente Torsiello non è stata nel grado di aver potuto procurare il legale documento della sua nascita perché i libri battesimali dal 1801 al 1808 trovansi smarriti e dispersi.

Forse è vero che la nostra identità può esistere anche senza carte, ma non senza memoria.

Le voci che raccontano la nostra esistenza valgono più dei documenti.

Quel giorno, davanti al giudice, sette voci confermarono ciò che nessun documento poteva più provare.

E forse è proprio questo il segreto della storia: non sono i registri a renderci reali, ma il ricordo di chi ci ha visti nascere e crescere.

Non servivano carte ingiallite o timbri ufficiali; per stabilire la data di nascita della mia antenata Cecilia, bastava la memoria di persone abituate a scandire il tempo con i nomi dei santi.

Fonti
L'atto è consultabile sul portale 👉Antenati 

Valva nell'Ottocento
👉Quando i defunti erano sepolti nei sotterranei delle chiese

G.V.

03 febbraio 2025

TRE ANNI DI RADICA

Oggi la Ràdica compie tre anni. 
Tre anni di ricerche, storie, memorie custodite e condivise. 
Oltre 56mila visualizzazioni,  227 post, un podcast, tre ebook, un canale YouTube con un due documentari "in progress" e altro materiale video.
Il documentario Di radici e di sangue ricostruisce il contesto storico e culturale in cui si è svolta la serata organizzata dal Circolo valvese di Newark il 17 febbraio 1924, per raccogliere fondi da inviare a Valva per la costruzione del monumento.
Quest'anno, in occasione dei cento anni dall'inaugurazione del monumento, cercheremo di concentrarci sulla manifestazione organizzata a Valva quel 30 novembre 1925.
L'eBook All'ombra delle tue ali -dedicato alle vicende del settembre 1943 a Valva, tra tedeschi e americani- sta diventando un documentario, per ora giunto al primo episodio.
Immagine generata con l'ausilio di ChatGPT
Quando abbiamo iniziato questo percorso, non sapevamo dove ci avrebbe portato. Sapevamo solo che ogni storia meritava di essere raccontata, ogni documento ritrovato aveva un valore, ogni nome era più di una semplice traccia nei registri del tempo. 
Dopo tre anni di lavoro, possiamo dirci soddisfatti perché dietro questi numeri ci sono persone, curiosità, ricordi che tornano a vivere.
Grazie a chi ha letto, condiviso, partecipato. Grazie a chi ha creduto nel valore della memoria. 
Il nostro blog è radicato nel passato, ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro. 
Il lavoro di ricerca continua.

Una poesia per i nostri tre anni
Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del  grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.

Un freddo cala...Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sé scrolla 
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.

Eugenio Montale, Le occasioni

La memoria che "si sfolla" suggerisce l'importanza di non dimenticare, di mantenere vivi i volti e le storie, nonostante il passare del tempo (rappresentato dalla forbice).
Nel nostro piccolo, con il nostro blog cerchiamo di contribuire a questo lavoro. 

Ricordi
Ecco il primo post del nostro blog:

I due post dedicati ai precedenti compleanni:
G.V.

30 gennaio 2025

QUANDO I DEFUNTI ERANO SEPOLTI NEI SOTTERRANEI DELLE CHIESE

Valva nell'Ottocento, 1

Nel 1830 due giovani valvesi si sposano: sono Felice Vacca e Carminella Torsiello.
Nel loro processetto matrimoniale troviamo un documento interessante: l'atto di morte di Donato Vacca, padre dello sposo; è redatto in latino dal curato di Valva, Michele Grasso.
Il sacerdote trascrive quanto trova scritto nel registro: il 17 aprile 1804 a Valva Donato Vacca marito di Giuseppa Grasso, di 53 anni circa, provvisto dei sacramenti, ha reso l'anima a Dio con l'assistenza del sacerdote.
Fin qui, il testo è abbastanza chiaro.
Poi troviamo una frase più complessa, per la grafia e per il significato.

Finis (?) eius corpus in parochialem lectam clero comitante delatum, ibique sepultum.

La frase può significare che alla sua morte il suo corpo fu trasportato nella lettiga parrocchiale, accompagnato dal clero, e lì sepolto.
La lettiga parrocchiale veniva usata per trasportare i corpi dei defunti dalla casa alla chiesa; era riutilizzabile, soprattutto nei casi in cui il defunto veniva sepolto senza bara.
Il verbo "defero" fa pensare all'azione di portare giù, trascinare in basso, far precipitare.
Questa è una testimonianza storica dell'usanza di seppellire i cadaveri sotto il pavimento delle chiese o in locali sotterranei.
Chiesa di San Giacomo Apostolo,
facciata posteriore
e locali al piano inferiore
Il corpo Donato Vacca  potrebbe dunque essere stato trasportato sotto la chiesa "e lì sepolto", come è scritto nel testo. 
"Lì" non può riferirsi al cimitero, anche perché è verosimile che a Valva non ce ne fosse uno.
Sarà infatti l'Editto di Saint-Cloud, emanato da Napoleone nel 1804, a imporre le sepolture fuori dal centro abitato e non più nelle chiese o nei loro sotterranei.
L'editto verrà adottato nel Regno di Napoli nel 1806, dopo l'arrivo dei francesi.
1. Il seppellimento de’ cadaveri umani ne’ Camposanti [...] dovrà essere fatto per inumazione, ossia interrimento, non già per tumulazione, ossia dentro sepolture. [...] 
2. La figura del Camposanto sarà un quadrato, o un parallelogrammo, o almeno la più approssimante a tali figure. Avrà una sola porta d’ingresso chiusa da un forte rastello di ferro, o di legno, così stretto, che gli animali non possano penetrare a traverso esso. [...] Vi sarà costruita una Cappella per esercitarvi gli uffizj religiosi. Accanto alla porta del Camposanto potrà costruirsi ancora una casetta pel sepellitore, qualora le circostanze locali ne facciano sentire la necessità. [La costruzione?] de’ camposanti sarà cominciata nel corrente anno, e dovrà trovarsi ultimata in tutto il regno per la fine del mille ottocentoventi. La spesa di quest’opera è a carico de’ comuni rispettivi. Gl’Intendenti potranno eccitare i ricchi proprietarj, i prelati, il clero e le congregazioni a concorrere con oblazioni volontarie ad accelerare il compimento di un’opera tanto interessante la salute pubblica. 
Una curiosità: sarà proprio lo sposo, Felice Vacca, a diventare "becchino comunale" di Valva, come leggiamo in diversi registri anagrafici.

Fonti
- L'atto di morte di Donato Valva si trova in Portale Antenati
- Per l'approfondimento sui cimiteri nel Regno di Napoli: La Cartografia dei secoli XVIII e XIX dell'Archivio di Stato di Catanzaro
- La foto originale è di Valentino Cuozzo
G.V.

26 gennaio 2025

SUONA ROSAMUNDA

Ci mettono ancora una volta in fila, ci conducono in un vasto piazzale che occupa il centro del campo, e ci dispongono meticolosamente inquadrati. Poi non accade più nulla per un'altra ora: sembra che si aspetti qualcuno. 
Una fanfara incomincia a suonare, accanto alla porta del campo: suona Rosamunda, la ben nota canzonetta sentimentale, e questo ci appare talmente strano che ci guardiamo l'un l'altro sogghignando; nasce in noi un'ombra di sollievo, forse tutte queste cerimonie non costituiscono che una colossale buffonata di gusto teutonico. Ma la fanfara, finita Rosamunda, continua a suonare altre marce, una dopo l'altra, ed ecco apparire i drappelli dei nostri compagni, che ritornano dal lavoro. Camminano in colonna per cinque: camminano con un'andatura strana, innaturale, dura, come fantocci rigidi fatti solo di ossa: ma camminano seguendo scrupolosamente il tempo della fanfare.

Nel secondo capitolo di Se questo è un uomo, dal titolo "Sul fondo", Levi racconta il meticoloso controllo dei prigionieri al rientro dal lavoro. 

Jan Komski, L'appello ad Auschwitz; fonte

Ad ascoltare le note diventate celebri proprio in quegli anni, nasce "l'ombra di un sollievo", l'illusione che sia tutta "una colossale buffonata". Ma la fanfara continua a suonare e i nuovi prigionieri, tra i quali il narratore, capiscono che quello è un macabro rito: la fanfara militare suona marce per dare il ritmo all'andatura dei prigionieri, che a Levi sembrano "fantocci rigidi fatti solo di ossa".

Nella memoria del testimone del Lager, la musica è una presenza ancora viva: le note ascoltate per lui sono la voce del Lager, "l'espressione sensibile della sua follia geometrica, della risoluzione altrui di annullarci prima come uomini per ucciderci poi lentamente", l'ultima cosa che i sopravvissuti dimenticheranno.

Il ciritico Marco Belpoliti ha messo in evidenza il ruolo della memoria uditiva in Levi nell'articolo Levi papers. La fanfara e la memoria.

Il cantautore Vinicio Capossela si è ispirato a questo brano di Levi per la sua Suona Rosamunda [nell'album "Canzoni a manovella", 2000]; eccone alcuni versi:

Suona la banda prigioniera
suona per me e per te
eppure è dolce nella sera
il suono aguzzo sul nostro cuor.
Cade la neve senza rumore
sulle parole cadute già.

Fino nel fondo della notte 
che qui ci inghiotte e non tornerà
il passo d'oca che mai riposta
spinge la giostra, spinge la ruota
chiude i portoni coi maniconi
marciano i suoni vengon per noi.

G.V. 

 

06 gennaio 2025

RAFFAELA'S VISION: THE WAR IS OVER -La visione di Raffaela: la guerra è finita-

Una casa americana, negli anni Ottanta.

In un video, un'anziana signora che si muove in casa aiutandosi con un deambulatore; è felice di ripetere una storia che ha già raccontato tante volte in famiglia.

Davanti a lei, due nipoti riprendono il racconto.

Lei è la signora Raffaela Torsiello, i nipoti Joseph e Michael Del Plato, la città Batavia, la storia è una storia che risale al novembre 1918.

Come è comprensibile, la signora alterna inglese, italiano e dialetto valvese.

È nata a Valva il 14 aprile 1893; nel 1913 ha sposato -sempre a Valva- Michele Del Plato, un giovane che già lavorava in America.

In un primo momento, Raffaela rimane a Valva col figlio Carmine, nato nel 1914. Dal suo racconto deduciamo che siano rimasti a casa dei genitori dell donna, Carmine Maria Torsiello e Maria Michela Vuocolo.

Nel 1915 l'Italia entra in guerra e Raffaela ha un fratello al fronte, Donato (i due hanno il nome dei nonni paterni e anche il nonno materno si chiama Raffaele).

Dai documenti militari risulta che Donato è rientrato dagli Stati Uniti per prestare il servizio militare.

Raffaela è preoccupata per suo fratello in guerra, anche perché vede tornare a Valva soldati feriti o mutilati. Allora la donna prega, ogni giorno, in chiesa.

Per anni -e anche nel video registrato dai nipoti- Raffaela avrebbe raccontato un'esperienza per lei indimenticabile. 

In una sorta di intersezione tra il sogno e la visione, con gli occhi metà aperti e metà chiusi, Raffaela vede la Vergine e San Michele (patrono di Valva). La giovane donna, piena di stupore, sente queste parole della Madonna: "Mia cara figlia, la guerta è finita e tuo fratello tornerà a casa sano e salvo".

Raffaella inizia a piangere, si alza dal letto, va da suo padre e gli racconta cosa le è successo. Il padre non risulta molto impressionato dal racconto, anzi dice alla figlia di tornare a dormire.

La scena si ripete per tre notti.

Le stesse parole, lo stesso stupore, la stessa risposta del padre.

Dopo la terza notte, alle nove del mattino, suonano le campane; "a distesa", dice nel video Raffaela, che poi aggiunge: "a gloria".

È il 5 novembre 1918, la guerra per l'Italia è finita ieri a mezzogiorno.

Raffaela corre dal papà e gli dice: "La guerra è finita!".

Questa volta il padre le crede: "Oh, figlia mia, Dio ti benedica!".

Raffaela ricorda un dettaglio significativo: il padre si inginocchia e le bacia le mani e i piedi.

A questo punto del racconto, l'ormai anziana donna si commuove. Dice a un nipote, ma forse idealmente a tutti quelli che leggono o ascoltano questo suo racconto: "Mi credi? Se mi credi, Dio ti benedica. Se non mi credi, Dio ti benedica!".

Il video è disponibile su YouTube: 📽God a bless 

Post scriptum

Torneremo a occuparci della famiglia Del Plato-Torsiello, anche per commentare i riferimenti che nel suo racconto la signora Raffaela fa alla Grotta di San Michele e per approfondire il tema della speciale devozione che lega i valvesi emigrati a Batavia al santo patrono di Valva, l'arcangelo guerriero.

Intanto, ringraziamo il signor Carmine Del Plato, che ci ha segnalato il video e fornito preziose informazioni sulle vicende dei suoi antenati.





31 dicembre 2024

UN TROVATELLO ALLA GUERRA DI LIBIA

Quando nell'ottobre 1891 viene registrato al Comune si Valva, gli vengono dati un nome e un cognome  di poetica tenerezza, anche se accompagnati da un più prosaico "trovatello". 

Noi lo chiameremo Fortunato.

Non sappiamo altro sulle circostanze della sua nascita e del suo ritrovamento, né sulle vicende della sua infanzia. L'ha trascorsa a Valva in una famiglia adottiva? Oppure in un brefotrofio in città?

La questione dell'infanzia abbandonata in Italia nell'ultimo quarantennio dell'800 è densa di implicazioni sociali: 150mila bambini, in genere al di sotto dei dieci anni, assistiti dai brefotrofi e dalle amministrazioni locali; circa 40mila neonati abbandonati ogni anno alla "carità" pubblica e privata. Le cause di questo fenomeno sociale erano varie e spesso difficilmente individuabili: spesso il movente era costituito dalle misere condizioni delle famiglie d'origine. Informazioni sulle madri di questi bambini sono scarse, poiché era fatto divieto dal Codice civile di fare ricerche sulla maternità naturale.  Figli di N.N.- I cognomi dei trovatelli nell'800, blog Incultura 

Gioacchino Toma, La guardia alla ruota dei trovatelli, 1877

Alla visita di leva, Fortunato dichiara di svolgere la professione di cocchiere.

Chiamato alle armi nel 1911, lo troviamo nel 23° Cavalleggeri Umberto I, impegnato nella Guerra greco-turca, a Rodi (che proprio alla fine di questa guerra diventerà italiana).

Fortunato ottiene la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore e può fregiarsi della medaglia commemorativa.

Nell'ottobre 1912 finisce la Guerra italo-turca, combattuta tra il Regno d'Italia e l'Impero ottomano a partire dal 29 settembre 1911: con il trattato di Losanna l'Italia annette la Libia e il Dodecaneso, con appunto Rodi.

Alla partecipazione dei valvesi alle guerre combattute in Africa abbiamo dedicato tre  post: 

👉I valvesi alla guerra in Africa
👉Due soldati valvesi sul bel suol d'amore 
👉Michele Macchia, ferito ik Libia nel 1911 

Nel 1913 Fortunato risulta all'estero con regolare passaporto, ma non sappiamo se negli Stati Uniti o in Francia.

A questo punto il sistema burocratico italiano sembra incepparsi per lui: chiamato di nuovo alle armi all'alba della Grande Guerra, viene dichiarato disertore e denunciato al tribunale militare di Napoli. Non abbiamo altre notizie su di lui.

Ci piace immaginarlo diventato un imprenditore, magari nel settore dei trasporti, da cocchiere che era a Valva. In un nuovo Paese, in quell'epoca di grandi opportunità che anche molti valvesi -a prezzo dell'enorme distacco dalla propria terra e dai propri cari-hanno saputo cogliere: il sogno americano.

Dopo un'infanzia certamente difficile, l'esperienza della guerra, poi l'emigrazione, in cerca di fortuna.

Speriamo l'abbia trovata, da qualche parte nel mondo.

G.V.





29 dicembre 2024

UN ROMANZO AMERICANO: LA FAMIGLIA FREDA, 2

Le vicende della famiglia fanno pensare a un romanzo: ha avuto due soldati che hanno combattuto la Prima guerra mondiale nell'esercito americano, un musicista professionista, un colonnello dell'aviazione che riposa nello stesso cimitero nazionale in cui è sepolto John F. Kennedy.

Abbiamo già parlato di Giacomo, nato a Valva nel 1891 e deceduto a Newark nel 1944; dichiaratosi calzolaio alla visita di leva in Italia, diventerà un musicista.

Di tre anni più giovane è suo fratello, Guerino Angelo Maria Freda, nato a Valva il 22 aprile 1894.
Guerino arriva negli Stati Uniti nel novembre 1909 a bordo della nave Hamburg; nel 1919 ottiene la naturalizzazione, dopo aver combattuto la Grande guerra come soldato americano.

fonte
Nell'esercito statunitense 
Guerino risulta arruolato il 4 aprile 1918 e congedato il 22 maggio 1919.
Il 20 maggio 1918 da Brooklyn si imbarca per la Francia, sulla nave Morvada.
E' inserito nel 309 Reggimento di Fanteria, che fa parte della 78.ma Divisione, impegnata in Francia in tre grandi campagne durante la Grande guerra: Mosa-Argonne, St. Mihiel e Lorena.
Sappiamo che ha preso parte all'azione contro il saliente di St. Mihiel, dal 12 settembre al 9 ottobre 1918. 
Alla battaglia partecipano alcuni ufficiali che saranno tra i protagonisti della Seconda Guerra Mondiale, come Douglas Mac Arthur, giovane comandante di un reggimento di artiglieria, e il colonnello George Smith Patton. 
E' la prima grande vittoria dell'esercito statunitense sui tedeschi.
Ecco il simbolo del 309 Reggimento di Fanteria:
Il motto in latino significa Essere più che sembrarefonte
Il 2 maggio 1919 Guerino Freda viene rimpatriato da Brest, in Bretagna, dove era ricoverato nell'Hospital Center Kerhuon  (un centro con otto ospedali di base e ottomila posti letto). 
Arriva negli USA, a Hoboken, il 9 maggio.

Nel documento di imbarco risulta convalescente; la persona da avvisare in caso di decesso è il fratello Giacomo.
Nonostante la grafia incerta, i nomi sono proprio quelli dei due fratelli Freda:

Dopo la guerra: la visita ai genitori a Valva
Nel 1920 Guerino dichiara l'intenzione di tornare in Italia per visitare i genitori: si dichiara sarto, residente a Newark. 
In effetti, suo padre Amodio nel 1913 era rientrato in Italia; nel censimento del 1915 Guerino risulta nella famiglia dello zio materno Ferdinando Alfano, insieme ai fratelli Giacomo e Alfonso.

Una famiglia americana
Ad accompagnare Guerino, a bordo della Giuseppe Verdi, la moglie Filomena Quaresima.
Filomena è nata a Princeton nel 1899, da genitori molisani
Qualche anno più tardi nasce Eugene Guerine "Gene" (1928).
Al rientro negli Stati Uniti, nascono le figlie Gloria Ann (1921) e Kathryn Judith (1922). 

L'ultimo riposo
La famiglia Freda riposa nel cimitero di Pinceton.
Guerino Freda muore il 12 luglio 1955; la moglie presenta una domanda per una lapide da veterano.
Nel suo necrologio leggiamo: veterano della prima guerra mondiale, è stato impiegato come sarto del Langrock'store per molti anni. Era membro del Nassau Lodge.
Nel 1945, infatti, la giovane sorella Kathryn muore tragicamente in un incidente sul lavoro: è una chimica e muore in seguito all'incendio provocato dall'esplosione di una provetta con una miscela di gomma sintetica. 
Lo ricorda anche la sua epigrafe:

"Sono solo un altro soldato". Ha dato la sua vita nella ricerca chimica al servizio del suo Paese
Gloria Ann diventa designer, artista e sarta (come leggiamo nel suo necrologio); da ragazza si trasferisce a New York con un'amica: trovano lavoro ai grandi magazzini Franklin Simon. Dopo la morte della sorella, torna a Princeton, dove si sposa nel 1946.
Gloria Ann muore nel 1987. 
La madre Filomena muore nel 1995 a Princeton.
"Gene" è deceduto il 20 gennaio 2023, all'età di 94 anni.
Torneremo a occuparci della famiglia Freda, raccontando le vicende di Alfonso (anche lui combatterà la Grande guerra nell'esercito statunitense), Michael (flautista) e delle sorelle AngelinaLoretta e Caterina (la madre del colonnello Anthony John Adessa).
Sì, quello della famiglia Freda è un romanzo italiano e americano.

P.s. Documents and photos are taken by www.ancestry.com and https://it.findagrave.com.

28 dicembre 2024

UN ROMANZO AMERICANO: LA FAMIGLIA FREDA, 1

Un elenco e il primo nome.

Basta seguirne le tracce e ci si ritrova nelle pagine di un romanzo italiano e americano.

L'elenco è quello di un gruppo di italiani emigrati negli Stati Uniti che nel febbraio 1924 partecipano alla serata organizzata a Newark per raccogliere fondi da inviare al loro comune d'origine, Valva, allo scopo di costruirvi un monumento ai caduti in guerra.

Il nome è quello di Giacomo A. Freda, il romanzo quello di una famiglia che ha avuto due soldati che hanno combattuto la Grande guerra nell'esercito americano, un musicista professionista, un colonnello dell'aviazione che riposa al cimitero nazionale di Arlington (dove tra gli altri è sepolto John Kenned).

Amodio e Antonia

Partiamo da due valvesi emigrati a inizio Novecento, anche se in due momenti diversi: Amodio Giuseppe Maria Freda (classe 1857), figlio di Giacomo e di Maria Spiotta, e sua moglie Maria Antonia Alfano (classe 1869). 

Maria Antonia appartiene a una famiglia di cui ci siamo già occupati nel post La famiglia del venditore di maccheroni: è infatti la sorella di Ferdinando Alfano, emigrato nel 1909.

Il 1 luglio 1907 risultano registrati Freda Amodio & son.

I figli dovrebbero essere Giacomo  e Guerino, come apprendiamo dal censimento del 1910. 

Il documento non è molto preciso, ma ci consente di fissare alcune informazioni: Amodio risulta proprietario di un negozio di scarpe e i tre abitano a Newark, in Clay St. 77.
Negli elenchi della città di Newark del 1910 e 1911 risulta più genericamente "calzolaio".
Amodio non sa leggere né scrivere; nel censimento del 1930 risulterà invece che -pur non avendo frequentato la scuola e non parlando inglese- sa leggere e scrivere.  

Amodio rientra in Italia
Nel 1913 circa Amodio rientra in Italia.
Lo sappiamo perché in quell'anno, arrivando negli USA, il figlio Alfonso dichiara che il padre è il suo parente più prossimo in Italia.
Ci sembra particolarmente interessante il censimento del 1915:
Jack, Guerino e Alfonso Freda risultano insieme alla famiglia dello zio materno Ferdinando Alfano.

Gli altri Freda arrivano in America
Il 28 febbraio 1921Amodio torna negli Stati Uniti.
Con lui, sbarcano dal Cretic la moglie Antonia, il figlio Michael  (1898) e le figlie Angelina  (1901), Loretta (1903) e Caterina (1905). Sono tutti nati a Valva.
Dichiarano di andare da Alfonso, che risiede al 20-22 di Boyden Street, a Newark. La loro parente più prossima in Italia è la nonna delle bambine, Loreta D'Ambrosio.

Giacomo Amodio, "Jack"
Il primo valvese nell'elenco della serata tenuta a Newark è Giacomo, nato a Valva il 20 agosto 1891.
Arriva negli USA insieme al padre nel 1907. 
La data ci pone un problema: quello relativo alla visita miliare, che risulta essere fatta in Italia (dichiara di essere calzolaio). 
È riuscito a farla prima della partenza? Sembra un po' troppo giovane, per la verità. 
Il dubbio principale riguarda ovviamente la partecipazione alla Prima guerra mondiale; come vedremo, due suoi fratelli la combatteranno nell'esercito statunitense. 
Nel 1928 Giacomo chiederà la cittadinanza americana.
Risulta agente assicuratore e dichiara il nome completo: Giacomo Amodio. 
Giacomo morirà nel settembre 1944 a Newark.
La figlia Lucille ricorderà che il padre era appassionato di musica: suonava il violino in una piccola orchestra, in feste locali e cerimonie.
La moglie Aida R. morirà nel maggio1961.
Aida Libero era arrivata negli Stati Uniti a soli due anni. Con lei, il padre Antonio, la madre Filomena e i fratelli Antonio e Umberto. Dichiarano di andare dallo zio materno, Alfonso Perillo.
Una lapide a forma di cuore
Intanto, nel 1937 era deceduto Amodio, nel 1938 Antonia, entrambi a Newark.
Riposano nel Fairmount Cemetery, sotto una  lapide a forma di cuore, scritta in italiano.
P.s. Documents are taken by www.ancestry.com and www.it.findagrave.com
G.V.