23 luglio 1930: terremoto dell'Irpinia e del Vulture. Tra tragedia e propaganda.
Un anniversario poco ricordato, ma che ancora racconta una storia di terra e di luce. Una luce sinistra, apparsa agli occhi sgranati dal terrore, come un lampo che ferisce; e poi il rumore della tempesta, come di vento impetuoso e scrocio di pioggia o di grandine.
Il 23 luglio 1930 è un mercoledì.
Un sisma di magnitudo 6,7 (X grado della scala Mercalli) con epicentro tra Lacedonia e Bisaccia colpisce l’Irpinia e il Vulture; le vittime sono 1404.
![]() |
| Abitanti fra le case crollate; fonte |
Il giorno dopo, il Corriere della Sera
-fascistizzato come tutti i quotidiani non clandestini- ci informa che le
autorità governative, con Mussolini al comando, hanno reagito prontamente
attivando soccorsi su larga scala. Treni, milizia, esercito e personale
sanitario vengono inviati nelle zone colpite per prestare assistenza e portare
materiali di prima necessità. Viene organizzata una rete di aiuti per sfollati
e famiglie colpite, mentre tecnici e ingegneri iniziano a valutare i danni e a
progettare la ricostruzione. La Duchessa d’Aosta e altri esponenti del governo
visitano le aree terremotate per mostrare solidarietà e coordinare gli
interventi.
Leggiamo questo brano della
cronaca riportata in prima pagina:
Il disastro è particolarmente grave nei paesi di campagna, per la struttura delle case. I modesti casolari sono infatti coperti di tetti pesantissimi, per i quali si utilizza materiale calcareo, allo scopo di renderli più resistenti all’infuriare dei venti: sicché dove sono avvenuti i crolli difficilmente chi ne è stato travolto ha potuto essere estratto ancor vivo.
![]() |
| Militi recuperano i cadaveri; fonte |
Secondo il Corriere, dal punto di
vista sociale il terremoto ha rafforzato il senso di comunità e di solidarietà
fra le popolazioni colpite, che affrontano la tragedia con coraggio e spirito
di cooperazione. Vengono promosse anche manifestazioni religiose, come a
Salerno: una affollatissima processione allo scopo di rassicurare e unire la
popolazione nell’angoscia.
Particolarmente significativo -a nostro avviso- un articolo
di spalla sempre in prima pagina, dal titolo Sereni e pronti.
Compiangiamo con tutta l’anima i poveri morti: quasi tutti lavoratori di quelle feraci campagne, sempre minacciate dagli sconvolgimenti tellurici, come se il destino volesse farne pagare a caro prezzo la pittoresca bellezza; compiangiamo i superstiti, che hanno perduto i loro cari e gran parte dei loro beni. Ma soprattutto, prendiamo atto della calma, della serenità che il Paese, anche nelle regioni più vicine a quelle colpite dal terremoto, ha dimostrato nella triste circostanza.
Nessun panico artificioso, nessun smarrimento; passata la prima penosa impressione, tutti si sono prodigati nell’opera di soccorso, con una prontezza degna d’ammirazione: autorità civili e religiose, soldati, milizia volontaria, associazioni di beneficenza. Tutti sono stati pari al difficile compito. Le popolazioni hanno partecipato con uno slancio veramente splendido alle operazioni di soccorso; reprimendo il loro sacro dolore, esse hanno voluto contribuire in ogni modo ad alleviare le conseguenze del grave cataclisma.
Da Roma, come sempre, è partita la parola di incitamento e si è messo in movimento il meccanismo già preparato per simili eventi…
Sono questi i lati confortanti della disgrazia: non solo perché indicano i progressi dello spirito pubblico e degli organi responsabili, ma anche perché assicurano che, in ogni caso, le conseguenze d’ogni più inumano capriccio del Destino, saranno rese più lievi da provvedimenti adeguati e che non si ripeterà più, come in altri tempi, il caso che ritardi e incertezze nell’opera di soccorso possano rendere peggiori e magari irrimediabili gli effetti di quelle sciagure, alle quali ormai l’Italia è avvezza e contro le quali ha imparato a virilmente reagire.
Dall’articolo riportato emerge una notevole enfasi sulla
rapidità e sull’efficacia dei soccorsi, per trasmettere l’immagine di un regime
capace di intervenire con prontezza, a differenza di quanto accaduto in passato;
probabilmente il riferimento è ai disastri del terremoto di Messina (1908) e
della Marsica (1915).
Colpisce in particolare l’attenzione dedicata alla calma e alla disciplina delle popolazioni colpite, che rappresenta una visione ideale della società fascista: ordinata, unita e capace di fronteggiare il pericolo senza panico o caos.
L’articolo elogia inoltre la modernità dell’Italia fascista, sottolineando come il Paese sia in grado di gestire calamità in modo organizzato.
Infine, il richiamo al ‘sacro dolore’ che va represso serve a celebrare il senso del dovere e la partecipazione a una gloriosa azione collettiva, quella di alleviare le conseguenze del cataclisma.
Colpisce in particolare l’attenzione dedicata alla calma e alla disciplina delle popolazioni colpite, che rappresenta una visione ideale della società fascista: ordinata, unita e capace di fronteggiare il pericolo senza panico o caos.
L’articolo elogia inoltre la modernità dell’Italia fascista, sottolineando come il Paese sia in grado di gestire calamità in modo organizzato.
Infine, il richiamo al ‘sacro dolore’ che va represso serve a celebrare il senso del dovere e la partecipazione a una gloriosa azione collettiva, quella di alleviare le conseguenze del cataclisma.
Nel successivo post ci occuperemo del fenomeno dei “lampi
sismici”, sulla scorta delle testimonianze raccolte dallo studioso G.B. Alfano.
Fonti
Archivio Storico Corriere della Sera
Sito www.ingv.it, che riporta la prima pagina del Corriere della Sera del 24 luglio 1930
Archivio Storico Corriere della Sera
Sito www.ingv.it, che riporta la prima pagina del Corriere della Sera del 24 luglio 1930
Crediti foto storiche:
Bundesarchiv, Bild 102-10191 / CC BY-SA 3.0 DE
Bundesarchiv, Bild 102-10192 / CC-BY-SA 3.0 DE
Bundesarchiv, Bild 102-10191 / CC BY-SA 3.0 DE
Bundesarchiv, Bild 102-10192 / CC-BY-SA 3.0 DE
prima puntata- continua
G.V.

