31 luglio 2025

NEL NOME DI GORIZIA: SOGNO PATRIOTTICO E MORTE AL FRONTE

A Valva, nel settembre del 1915 un maestro originario di Santomenna registrava la nascita di due gemelle e dava loro  nomi che portavano con sé un sogno e una speranza patriottica: Gorizia e Gradisca Italiana.
Due nomi che evocavano luoghi lontani, simboli di una terra da riconquistare.
Per Gorizia, però, sarebbe stato necessario attendere quasi un anno: la sua presa definitiva arriverà solo nell’agosto 1916. Gradisca, addiritura, sarà italiana solo alla fine della guerra.
Prima della conquista di Gorizia, migliaia di giovani soldati persero la vita nelle sanguinose battaglie dell’Isonzo.
Tra questi, molti trovarono la morte o la prigionia nel piccolo villaggio di Oslavia, a pochi chilometri da Gorizia. Proprio qui, nel gennaio del 1916, morirono due valvesi, mentre un terzo rimase prigioniero.

Oslavia: la conquista difficile del fronte isontino
Oggi Oslavia è una frazione del comune di Gorizia.
Durante la Grande Guerra era un piccolo villaggio in posizione strategica e ben fortificato.
Nonostante le prime quattro battaglie dell’Isonzo — combattute tra l’estate e l’autunno del 1915 — l’esercito italiano non riuscì mai a conquistarla.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1916, con una violenta offensiva, le truppe italiane riuscirono finalmente a entrare a Oslavia, conquistando anche la vicina Quota 188.
Fu una vittoria effimera: il 24 gennaio un contrattacco austro-ungarico riportò Oslavia sotto il controllo nemico, infliggendo gravi perdite agli italiani.
Oslavia divenne così uno dei luoghi simbolo di una guerra logorante, combattuta metro per metro.
La conquista definitiva da parte italiana arrivò solo nell’agosto 1916, durante la Sesta battaglia dell’Isonzo, quando caddero Gorizia e l’intero sistema difensivo austro-ungarico della zona.

Le vicende dei soldati valvesi
Due valvesi risultano dispersi a Oslavia il 24 gennaio 1916: Giuseppe Fasano e Giuseppe Piramide
Un altro valvese, Michele Cozza, è invece fatto prigioniero lo stesso giorno e sarà internato a Mauthausen fino all'ottobre 1918, quando sarà rimandato in Italia perché invalido e sarà ricoverato all'ospedale di Nervi, dove morirà nell'ottobre dello stesso anno.
Racconteremo le loro vicende in un prossimo post.

Approfondimento
Il maestro di Santomenna si chiamava Pasquale Figurelli, sua moglie Lucia Anita Carmela D'Ambrosio ("gentildonna"). Le bambine risultano nate in via Santo Antonio, al numero 26.

G.V.