28 luglio 2025

MARIANNA, CHE SCIVOLÒ NEL POZZO A PRIMAVERA

Un nome, un volto, un luogo.
In un piccolo borgo, ogni decennio ha un episodio che li racchiude e li assume come simbolo.
Forse, per gli anni Trenta, a Valva il nome è quello di Marianna; il volto è il suo, dall'espressione fiera e serena, con la dignità silenziosa di una giovane e forte contadina; il luogo è un pozzo.
L'episodio che li comprende è rimasto nella memoria della comunità.

Marianna scivola in un pozzo in un giorno di maggio, mentre sta vivendo la sua primavera, a ventuno anni. 
Nessuno sa esattamente come sia accaduto, ma ogni generazione ha sentito parlare di lei.
Ecco una possibile ricostruzione dei fatti.
La ragazza sta pulendo le verdure, la cosiddetta minestra; ha già messo sul fuoco la callara, l'ampio recipiente di rame smaltato. Il grembiule è annodato, come sempre.
Forse Marianna si sporge troppo, il secchio s’impiglia. Forse la pietra è umida e lei inciampa, cade, batte la testa.
Dicono che il fratello Salvatore, di nove anni più grande di lei, sia riuscito a sollevarla con l'uncino, il lungo bastone di legno dalla punta ricurva che si usa nei lavori dei campi.
Salvatore si sporge, vede il grembiule gonfio che affiora nell'acqua del pozzo. Allunga l'uncino e aggancia il cinto della sorella, il laccio del grembiule che ogni mattina Marianna lega attorno alla vita, prima di cominciare la giornata.
Il corpo torna alla luce, ma Marianna è già lontana.
Tra i fratelli in lacrime, il più giovane è Francesco. Ancora non sa che tra dieci anni il destino lo porterà lontano, in una terra straniera da cui non farà ritorno.
La storia di Marianna, correndo tra le bocche del piccolo borgo, nel corso del tempo ha assunto anche altre tinte, quelle del rosa e del giallo.
A distanza di quasi un secolo, preferiamo restare alla ricostruzione più semplice: una giovane contadina che scivola in un pozzo, a primavera, e vola su una stella come in una tenerissima canzone di De André.

Il nome della nonna
Marianna ha il nome della nonna materna (Cappetta); per la verità nell'atto di nascita la bambina è registrata col nome di Maria Anna. 
È il 3 aprile 1910.
Davanti al segretario Elia Merolla (padre di un soldato morto in guerra, Biagio), compare Vito Feniello, cinquantenne, contadino, che dichiara che il giorno prima, in corso Umberto Primo numero 9, da Donata Torsiello, anche lei contadina, è nata Maria Anna Feniello.

Vito e Donata si sono sposati nel luglio 1896. 
Testimoni dell'atto di nascita della bambina sono Michele Spiotta (sarto) e Giuseppe Torsiello (spaccamurate). 
Un elemento insolito per l'epoca: anche il papà firma. Spesso gli atti di nascita recano solo la firma del sindaco o dell'ufficiale dell'anagrafe e spesso (ma non sempre) quella dei testimoni. E' raro che a firmare sia il neogenitore, soprattutto quando è un contadino. Il testimone Giuseppe Torsiello compare anche in altri atti; possiamo ipotizzare che lo "spaccamurate" (salvo errori nella lettura dell'atto) fosse un manuale specializzato nell'estrazione e nella frantumazione della pietra; il termine potrebbe essere una variante dialettale del più generico "spaccapietre".
Nell'uso quotidiano, il nome diventa presto Marianna, visto che così compare nell'atto di morte.
Il 27 maggio 1931, alle ore 9, davanti al commissario prefettizio Antonio Masi compaiono Pietro Falcone (bettoliere) e Antonio D'Ambrosio (contadino). 
Dichiarano che alle ore sei del giorno precedente, in contrada Bosco, è morta Marianna Feniello, di 21 anni, nubile. 
Sono presenti all'atto, in qualità di testimoni, Alessandro Di Florio (falegname) e Francesco Strollo (possidente).

Nell'atto, la voce NELLA CASA POSTA è cancellata: è questo l'unico indizio che fa pensare a una morte per incidente.
Quella di Marianna è stata una primavera interrotta.
Di lei però non rimangono solo poche righe in un registro dell'anagrafe; rimangono il suo nome trasmesso nella famiglia, il suo ritratto (a cura del fotografo e pittore Giacomo Feniello) custodito in alcune case, il suo ricordo tramandato nei racconti, come una voce che non si spegne.
Come una rosa, che vive un solo giorno e diventa emblema della giovinezza.

Un sentito ringraziamento a zia Fedora D'Ambrosio e a Michela Feniello per la preziosa collaborazione.
G.V.