19 luglio 2025

VINCENZO SPATOLA, IL DESTINO IN UN NOME

Caduto nella Grande Guerra, il suo nome rivive in un nipote scomparso nel terremoto del 1980 e in un altro nato in America.

Vincenzo Spatola nasce a Valva il 31 gennaio 1891, da Michele e Francesca Torsiello.
Ha tre fratelli più grandi: Salvatore (classe 1884), Prospero (classe 1886) e Serafino (classe 1888).
Gli Spatola sono una famiglia di fabbri e maniscalchi; Vincenzo alla visita militare dichiara però di essere sarto.
Una curiosità: dal 1844 al 1913, nei registri delle liste di leva conservati all'Archivio di Stato di Salerno risultano nove soldati con il cognome Spatola nati a Valva; di otto di loro è indicata la professione e ben cinque sono fabbri ferrai o maniscalchi.
Soldato di leva di prima categoria, Vincenzo è lasciato in congedo illimitato nell'aprile 1911. È chiamato alle armi nell'ottobre dello stesso mese, quando è "inviato in congedo provvisorio con l'obbligo di presentarsi alle armi entro un mese dal congedamento del fratello Serafino, richiamato della classe 1888". 

Il tamburino 
Vincenzo arriva quindi alle armi "in seguito al congedamento del fratello", l'8 maggio 1912; il giorno dopo viene assegnato al 22° Reggimento Fanteria.
L'anno seguente lo troviamo tamburino nello stesso reggimento.
Il ruolo del tamburino, solitamente riservato a soldati giovani, consiste nel segnalare ordini con strumenti a percussione (come il tamburo); un compito importante per la comunicazione nei reparti.

La ferita in Libia
Il 4 giugno 1913 Vincenzo è nell'87° Reggimento Fanteria, il 9 giugno parte per la Libia e si imbarca a Napoli.
Rientra in Italia e sbarca a Palermo già il 12 luglio, a causa di una "ferita d'arma da fuoco alla regione sopraclavicolare sinistra con permanenza di proiettile", riportata nel combattimento avvenuto il 1 luglio a Safsaf (nei documenti indicato anche come Saf Saf).
In questo scontro in Cirenaica, il Regio Esercito italiano affronta i guerriglieri senussi (una confraternita islamica organizzata militarmente). Una colonna di italiani cade in un'imboscata e viene accerchiata; Vincenzo è uno dei 105 soldati italiani feriti. Tra morti e dispersi, le perdite italiane sono di circa 100 uomini.
L’episodio si colloca tra le prime sconfitte italiane dopo la guerra italo-turca, all’interno della più ampia Campagna di Libia, segnata dalla resistenza armata delle popolazioni locali contro l’occupazione italiana.
Il contesto storico e militare
La guerra italo-turca (1911–1912) fu un conflitto tra il Regno d’Italia e l’Impero Ottomano, volto alla conquista della Tripolitania e della Cirenaica, allora territori ottomani. Dopo la dichiarazione di guerra, il 29 settembre 1911, l’Italia occupò rapidamente le zone costiere. Il conflitto si concluse con il Trattato di Losanna (18 ottobre 1912), che sancì la cessione formale dei territori all’Italia.
Questa guerra segnò l’inizio della più lunga e complessa Campagna di Libia (1912–1931), nella quale l’Italia cercò di consolidare il proprio dominio, incontrando però una forte resistenza, soprattutto in Cirenaica, da parte dei Senussi. Il conflitto si sviluppò in forme di guerriglia, insurrezioni e repressioni, fino alla conquista definitiva dell’entroterra. La campagna si concluse con l’impiccagione di Omar al-Mukhtar nel 1931, simbolo della resistenza libica.
La Grande Guerra 
Vincenzo giunge nuovamente alle armi in un giorno fortemente significativo per la storia italiana: il 24 maggio 1915
È assegnato al 65° Reggimento Fanteria. Poco più di un anno dopo, nel giugno 1916, risulta inquadrato nel 18° Reggimento Fanteria, parte della Brigata Acqui.
In quei mesi si combatte duramente sul fronte dell'Isonzo: le truppe italiane, dopo la conquista di Gorizia (9 agosto 1916), tentano di sfondare le linee austro-ungariche sulle alture orientali, tra cui la quota 305, nota come posizione di Santa Caterina.
L’11 agosto 1916, mentre infuria la battaglia per quella posizione strategica, Vincenzo risulta disperso. Non è certo che il suo reggimento fosse direttamente coinvolto nell’attacco principale a Santa Caterina, ma è probabile che si trovasse nei pressi, impegnato in manovre di rinforzo, pattugliamento o supporto. 
Nel caos della guerra, molte perdite vengono registrate come "dispersi", senza certezza sulle circostanze.
Colonna di fanteria italiana in marcia
verso il vallone del Carso; fonte
Santa Caterina
Durante la Sesta battaglia dell’Isonzo, l’esercito italiano attacca la collina di Santa Caterina, vicino a Gorizia, fortemente difesa da truppe austro-ungariche. L’offensiva è condotta dalla 45ª Divisione italiana ma, nonostante vari tentativi e un fuoco preparatorio, tutti gli attacchi vengono respinti.
L’operazione fa parte del tentativo italiano di consolidare le posizioni attorno a Gorizia, conquistata pochi giorni prima (9 agosto 1916), puntando a superare le fortificazioni a est, tra cui Santa Caterina e San Gabriele. La battaglia evidenzia le grandi difficoltà nel superare difese ben organizzate, anche dopo un avanzamento.
È leggendaria, anche se poco verificabile, la testimonianza di mitraglieri austro-ungarici “incatenati” alle loro armi, riportata nei resoconti della Brigata Benevento.

L'Isonzo con sullo sfondo Gorizia; fonte
Il cammino di un nome 
Il nome del soldato caduto rivivrà in uno dei figli di suo fratello Serafino: nato nel 1923, Vincenzo Spatola sposerà la cugina del soldato americano Henry Porcelli (alla storia del quale abbiamo dedicato diversi post). 
In questa foto, verosimilmente scattata proprio da Henry, vediamo al centro Vincenzo e sua moglie Maria D'Amato. Siamo a Valva, in zona San Vito, dopo lo sbarco alleato a Salerno (dunque nell'autunno del 1943):
Vincenzo e Maria si sono sposati nel luglio 1942. 
Troveranno la morte insieme al padre di lui, Serafino, a Castelnuovo di Conza la sera del terremoto del 23 novembre 1980.
Anche Prospero Spatola, emigrato negli USA nel 1906, darà a uno dei figli il nome di Vincenzo. 

Dal prezioso archivio di Gozlinus, due foto della famiglia Spatola:
Adriano, Michele e Vicenzo Spatola; fonte
Michele Spaola e suo figlio Serafino; fonte

Dalla polvere del deserto libico, al fango delle trincee, poi alla polvere delle strade americane attraversate a gran velocità dal progresso,  fino a quella delle macerie di una domenica sera di novembre: il nome Vincenzo Spatola sembra segnare le tappe di un destino che si ripete. 
Due  tragedie -la guerra e il terremoto- e l'epopea, a tratti eroica e a tratti drammatica dell'emigrazione: momenti che nel Novecento hanno profondamente segnato la comunità di Valva.

Approfondimenti

Abbiamo già parlato di Vincenzo Spatola e Maria D'Amato in questo post:
👉Storie come strade

Ecco i post dedicati alla storia di Henry Porcelli: 
👉Dopo lo sbarco a Salerno un soldato americano visita la nonna a Valva
👉Sulle tracce del soldato Porcelli
👉Il suo nome era Henry Porcelli
👉Storie come strade
👉La storia di Henry diventa un fumetto
👉L'aviatore valvese che spiccò l'ultimo volo dal Colorado

Alla partecipazione dei valvesi alle guerre combattute in Africa abbiamo dedicato inseguenti post: 
👉I valvesi alla guerra in Africa
👉Due soldati valvesi sul bel suol d'amore

G.V.