29 settembre 2023

ALL'OMBRA DELLE TUE ALI: GLI OCCHI INNOCENTI CHE HANNO VISTO LA GUERRA (terza parte)

Nella terza tappa della nostra ricostruzione del settembre 1943 a Valva, ci occupiamo della guerra vista con gli occhi dei bambini.
Dunque, la prima foto di questo post è una foto di speranza: l'arcobaleno che abbraccia i monti di Valva, dove in quel mese drammatico i cittadini trovarono rifugio: quasi un simbolo di speranza di un futuro di pace.


Quando a Valva arrivarono gli eroi biondi
Nel 1940 viene incisa la canzone Camerata Richard, che celebra l'Asse Roma-Berlino con versi come questi:

Camerati d'una guerra 
camerati d'una sorte,
chi divide pane e morte,
non si scioglie sulla Terra!

Il piccolo Michele -figlio della maestra del paese- ascolta e canta questa canzone, nella sua divisa da balilla.
Quando arrivano i tedeschi, per i piccoli all'inizio è forse come un sogno che si realizza:

Fu così che a Valva, per la prima volta, vedemmo, finalmente, questi mitici eroi. Effettivamente erano belli ed efficienti, con i loro mezzi potenti, le loro automobili scoperte e le pagnotte di segala scurissima, veri e propri "mattoni" che loro sistemavano a mo' di muri a secco.

I tedeschi si accampano in alcune zone di Valva: contrada Ortaglio, proprio alla fine dell'abitato, e a Pantanito, un po' più in là.
Michele e i suoi coetanei fanno amicizia con un ragazzo biondissimo di diciotto anni, Martino, addetto a riempire d'acqua i recipienti fissati su un camion. E' Martino a dire ai balilla e agli avanguardisti valvesi che Badoglio "ha tradito" e che non sono più camerati.

La giovane temeraria
Angela ha tredici anni e vive  vicino all'accampamento dei tedeschi, che proprio in un terreno della sua famiglia hanno installato tende e cucine da campo. 
E' una ragazza coraggiosa: in queste settimane per lei indimenticabili compie un'azione che farà spaventare molto sua sorella e un'altra di cui sarà orgogliosa per tutta la vita.
Un giorno Angela è sull'uscio di casa, passa un tedesco e le dice: "Tu italiana traditrice!". Forse per difendere l'orgoglio patrio o magari solo per temerarietà legata alla giovane età, Angela risponde con uno sputo in segno di disprezzo e chiude il portone sbattendolo.
Quella sera, mentre la casa è completamente al buio per paura degli avvistamenti -con la carta blu della pasta a coprire i vetri del portone di ingresso- Angela è sola in casa con la sorella Maria.  Vengono attratte da un'ombra lunga come una canna di fucile che spunta dalla finestra della cucina che dà sul corso.
Maria trae subito una conclusione drammatica: tu hai sputato al tedesco e ora vuole spararci! Le due sorelle scappano al piano superiore e vanno a spiare dalla finestra: non c'era un fucile, ma una signora seduta sul sedile in pietra accanto alla loro abitazione e accanto ha un cesto con una pompa per le viti; il fucile è in realtà il becco della pompa.
L'episodio che renderà orgogliosa Angela avviene invece in montagna, dove la sua famiglia si rifugia più tardi. 
Un giorno Angela assiste a una scena che la colpisce: un soldato (probabile disertore) lacero, ferito e affamato che cerca di cogliere un po' di uva in una vigna ma ne è scacciato in malo modo dai proprietari; la ragazza prende delle pietre e le lancia contro i contadini, per difendere il soldato affamato. 
Forse in questo momento pensa a suo fratello Michele, soldato prigioniero in Africa; forse pensa che anche suo fratello è affamato e ha bisogno di un po' d'uva. Allora conduce il soldato nel rifugio di famiglia, dove sua madre gli offre quello che hanno: del cibo e una coperta.

Giovanni e il rifugio per l'asino
Intanto Giovanni, rifugiato nella stessa zona di Angela, si ingegna con pazienza per costruire un ricovero all'asino; lo fa con la paglia sostenuta da paletti di legno e rami, ma l'asino muove e la coda e ogni volta il castello di paglia crolla.

La tenerezza del guerriero
Michele sta giocando davanti al portone di casa; i genitori si affacciano di tanto in tanto per controllarlo.
Ad un tratto, arriva una jeep con un militare graduato grande e grosso, con una vistosa ferita ad una gamba: a Michele il suo aspetto non appare molto rassicurante; il soldato lo vede, ordina all'autista di fermarsi e si dirige rapidamente verso il bambino, mentre i genitori assistono alla scena preoccupatissimi.
Michele ricorderà la scena a circa settant'anni di distanza, con un'emozione che traspare della belle parole utilizzate:

Il guerriero si chinò, mi fissò e mi sfiorò il volto con incredibile dolcezza; versava lacrime; si frugò nel giubbotto e trasse fuori dal portafoglio, mostrandomela, la foto di un ragazzino più o meno della mia età e che davvero mi somigliava; quasi s'inginocchiò e poi si diresse verso l'auto, dalla quale prese una grossa scatola rotonda di cioccolata (leccornia preziosa ed assolutamente introvabile a quei tempi), che mi offrì con una tenerezza commovente. Di scatto si precipitò sull'auto e partì velocissimo. Senza voltarsi indietro.

La carezza del camerata Kesserling
Quando l'amministratore del marchese d'Ayala, don Emilio Grassi, invita molte famiglie a ripararsi nelle grotte della Villa, la famiglia di Michele è tra queste.
L'amministratore Emilio Grassi e un ufficiale, 
sul terrazzo del castello d'Ayala; fonte
A Michele sembra di entrare in una strana comunità, con letti sistemati all'interno delle grotte, con poche masserizie, qualche vestito arrotolato alla meglio e scatole con preziosi, custodite gelosamente.
Una scala chiusa a organetto su ruote,
all'ingresso di una delle grotti della Villa; 
foto di Valentino Cuozzo
Michele però è un bambino e per i bambini questa situazione particolare e insolita è motivo di festa.

Per noi bambini era una vera e propria vacanza festosa. Niente scuola, soltanto giochi gioiosi e rumorosi nella piazza antistante. Eravamo in parecchi [...] e facevamo a gare nell'individuare, sulla lontana strada a valle, qualche carro armato in fiamme, centrato dalla possente difesa tedesca. 

Piazzale Moncada, davanti alle grotte; foto di Valentino Cuozzo

Ora il vero padrone di Villa d'Ayala è il comandante delle truppe tedesche nell'Italia meridionale, il feldmaresciallo Kesserling: Michele lo vede quasi ogni sera stringere la mano ai signori e baciare la mano alle signore con quella che -più tardi, quando avrà le parole per dirlo- a Michele sembrerà una "sofisticata galanteria". 
Kesserling si fa aiutare da un interprete e parla con i valvesi, in particolare con i bambini:
Nutriva una sincera tenerezza per noi bambini, che attendevamo con ansia la visita di questo nostro amico. Quanti delicati buffetti sulle nostre guance!

Una sera i bambini restano delusi, e poi la sera successiva e l'altra ancora. Con rapidità ed efficienza, i tedeschi sono andati via, verso Lioni, verso Avellino, verso il Nord, verso la sconfitta.

Aurelio
Aurelio è un ragazzo di sedici anni e aiuta i genitori, scendendo dal rifugio in montagna verso la casa a valle, verso il fiume, dove va a badare agli animali e a prendere le provviste da portare in montagna per la numerosa famiglia. 
I tedeschi sono partiti da un paio di giorni e ora bisogna capire come comportarsi con gli americani, è inevitabile un po' di reciproco sospetto ma forse vinceranno loro e in fondo non siamo più in guerra con loro.
Come andrà a finire la guerra, Aurelio non lo saprà mai.
Mentre sta tornando a casa, come fa ogni giorno, ai bordi della strada vede una cintura luccicante: ne è incuriosito, si avvicina, la prende, salta in aria per una mina tedesca.
Di lui non rimane neppure una foto, ma la sua triste storia si può ancora leggere nel linguaggio asciutto e severo della sua lapide, al cimitero. 

Una foto di gruppo
Forse alcuni dei bambini e dei ragazzi citati in questa storia sono presenti in questa bella foto della metà degli anni Trenta, scattata in Villa d'Ayala con il podestà Antonio Masi e con don Antonio Cappetta, un sacerdote che è anche insegnante elementare:
Se non ci sono, non è importante: questo post è dedicato a tutti loro e ai loro coetanei valvesi, ai loro sogni giovanili, ai sacrifici della vita adulta e -se non sono più con noi- alla loro memoria.


Non avrei scritto questo post senza il racconto "Valva 1943" di Michele Gaudiosi, pubblicato da "Gozlinus" (dal quale ho tratto anche i brani riportati), senza il contributo di Mariana Grisi e di Carmine Falcone, senza le foto di Valentino Cuozzo e del preziosissimo archivio di "Gozlinus". Grazie a tutti loro.

***3, continua***


"All'ombra delle tue ali" è la ricostruzione del settembre 1943 vissuto dai valvesi; abbiamo già pubblicato le seguenti puntate:

La storia di Aurelio è stata raccontata in due post:
👉Aurelio, che fece una grande luce
👉Il sedicenne vittima della guerra

Il racconto da cui è tratta la storia di Michele è stato pubblicato nel seguente post di Gozlinus:
👉Valva 1943


28 settembre 2023

ALL'OMBRA DELLE TUE ALI: IL SETTEMBRE '43 NEI RICORDI DEI VALVESI (seconda parte)

Continua il nostro viaggio tra i ricordi legati al settembre 1943, quando nei valvesi la paura del conflitto tra tedeschi e americani si è aggiunta alla preoccupazione che da oltre tre anni avevano per le sorti dei giovani soldati al fronte.
Il punto di osservazione per il racconto degli eventi è quello della grotta di San Michele: quasi un nido incastonato nella roccia e un rifugio nel settembre 1943 per tante famiglie valvesi.

Foto di Valentino Cuozzo
Il settembre '43 al fronte
Settembre è il mese in cui cadono tre soldati valvesi e in cui circa venti vengono fatti prigionieri dai tedeschi, nelle convulse settimane dopo la proclamazione dell'armistizio.
In questo momento, i soldati valvesi all'estero sono dispiegati in gran parte sul fronte greco-albanese, in particolare nel Dodecaneso (ad esempio Rodi, Coo) e nelle isole greche (ad esempio Creta, Cefalonia e Corfù). Per loro il destino è segnato: la prigionia.
Il settembre del 1943 è anche il mese in cui i cosiddetti "sbandati" tornano a casa, ma non siamo ancora in grado di ricostruire le loro vicende. Certamente i tempi di rientro sono legati al punto in cui si trovavano i soldati; abbiamo anche esempi di soldati di stanza in Italia che sono rimasti al loro posto (in Sardegna e in Calabria ad esempio).

Il settembre '43 a Valva
La memoria orale ha fissato alcuni eventi, rendendoli patrimonio immateriale e prezioso delle famiglie. Raccontarli ora in forma scritta è sicuramente tardivo, ma forse non sarà inutile. 
In questo percorso ci guideranno ricordi di vario genere. 
Diamo la parola ai valvesi che hanno vissuto quegli avvenimenti e  per fortuna ancora sono tra noi; riportiamo e sintetizziamo alcuni racconti già pubblicati; leggiamo i racconti che alcuni testimoni hanno fatto ai loro figli negli anni. 

Panorama di Valva in una cartolina spedita nel 1926
dal marchese D'Ayala-Valva a suo nipote,
il celebre musicista Giacinto Scelsi; fonte

Il racconto di Michele Gaudiosi
In un suo scritto del 2012 dal titolo👉Valva 1943 pubblicato da Gozlinus, Michele Gaudiosi racconta come i valvesi si accorsero che qualcosa di particolare stava accadendo: guardie armate a presidiare gli accessi a Villa d'Ayala, automobili scoperte con a bordo ufficiali con molte medaglie al petto che salivano da piazza Calvario lungo il viale che conduce al castello. Suo padre sentì a Radio Londra la notizia che il quartier generale delle forze armate tedesche del Sud Italia aveva sede "in un piccolo paese del Mezzogiorno" e capì che stavano parlando di Valva. 
Citiamo direttamente dal testo di Michele Gaudiosi: 

In me è ancora vivissimo il ricordo di una Piazza Calvario intasata da grandi uniformi scattanti in impeccabili saluti militari. Fra di loro, purtroppo, si aggiravano, tetre, le funebri uniformi nere delle onnipotenti SS, lugubri spettri della dittatura più infame nella storia dell’umanità.

La testimonianza di Michele Gaudiosi sarà ancora utilissima quando parleremo delle famiglie rifugiatesi all'interno di Villa d'Ayala.

I ricordi delle nonne di Valva
Nelle scorse settimane ho intervistato due tra le donne più anziane di Valva, chiedendo loro un ricordo di quel drammatico mese di ottanta anni fa.
La signora Marietta Marciello aveva undici anni quando si è nascosta con la famiglia nella grotta San Michele e quella, più piccola, detta di Paulo.
Nell'intervista pubblicata nel post 👉"Tu sai la storia e io i fatti": la guerra a Valva nei racconti di una testimone, zia Marietta ha raccontato che un uomo cucinava per le famiglie rifugiate e rassicurava i bambini dando la colpa delle fiamme a pastori che non avevano spento il fuoco in montagna. Ricorda ancora che dormivano sui "curm" -gli steli su cui la madre metteva lenzuola portate dalla loro abitazione non lontana- e che dormivano all'aperto.
La signora Carmela Torsiello mi ha raccontato che la sua famiglia aveva un capanno sotto la montagna, in contrada Elice, che servì da rifugio. 

Contrada Elice, una "carcara" (forno per ridurre le pietre in calce);
foto di Valentino Cuozzo
Anche il parroco di Valva, don Lorenzo Spiotta era con loro e la signora ricorda ancora il dettaglio della tonaca strappata.
Zia Carmela ha poi raccontato un pericolo corso mentre scendeva dalla montagna a dorso dell'asino.
La sua intervista è nel post 👉Quando la montagna è rifugio: i ricordi di zia Carmela.

I civili salvati parlando in inglese
C'è un episodio che torna in due racconti raccolti in queste settimane. I protagonisti sono diversi, ma l'azione è la stessa e identico è il risultato del loro intervento, per fortuna positivo.
Gli americani sono insospettiti dal fumo che si leva dalla montagna, in più punti. Un valvese che conosce l'inglese parla con i soldati e spiega che nelle grotte in montagna non ci sono tedeschi nascosti ma solo civili spaventati dalla guerra.
La signora Marietta ricorda che l'intervento provvidenziale è stato di Vito Iannuzzi, che viveva in America. 
Valentino Cuozzo ricorda che la madre, la signora Margherita Mastrolia, gli raccontava un episodio simile: in un posto chiamato "le grotticelle", al di sopra della grotta di San Michele e di quella di Paulo, suo padre Michele -che era stato in America nei primissimi anni del Novecento- aveva fatto la stessa cosa.
Non vedo contraddizione nei due racconti: nulla toglie che possano essere entrambi corretti; in un contesto in cui gruppi di famiglie si rifugiavano dove potevano, non si può escludere che una stessa situazione si sia presentata in modalità simili, con protagonisti diversi. 
Ricordiamo che già negli anni Ottanta dell'Ottocento è attestato un notevole flusso migratorio negli Stati Uniti e che alcune famiglie avevano poi fatto ritorno a Valva, con bambini nati in America.

I tedeschi a Valva nei racconti di Aristide
Marco Cuoco ci rivela questo episodio che gli ha raccontato suo padre Aristide:

Mio padre mi raccontava che i tedeschi andavano tra le masserie in cerca di ragazze; egli stesso fu testimone di una richiesta molto esplicita fatta da uomini del comando tedesco a una persona di loro fiducia, di Valva; questa persona indicò due ragazze. In quel periodo la loro famiglia  si era trasferita dal paese in contrada Bosco; mio padre corse ad avvisare la madre delle ragazze, che subito fece scappare le figlie in montagna o comunque in un posto sicuro. I tedeschi effettivamente andarono a casa a cercare le ragazze e non le trovarono.

A quel tempo Aristide aveva già perso suo padre, Michele Cuoco, caduto in guerra nell'Africa Orientale. Riposa ad Addis Abeba.
Aristide raccontava al figlio anche altri episodi relativi a quel periodo; uno mi colpisce particolarmente perché fonde cronaca e leggenda, a dimostrazione di come alcuni episodi cruenti possano condizionare l'immaginario collettivo e dare origine a episodi di suggestione:

In contrada Arenale alcuni tedeschi furono uccisi e sepolti proprio nei pressi della fontana che si trova lì. I corpi vennero successivamente recuperati dai tedeschi, ma è rimasto il racconto secondo cui in un particolare momento dell'anno da quelle parti si sentiva un plotone marciare, con passi pesanti di soldati.

L'abbattimento dell'aereo americano ha impressionato molto i valvesi ed è rimasto a lungo nei loro racconti; è comprensibile che ne esistano più varianti. 
Nel primo episodio di questo nostro viaggio nel settembre 1943 a Valva abbiamo riportato la testimonianza -raccolta da Salvatore Cuozzo- del signor Antonio Falcone
Ecco come il signor Aristide raccontava l'episodio al figlio:
L'aereo americano fu abbattuto sulla zona dei Lagarielli. Mio padre si era nascosto come gli altri valvesi nelle grotte, ma essendo un ragazzino durante il giorno andava un po' in giro e si spingeva fin sopra il "Rutunno", un punto  pericoloso ma panoramico; da lì lui e i suoi amici si sporsero e videro il bombardiere americano abbattuto.  
Mio padre ricordava che i piloti furono arsi vivi e finiti con le forche.

Il cosiddetto "Rutunno" (la punta in alto a sx),
foto di Valentino Cuozzo, con adattamento

Dai racconti che ho raccolto in paese emerge anche un altro dettaglio: uno dei piloti sarebbe stata una donna. 
Non ho trovato altri riscontri di questo elemento -certamente significativo- ma capisco che possa essersi sedimentato nella memoria. 
Me lo conferma Matteo Pierro, dell'Associazione Salerno 1943: la storia di una donna pilota è molto frequente nei racconti legati agli abbattimenti aerei. "Su oltre 40 crash site che abbiamo investigato -continua- questa storia ricorre in almeno una ventina di essi. Si tratta di distorsioni legate alla trasmissione orale dei racconti".
Credo che la storia non sia solo costituita da fatti suffragati da documenti; anche analizzare i meccanismi della trasmissione dei racconti e della formazione della memoria collettiva -e forse individuale- merita la massima attenzione.

Leggo che le cosiddette WASP [Piloti del servizio femminile dell'aeronautica] avevano principalmente l'incarico di trasportare gli aerei appena costruiti dal luogo di fabbricazione al punto di decollo, ma alcune di loro parteciparono anche all'addestramento dei piloti e altre furono addirittura istruttrici; inoltre, trasportarono personale e merci militari e fecero diversi voli di prova.  fonte 1
Le WASP non erano considerate militari a tutti gli effetti e i corpi di quelle cadute venivano riportati a casa a spese della famiglia, senza onori militari e senza nemmeno la bandiera sulla bara.  fonte 2

Lo scampato pericolo della famiglia Freda 
Un post del blog "Gozlinus" del dicembre 2020 riporta la bella 👉testimonianza di Antonio Freda:

C'era ancora il pericolo di subire bombardamenti e questa eventualità spinse le persone a rifugiarsi in luoghi ritenuti più sicuri della propria casa. Molti ripararono nelle grotte del parco [di Villa d'Ayala, ndr.]; noi ci sistemammo nella cantina della casa di mio nonno paterno, ubicata tre piani sottostanti la strada. 
Il silenzio, che almeno in quel momento regnava, fu violentemente rotto da un'insistente bussata. Quando mio padre aprì il portone si ritrovò fra le braccia un giovane tedesco completamente insanguinato. A pochi passi dall'ingresso della nostra casa c'era il castello che ospitava i tedeschi: che fare? Papà non aveva altra possibilità che portarlo presso i suoi compatrioti. Dopo uno scambio infruttuoso di spiegazioni, gli intimarono di seguirli nel parco; adagiato su un muretto, a torso nudo, vide il giovane tedesco, al quale stavano disinfettando le ferite, che lo salutò agitando la mano. Successivamente appurammo che era stato gravemente ferito a Colliano dallo scoppio di una bomba a mano, le cui schegge si erano conficcate nella sua schiena.
Papà tornò dopo ore. Ci abbracciammo piangendo prima e dopo il suo racconto e sorbimmo un bel caffè d'orzo per brindare allo scampato pericolo.
 
Un cordiale ringraziamento alle persone che hanno collaborato a questo post, rendendolo possibile grazie ai loro ricordi e alla loro consulenza.
Un pensiero rispettoso alle persone citate nel post e non più con noi.

***2- Continua***

Approfondimenti
Ecco la prima parte di  questa ricostruzione del settembre 1943 vissuto a Valva:
👉All'ombra delle tue ali: la grotta di San Michele rifugio dei valvesi nel settembre 1943 

G.V.

27 settembre 2023

ALL'OMBRA DELLE TUE ALI: LA GROTTA DI SAN MICHELE RIFUGIO DEI VALVESI NEL 1943 (prima parte)

Quando si salgono gli ultimi scalini che portano alla Grotta di San Michele e guardi verso il cielo, la volta rocciosa sembra abbracciarti.

Sono parole dell'autore di questa foto, Valentino Cuozzo, e ne costituiscono una bella didascalia.

Quell'abbraccio i valvesi lo hanno cercato nel settembre 1943, quando dal cielo e dalla terra arrivavano i colpi della guerra. 

La popolazione civile -anche con qualche sfollato che veniva da altri centri- si  rifugia sui monti, in particolare nelle grotte.

La montagna sacra 

I valvesi nel 1943 non potevano vedere lo scorcio come appare in questa foto recente, ma anche essi hanno sicuramente avuto un'impressione di maestosa potenza:

foto di Valentino Cuozzo

Non sapevano che anche la montagna si sarebbe scrollata di dosso un po' del suo peso, meno di quaranta anni dopo, la sera del terremoto del 1980 (nella seconda, fortissima scossa, quella della notte).

La montagna di San Michele, montagna sacra, ne conosce di storie. 

Ricavata nella roccia del monte Eremita, la grotta dedicata a San Michele è legata all'opera di evangelizzazione dei monaci basiliani, già prima dell'anno Mille. 

Grotta di San Michele, facciata; foto di Valentino Cuozzo

Il santo -è noto- è rappresentato come un guerriero e per questo è stato considerato come protettore dai Bizantini, dai Longobardi e dai Normanni.

Grotta di San Michele, cappelletta con altare;
datata 1933, è 
stata restaurata di recente
(foto di Valentino Cuozzo)

Il contesto militare del 1943 nella Valle del Sele

Dopo l'annuncio dell'armistizio l'8 settembre e lo sbarco degli Alleati a Salerno il giorno seguente, la guerra tra tedeschi e americani arriva anche nella Valle del Sele, dove i tedeschi fanno azioni di guerriglia per rallentare l'avanzata della 45.ma Divisione di Fanteria alleata, che ha da poco occupato Eboli, poi Contursi Terme e si dirige verso Avellino, passando per l'Ofantina.

Il castello della Villa d'Ayala a Valva diventa per qualche giorno sede del comando di Albert Kesserling, comandante delle forze tedesche in Italia.

Secondo la testimonianza di Antonio Freda -raccolta da Gozlinus- il generale aveva fatto esporre sul tetto una enorme croce rossa, "ingannevole simbolo di solidarietà umana".

Kesserling comandò con notevole efficacia flotte aeree nel corso dell'invasione della Polonia, della campagna di Francia, della battaglia d'Inghilterra e dell'operazione Barbarossa.
Dall'estate del 1943 assunse il comando supremo delle forze tedesche in Italia e condusse la campagna difensiva contro gli Alleati. Represse il movimento di Resistenza e fu responsabile di numerosi crimini contro i partigiani e contro la protezione civile.  
Nel marzo 1945 comandò le forze germaniche sul fronte occidentale. 
Al processo di Venezia fu condannato a morte da un tribunale militare britannico per la responsabilità dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, ma la sentenza fu poi commutata in ergastolo. Nel 1952 sarà rilasciato, senza peraltro aver mai rinnegato la sua lealtà al nazismo.

A Valva fa una visita lampo Wihelm Keitel, comandante dell'Oberkommando della Wehrmacht.

Wihelm Keitel nel 1942

Keitel sarà uno dei principali imputati al processo di Norimberga, dove sarà condannato a morte perché giudicato colpevole di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità. 

Così è apparso il castello ai generali tedeschi: 

Il castello e l'oleificio visti da via San Biagio, Anni Trenta; fonte

I tedeschi restano nella Valle del Sele fino al 23-24 settembre, ci dice Pasquale Capozzolo, presidente dell'Associazione Avalanche 1943.

Il 22 settembre c'è uno scontro con gli americani a Oliveto Citra, durante il quale si assiste all'eroismo di Ernest Childersun nativo americano Creek dell'Oklahoma, Secondo Tenente della 45a Divisione di Fanteria. 

Childers sarà poi premiato con la Medaglia d'Onore per la sua azione eroica a Oliveto Citra. 

Esposto al fuoco di mitragliatrice, insieme a otto uomini attaccò il nemico. Nonostante una frattura al piede, Childers ordinò il fuoco di copertura e avanzò sulla collina, uccidendo da solo due cecchini che facevano fuoco da una casa nelle vicinanze; si mosse contro i nidi di mitragliatrice e uccise tutti gli occupanti di quello più vicino; continuò verso il secondo e lanciò delle pietre all'interno; quando i due occupanti del nido si alzarono, ne ucciso uno, mentre l'altro fu ucciso da uno degli otto soldati. Continuò la sua avanzata verso una casa più in alto sulla collina e, da solo, catturò un osservatore di mortai nemico.

Con queste parole si conclude la citazione della Medaglia d'Onore: 

La leadership eccezionale, l'iniziativa, la calma sotto il fuoco e lo straordinario eroismo dimostrato dal Secondo Tenente Childers furono una fonte di ispirazione per i suoi uomini.   fonte 

fonte

L'aereo abbattuto a Valva

Intanto, a Valva -in località Lappito- la contraerea tedesca abbatte un aereo americano di questo modello:

L'associazione Salerno 1943 negli anni scorsi ha condotto alcune ricerche in contrada Lappito, di cui ha dato notizia il blog Gozlinus in tre post (5 e 18 settembre 2016, 26 settembre 2021); sono stati recuperati diversi pezzi dell'aereo.  

Nel 2016, il compianto Salvatore Cuozzo ha raccolto questa testimonianza di Antonio Falcone di Luigi, pubblicata sul blog Gozlinus:

Mentre stavo seduto con la mia famiglia davanti casa (contrada Lagarielli, ndr) sentimmo un forte rumore e vedemmo passare, a pochi metri dal tetto, (da ovest verso est, ndr) un aereo militare che perdeva fumo e si vedevano delle fiamme… Dopo pochi secondi vedemmo del fumo alzarsi da dietro la collina. Io incuriosito, nonostante i richiami dei miei genitori, corsi in direzione del fumo e in pochi minuti raggiunsi il punto dell’impatto (contrada Lappito, ndr). A pochi metri mi fermai, un po’ intimorito dalla scena del disastro e anche dalla presenza di alcuni soldati tedeschi vicino all’aereo in fiamme. I soldati, vedendomi, mi chiamarono facendomi segno di avvicinarmi a loro, cosa che feci ed ebbi modo di vedere … che il pilota era steso a terra vicino all’aereo morto e stava bruciando con la parte superiore del corpo avvolta nelle fiamme. I tedeschi, un po’ a parole, un po’ a segni   mi chiesero di trovare un bastone o un forcone…  Al mio ritorno, con il bastone portato da me, un soldato tedesco spinse nel fuoco ciò che rimaneva del corpo del pilota cremandolo definitivamente.    

Ecco alcuni resti della fusoliera dell'aereo:




*** 1- Continua***


Post scriptum
Mi è gradita l'occasione per ricordare Salvatore Cuozzo, appassionato di storia e di storia locale. Se il destino non avesse deciso diversamente, con molta probabilità l'ottantesimo anniversario degli eventi dell'estate 1943 lo avrebbe visto impegnato in un lavoro di ricerca migliore di questo che avete appena letto.

Approfondimenti
Stiamo ricostruendo le vicende vissute dalla popolazione civile a Valva nel 1943 attraverso alcuni post; ecco quelli già pubblicati:
👉"Tu sai la storia e io i fatti": la guerra vissuta a Valva nei racconti di una testimone"
👉La divisa del sabato e gli ordigni bellici: la guerra  della piccola Marietta
Per approfondire, si rimanda a questi post di Gozlinus:
👉Ricordi del nostro passato
👉Valva 1943: storia di uno scampato pericolo

Segnaliamo due interessanti testi della sezione Ricordi del blog Gozlinus:
👉Michele Gaudiosi, Valva 1943 
👉Mario Valletta, Valvesi doc 

 G.V.

25 settembre 2023

NICOLINA E LA GUERRA

Alla guerra va Ulisse, ma non è semplice la vita di Penelope. 
Nella nostra storia non abbiamo una moglie in attesa del ritorno del marito dalla guerra, ma una madre che attende invano il ritorno del figlio e poi -ventiquattro anni dopo-  una nonna che non riabbraccerà mai più suo nipote. 

Allegro maestoso
Nicolina Cozza è nota a Valva anche se in pochi l'hanno conosciuta. E' nota perché "di Nicolina" è una sorta di matronimico e di soprannome insieme, che distingue più di un cognome.

Chiariamo, per correttezza metodologica, che questo post si fonda su un'ipotesi che ci sembra molto plausibile: nell'ultimo quarto del XIX secolo a Valva c'è una sola donna di nome Nicolina Cozza. In linea puramente teorica potremmo trovarci in presenza di un caso di omonimia e -al di là di qualche parentela pure possibile- la ricostruzione non sarebbe più valida. Al momento risulta una sola donna con questo nome.

In questa foto, concessaci dalla nipote Norma, è sorridente e solenne: 

Forse uno dei suoi figli, che tutti a Valva ancora ricordano come "zio Pietro di Nicolina", musicista appassionato e desideroso di trasmettere ai più giovani le sue conoscenze, userebbe le parole musicalmente precise per indicare il ritmo: allegro maestoso, come questa 🎹 sonata per pianoforte di Mozart, credo.
La ascolto mentre scrivo, cerco di ascoltarla anche mentre rileggo questo post. 
Un ritmo allegro e maestoso.
A quello che leggo nei documenti, però, la vita di Nicolina non è stata allegra. 
Un figlio emigrato negli Stati Uniti e morto in Francia mentre combatteva la Grande Guerra con la divisa americana, un nipote mai tornato dalla Russia, nella Seconda guerra mondiale. 
Mi viene da pensare a una globalizzazione ante litteram: forse zia Nicolina non si è allontanata mai da Valva, comunque mai dalla provincia di Salerno, e ha avuto tre figli che sono emigrati in America, uno che è andato in Africa in guerra, un nipote disperso in Russia. 

Un caduto con la divisa di un altro colore
Le divise non contano nel cuore di una mamma.
Non sappiamo come abbia ricevuto la notizia della morte del figlio, nei campi di Francia a una settimana dalla fine della Prima guerra mondiale. 
Da bambino ho ascoltato il racconto di zia Rusulina, che ricordava questo dettaglio della sua infanzia: le campane a distesa per celebrare la fine della guerra. Credo sia stato proprio il 4 novembre. 
Penso che anche Nicolina Cozza in quel momento fosse contenta per la fine di una guerra che aveva portato via oltre trenta giovani di Valva. Suo figlio lo aveva portato via da Valva l'emigrazione e proprio in quelle ore moriva in Francia. 
La Company B del315.mo Fanteria americano in Lorena;
fonte: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 174)
Una settimana dopo la guerra sarebbe finita anche su quel fronte. 
Raffaele è morto mentre a Valva suonavano le campane perché in Italia la guerra era finita: a mezzogiorno del 4 novembre 1918, infatti, entrava in vigore l'armistizio firmato la sera prima a Villa Giusti (Padova), con il quale l'Italia vinceva la guerra contro l'Austria.
Abbiamo raccontato la storia  di Raffaele nel post 👉Raffaele, caduto nel giorno della vittoria

Una storia che sa di sale e di lavoro
In America c'è un altro suo figlio, Umberto- "Albert" nei documenti americani- che sposa una valvese, Antonietta Torsiello
Il matrimonio viene celebrato in una data molto romantica: il 14 febbraio 1915, a Retsof (contea di Livingstone, Stato di New York). Testimoni, il fratello dello sposo e la sorella della sposa: Raffaele e Vita Maria.
Gli sposi risultano residenti a Greigville, un centro più grande a pochi minuti di distanza. Non è difficile essere un centro più grande di Retsof (340 abitanti nel censimento del 2010).
Leggo su Wikipedia alcune notizie su Retsof ed è come se sentissi il mio dialetto misto alle prime parole imparate nella nuova lingua americana, è come se rivedessi le difficoltà di sempre della mia gente.

La popolazione originaria di Retsof era per lo più di origine italiana; viveva in un villaggio aziendale dove la miniera di sale possedeva le case e un negozio e gestiva il piccolo villaggio (assegnando le case ai suoi lavoratori). E' un modello abitativo comune in alcune aree industriali, con le aziende che forniscono l'alloggio ai propri dipendenti.  
Le famiglie italiane vivevano insieme a pochi non italiani. Gli altri, per lo più capi, vivevano sulla "Avenue" in case migliori con impianti idraulici.

A Retsof l'anno dopo nasce il primo figlio, Michele; nel 1919 a Torrington nascerà Fannie (Faye). 
Nel censimento del 1920 la famiglia risulta residente a Harwington e possiede una casa pagata con il mutuo.
In un documento del 1924, relativo alla richiesta di cittadinanza americana, non troviamo altri figli; in realtà, nel 1917 è nata Florence ma è deceduta a soli cinque anni nel 1922. Nel 1928 nascerà un'altra sorella, anche lei di nome Florence
Nel censimento del 1940 la famiglia risulta trasferita a Torrington.
In America nel 1920 arriva anche Pasquale Cozza, fratellastro di Umberto e Raffaele. 

Nato il 16 giugno 1903, Pasquale si imbarca il 16 agosto 1920 sulla nave Olimpic da Cherbourg, in Francia. Verosimilmente, è già emigrato in Francia e ora si gioca una seconda carta: l'America. Arriva a New York il 25 agosto, diretto a Torrington dal fratello Alberto Spiotta. Quando si iscrive nelle liste di leva durante la Seconda guerra mondiale risulta residente a Newark.

Altri due fronti di guerra
A Valva, intanto, la signora Nicolina ha avuto altri due figli: Maria Assunta (chiamata Maria Michela) e Pietro.
In questa foto vediamo Pietro (col copricapo bianco) in Africa, durante la guerra in Etiopia:
fonte
Eccolo in un'altra foto, questa degli Anni Ottanta, alla fine di un concerto di musica classica in Villa d'Ayala-Valva:

fonte
Maria Michela è la madre di Raffaele Cuozzo, soldato disperso in Russia nel gennaio 1943. Il nome è significativo: è quello del fratello della madre morto nella Grande Guerra.

A Raffaele abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia 
👉Una lettera dal fronte russo
👉Mio carissimo padre
In particolare, sottolineiamo che nella lettera spedita dal fronte russo nel dicembre 1942 (pubblicata sul nostro blog) il giovane soldato manda i saluti a "nonna Nicolina".

Ecco un brano della lettera:
[...] ora non mi prolungo vi saluto a tutti zio Ernesto zia Maria zia comara Ermelinda sorelle fratelli e in particolare la nonna Nicolina e voi genitori vi abbraccio e vi bacio vostro affezionatissimo figlio Cuozzo Raffaele.
La zia e madrina di battesimo Ermelinda ha scritto questa nota sul retro della foto da noi pubblicata: "La cara mamma ha fatto questa foto all'età di 68 anni nel 1941".

La famiglia di Umberto
Torniamo negli Stati Uniti.
Nel 1942 Umberto (o Albert) risulta registrato nelle liste di leva: una sorta di schedatura dei maschi ancora giovani. 
Dalla sua scheda apprendiamo che in questo periodo lavora all'American Brass Co., un'azienda che produce ottone. 
Ecco una foto -che pubblichiamo per gentile concessione del progetto Mills: Making Places of Connecticut, a project of Preservation Connecticut:

American Brass Co., filiale di Torrington, facciata Sud (uffici)

Nei decenni precedenti ha avuto un notevole sviluppo e durante la Seconda Guerra Mondiale produrrà anelli rotanti per proiettili d'artiglieria. Dopo la guerra l'azienda avrà un declino e nel 1961 a Torrington licenzierà quasi 700 dipendenti.
Umberto nel censimento del 1920 risulta macchinista, nel 1940 piallatore, nel 1950 "elevator man" (addetto all'ascensore) in una fabbrica di aghi.
Umberto è deceduto nel gennaio 1980 a Palm Beach, in Florida. La figlia Faye è morta appena tre giorni (a Torrington); a Palm Beach sono deceduti gli altri due figli di Umberto: Michael nel 1984,  Florence nel 2018.

Una storia umana
Quella dei fratelli Spiotta-Cozza è una storia valvese e americana. Quella di Nicolina Cozza è una storia umana, senza bandiere: una madre e poi una nonna che ha vissuto le conseguenze dell'emigrazione e della guerra, che portano via senza restituire figli e nipoti.


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Un sentito ringraziamento a  Norma e Michele Caldarone, per la foto della loro bisnonna materna e per la preziosa collaborazione nel ricostruire vicende e nomi di una storia molto affascinante ma  complessa da dipanare.
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A gracious thank you to "Mills: Making Places of Connecticut, a project of Preservation Connecticut" for the photo and information about the American Brass Co.
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The research on Valvesi Americans was conducted using documents for www.ancestry.com.

Approfondimenti e altre piste

I genitori di Antonietta Torsiello, moglie di Umberto, si chiamavano Giuseppe e Flora Florio (?), nome che nei registri americani diventa ben presto Florence, come infatti si chiameranno la nipotina morta soli cinque anni nel 1922 e la sua sorellina nata nel 1928.
Un fratello di Antonietta si chiama Cesare, che nel 1912 sposa a Torrington Ermelinda Clotilde Maria Porcelli. Ipotizziamo che la signora sia una zia del soldato Henry Porcelli, che dopo lo Sbarco di Salerno nel 1943 verrà a Valva a conoscere la nonna. Ad Henry Porcelli il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:

G.V.