16 agosto 2024

ALL'OMBRA SOLITARIA DEI MONTI NATIVI- Le storie dei caduti lavianesi

Il 16 agosto 1924 veniva inaugurato il monumento ai caduti in guerra di Laviano, nell'Alta Valle del Sele (provincia di Salerno).

Completando un'ideale trilogia, celebriamo i 100 anni del monumento con questo post dedicato ai caduti della Grande Guerra. 

foto di Anna Borriello

CADUTI IN COMBATTIMENTO E DISPERSI   4

SOLDATO

DATA DI NASCITA

GRADO E REPARTO

DATA DI MORTE

LUOGO DI MORTE

Ciottariello Pasquale
di Alessandro

10-4-1891

18° Fanteria

11-8-1916
 

ignoto

Cucolo Giuseppe
di Luigi

1-1-1895

25° Fanteria

10-10-1917

ignoto

Falivena Lorenzo
di Francesco

23-2-1889

Caporale
136° Fanteria

24-1-1916
 

Isonzo

Fusella Vitantonio       
di Pasquale
22-4-1891

49° Fanteria

12-6-1916

ignoto

Ipotizziamo che Falivena Francesco sia caduto nella battaglia per Oslavia, quartiere di Gorizia. Occupata dagli austro-ungarici dopo l'entrata in guerra dell'Italia, era stata conquistata dall'esercito italiano nella quarta battaglia dell'Isonzo.
Negli stessi giorni, un commilitone di Francesco, il valvese Piramide Giuseppe, risulta disperso proprio a Oslavia.

MORTI PER GAS ASFISSIANTI   3

SOLDATO

DATA DI NASCITA

GRADO E REPARTO

DATA DI MORTE

LUOGO DI MORTE

Buccino Michele
di Vincenzo

5-9-1886

48° Fanteria

30-6-1916
 

Ospedaletto da campo n. 207

Cifrodelli Nicola
di Giuseppe

11-4-1887

48° Fanteria

29-6-1916
 

Monte San Michele

Robertiello Vincenzo
di Antonio

22-7-1886

48° Fanteria

29-6-1916
 

Carso

 
Tra il 29 e il 30 giugno 1916, nel settore del fronte San Michele- San Martino del Carso a causa dell'uso del gas e del contemporaneo attacco nemico morirono 2700 tra ufficiali e soldati e circa 4mila furono gravemente intossicati.

MORTI PER FERITE RIPORTATE IN COMBATTIMENTO  9
SOLDATO

DATA DI NASCITAGRADO E REPARTODATA DI MORTE

 LUOGO DI MORTE

Bagnulo Nicola
di Antonio

5 -12-1887

63° Fanteria

16-7-1915
 

Carso

Coppola Antonio
di Nicola

24-9-1883

Capitano
126° Fanteria

28-11-1915
 

Medio Isonzo

Coppola Vincenzo
di Nicola

7-1-1885

17° Bersaglieri

1-10-1915
 

Isonzo

D’Antona Vincenzo
di Donato

16-2-1890

Caporal Maggiore
1° Genio

9-10-1917
 

Carso

Di Giuseppe Vito
di Pasquale

15-5-1889

136° Fanteria

19-7-1915
 

Monte Sei Busi

Falivena Giuseppe
di Michele

6-10-1888

136° Fanteria

19-7-1915
 

Carso

Freda Beniamino
di Luigi

19-9-1897

70° Fanteria
 

12-11-1915
 

Carso

Grande Pietro
di Antonio

28-6-1894

70° Fanteria

1-7-1916
 

238 Reparto someggiato di Sanità

Lupo Lorenzo
di Pietro

17-4-1895

1295 Compagnia Mitraglieri Fiat

5-11-1918

Ospedale da campo n. 0139


Da notare l'età di Freda Beniamino: muore a diciotto anni e due mesi.

AFFONDAMENTO DI NAVI  2

SOLDATO

DATA DI NASCITA

GRADO E REPARTO

DATA DI MORTE

LUOGO DI MORTE

Del Vecchio Vincenzo
di Nicola

16-6-1892

Caporale
87° Fanteria

29-7-1916

ignoto

Fasano Angelo
di Michele

12-10-1891

14° Fanteria

11-5-1918

Ignoto

Del Vecchio Vincenzo è morto nell'affondamento del piroscafo "Letimbro", colpito da un sommergibile austriaco a 110 miglia di Bengasi, diretto a Siracusa in viaggio postale. Era uno degli 80 militari a bordo.
Fasano Angelo è morto nell'affondamento del piroscafo "Verona", presso Capo Peloro (Messina). Vi furono circa 880 vittime. 

MORTI IN PRIGIONIA  4

SOLDATO

DATA DI NASCITA

GRADO E REPARTO

DATA DI MORTE

LUOGO DI MORTE

Ciottariello Angelo Maria di Vito

13-3-1884

1° Granatieri

17-5-1918
 

 
 
 
Da verificare sui fogli matricolari

Coppola Domenico
di Michelangelo

15-7-1893

Caporal Maggiore
130° Fanteria

17-12-1917
 

Fasano Francesco
di Pasquale

19-9-1890

69° Fanteria

3-6-1918
 

Salerno Giuseppe
di Gaetano

22-8-1897

214° Fanteria

26-2-1918
 

Possiamo ipotizzare che questi soldati siano stati fatti prigionieri dopo Caporetto: furono infatti circa 300mila i soldati italiani catturati dagli austriaci.

MORTI DI MALATTIA  5

SOLDATO

DATA DI NASCITA

GRADO E REPARTO

DATA DI MORTE

LUOGO DI MORTE

Ceriello Vincenzo
di Bartolomeo

2-5-1897

12° Bersaglieri
 

23-1-1917
 

Ospedaletto da campo n. 246

Cifrodelli Michele Arcangelo di Vincenzo

19-12-1891

77° Fanteria

11-3-1917

Alessandria

Megaro Carmine
di Antonio

2-7-1882

Scuola Motoaratrici

5-10-1918
 

Cava dei Tirreni

Nicastro Vincenzo
di Giuseppe

17-3-1895

61° Fanteria

12-3-1916
 

Laviano

Robertiello Vito
di Giuseppe

6-11-1883

14° Fanteria

2-11-1916
 

Ospedaletto da campo n. 211

Approfondimento

Ecco gli altri due post della trilogia dedicata ai 100 anni dall'inaugurazione del monumento di Laviano:

I cento anni del monumento ai caduti di Laviano- Un secolo di memoria

Dalla gleba oscura- I caduti di Laviano

G.V.


15 agosto 2024

DALLA GLEBA OSCURA -I caduti di Laviano

Da notizie e documenti finora pervenuti risultano caduti in guerra 12 militari di questo comune. È il 13 giugno 1919 e il sindaco di Laviano Foselli detta queste prudenti parole in un telegramma indiririzzato alla Sottoprefettura di Campagna.

Il numero crescerà, come in genere accade in casi come questi: i dispersi che non tornano, altre notizie che arrivano dai vari ospedali e famiglie che hanno coltivato una flebile speranza devono arrendersi all'inesorabile.

Altri sindaci del comprensorio di Campagna già indicano, in questo telegramma informativo, il numero dei dispersi e dei morti per malattia.

A Laviano ci penserà il monumento, inaugurato proprio cento anni fa, a definire il numero totale dei cadui: 26. 

Documenti alla mano, per la verità, il dato suggerisce qualche riflessione.

Diamo la parola al monumento, come è giusto.

Morti in combattimento: quattordici, di cui tre ufficiali. 
Tra i soldati, uno risulta volontario.

Morti in ospedale: quattro soldati, di cui uno volontario.
Dispersi: cinque soldati, tra cui un ufficiale.
Morti in prigionia: tre soldati.

Totale caduti indicati sul monumento: 26

Un elenco scritto in modo chiaro e ordinato, nomi consolidati dalla tradizione: famigliari e poi discendenti, reduci e poi membri delle associazioni custodi della memoria, generazioni di studenti nelle celebrazioni hanno scandito questi nomi rispondendo "Presente!" al posto di questi loro concittadini rimasti per sempre giovani perché chiamati dalla loro terra ("gleba", come è scritto nell'epigrafe) verso il Carso, l'Isonzo, il Piave: il cimitero della gioventù.

Dobbiamo dunque accostarci all'Albo d'oro dei caduti della Grande Guerra con grande delicatezza e proporre delle ipotesi per cercare di spiegare eventuali incongruenze.

Partiamo da un dato insolito: un soldato risulta tra i caduti nell'elenco ufficiale ma il suo nome non è presente nel monumento.

Stiamo parlando di Vincenzo Nicastro di Giuseppe (classe 1895) che risulta morto proprio a Laviano per malattia, il 12 marzo 1916. Possiamo ipotizzare che il riconoscimento della morte "a causa della guerra" sia avvenuto in ritardo, anche se cinque anni non sembrano pochi.

Un soldato presente nel monumento non è inserito nell'Albo: Francesco Fasano (morto in prigionia).

Non avendo a disposizione il nome del padre, che non è indicato nel monumento, la ricerca diventa un po' più complessa. Nell'Albo d'Oro dei caduti troviamo un Francesco Fasano di Pasquale, nato a Santomenna il 19 settembre 1890 ed effettivamente morto in prigionia (il 3 giugno 1918). Se è lui, evidentemente si è trasferito a Laviano, ad esempio per matrimonio. Alla sua morte, i suoi nuovi concittadini lo hanno considerato, comprensibilmente, un lavianese e hanno inserito il suo nome nel monumento ai caduti. Visto che nell'Albo risulta tra i caduti di Santomenna, ipotizziamo che all'atto dell visita militare non si fosse ancora trasferito a Laviano.

Nel terzo post della nostra trilogia dedicata ai 100 anni del monumento di Laviano pubblicheremo l'elenco completo dei caduti con date di nascita, causa, data e luogo di morte di tutti i caduti lavianesi della Prima Guerra Mondiale.

Approfondimento

Ecco il primo post dedicato ai 100 anni dall'inaugurazione del monumento di Laviano:

I cento anni del monumento ai caduti di Laviano- Un secolo di memoria

G.V.

13 agosto 2024

I CENTO ANNI DEL MONUMENTO AI CADUTI DI LAVIANO -Un secolo di memoria

16 agosto 1924
Inaugurazione del monumento ai caduti di Laviano (SA)

Quello di Laviano è uno dei primi monumenti ai caduti eretto dopo la Grande Guerra nella Valle del Sele, ai confini tra le province di Salerno e di Avellino.

Si inserisce nel vasto programma di istituzionalizzazione della memoria dei caduti, che prevede la creazione di parchi e viali della rimembranza e -appunto- monumenti.

All'Archivio di Stato di Salerno è conservata la lettera con la quale il sindaco Foselli invita il prefetto alla cerimonia di inaugurazione del monumento ai caduti, prevista il 16 agosto 1924.

In basso a sinistra c'è una nota scritta a mano, dalla quale sembra emergere che non è probabile che il prefetto (S.E.?) si rechi a Laviano. Probabilmente l'invito viene girato al sottoprefetto di Campagna.

Il monumento ha una base in pietra grigia da cui si innalza un tronco di piramide sormontato da un pilastro in marmo bianco con fregio; termina con una statua in bronzo realizzata dallo scultore perugino Torquato Tamagnini, inviata a Laviano nell'ottobre del 1923.

Tamagnini  è autore di statue per altri monumenti in zona e nella provincia di Salerno: Acerno, Colliano, Salvitelle, Sala Consilina, Sant'Arsenio, Siano. 

Ecco come appariva Piazza Umberto I in quel periodo:


Negli anni successivi il monumento è stato collocato in un altro punto della piazza, dove lo vediamo in questa significativa foto che risale all'indomani del terremoto del 23 novembre 1980, muto testimone di un dramma di cui Laviano è uno dei luoghi simbolo:

fonte: pagina Facebook della Pro Loco "Gens Lavia"

Durante la ricostruzione il monumento è tornato nella collocazione originaria. 

Particolarmente significativa questa epigrafe, che reca un'integrazione risalente alla Seconda guerra mondiale:

foto di Anna Borriello

Dalla/ gleba oscura/ alle/ trincee fiammeggianti/ con/ uno stesso umile travaglio/ mossero e caddero/ i figli di questa terra/ il sangue loro/ alimentò/ il nuovo destino d'Italia/ lo spirito ritorna/ all'ombra solitaria/ dei monti nativi/ insegnando/ che la patria è immortale/ MCMXV-MCMXVIII/ MCMXL-MCMXLV

Nella lettera del sindaco si annunciava la presenza del sottosegretario al Ministero delle colonie, l'onorevole Cantalupo; nato a Napoli, Roberto Cantalupo avrà una carriera politica e poi diplomatica di tutto rispetto.

Roberto Cantalupo; fonte: Wikipedia

Di orientamento nazionalista, nel 1923 aderisce al Partito Nazionale Fascista e viene eletto deputato proprio nel 1924, nel cosiddetto Listone. Al momento dell'invito a Laviano, egli è sottosegretario al ministero delle colonie da un mese: il rimpasto di governo fatto da Mussolini dopo la crisi seguita al rapimento di Giacomo Matteotti. Terrà l'incarico fino al novembre 1926. Intrapresa la carriera diplomatica, diventa ambasciatore in Brasile e poi nella Spagna della guerra civile, anche se solo per pochi mesi (non ha una buona opinione di Franco). Nel dopoguerra, collabora con il settimanale Candido (di Giovannino Guareschi, figura della quale ci siamo occupati spesso nel nostro blog: internato militare in Germania). Tornerà in politica e sarà deputato per quattro legislature, prima con il Partito monarchico e poi con il Partito liberale. fonte

Ai caduti lavianesi nella Grande Guerra dedicheremo un post in occasione del giorno del centesimo anniversario del monumento che ne tramanda la memoria.

Fonti

Archivio di Stato di Salerno, Prefettura -Gabinetto, b.387

Luigi Avino- Salvatore Cicenia, La memoria degli assenti -Monumenti ai caduti nel Salernitano nella Grande Guerra, DEA Edizioni

Catalogo generale dei beni culturali, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Avellino e Salerno

Approfondimento

Il nostro blog sta approfondendo il contesto storico, culturale e politico nel quale sono sorti i monumenti ai caduti, i parchi e i viali della rimembranza dopo la Grande Guerra.

Ecco alcuni post sull'argomento:

 👉La gittata del dolore: le "cerchie del lutto" della guerra

 👉L'elaborazione del lutto nel dopoguerra italiano


🙏Un particolare ringraziamento a Gualtiero Esposito,  presidente della Pro Loco "Gens Lavia" e autore della foto scattata all'indomani del terremoto. 

G.V.

11 agosto 2024

DOMENICO, LA RESISTENZA SUI MONTI D'ALBANIA

La vicenda di Domenico Torsiello ci consente di indagare un aspetto non molto noto della Seconda guerra mondiale degli italiani: soldati che restano in Albania dopo l'8 settembre, resistono alla cattura da parte dei tedeschi e vanno in montagna a combattere al fianco della Resistenza albanese.

Domenico nasce a Valva il 13 maggio 1923, da Nicola e Virginia Torsiello. Alla visita militare, nel 1942, risulta orfano di padre.

Chiamato alle armi, vi giunge il 9 gennaio 1943, assegnato al Deposito 9° Reggimento Autieri in Macerata. Imbarcatosi a Bari, giunge a Durazzo in Albania il 29 luglio 1943, nell'auto drappello Q.G. della Divisione "Firenze".

Bandiera del Regno albanese; fonte: Wikipedia

A questo punto, sul suo foglio matricolare troviamo un'annotazione insolita:

Foglio matricolare, Archivio di Stato di Salerno
 Proviamo a trascrivere:
Sbandato per gli avvenimenti bellici e portatosi (?) in montagna, 8 settembre 1943
Rimpatriato da Durazzo, 1 giugno 1945
Sbarcato a Brindisi, 1 giugno 1945

Come al solito, tre righe riassumono quasi due anni di guerra (o di prigionia, come accade a tanti altri militari italiani in quello stesso periodo).

Il contesto però, come dicevamo, è insolito.

Dopo l'armistizio di Cassibile, la 9ᵅ Armata italiana in Albania subisce un duro colpo a causa dell'indecisione dei suoi comandanti: quattro delle sei divisioni italiane vengono catturate dai tedeschi. Tuttavia, la 151ᵅ Divisione Fanteria "Perugia" e la 41ᵅ Divisione Fanteria "Firenze" resistono. Il generale Arnaldo Azzi, che comanda la "Firenze", rifiuta di cedere le armi e si allea con l'Esercito Albanese di Liberazione Nazionale. Nasce il Comando Italiano Truppe alla Montagna (CITaM), che riunisce soldati italiani dispersi.

Sul sito ANPI leggiamo:

E' così costituito il "Comando Italiano Truppe alla Montagna" (CITaM), forte di migliaia di uomini suddivisi in alcuni comandi di zona. Risulta presto evidente che una tale massa di uomini e un simile schieramento in terra straniera non sono adatti alla guerra partigiana, e così, presto, il CITaM, sottoposto all'attacco dei tedeschi e alla difficile convivenza con le formazioni della Resistenza albanese, si sbanda. Gli italiani, costretti a cedere agli albanesi armi ed equipaggiamento, trovano rifugio e ospitalità presso la popolazione locale. Alcuni militari entreranno poi nella Resistenza albanese.  fonte

Alla fine della guerra, Domenico si imbarca a Durazzo e sbarca a Brindisi il 1° giugno 1945; il giorno dopo lo troviamo nel campo di Taranto. A giugno ottiene una prima licenza di sessanta giorni, il 25 agosto si presenta al distretto di Salerno e viene inviato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di reimpiego. La guerra per lui è davvero finita.


Fonti consultate:

G.V.

08 agosto 2024

LA GUERRA INFINITA: LA STORIA DI FLAVIO, LIBERATO IN FRANCIA

La storia di Flavio Caldarone sembra quella di una guerra infinita. Dicevano di lui che avrebbe potuto fare l'attore, per la sua bella presenza e per il carattere gioviale: allora la storia della sua vita potrebbe essere un film, in cui la dimensione allegra non cancella le scene drammatiche, vissute in pace e in guerra.
Figlio di Michele e di Giovanna Papio, Flavio nasce a Valva il 16 settembre 1921. Alla sua visita militare, nel 1940, la madre risulta già deceduta.
Chiamato alle armi, Flavio vi giunge il 12 gennaio 1941; il 13 giugno è nel Deposito Artiglieria per il 43° Reggimento Artiglieria per divisione fanteria, in Africa Settentrionale.
Il 17 settembre 1941 lo troviamo a Valona, in Albania, nel 48° Reggimento Artiglieria.
La sua divisione è impegnata in operazioni di rastrellamento e si scontra duramente con i partigiani locali, soprattutto nel febbraio-marzo 1942.
Possiamo ipotizzare che Flavio sia stato commilitone di un altro valvese, Domenico Strollo.
Entrambi vengono rimpatriati nell'agosto 1942; dopo una licenza, Flavio rientra nella sua divisione a Novi Ligure ed è trasferito in Francia il 10 novembre 1942.
La divisione è  dislocata nella zona di Alessandria-Novi Ligure per poi trasferirsi nella Francia meridionale, nei pressi di Tolone, lungo la costa nella zona di Cuers, tra Mèounes-lès-Montrieux, Pierrefeu e Carnoules: è la stessa zona in cui abbiamo già incontrato Domenico Strollo.
Catturato dai tedeschi il 10 settembre 1943, Flavio risulta liberato dagli Alleati l'8 ottobre 1944. Possiamo dunque dedurre che dopo la cattura sia stato deportato in un campo di prigionia in Francia, a differenza di Domenico Strollo (sicuramente deportato in Germania). 
Flavio torna in Italia, ottiene una licenza di un mese ed è trasferito al Deposito del 31° Reggimento Fanteria.
Nel febbraio 1945 viene aggregato al Campo affluenza complementi di Raviscanina (Caserta).
A guerra finita, il 13 maggio 1945 viene trasferito al 407°Reggimento Pionieri e pochi giorni dopo al Campo affluenza complementi di Trani.
Il foglio matricolare riporta altre tappe, compreso il ricovero in un ospedale militare. Solo nel marzo 1946 arriverà il congedo illimitato.
Negli anni successivi, Flavio si trasferisce in provincia di Bologna, dove resterà fino alla morte. 
In questa bella foto, scattata mentre era ancora a Valva nei primi anni Cinquanta, lo vediamo col suo inseparabile cappello:
Flavio è al centro, a sinistra rispetto al signore in bicicletta.
Sono presenti anche due fratelli: Luciano (il primo da sinistra) 
e Francesco (alla destra dell'uomo in bici).
Fonte: Gozlinus

Nel 1953, rientrano a Valva le spoglie di Michele Macchia, caduto sul fronte greco nell'agosto 1943.
Nella foto della cerimonia, Flavio Caldarone è il primo da sinistra; è un cugino del giovane caduto (la madre Giovanna era la sorella della signora Clelia, madre di Michele).
Per la foto si ringrazia Veronica Cuozzo
Ci occuperemo ancora della vicenda di Flavio Caldarone, perché tocca aspetti che non abbiamo approfondito molto nel nostro blog: ad esempio, le vicende degli italiani catturati dai tedeschi e internati in Francia e quelle del ricostituito esercito italiano, impegnato nella lotta di liberazione. 

Approfondimento
Ecco i post citati:
👉L'involontario artefice, la storia di Domenico Strollo
👉Michele, tornato avvolto nel tricolore, la storia di Michele Macchia
G.V.

07 agosto 2024

ANGELANTONIO, UN IMI DAL FRONTE GRECO

Angelantonio Marciello nasce a Valva il 22 marzo 1923, figlio di Francesco (che risulta deceduto al momento della visita militare del giovane soldato) e di Grazia Figliulo.

Chiamato alle armi il 19 settembre 1942, il giorno dopo lo troviamo nel Deposito 26.mo Reggimento Artiglieria di Corpo d'Armata, a Napoli.

Il 4 novembre 1942 parte da Torre Annunziata perché è trasferito al 26.mo Reggimento Artiglieria e raggiunge la 4.a Base di Mestre.

L'11 novembre 1942 parte da Mestre a mezzo tradotta e il 15 giunge al campo sosta di Kalambaka, in Grecia, dove resta fino al 25 novembre, quando raggiunge il suo reggimento, "in territorio dichiarato in stato di guerra".

Kalambàka è considerata la porta di ingresso alla regione di Meteora, caratterizzata da speroni rocciosi sulla cima dei quali sorgono celebri monasteri ortodossi. Il 23 aprile 1943 tra gli abitanti del posto e gli italiani c'è un duro scontro, con la morte di 70 soldati. Siamo nella stessa regione di Giannina, che abbiamo incontrato nella vicenda del valvese Sabino Spiotta.

Nel suo foglio matricolare di Angelantonio troviamo un'annotazione abbastanza insolita per i soldati italiani che si trovano all'estero: "sbandatosi in seguito agli eventi sopravvenuti all'armistizio" (in genere si trova per i soldati sul fronte italiano), con la data fortemente simbolica dell'8 settembre 1943.

Nel nostro podcast Il giorno dopo abbiamo analizzato le conseguenze dell'armistizio sui soldati valvesi, anche quelli impegnati sul fronte greco-albanese.

Il 12 settembre Angelantonio risulta catturato dai tedeschi e condotto in Germania.

Purtroppo né la banca dati on-line degli Internati Militari Italiani né gli Archivi Arolsen conservano documenti relativi alla sua prigionia.

Anche diversi compaesani di Angelantonio sono fatti prigionieri sul fronte greco; i prigionieri provenienti da questo fronte indossano divise estive, inadatte all'inverno tedesco.

Quello che i documenti militari non dicono, lo possiamo immaginare dalle testimonianze e dagli studi sulle condizioni degli internati militari.

Padova, Museo dell'Internamento

Sappiamo che il 10 luglio 1945 Angelantonio rientra in Italia e si presenta al Distretto Militare di Salerno, dove viene interrogato come da prassi e poi inviato in licenza di rimpatrio di 60 giorni. Il 10 settembre viene inviato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di impiego; infine, l'anno seguente viene ricollocato in congedo illimitato.

L'11 febbraio 1964 ad Angelantonio viene conferita la croce al merito di guerra per l'internamento in Germania e per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940-1943 (nello specifico, però, il foglio matricolare riporta le campagne di guerra del 1943, del 1944 e del 1945).

Approfondimento

Sull'argomento, il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:

👉"Spremuti come limoni": i lavori forzati degli IMI
👉Le condizioni di vita degli internati militari italiani
👉"Pacchisti e "magroni": l'ossessione della fame
👉"E' arrivato il momento di parlare 'tedesco' con queste carogne"

Vicende di altri valvesi catturati sul fronte greco:

👉Quando i racconti di zio Sabino entravano in classe
👉Col sangue, con la libertà: quei no pagati caro

Gli episodi del nostro podcast Il giorno dopo -dedicato alle conseguenze dell'8 settembre 1943 sui soldati valvesi-che si riferiscono al fronte greco:

Bibliografia

📙Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, il Mulino, 2004
📙Mario Avagliano - Marco Palmieri, I militari italiani nei lager nazisti. Una resistenza senz'armi (1943-1945), il Mulino, 2020

G.V.

04 agosto 2024

LA GITTATA DEL DOLORE: LE "CERCHIE DEL LUTTO" DELLA GUERRA

Un interessante articolo di Annachiara Sacchi sulla Lettura del Corriere della Sera affronta il tema delle cerchie del lutto, presentando gli studi di Barbara Bracco, professoressa ordinaria di Storia contemporanea alla Bicocca di Milano.

Quante persone vengono toccate dalla morte di un soldato della Grande guerra? Quanto è grande la comunità che si crea attorno a ogni caduto? 

La professoressa Bracco è partita da queste domande, anche studiando 40mila cartoline spedite dagli italiani al Milite Ignoto.

Le cerchie non stabiliscono una gerarchia degli affetti "ma aiutano a capire la portata sociale, emotiva, economica della scomparsa di una generazione", spiega la docente. 

Possiamo individuarne due: quella dei familiari stretti, direttamente segnati dalla morte di un soldato (genitori, fratelli e sorelle, mogli, orfani), stimabile in 10-15 persone; una seconda cerchia comprende fidanzate, amici, cugini, compagni di scuola e colleghi, ex commilitoni ed è stimabile in 20-30 persone.

Stima totale; almeno 25 milioni di persone, circa due terzi degli italiani.

L'impatto del lutto è devastante anche dal punto di vista economico (si pensi a una giovane vedova che si ritrova con un bambino da crescere); "il rito laico del Milite Ignoto nel 1921 segna una restituzione simbolica della perdita, ma il lutto rimane una lesione difficile da rimarginare", commenta Bracco.

Ma perché studiare il lutto?

"Perché fa paura. Perché per nostra fortuna siamo impreparati a questa evenienza. Non è possibile imporre per legge di ricordare. Ma servono più consapevolezza e attenzione al passato e non perché si possa riprodurre [...] ma per capire da dove veniamo e anche il presente: in Ucraina e in Medio Oriente sono in corso tragedie di cui vedremo le conseguenze. Allora siamo pronti a leggere il dolore degli altri?", conclude Bracco.


Alcuni dati
Italiani al fronte: 4.200.000
Caduti: 650mila; di questi, 500mila al fronte, 100mila in prigionia e 50mila dopo la guerra (per ferite o malattie contratte)
Mutilati e invalidi: 500mila
Età media dei caduti: 25 anni e 6 mesi

Sintesi tratta da: Annachiara Sacchi, I confini del lutto, La Lettura, 4 agosto 2024

G.V.

03 agosto 2024

LE RADICI E L'ALLORO

Trenta mesi fa iniziavamo le pubblicazioni del nostro blog "la ràdica". 
Questo è il post numero 200.
Ne approfittiamo per un breve bilancio del nostro lavoro.
Per ogni soldato valvese caduto in combattimento nella Prima e nella Seconda guerra mondiale è stata individuata la data di morte e, in molti casi, il luogo.
Ecco i post con gli elenchi completi:
La ricerca degli internati militari in Germania ha consentito di individuare 23 soldati valvesi; ecco l'elenco aggiornato:
Approfondimenti: eBook
Abbiamo pubblicato alcuni eBook per approfondire tematiche legate alle nostre ricerche.
👉L'ultimo soldato: un eBook pubblicato in occasione dei cento anni dell'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale.
👉Caduti in guerra valvesi
👉All'ombra delle tue ali: la ricostruzione delle drammatiche settimane del settembre 1943 quando i civili valvesi si sono trovati tra tedeschi e americani, dopo lo Sbarco di Salerno; a impreziosire il nostro lavoro, le testimonianze di chi ha vissuto quei momenti.

Approfondimenti: documentari
Stiamo lavorando a due documentari:
- Di radici e si sangue, dedicato alle vicende che hanno portato alla nascita del monumento ai caduti di Valva. Nel febbraio 1924 un circolo italiano di Newark, nel New Jersey, organizza una serata per raccogliere fondi da inviare a Valva per "l'erigendo monumento" ai caduti in guerra: il nostro documentario ricostruisce quella storia; finora abbiamo pubblicato sette episodi, disponibili sul nostro canale You Tube:             radicivalvesi.blogspot.com
- All'ombra delle tue ali, costruito con lo stesso materiale dell'eBook ma con un linguaggio diverso, quello video.

Podcast
Il nostro podcast Il giorno dopo è dedicato alle conseguenze dell'8 settembre 1943 sui soldati valvesi:
Tre episodi del podcast sono dedicati a un approfondimento sulle canzoni in voga negli anni Trenta-Quaranta: 
👉Ma l'amore no, che analizza la canzone d'amore
-👉Vivere, che presenta alcune canzoni ispirate all'ottimismo e alla gioia di vivere e ci conduce alla scoperta dei sogni della società di quegli anni; l'episodio segnala inoltre l'uso propagandistico di alcuni temi (ad esempio la vita in campagna o l'ora dell'aperitivo in città)
-👉Tulipani e Maramao, dedicato allo swing italiano del Trio Lescano

G.V.

01 agosto 2024

MICHELE E GIUSEPPE, DUE VALVESI CATTURATI LO STESSO GIORNO

Il 1° marzo dell'anno scorso abbiamo dedicato un post a Michele Cuozzo, nel giorno del centesimo anniversario della sua nascita:👉 Il prigioniero che parlava inglese con una matita tra i denti. Erano i giorni dei festeggiamenti dei cento anni di un suo coetaneo, il signor Giuseppe Feniello; nati a pochi giorni di distanza uno dall'altro, nel 1923, i due hanno avuto vicende militari abbastanza simili e ci era parso giusto ricordarli entrambi.
Ora abbiamo a disposizione altri documenti che confermano che le loro vicende militari si sono intrecciate.

Due vicende che si intrecciano
Figlio di Antonio e di Maria Michela Cecere, Michele Cuozzo è chiamato alle armi il 12 settembre 1942, nel Deposito 15.mo Reggimento Fanteria in Salerno.
Parte per l'Africa Settentrionale il 25 febbraio 1943, imbarcandosi a Castelvetrano. L'aeroporto di Castelvetrano, in Sicilia, è una delle principali basi per il trasporto di personale e materiali sulle basi africane nella Seconda guerra mondiale.
Tre giorni dopo di lui, anche Giuseppe Feniello si imbarcherà da Castelvetrano alla volta di Tunisi.
Sbarcato a Tunisi, Michele Cuozzo è assegnato al 65.mo Reggimento Fanteria "Trieste", mentre Giuseppe Feniello è nella X Compagnia marconisti.
Il 6 aprile, entrambi risultano fatti prigionieri nel fatto d'arme della Tunisia.

Wadi Akarit
Per capire in cosa consista il "fatto d'arme", seguiamo le vicende del reggimento di Michele.
La Trieste è impegnata nella battaglia di Wadi Akarit, una valle in Tunisia; la parola wadi indica il letto di un fiume in genere asciutto ma che può riempirsi d'acqua durante al stagione delle piogge. 
Durante la Campagna di Tunisia il wadi Akarit è un'importante linea difensiva per le forza dell'Asse, a causa della sua posizione strategica: un luogo ideale di difesa contro l'avanzata degli Alleati.
La battaglia di Wadi Akarit si svolge il 6 e 7 aprile, con le forze Alleate che cercano di sfondare le difese dell'Asse per avanzare verso Tunisi.
Soldati britannici in Tunisia; fonte: Wikipedia
La battaglia è vinta dall'Ottava armata britannica (che comprende  anche unità americane e francesi). Non è però una vittoria facile, come dimostrano le parole del generale Alexander, che definisce quei combattimenti come "i più accaniti e selvaggi che avessimo sostenuti dopo El Alamein", aggiungendo che "gli attacchi ed i contrattacchi si susseguirono sulle colline ed i tedeschi come gli italiani dettero prova di un'intrepida determinazione e di un morale senza uguali".
Il generale Montgomery con alcuni soldati britannici; fonte: Wikipedia
La fanteria della Trieste è ridotta a tre battaglioni incompleti. L'Ottava Armata conta quasi 1300 perdite e 32 carri distrutti o danneggiati, ma alle ore 22 del 6 aprile ha già fatto 5350 prigionieri, in gran parte italiani (e almeno due di questi sono valvesi).

Il destino dei prigionieri
Secondo lo storico Flavio Giovanni Conti

I prigionieri fatti tra El Alamein e la battaglia di Akarit, catturati per lo più dall'Ottava Armata inglese, furono nella stragrande maggioranza inviati in Inghilterra, mentre pochi rimasero in Egitto". I prigionieri catturati dagli inglesi vennero divisi tra i territori del Commonwealth; nell'ultima fase della Campagna d'Africa, i prigionieri italiani e tedeschi catturati dagli angloamericani ammontano a circa 250mila. Alla fine della guerra in Africa il numero dei prigionieri italiani è complessivamente di circa 300mila.  fonte

Come è avvenuta la cattura?
Rileggiamo le parole che il signor Giuseppe Feniello ha rilasciato in un'intervista raccolta dalla nipote Gerardina:
Fummo circondati dagli inglesi mentre marciavamo e ci trovammo di fronte un carrarmato, per questo il plotone dovette cedere. Consegnammo le armi e ci portarono nel campo di prigionia. Da prigionieri avevamo avuto anche l'ordine di chiudere l'otturatore, prenderlo e buttarlo via per evitare di consegnarlo al nemico.

Verso la libertà
Dopo la liberazione dalla prigionia, Michele giunge al Centro Alloggio di Fuorigrotta il 27 luglio 1946, due settimane prima di Giuseppe.
Michele viene inviato in licenza di rimpatrio di 60 giorni; sul suo foglio matricolare leggiamo che nessun addebito può essere elevato in merito alle circostanze della cattura e al comportamento tenuto durante la prigione di guerra.
Il congedo illimitato arriva il 26 settembre 1946; il suo foglio matricolare riporta anche la data dell'espatrio: 25 maggio 1947: la località estera in cui si reca è indicata con il codice 4987 (sappiamo essere la Francia).
Giuseppe ha raccontato così i giorni dopo la liberazione:

Sono stato liberato e portato a Porto Said il 9 agosto 1946, dove ci siamo imbarcati sulla nave che ci ha portato a Napoli.
In Italia sono arrivato il 7 settembre e a casa, a Valva, il 20. Sono arrivato con il treno fino a Contursi  e Angelino che mi aveva visto ha avvisato la mia famiglia del mio arrivo e sono venuti incontro i miei  fratelli Michele e Vitantonio. 
È stato un momento commovente. Anche quando sono rientrato a casa, io che ero un gran bevitore, figlio di un altro grande bevitore, mio padre mi ha detto: "Se sei ancora il mio Peppino finisci questo fiasco di vino". Io l'ho bevuto anche se mi ha dato alla testa.

Molto ricca la voce di Wikipedia dedicata alla Campagna del Nord Africa

Altri post
Le nostre due interviste al signor Giuseppe Feniello:

Il post dedicato al signor Michele Cuozzo:

La storia di Michael Strollo, figlio di emigrati valvesi negli Stati Uniti:

Approfondimenti
Per la ricostruzione del contesto storico, si suggerisce questa puntata di  Passato e presente

G.V.

31 luglio 2024

PIERINO, DA PIAZZA CASTELLO AL LAGER IN GERMANIA

Pierino Torsiello nasce a Valva il 24 gennaio 1923 da Francesco e Giovanna Spiotta; da giovane abita in Piazza Plebiscito: praticamente davanti al castello della Villa d'Ayala Valva.

Valva, panorama anni Quaranta; fonte: Gozlinus

E' chiamato alle armi l'8 settembre 1942 ed è assegnato al 31.mo Reggimento Fanteria "Siena".

Purtroppo per un anno esatto il suo foglio matricolare non racconta molto delle vicende della guerra. Sappiamo comunque che la divisione "Siena" nel 1942 viene trasferita a Creta, dove svolge compiti di presidio e occupa la parte orientale dell'isola: Pierino vi giunge il 1 novembre.

Stemma araldico Reggimento "Siena"; fonte: Wikipedia

La notizia successiva sul suo foglio matricolare è quella che ne fa un internato militare in Germania: Pierino viene infatti catturato dai tedeschi il 10 settembre 1943 e condotto in Germania, non sappiamo se in uno o più campi di prigionia. 

Sarà liberato  l'8 maggio 1945.

Trattenuto dagli Alleati fino al 20 settembre,  Pierino si presenta al Distretto militare di Salerno, dal quale sarà inviato in licenza straordinaria. Sarà poi collocato in congedo illimitato il 15 agosto 1946.

Nel 1967 gli sarà conferita la croce al merito di guerra: il primo conferimento in virtù del Regio Decreto 1729 del 14-12-1942 per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940-1943, il secondo per internamento in Germania per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1943-1945.

Croce al merito di guerra, secondo conferimento; fonte: Wikipedia

G.V.

29 luglio 2024

L'ELABORAZIONE DEL LUTTO NEL DOPOGUERRA ITALIANO

All'indomani del bagno di sangue della Grande Guerra si cerca di dare un senso al sacrificio di tanti giovani attraverso la creazione di luoghi dedicati alla memoria e all'elaborazione del lutto in forme collettive.
Vincenzo Cazzato nel suo preziosissimo Natura aere perennius (di cui ci siamo già occupati) studia la nascita dei parchi della Rimembranza e dei luoghi della memoria in Italia. 
Proponiamo una sintesi di alcuni passaggi fondamentali del suo studio.

La fascistizzazione della memoria
Subito dopo la guerra, si diffondono  monumenti che nascono dal basso, per iniziative autonome: nasce una complessa macchina simbolica che esalta il sacrificio e la vittoria e testimonia il senso che i vivi attribuiscono alla guerra", come scrivono Monteleone e Sarasini [I monumenti italiani ai caduti della Grande Guerra, in: "La Grande Guerra. Esperienza memoria, immagini", Bologna 1986].
Dopo la Marcia su Roma, il fascismo si appropria del rituale del ricordo dei caduti, creando una vera e propria "religione della patria" con l'obiettivo di educare le masse; Mario Isneghi scrive che l'obiettivo è quello di conquistare un "consenso retroattivo alla guerra" che la legittimi a posteriori [I luoghi della memoria, Roma-Bari 1996-97].

Caposele (AV), Allegoria del soldato come eroe antico;
BCS; fonte
Questo disegno comprende i monumenti celebrativi, i parchi e i viali della Rimembranza: è un'operazione che nasce dal centro e si diffonde in varie località italiane.
Promotore ne è il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi, per il quale il soldato deve essere ricordato dalla sua comunità: ecco dunque che i parchi concentrano l'attenzione sui luoghi di origine dei caduti. 
Siamo in presenza di un'elaborazione del lutto in forme collettive, con i parchi e i viali della Rimembranza che celebrano i figli che la comunità ha perso.

Il Milite Ignoto e la monumentalizzazione dei luoghi di guerra
La comunità più grande, quella nazionale, sceglie ugualmente una forma di celebrazione univoca: è l'idea del Milite Ignoto, che "rispondeva perfettamente alle dimensioni d'impersonalità e di massificazione che il sacrificio aveva rivestito", come scrive Antonio Gibelli [La Grande Guerra degli Italiani, 1915-1918, Milano 1998].
Il rituale è studiato con cura: nel duomo di Aquileia Maria Bergamas sceglie una delle undici salme di soldati ignoti provenienti da undici zone del fronte, poi il lento viaggio fino a Roma e la tumulazione al Vittoriano.
Tumulazione Milite Ignoto; fonte

Il governo fascista rivendica la progettazione dei cimiteri monumentali e dei sacrari nazionali (Monte Grappa Caporetto, Redipuglia): i luoghi della guerra diventano così scenari della rappresentazione del dolore e del ricordo; Quinto Antonelli parla di "teatralizzazione del paesaggio" [Q. Antonelli, Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie, Roma 2018].

Approfondimento
Tutte le citazioni sono tratte da Vincenzo Cazzato, Natura aere perennius - Parchi della Rimembranza e luoghi della memoria (Danilo Montanari Editore).
Al lavoro di Cazzato abbiamo già dedicato il post 👉La Festa degli Alberi come precedente del culto dei caduti. 

G.V.