25 giugno 2024

LA MASSERIA CON L'ALBERO DI TIGLIO: ZIA DUNETTA RICORDA IL TEMPO DELLA GUERRA

Zia Dunetta ha 88 anni, è piccola e minuta ma ancora piena di energia; cura il suo piccolo orto e le sue galline, dà una mano al figlio veterinario a badare alle pecore: vedova di un pastore, ha fatto questo lavoro tutta la vita, anche prima di sposarsi.

Mostra ancora straordinaria abilità quando quaglia il latte, la generosità di sempre quando offre un assaggio di ricotta o di formaggio.

La nostra preziosa collaboratrice Lucia Farella le ha chiesto se ricordava qualcosa sulla guerra; mentre Lucia le dava una mano a girare la ricotta, lei si è seduta su una sediolina di paglia, si è messa con le mani conserte e ha iniziato a raccontare.

La 'massaria' alle pendici della montagna
Nel 1943 avevo sette anni. Ricordo che andavamo in contrada Elice, dove c'erano dei terreni sui quali pascolavamo le pecore; i terreni appartenevano alla famiglia Masi. C'era una grande massaria con quattro stanze al piano superiore, due delle quali avevano anche l'astr'c e al piano inferiore noi tenevamo le pecore. Davanti alla masseria c'era un grande tiglio.
L'astr'c è un pavimento lastricato, probabilmente in cemento; Lucia nota che zia Dunetta pronuncia la parola con grande stupore. Inoltre, quando parla del tiglio (usando il genere femminile, come è bello per indicare una pianta) fa un gesto con la mano portandola al naso, per sottolineare il grande profumo dell'albero.

Quello che resta della masseria Masi. 
La strada accanto è via Elice e conduce alla grotta di San Michele.
Foto di Valentino Cuozzo.

Il maiale rubato dai soldati 
Nel periodo della guerra anche altre famiglie si sono rifugiate in quella casa. Mio padre il giorno andava sempre in località Cappaio, mentre mio fratello e un suo amico pascolavano le pecore e dormivano per terra, nei pressi della proprietà di una famiglia alla quale i soldati rubarono un maiale. 

Il rumore degli aerei e le lacrime delle bambine 
Io e le mie sorelle andavamo a raccogliere la legna per il fuoco. La sera andavamo incontro al veterinario Tamburro e alla figlia Maria, che di giorno stavano in paese e la sera venivano da noi. La bambina stava con noi e quando sentivamo gli aerei ci buttavamo a terra. Mia sorella Maria gridava per la paura e faceva piangere anche questa bambina. Ricordo che un signore che era con noi le sgridava quando le sentiva piangere. 

Nella foto si nota il tentativo di recupero edilizio
effettuato nel periodo dopo il terremoto; foto di Valentino Cuozzo

Le caramelle dei soldati 
Quando sono passati i soldati, molti erano a piedi; noi siamo scesi verso il paese e lungo la strada noi bambini gridavamo "Caramelle, caramelle!" e loro ce le gettavano. 

Brutti tempi 
Che brutti tempi sono stati! La guerra è una brutta cosa. Che dici, possono tornare quei tempi? 

Forse -come suggerisce Lucia- una possibile risposta alla domanda di zia Dunetta potrebbe essere nelle parole di Kant: "La guerra è un male, perché fa più malvagi di quanti ne toglie di mezzo".

🙏 Rinnoviamo il nostro ringraziamento a Lucia Farella, che ha raccolto anche questa preziosa testimonianza. 
🙏Grazie a Pietro Vuocolo per la gentile collaborazione.
🙏Grazie a Valentino Cuozzo, che ha individuato e fotografato i resti della masseria Masi. 

Approfondimenti


Gozlinus ha pubblicato il 👉biglietto postale che il veterinario di Valva, il dottor Ciro Tamburro spedì nel 1947 per tentare di fare luce sulla morte improvvisa di sette galline.

G.V.


24 giugno 2024

MICHELE, SOPRAVVISSUTO ALL'INFERNO DI GHIACCIO RUSSO

Il 27 ottobre 1921 le bare di dieci caduti della Grande Guerra, che non è stato possibile identificare, vengono traslate da Gorizia alla basilica di Aquileia, in vista della solenne cerimonia del giorno dopo. Uno di essi diventerà il Milite Ignoto.

Quel giorno, a Valva nasce Angelo Michele Cecere, figlio di Giuseppe e di Antonia Fasano.

Per tutti, l'avvocato

La provincia di Udine tornerà nella vita di Angelo Michele, che in paese chiamano solo Michele e -tra un po'- sarà ancora più noto come l'avvocato: anzi, per i suoi concittadini diventerà l'avvocato per antonomasia, pur avendo solo la quarta elementare. Non sarà un soprannome ironico, ma il riconoscimento di un certo stile e di un bel portamento giovanile, con immancabile giacca e una bella parlantina.

La guerra

Il 9 maggio 1941 Michele è dichiarato rivedibile alla visita militare e lasciato in congedo provvisorio; quando viene chiamato alle armi, il 17 gennaio 1942, non parte subito perché è ammalato (il mese prima, tra l'altro, è deceduto il padre Peppino).

Giunge al distretto militare il 6 marzo e il giorno dopo lo troviamo nell'11.ma Compagnia Sanità di Udine.

Nel settembre '42 viene trasferito alla 4.a Compagnia Sanità in Verona e il 27 dello stesso mese parte per la Russia, "perché destinato a far parte del capo di spedizione italiano", recita il suo foglio matricolare.

In Russia, tra i feriti
In Russia risulta assegnato all'Ospedale militare di riserva 8 mobilitato.

Abbiamo chiesto a Renza Martini cosa fossero gli ospedali di riserva.

Gli ospedali di riserva, situati nelle retrovie, erano delle strutture destinate a militari per i quali era previsto un sicuro recupero (disponevano di mille posto letto, che potevano aumentare in caso di bisogno). Gli ospedali di riserva 6 e 8 erano compresi nel Centro ospedaliero di Karkov (o Har'kov).
Dal luglio 1941 al maggio 1943 sono stati operativi sette ospedali di riserva. 
I primi soccorsi venivano forniti dagli ospedali da campo, mentre i soldati più gravi venivano mandati agli ospedali di riserva che li valutavano e li trasferivano nei convalescenziari o li rimpatriavano in Italia con treni ospedali. 
Negli ospedali di riserva hanno prestato la loro opera anche 45 infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana, oltre a personale femminile locale (addetto alla cucina, alla pulizia dei locali, alla lavanderia).

Sul foglio matricolare di Angelo Michele Cecere c'è un vuoto: la successiva informazione risale al 26 marzo 1943, quando leggiamo "Partito dalla Russia per rimpatrio".

Sei mesi: ecco la durata di questo vuoto in un documento burocratico; sei mesi in Russia, compresi i terribili giorni della ritirata dal gennaio 1943. Quello che il documento non ci dice, papà Michele lo ha raccontato ai figli e da nonno ai nipoti;  sicuramente molto ha tenuto per sé, perché ci sono esperienze terribili che non diventano racconto.

Un dettaglio dei suoi racconti è rimasto impresso nella memoria del nipote Luigi: tra i feriti c'era chi lo pregava di tagliargli le orecchie e i piedi, i primi arti a congelare.

Possiamo ipotizzare le tappe della ritirata, ancora grazie alla consulenza di Renza Martini e del prezioso volume I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-'43), a cura dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

Alla fine del gennaio 1943, nelle strutture ospedaliere di Karkov erano ricoverati circa duemila degenti italiani, che furono sgomberati con treni ospedale (sia italiani che tedeschi); con l'arretramento del Corpo d'Armata, giunsero in città tremila nuovi feriti. 
Dopo la battaglia di Nikolajevka, gli spostamenti vennero fatti in treno verso Gomel (per gli illesi) e verso Karkov per i feriti. 
Dall'8 febbraio 1943, il personale ospedaliero e il materiale sanitario vennero trasferiti prima a Kiev, poi a Leopoli e infine a Kolomyja (una città che oggi si trova in Ucraina ma all'epoca si trovava in Polonia).

Carri armati sovietici entrano nel centro di Char'kov, il 16 febbraio 1943;
fonte

Il ritorno a casa
Michele giunge in Italia il 1 aprile 1943; è aggregato al Comando Tappa di Falconara per trascorrere il periodo contumaciale. 

I campi contumaciali erano già diffusi nella Prima guerra mondiale: in essi i soldati -o i prigionieri- trascorrevano un periodo di quarantena, per scongiurare il pericolo della diffusione di malattie infettive.

Il 15 aprile cessa il periodo contumaciale ed è inviato in licenza speciale di trenta giorni, più il viaggio.

Non sappiamo se in questo periodo Michele riesca a tornare a Valva; sappiamo però che il 15 giugno rientra dalla licenza, cessa di essere mobilitato e viene trasferito alla 4.a Compagnia Sanità di Verona. L'8 luglio lo troviamo nella 6.a Sezione Sanità.

Dopo l'8 settembre 1943, leggiamo che Michele si sottrae alla cattura in territorio occupato dai nazi fascisti e rientra a Valva.

Le date indicate sul foglio matricolare sono 9 e 20 settembre 1943, periodo nel quale va considerato in "licenza straordinaria in attesa di disposizioni". 

Qui troviamo un dettaglio molto significativo.

Nell'intervista che le abbiamo fatto, dal titolo L'abbraccio del soldato, la sorella Gerardina ha raccontato che quando Michele è tornato dalla guerra aveva i vestiti strappati e ha aggiunto: "ha raccontato che glieli avevano dati delle persone lungo il tragitto di ritorno".

Zia Gerardina ricorda che quando il fratello è tornato il resto della famiglia era ancora in contrada Elice, dove si era nascosto perché in quelle settimane del 1943 a Valva si scontrano tedeschi e americani.

Il ricordo di zia Gerardina è confermato dal foglio matricol,are, come possiamo vedere qui:

Il soldato Angelo Michele Cecere, con gli abiti malandati, è rientrato a Valva a metà settembre 1943, mentre sua madre, le cinque sorelle e suo fratello si erano rifugiati in montagna.

🙏Grazie a Renza Martini per la consueta e gentile disponibilità nella consulenza storica.
🙏Grazie alla famiglia Cecere per la foto e la collaborazione.
G.V.

22 giugno 2024

SETTEMBRE 1943: UN DOCUMENTARIO SUI CIVILI NASCOSTI NELLA GROTTA DI SAN MICHELE

Un documentario dedicato al settembre 1943, dopo lo sbarco alleato a Salerno.
All'ombra delle tue ali raccoglie testimonianze di valvesi relative al settembre 1943
Gli Americani risalgono il corso del fiume Sele.
A Valva, i tedeschi hanno il loro comando nella Villa d'Ayala-Valva.
All'arrivo degli Americani, i civili si rifugiano nelle grotte della montagna e della stessa villa d'Ayala.
In particolare, un nutrito gruppo di persone trova rifugio nella grotta di San Michele Arcangelo.
Foto di Valentino Cuozzo
Il primo episodio ha un titolo che viene dalla liturgia: INTROIBO.
È la prima parola di un breve rito di ingresso nella messa in latino: Mi accosterò all'altare del Signore. La parola assume il valore di "introduzione". 
L'episodio introduttivo ha due sorprese: la prefazione scritta da don Lorenzo Cuozzo e l'audio del canto tradizionale valvese dedicato a San Michele -dal titolo Il principe forte- cantato da un gruppo di donne e registrato dall'allora parroco mons. Domenico Cruoglio.
Ecco un brano tratto dalla prefazione:

In questo scenario tremendo anche la nostra piccola comunità venne sconvolta. Per sfuggire ai possibili bombardamenti aerei molti dei nostri compaesani salirono alla grotta di San Michele e nelle grotte adiacenti nella convinzione di trovare maggiore sicurezza rispetto al centro abitato.

Questa situazione che vide ospitati tanti valvesi nella «casa» del loro Protettore non ha davvero eguali nella storia della nostra comunità.

Foto di Valentino Cuozzo

Oltre ai racconti raccolti dai testimoni di quei giorni, nei prossimi episodi pubblicheremo altre strofe dell'inno a San Michele. Un piccolo omaggio alla tradizione culturale e religiosa di Valva.

G.V.

18 giugno 2024

L'ABBRACCIO DEL SOLDATO

La signora Gerardina Cecere ha 89 anni e vive ormai da tempo a Bellizzi, anche se è rimasto forte il suo legame con Valva e con i tanti nipoti della numerosa famiglia Cecere.

Abbiano chiesto a sua nipote Lucia di raccoglierne la testimonianza sul periodo della guerra e in particolare i ricordi relativi al settembre 1943, quando Valva ha visto lo scontro tra tedeschi e americani.

"Ho chiesto a zia se se la sentiva di raccontare dove erano, dove sono andati e come hanno vissuto quei momenti così difficili; lei ha fatto un cenno con la testa e ha iniziato il suo racconto", ci dice Lucia.

Ecco il suo racconto:

Abitavamo in paese, papà era già morto; io avevo più o meno otto anni. Siamo andati via portando poche cose. Eravamo io, mamma, le tre sorelle più grandi [lei le chiama r guagliott, le ragazze], mia sorella Maria che era piccola e mio fratello Bruno. Michele, l'altro fratello, non era con noi: era partito per fare il soldato e poi si è trovato a fare la guerra.

In questa foto del 1957, zia Gerardina è la donna in alto a destra. 
Accanto a lei, il fratello Michele e la sorella Carmela.
Davanti a zia Gerardina, sua madre Antonia Fasano.
La donna al centro è la signora Angela, sorella di Antonia.
In basso da sinistra, Maria Giuseppa (che indossa un segno di lutto) e Maria.
Mancano la sorella Annita (già emigrata in Argentina) e il fratello Bruno.

Uno scorcio di via Pistelli sotto Chiesa, dove abitava la famiglia;
fonte
Nel 1943, la sorella più piccola, Maria, aveva due anni: la mamma di Lucia, che ha raccolto questa testimonianza. 

Ci siamo trovati con altre famiglie, tra cui una con cui eravamo molto legati: la famiglia di Carmela Torsiello.

Carmela Torsiello è la signora che ci ha raccontato i suoi ricordi del tempo di guerra nel post Quando la montagna è un rifugio. Ci siamo occupati anche della vicenda di suo zio Francesco, morto nella Grande Guerra combattendo con l'esercito americano. 

Ci siamo rifugiati in contrada Elice; eravamo in tanti ma noi siamo stati sempre con questa famiglia. C'era una grande masseria ma molti erano accampati anche fuori, nei terreni e nel fango. Ricordo i tanti animali, anche i maiali. Di giorno gli uomini andavano nei campi e tornavano la sera, portando i viveri che riuscivano a trovare.

Non ricordo di preciso quando mio fratello Michele è tornato, ma ricordo che noi eravamo ancora all'Elice; quando è tornato aveva i vestiti tutti rotti e strappati, ha raccontato che glieli avevano dati delle persone lungo il tragitto di ritorno.

Il fratello Michele Cecere:
ha partecipato alla spedizione in Russia
ed è riuscito a sopravvivere alla tragica ritirata

Come trascorrevi le giornate?

Ricordo che stavo sempre con un bambino -un fratello di Carmela- che aveva più o meno la mia età; badavamo agli animali e quando sentivamo gli aerei sopra di noi scappavamo. 

Quando siamo tornati dall'Elice, prima di tornare a casa nostra siamo rimasti ancora un po' con questa famiglia. Alla fine della guerra [dopo che i tedeschi si erano ritirati], io e il mio amico scendevamo sempre in strada perché passavano i soldati e ci davano caramelle e biscotti. Li aspettavamo ogni giorno. 

Ricordo che una volta eravamo in prossimità della contrada Piro Verde; eravamo seduti su un muro, un soldato è sceso dal camion, si è lavato la faccia alla fontana e ha bevuto, poi mi ha guardato, mi ha abbracciata e mi ha detto che aveva a casa una figlia piccola come me.

Un po' più a valle c'erano anche degli accampamenti dei soldati, con tante tende. Le mie tre sorelle maggiori, Maria Giuseppa, Carmela e Annita, andavano a lavare i panni a questi soldati alla fontana della Pedina, in cambio di viveri. 

Il ricordo dell'accampamento militare è confermato da altri racconti. Ad esempio, l'avvocato Michele Gaudiosi ricorda quello tedesco nella zona di campagna Ortaglio, subito alla fine dell'abitato, e in contrada Pantanito: in effetti sono le zone che anche la zia Gerardina ricorda.  

Dopo un po' di tempo siamo tornati a casa nostra, in paese. La nostra vita è ripresa: io badavo a tua madre che era piccola, mamma e le sorelle più grandi lavoravano nei campi, i miei fratelli andavano anche a giornata nelle terre del marchese.

Una foto che non c'è più

Il terremoto del 1980 tra le altre cose s'è portato via una foto della famiglia Cecere fatta -come si usava al tempo- nel monumento ai caduti in guerra. Nella foto c'era ancora papà Peppino ma non ancora la figlia più piccola, Maria: possiamo dunque ipotizzare che sia stata scattata nel 1940. 

Era stata scattata perché la famiglia aveva il progetto di trasferirsi in Africa (verosimilmente in Libia): una scelta sicuramente suggerita dalla propaganda del regime fascista, che vedeva nella "quarta sponda" una possibile risposta all'atavica mancanza di terra dei contadini italiani, in questo caso meridionali. 

Nella foto, una ragazza con la "tovaglia" in testa (il fazzoletto tradizionalmente indossato dalle contadine); secondo Lucia -che ricorda bene la foto e da bambina ne ha sentito raccontare la storia- sotto quella tovaglia c'era un volto malinconico, perché la ragazza non voleva partire, visto che era fidanzata.

L'anno dopo papà Peppino sarebbe morto e tutti i progetti sarebbero cambiati.

La ragazza che non voleva partire sarebbe diventata mia nonna.

🙏Un ringraziamento speciale a Lucia Farella per la sua preziosissima collaborazione.

Approfondimenti
La testimonianza della signora Michela Feniello: Ricordo ancora il dolce di quelle caramelle
I ricordi dell'avvocato Michele Gaudiosi: GozlinusValva, 1943 

G.V.

08 giugno 2024

GUARESCHI CELEBRA LA FESTA DELLO STATUTO NEL LAGER

Due giorni prima dello sbarco in Normandia, domenica 4 giugno 1944, anche gli internati militari italiani celebrano la festa dello Statuto. 

Nel campo di Sandbostel c'è un internato militare d'eccezione, citato in questo breve ricordo scritto da Giovanni Milanese nel suo diario:

Il Ten. Guareschi ed il cap. Salvadori hanno commemorato con molta passione l'anniversario dello Statuto.

La bandiera sventola nel Lager, Fondo Vittorio Vialli; fonte

Non conosciamo il testo della commemorazione, ma conosciamo bene uno dei due autori: il tenente è Giovannino Guareschi, il noto scrittore che nel suo "Diario clandestino" dedicherà molte pagine alla vita in questo campo.

La festa dello Statuto si celebrava la prima domenica di giugno e non era stata abolita dal fascismo, che pure aveva "annichilito" lo Statuto, come scrive il Dizionario di Storia dell'Istituto Treccani:

Negli anni dell'edificazione del regime fascista, l'organizzazione dei poteri dello Stato e la fisionomia degli organi costituzionali stabilite dallo Statuto albertino subirono una trasformazione radicale di segno autoritario e antiparlamentare. [...] Questo svuotamento del significato normativo dello Statuto albertino palesa l'intrinseca fragilità di una costituzione sprovvista di garanzie: la mancata statuizione di un procedimento speciale di revisione costituzionale e di un organo di controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi consentì al potere politico di legiferare in piena e assoluta discrezionalità.

Ci siamo occupati più volte di Giovanni Guareschi.

Di lui, ad esempio, abbiamo riportato queste significative parole, un vero e proprio manifesto all' "altra Resistenza" costituita dagli IMI:

Io non mi considero prigioniero, io mi considero combattente...sono un combattente senz'armi, e senz'armi combatto. La battaglia è dura perché il pensiero dei miei lontani e indifesi, la fame, il freddo, la tubercolosi, la sporcizia, le pulci, i pidocchi, i disagi che non sono meno micidiali delle palle di schioppo...Io servo la patria facendo la guardia alla mia dignità di italiano. 

G.V. 

06 giugno 2024

LE BARCHETTE DEGLI INTERNATI PER CELEBRARE LO SBARCO IN NORMANDIA

Si è diffusa nel campo la notizia del tanto aspettato sbarco alleato.
Fosse vero!... 

E' martedì 6 giugno 1944, campo di Sandbostel. 

A scrivere è Giovanni Milanese: è arrivato nel campo da poche settimane, proveniente da Siedlce, località della Polonia occupata dai tedeschi.

Dopo aver appreso dello sbarco alleato in Normandia, gli internati militari italiani a Sandbostel varano delle barchette nel cosiddetto "laghetto", una pozza di raccolta per l'acqua piovana.

Vittorio Vialli, Riflessi sull'acqua del "laghetto"; fonte

Vittorio Vialli, Il laghetto ghiacciato; fonte

Tra gli internati di Sandbostel ci sono anche radiotecnici, che sono riusciti a riparare e anche a realizzare radioricevitori di fortuna, per seguire le vicende della guerra. Possiamo immaginare che siano stati loro a diffondere la notizia dello sbarco in Normandia, evento decisivo per le sorti della Seconda guerra mondiale.
Vittorio Vialli, Ufficiali addetti alla "Caterina", la radio clandestina da campo

Segnaliamo l'interessante sito Radio Caterina, dedicato ai radioricevitori realizzati o nascosti nei campi di prigionia, che prende il nome della celebre radio nata proprio nel 1944 a Sandbostel.

Il sito riporta anche un articolo di Giovanni Guareschi che ricorda Radio Caterina, "occhio segreto nel Lager" (pubblicato su Oggi nel 1946).

Fonti
Le foto di Vittorio Vialli provengono dal Fondo Valli del sito del Museo della Resistenza di Bologna.

Su Radio Caterina, consultare il sito https://www.radio-caterina.org/

G.V.