13 agosto 2024

I CENTO ANNI DEL MONUMENTO AI CADUTI DI LAVIANO -Un secolo di memoria

16 agosto 1924
Inaugurazione del monumento ai caduti di Laviano (SA)

Quello di Laviano è uno dei primi monumenti ai caduti eretto dopo la Grande Guerra nella Valle del Sele, ai confini tra le province di Salerno e di Avellino.

Si inserisce nel vasto programma di istituzionalizzazione della memoria dei caduti, che prevede la creazione di parchi e viali della rimembranza e -appunto- monumenti.

All'Archivio di Stato di Salerno è conservata la lettera con la quale il sindaco Foselli invita il prefetto alla cerimonia di inaugurazione del monumento ai caduti, prevista il 16 agosto 1924.

In basso a sinistra c'è una nota scritta a mano, dalla quale sembra emergere che non è probabile che il prefetto (S.E.?) si rechi a Laviano. Probabilmente l'invito viene girato al sottoprefetto di Campagna.

Il monumento ha una base in pietra grigia da cui si innalza un tronco di piramide sormontato da un pilastro in marmo bianco con fregio; termina con una statua in bronzo realizzata dallo scultore perugino Torquato Tamagnini, inviata a Laviano nell'ottobre del 1923.

Tamagnini  è autore di statue per altri monumenti in zona e nella provincia di Salerno: Acerno, Colliano, Salvitelle, Sala Consilina, Sant'Arsenio, Siano. 

Ecco come appariva Piazza Umberto I in quel periodo:


Negli anni successivi il monumento è stato collocato in un altro punto della piazza, dove lo vediamo in questa significativa foto che risale all'indomani del terremoto del 23 novembre 1980, muto testimone di un dramma di cui Laviano è uno dei luoghi simbolo:

fonte: pagina Facebook della Pro Loco "Gens Lavia"

Durante la ricostruzione il monumento è tornato nella collocazione originaria. 

Particolarmente significativa questa epigrafe, che reca un'integrazione risalente alla Seconda guerra mondiale:

foto di Anna Borriello

Dalla/ gleba oscura/ alle/ trincee fiammeggianti/ con/ uno stesso umile travaglio/ mossero e caddero/ i figli di questa terra/ il sangue loro/ alimentò/ il nuovo destino d'Italia/ lo spirito ritorna/ all'ombra solitaria/ dei monti nativi/ insegnando/ che la patria è immortale/ MCMXV-MCMXVIII/ MCMXL-MCMXLV

Nella lettera del sindaco si annunciava la presenza del sottosegretario al Ministero delle colonie, l'onorevole Cantalupo; nato a Napoli, Roberto Cantalupo avrà una carriera politica e poi diplomatica di tutto rispetto.

Roberto Cantalupo; fonte: Wikipedia

Di orientamento nazionalista, nel 1923 aderisce al Partito Nazionale Fascista e viene eletto deputato proprio nel 1924, nel cosiddetto Listone. Al momento dell'invito a Laviano, egli è sottosegretario al ministero delle colonie da un mese: il rimpasto di governo fatto da Mussolini dopo la crisi seguita al rapimento di Giacomo Matteotti. Terrà l'incarico fino al novembre 1926. Intrapresa la carriera diplomatica, diventa ambasciatore in Brasile e poi nella Spagna della guerra civile, anche se solo per pochi mesi (non ha una buona opinione di Franco). Nel dopoguerra, collabora con il settimanale Candido (di Giovannino Guareschi, figura della quale ci siamo occupati spesso nel nostro blog: internato militare in Germania). Tornerà in politica e sarà deputato per quattro legislature, prima con il Partito monarchico e poi con il Partito liberale. fonte

Ai caduti lavianesi nella Grande Guerra dedicheremo un post in occasione del giorno del centesimo anniversario del monumento che ne tramanda la memoria.

Fonti

Archivio di Stato di Salerno, Prefettura -Gabinetto, b.387

Luigi Avino- Salvatore Cicenia, La memoria degli assenti -Monumenti ai caduti nel Salernitano nella Grande Guerra, DEA Edizioni

Catalogo generale dei beni culturali, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Avellino e Salerno

Approfondimento

Il nostro blog sta approfondendo il contesto storico, culturale e politico nel quale sono sorti i monumenti ai caduti, i parchi e i viali della rimembranza dopo la Grande Guerra.

Ecco alcuni post sull'argomento:

 👉La gittata del dolore: le "cerchie del lutto" della guerra

 👉L'elaborazione del lutto nel dopoguerra italiano


🙏Un particolare ringraziamento a Gualtiero Esposito,  presidente della Pro Loco "Gens Lavia" e autore della foto scattata all'indomani del terremoto. 

G.V.

11 agosto 2024

DOMENICO, LA RESISTENZA SUI MONTI D'ALBANIA

La vicenda di Domenico Torsiello ci consente di indagare un aspetto non molto noto della Seconda guerra mondiale degli italiani: soldati che restano in Albania dopo l'8 settembre, resistono alla cattura da parte dei tedeschi e vanno in montagna a combattere al fianco della Resistenza albanese.

Domenico nasce a Valva il 13 maggio 1923, da Nicola e Virginia Torsiello. Alla visita militare, nel 1942, risulta orfano di padre.

Chiamato alle armi, vi giunge il 9 gennaio 1943, assegnato al Deposito 9° Reggimento Autieri in Macerata. Imbarcatosi a Bari, giunge a Durazzo in Albania il 29 luglio 1943, nell'auto drappello Q.G. della Divisione "Firenze".

Bandiera del Regno albanese; fonte: Wikipedia

A questo punto, sul suo foglio matricolare troviamo un'annotazione insolita:

Foglio matricolare, Archivio di Stato di Salerno
 Proviamo a trascrivere:
Sbandato per gli avvenimenti bellici e portatosi (?) in montagna, 8 settembre 1943
Rimpatriato da Durazzo, 1 giugno 1945
Sbarcato a Brindisi, 1 giugno 1945

Come al solito, tre righe riassumono quasi due anni di guerra (o di prigionia, come accade a tanti altri militari italiani in quello stesso periodo).

Il contesto però, come dicevamo, è insolito.

Dopo l'armistizio di Cassibile, la 9ᵅ Armata italiana in Albania subisce un duro colpo a causa dell'indecisione dei suoi comandanti: quattro delle sei divisioni italiane vengono catturate dai tedeschi. Tuttavia, la 151ᵅ Divisione Fanteria "Perugia" e la 41ᵅ Divisione Fanteria "Firenze" resistono. Il generale Arnaldo Azzi, che comanda la "Firenze", rifiuta di cedere le armi e si allea con l'Esercito Albanese di Liberazione Nazionale. Nasce il Comando Italiano Truppe alla Montagna (CITaM), che riunisce soldati italiani dispersi.

Sul sito ANPI leggiamo:

E' così costituito il "Comando Italiano Truppe alla Montagna" (CITaM), forte di migliaia di uomini suddivisi in alcuni comandi di zona. Risulta presto evidente che una tale massa di uomini e un simile schieramento in terra straniera non sono adatti alla guerra partigiana, e così, presto, il CITaM, sottoposto all'attacco dei tedeschi e alla difficile convivenza con le formazioni della Resistenza albanese, si sbanda. Gli italiani, costretti a cedere agli albanesi armi ed equipaggiamento, trovano rifugio e ospitalità presso la popolazione locale. Alcuni militari entreranno poi nella Resistenza albanese.  fonte

Alla fine della guerra, Domenico si imbarca a Durazzo e sbarca a Brindisi il 1° giugno 1945; il giorno dopo lo troviamo nel campo di Taranto. A giugno ottiene una prima licenza di sessanta giorni, il 25 agosto si presenta al distretto di Salerno e viene inviato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di reimpiego. La guerra per lui è davvero finita.


Fonti consultate:

G.V.

08 agosto 2024

LA GUERRA INFINITA: LA STORIA DI FLAVIO, LIBERATO IN FRANCIA

La storia di Flavio Caldarone sembra quella di una guerra infinita. Dicevano di lui che avrebbe potuto fare l'attore, per la sua bella presenza e per il carattere gioviale: allora la storia della sua vita potrebbe essere un film, in cui la dimensione allegra non cancella le scene drammatiche, vissute in pace e in guerra.
Figlio di Michele e di Giovanna Papio, Flavio nasce a Valva il 16 settembre 1921. Alla sua visita militare, nel 1940, la madre risulta già deceduta.
Chiamato alle armi, Flavio vi giunge il 12 gennaio 1941; il 13 giugno è nel Deposito Artiglieria per il 43° Reggimento Artiglieria per divisione fanteria, in Africa Settentrionale.
Il 17 settembre 1941 lo troviamo a Valona, in Albania, nel 48° Reggimento Artiglieria.
La sua divisione è impegnata in operazioni di rastrellamento e si scontra duramente con i partigiani locali, soprattutto nel febbraio-marzo 1942.
Possiamo ipotizzare che Flavio sia stato commilitone di un altro valvese, Domenico Strollo.
Entrambi vengono rimpatriati nell'agosto 1942; dopo una licenza, Flavio rientra nella sua divisione a Novi Ligure ed è trasferito in Francia il 10 novembre 1942.
La divisione è  dislocata nella zona di Alessandria-Novi Ligure per poi trasferirsi nella Francia meridionale, nei pressi di Tolone, lungo la costa nella zona di Cuers, tra Mèounes-lès-Montrieux, Pierrefeu e Carnoules: è la stessa zona in cui abbiamo già incontrato Domenico Strollo.
Catturato dai tedeschi il 10 settembre 1943, Flavio risulta liberato dagli Alleati l'8 ottobre 1944. Possiamo dunque dedurre che dopo la cattura sia stato deportato in un campo di prigionia in Francia, a differenza di Domenico Strollo (sicuramente deportato in Germania). 
Flavio torna in Italia, ottiene una licenza di un mese ed è trasferito al Deposito del 31° Reggimento Fanteria.
Nel febbraio 1945 viene aggregato al Campo affluenza complementi di Raviscanina (Caserta).
A guerra finita, il 13 maggio 1945 viene trasferito al 407°Reggimento Pionieri e pochi giorni dopo al Campo affluenza complementi di Trani.
Il foglio matricolare riporta altre tappe, compreso il ricovero in un ospedale militare. Solo nel marzo 1946 arriverà il congedo illimitato.
Negli anni successivi, Flavio si trasferisce in provincia di Bologna, dove resterà fino alla morte. 
In questa bella foto, scattata mentre era ancora a Valva nei primi anni Cinquanta, lo vediamo col suo inseparabile cappello:
Flavio è al centro, a sinistra rispetto al signore in bicicletta.
Sono presenti anche due fratelli: Luciano (il primo da sinistra) 
e Francesco (alla destra dell'uomo in bici).
Fonte: Gozlinus

Nel 1953, rientrano a Valva le spoglie di Michele Macchia, caduto sul fronte greco nell'agosto 1943.
Nella foto della cerimonia, Flavio Caldarone è il primo da sinistra; è un cugino del giovane caduto (la madre Giovanna era la sorella della signora Clelia, madre di Michele).
Per la foto si ringrazia Veronica Cuozzo
Ci occuperemo ancora della vicenda di Flavio Caldarone, perché tocca aspetti che non abbiamo approfondito molto nel nostro blog: ad esempio, le vicende degli italiani catturati dai tedeschi e internati in Francia e quelle del ricostituito esercito italiano, impegnato nella lotta di liberazione. 

Approfondimento
Ecco i post citati:
👉L'involontario artefice, la storia di Domenico Strollo
👉Michele, tornato avvolto nel tricolore, la storia di Michele Macchia
G.V.

07 agosto 2024

ANGELANTONIO, UN IMI DAL FRONTE GRECO

Angelantonio Marciello nasce a Valva il 22 marzo 1923, figlio di Francesco (che risulta deceduto al momento della visita militare del giovane soldato) e di Grazia Figliulo.

Chiamato alle armi il 19 settembre 1942, il giorno dopo lo troviamo nel Deposito 26.mo Reggimento Artiglieria di Corpo d'Armata, a Napoli.

Il 4 novembre 1942 parte da Torre Annunziata perché è trasferito al 26.mo Reggimento Artiglieria e raggiunge la 4.a Base di Mestre.

L'11 novembre 1942 parte da Mestre a mezzo tradotta e il 15 giunge al campo sosta di Kalambaka, in Grecia, dove resta fino al 25 novembre, quando raggiunge il suo reggimento, "in territorio dichiarato in stato di guerra".

Kalambàka è considerata la porta di ingresso alla regione di Meteora, caratterizzata da speroni rocciosi sulla cima dei quali sorgono celebri monasteri ortodossi. Il 23 aprile 1943 tra gli abitanti del posto e gli italiani c'è un duro scontro, con la morte di 70 soldati. Siamo nella stessa regione di Giannina, che abbiamo incontrato nella vicenda del valvese Sabino Spiotta.

Nel suo foglio matricolare di Angelantonio troviamo un'annotazione abbastanza insolita per i soldati italiani che si trovano all'estero: "sbandatosi in seguito agli eventi sopravvenuti all'armistizio" (in genere si trova per i soldati sul fronte italiano), con la data fortemente simbolica dell'8 settembre 1943.

Nel nostro podcast Il giorno dopo abbiamo analizzato le conseguenze dell'armistizio sui soldati valvesi, anche quelli impegnati sul fronte greco-albanese.

Il 12 settembre Angelantonio risulta catturato dai tedeschi e condotto in Germania.

Purtroppo né la banca dati on-line degli Internati Militari Italiani né gli Archivi Arolsen conservano documenti relativi alla sua prigionia.

Anche diversi compaesani di Angelantonio sono fatti prigionieri sul fronte greco; i prigionieri provenienti da questo fronte indossano divise estive, inadatte all'inverno tedesco.

Quello che i documenti militari non dicono, lo possiamo immaginare dalle testimonianze e dagli studi sulle condizioni degli internati militari.

Padova, Museo dell'Internamento

Sappiamo che il 10 luglio 1945 Angelantonio rientra in Italia e si presenta al Distretto Militare di Salerno, dove viene interrogato come da prassi e poi inviato in licenza di rimpatrio di 60 giorni. Il 10 settembre viene inviato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di impiego; infine, l'anno seguente viene ricollocato in congedo illimitato.

L'11 febbraio 1964 ad Angelantonio viene conferita la croce al merito di guerra per l'internamento in Germania e per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940-1943 (nello specifico, però, il foglio matricolare riporta le campagne di guerra del 1943, del 1944 e del 1945).

Approfondimento

Sull'argomento, il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:

👉"Spremuti come limoni": i lavori forzati degli IMI
👉Le condizioni di vita degli internati militari italiani
👉"Pacchisti e "magroni": l'ossessione della fame
👉"E' arrivato il momento di parlare 'tedesco' con queste carogne"

Vicende di altri valvesi catturati sul fronte greco:

👉Quando i racconti di zio Sabino entravano in classe
👉Col sangue, con la libertà: quei no pagati caro

Gli episodi del nostro podcast Il giorno dopo -dedicato alle conseguenze dell'8 settembre 1943 sui soldati valvesi-che si riferiscono al fronte greco:

Bibliografia

📙Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, il Mulino, 2004
📙Mario Avagliano - Marco Palmieri, I militari italiani nei lager nazisti. Una resistenza senz'armi (1943-1945), il Mulino, 2020

G.V.

04 agosto 2024

LA GITTATA DEL DOLORE: LE "CERCHIE DEL LUTTO" DELLA GUERRA

Un interessante articolo di Annachiara Sacchi sulla Lettura del Corriere della Sera affronta il tema delle cerchie del lutto, presentando gli studi di Barbara Bracco, professoressa ordinaria di Storia contemporanea alla Bicocca di Milano.

Quante persone vengono toccate dalla morte di un soldato della Grande guerra? Quanto è grande la comunità che si crea attorno a ogni caduto? 

La professoressa Bracco è partita da queste domande, anche studiando 40mila cartoline spedite dagli italiani al Milite Ignoto.

Le cerchie non stabiliscono una gerarchia degli affetti "ma aiutano a capire la portata sociale, emotiva, economica della scomparsa di una generazione", spiega la docente. 

Possiamo individuarne due: quella dei familiari stretti, direttamente segnati dalla morte di un soldato (genitori, fratelli e sorelle, mogli, orfani), stimabile in 10-15 persone; una seconda cerchia comprende fidanzate, amici, cugini, compagni di scuola e colleghi, ex commilitoni ed è stimabile in 20-30 persone.

Stima totale; almeno 25 milioni di persone, circa due terzi degli italiani.

L'impatto del lutto è devastante anche dal punto di vista economico (si pensi a una giovane vedova che si ritrova con un bambino da crescere); "il rito laico del Milite Ignoto nel 1921 segna una restituzione simbolica della perdita, ma il lutto rimane una lesione difficile da rimarginare", commenta Bracco.

Ma perché studiare il lutto?

"Perché fa paura. Perché per nostra fortuna siamo impreparati a questa evenienza. Non è possibile imporre per legge di ricordare. Ma servono più consapevolezza e attenzione al passato e non perché si possa riprodurre [...] ma per capire da dove veniamo e anche il presente: in Ucraina e in Medio Oriente sono in corso tragedie di cui vedremo le conseguenze. Allora siamo pronti a leggere il dolore degli altri?", conclude Bracco.


Alcuni dati
Italiani al fronte: 4.200.000
Caduti: 650mila; di questi, 500mila al fronte, 100mila in prigionia e 50mila dopo la guerra (per ferite o malattie contratte)
Mutilati e invalidi: 500mila
Età media dei caduti: 25 anni e 6 mesi

Sintesi tratta da: Annachiara Sacchi, I confini del lutto, La Lettura, 4 agosto 2024

G.V.

03 agosto 2024

LE RADICI E L'ALLORO

Trenta mesi fa iniziavamo le pubblicazioni del nostro blog "la ràdica". 
Questo è il post numero 200.
Ne approfittiamo per un breve bilancio del nostro lavoro.
Per ogni soldato valvese caduto in combattimento nella Prima e nella Seconda guerra mondiale è stata individuata la data di morte e, in molti casi, il luogo.
Ecco i post con gli elenchi completi:
La ricerca degli internati militari in Germania ha consentito di individuare 23 soldati valvesi; ecco l'elenco aggiornato:
Approfondimenti: eBook
Abbiamo pubblicato alcuni eBook per approfondire tematiche legate alle nostre ricerche.
👉L'ultimo soldato: un eBook pubblicato in occasione dei cento anni dell'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale.
👉Caduti in guerra valvesi
👉All'ombra delle tue ali: la ricostruzione delle drammatiche settimane del settembre 1943 quando i civili valvesi si sono trovati tra tedeschi e americani, dopo lo Sbarco di Salerno; a impreziosire il nostro lavoro, le testimonianze di chi ha vissuto quei momenti.

Approfondimenti: documentari
Stiamo lavorando a due documentari:
- Di radici e si sangue, dedicato alle vicende che hanno portato alla nascita del monumento ai caduti di Valva. Nel febbraio 1924 un circolo italiano di Newark, nel New Jersey, organizza una serata per raccogliere fondi da inviare a Valva per "l'erigendo monumento" ai caduti in guerra: il nostro documentario ricostruisce quella storia; finora abbiamo pubblicato sette episodi, disponibili sul nostro canale You Tube:             radicivalvesi.blogspot.com
- All'ombra delle tue ali, costruito con lo stesso materiale dell'eBook ma con un linguaggio diverso, quello video.

Podcast
Il nostro podcast Il giorno dopo è dedicato alle conseguenze dell'8 settembre 1943 sui soldati valvesi:
Tre episodi del podcast sono dedicati a un approfondimento sulle canzoni in voga negli anni Trenta-Quaranta: 
👉Ma l'amore no, che analizza la canzone d'amore
-👉Vivere, che presenta alcune canzoni ispirate all'ottimismo e alla gioia di vivere e ci conduce alla scoperta dei sogni della società di quegli anni; l'episodio segnala inoltre l'uso propagandistico di alcuni temi (ad esempio la vita in campagna o l'ora dell'aperitivo in città)
-👉Tulipani e Maramao, dedicato allo swing italiano del Trio Lescano

G.V.

01 agosto 2024

MICHELE E GIUSEPPE, DUE VALVESI CATTURATI LO STESSO GIORNO

Il 1° marzo dell'anno scorso abbiamo dedicato un post a Michele Cuozzo, nel giorno del centesimo anniversario della sua nascita:👉 Il prigioniero che parlava inglese con una matita tra i denti. Erano i giorni dei festeggiamenti dei cento anni di un suo coetaneo, il signor Giuseppe Feniello; nati a pochi giorni di distanza uno dall'altro, nel 1923, i due hanno avuto vicende militari abbastanza simili e ci era parso giusto ricordarli entrambi.
Ora abbiamo a disposizione altri documenti che confermano che le loro vicende militari si sono intrecciate.

Due vicende che si intrecciano
Figlio di Antonio e di Maria Michela Cecere, Michele Cuozzo è chiamato alle armi il 12 settembre 1942, nel Deposito 15.mo Reggimento Fanteria in Salerno.
Parte per l'Africa Settentrionale il 25 febbraio 1943, imbarcandosi a Castelvetrano. L'aeroporto di Castelvetrano, in Sicilia, è una delle principali basi per il trasporto di personale e materiali sulle basi africane nella Seconda guerra mondiale.
Tre giorni dopo di lui, anche Giuseppe Feniello si imbarcherà da Castelvetrano alla volta di Tunisi.
Sbarcato a Tunisi, Michele Cuozzo è assegnato al 65.mo Reggimento Fanteria "Trieste", mentre Giuseppe Feniello è nella X Compagnia marconisti.
Il 6 aprile, entrambi risultano fatti prigionieri nel fatto d'arme della Tunisia.

Wadi Akarit
Per capire in cosa consista il "fatto d'arme", seguiamo le vicende del reggimento di Michele.
La Trieste è impegnata nella battaglia di Wadi Akarit, una valle in Tunisia; la parola wadi indica il letto di un fiume in genere asciutto ma che può riempirsi d'acqua durante al stagione delle piogge. 
Durante la Campagna di Tunisia il wadi Akarit è un'importante linea difensiva per le forza dell'Asse, a causa della sua posizione strategica: un luogo ideale di difesa contro l'avanzata degli Alleati.
La battaglia di Wadi Akarit si svolge il 6 e 7 aprile, con le forze Alleate che cercano di sfondare le difese dell'Asse per avanzare verso Tunisi.
Soldati britannici in Tunisia; fonte: Wikipedia
La battaglia è vinta dall'Ottava armata britannica (che comprende  anche unità americane e francesi). Non è però una vittoria facile, come dimostrano le parole del generale Alexander, che definisce quei combattimenti come "i più accaniti e selvaggi che avessimo sostenuti dopo El Alamein", aggiungendo che "gli attacchi ed i contrattacchi si susseguirono sulle colline ed i tedeschi come gli italiani dettero prova di un'intrepida determinazione e di un morale senza uguali".
Il generale Montgomery con alcuni soldati britannici; fonte: Wikipedia
La fanteria della Trieste è ridotta a tre battaglioni incompleti. L'Ottava Armata conta quasi 1300 perdite e 32 carri distrutti o danneggiati, ma alle ore 22 del 6 aprile ha già fatto 5350 prigionieri, in gran parte italiani (e almeno due di questi sono valvesi).

Il destino dei prigionieri
Secondo lo storico Flavio Giovanni Conti

I prigionieri fatti tra El Alamein e la battaglia di Akarit, catturati per lo più dall'Ottava Armata inglese, furono nella stragrande maggioranza inviati in Inghilterra, mentre pochi rimasero in Egitto". I prigionieri catturati dagli inglesi vennero divisi tra i territori del Commonwealth; nell'ultima fase della Campagna d'Africa, i prigionieri italiani e tedeschi catturati dagli angloamericani ammontano a circa 250mila. Alla fine della guerra in Africa il numero dei prigionieri italiani è complessivamente di circa 300mila.  fonte

Come è avvenuta la cattura?
Rileggiamo le parole che il signor Giuseppe Feniello ha rilasciato in un'intervista raccolta dalla nipote Gerardina:
Fummo circondati dagli inglesi mentre marciavamo e ci trovammo di fronte un carrarmato, per questo il plotone dovette cedere. Consegnammo le armi e ci portarono nel campo di prigionia. Da prigionieri avevamo avuto anche l'ordine di chiudere l'otturatore, prenderlo e buttarlo via per evitare di consegnarlo al nemico.

Verso la libertà
Dopo la liberazione dalla prigionia, Michele giunge al Centro Alloggio di Fuorigrotta il 27 luglio 1946, due settimane prima di Giuseppe.
Michele viene inviato in licenza di rimpatrio di 60 giorni; sul suo foglio matricolare leggiamo che nessun addebito può essere elevato in merito alle circostanze della cattura e al comportamento tenuto durante la prigione di guerra.
Il congedo illimitato arriva il 26 settembre 1946; il suo foglio matricolare riporta anche la data dell'espatrio: 25 maggio 1947: la località estera in cui si reca è indicata con il codice 4987 (sappiamo essere la Francia).
Giuseppe ha raccontato così i giorni dopo la liberazione:

Sono stato liberato e portato a Porto Said il 9 agosto 1946, dove ci siamo imbarcati sulla nave che ci ha portato a Napoli.
In Italia sono arrivato il 7 settembre e a casa, a Valva, il 20. Sono arrivato con il treno fino a Contursi  e Angelino che mi aveva visto ha avvisato la mia famiglia del mio arrivo e sono venuti incontro i miei  fratelli Michele e Vitantonio. 
È stato un momento commovente. Anche quando sono rientrato a casa, io che ero un gran bevitore, figlio di un altro grande bevitore, mio padre mi ha detto: "Se sei ancora il mio Peppino finisci questo fiasco di vino". Io l'ho bevuto anche se mi ha dato alla testa.

Molto ricca la voce di Wikipedia dedicata alla Campagna del Nord Africa

Altri post
Le nostre due interviste al signor Giuseppe Feniello:

Il post dedicato al signor Michele Cuozzo:

La storia di Michael Strollo, figlio di emigrati valvesi negli Stati Uniti:

Approfondimenti
Per la ricostruzione del contesto storico, si suggerisce questa puntata di  Passato e presente

G.V.

31 luglio 2024

PIERINO, DA PIAZZA CASTELLO AL LAGER IN GERMANIA

Pierino Torsiello nasce a Valva il 24 gennaio 1923 da Francesco e Giovanna Spiotta; da giovane abita in Piazza Plebiscito: praticamente davanti al castello della Villa d'Ayala Valva.

Valva, panorama anni Quaranta; fonte: Gozlinus

E' chiamato alle armi l'8 settembre 1942 ed è assegnato al 31.mo Reggimento Fanteria "Siena".

Purtroppo per un anno esatto il suo foglio matricolare non racconta molto delle vicende della guerra. Sappiamo comunque che la divisione "Siena" nel 1942 viene trasferita a Creta, dove svolge compiti di presidio e occupa la parte orientale dell'isola: Pierino vi giunge il 1 novembre.

Stemma araldico Reggimento "Siena"; fonte: Wikipedia

La notizia successiva sul suo foglio matricolare è quella che ne fa un internato militare in Germania: Pierino viene infatti catturato dai tedeschi il 10 settembre 1943 e condotto in Germania, non sappiamo se in uno o più campi di prigionia. 

Sarà liberato  l'8 maggio 1945.

Trattenuto dagli Alleati fino al 20 settembre,  Pierino si presenta al Distretto militare di Salerno, dal quale sarà inviato in licenza straordinaria. Sarà poi collocato in congedo illimitato il 15 agosto 1946.

Nel 1967 gli sarà conferita la croce al merito di guerra: il primo conferimento in virtù del Regio Decreto 1729 del 14-12-1942 per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940-1943, il secondo per internamento in Germania per partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1943-1945.

Croce al merito di guerra, secondo conferimento; fonte: Wikipedia

G.V.

29 luglio 2024

L'ELABORAZIONE DEL LUTTO NEL DOPOGUERRA ITALIANO

All'indomani del bagno di sangue della Grande Guerra si cerca di dare un senso al sacrificio di tanti giovani attraverso la creazione di luoghi dedicati alla memoria e all'elaborazione del lutto in forme collettive.
Vincenzo Cazzato nel suo preziosissimo Natura aere perennius (di cui ci siamo già occupati) studia la nascita dei parchi della Rimembranza e dei luoghi della memoria in Italia. 
Proponiamo una sintesi di alcuni passaggi fondamentali del suo studio.

La fascistizzazione della memoria
Subito dopo la guerra, si diffondono  monumenti che nascono dal basso, per iniziative autonome: nasce una complessa macchina simbolica che esalta il sacrificio e la vittoria e testimonia il senso che i vivi attribuiscono alla guerra", come scrivono Monteleone e Sarasini [I monumenti italiani ai caduti della Grande Guerra, in: "La Grande Guerra. Esperienza memoria, immagini", Bologna 1986].
Dopo la Marcia su Roma, il fascismo si appropria del rituale del ricordo dei caduti, creando una vera e propria "religione della patria" con l'obiettivo di educare le masse; Mario Isneghi scrive che l'obiettivo è quello di conquistare un "consenso retroattivo alla guerra" che la legittimi a posteriori [I luoghi della memoria, Roma-Bari 1996-97].

Caposele (AV), Allegoria del soldato come eroe antico;
BCS; fonte
Questo disegno comprende i monumenti celebrativi, i parchi e i viali della Rimembranza: è un'operazione che nasce dal centro e si diffonde in varie località italiane.
Promotore ne è il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi, per il quale il soldato deve essere ricordato dalla sua comunità: ecco dunque che i parchi concentrano l'attenzione sui luoghi di origine dei caduti. 
Siamo in presenza di un'elaborazione del lutto in forme collettive, con i parchi e i viali della Rimembranza che celebrano i figli che la comunità ha perso.

Il Milite Ignoto e la monumentalizzazione dei luoghi di guerra
La comunità più grande, quella nazionale, sceglie ugualmente una forma di celebrazione univoca: è l'idea del Milite Ignoto, che "rispondeva perfettamente alle dimensioni d'impersonalità e di massificazione che il sacrificio aveva rivestito", come scrive Antonio Gibelli [La Grande Guerra degli Italiani, 1915-1918, Milano 1998].
Il rituale è studiato con cura: nel duomo di Aquileia Maria Bergamas sceglie una delle undici salme di soldati ignoti provenienti da undici zone del fronte, poi il lento viaggio fino a Roma e la tumulazione al Vittoriano.
Tumulazione Milite Ignoto; fonte

Il governo fascista rivendica la progettazione dei cimiteri monumentali e dei sacrari nazionali (Monte Grappa Caporetto, Redipuglia): i luoghi della guerra diventano così scenari della rappresentazione del dolore e del ricordo; Quinto Antonelli parla di "teatralizzazione del paesaggio" [Q. Antonelli, Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie, Roma 2018].

Approfondimento
Tutte le citazioni sono tratte da Vincenzo Cazzato, Natura aere perennius - Parchi della Rimembranza e luoghi della memoria (Danilo Montanari Editore).
Al lavoro di Cazzato abbiamo già dedicato il post 👉La Festa degli Alberi come precedente del culto dei caduti. 

G.V.

28 luglio 2024

LA FESTA DEGLI ALBERI COME PRECEDENTE DEL CULTO DEI CADUTI

Un prezioso lavoro di Vincenzo Cazzato ricostruisce la nascita dei luoghi della memoria dopo la Grande Guerra: Natura aere perennius - Parchi della Rimembranza e luoghi della memoria (Danilo Montanari Editore). Il titolo, di chiara ispirazione oraziana, significa: la Natura è più duratura del bronzo, con allusione al bronzo dei monumenti.

L'autore individua un precedente dei Parchi della Rimembranza che si diffondono in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale: la Festa degli Alberi. Tra l'altro, il discorso con il quale Dario Lupi -sottosegretario alla Pubblica Istruzione- il 26 novembre 1922 a Fiesole lancia l'idea di parchi dedicati ai caduti della Grande Guerra è pronunciato proprio in occasione di questa festa.

La Festa degli Alberi era stata istituita nel 1899, per educate i giovani al rispetto della natura. Particolarmente solenne la prima festa celebrata a Roma, il 21 novembre 1899,  alla presenza della Regina Margherita e della Principessa Elena e di circa diecimila alunni delle scuole elementari e medie: vengono piantati 500 alberi.

Nel 1902 la Festa diventa una celebrazione annuale e obbligatoria. Infatti, il Regio Decreto n. 18 del 2 febbraio 1902 istituisce ufficialmente la Festa degli Alberi in tutti i comuni; non viene scelta una data precisa ma ci si limita all'indicazione di un giorno festivo di primavera o di autunno.

Festa degli Alberi di Bologna, 1899
(Fondo Belluzzi, Museo Civico del Risorgimento, Bologna); fonte

Nel 1911 l'Associazione Pro Montibus diventa il supporto organizzativo della festa e  viene istituita una commissione speciale per stabilire criteri uniformi per la festa "nazionale"; viene anche scelta la data comune: l'11 novembre, compleanno di Vittorio Emanuele III.

Durante la Prima Guerra Mondiale la Festa diventa un'occasione di raccolta donazioni per la Croce Rossa.

Nel dopoguerra la celebrazione assume un forte valore ideologico: il ricordo degli eroi caduti.

Cazzato parla di "saldatura con i parchi e i viali della Rimembranza": Dario Lupi prevederà infatti la dedica di un albero ad ogni soldato caduto.

Valva, fine anni Cinquanta-inizio anni Sessanta:
è trascorso del tempo, ma il legame tra la Festa degli Alberi
e la memoria dei caduti in guerra è ancora forte; fonte

In una circolare del 1923, il ministro dell'Agricoltura De  Capitani d'Arzago chiede che allo scopo simbolico della festa se ne aggiunga uno pratico, suggerendo di non utilizzare poche piante (spesso poi abbandonate a se stesse) ma qualche terreno incolto e rimboschirlo, "per costituire, col tempo una fonte di reddito" per le scuole promotrici della Festa. 

Il 30 dicembre 1923 il Regio decreto legge n. 3267 istituisce la Festa degli alberi: "Essa sarà celebrata ogni anno nelle forme che saranno stabilite di accordo fra i ministri dell'economia nazionale e dell'istruzione pubblica", per infondere nei giovani il rispetto e l'amore per la natura. E' il cosiddetto "Decreto Serpieri", sottosegretario all'Agricoltura (ministero nel frattempo accorpato a quello dell'Economia Nazionale).

Sulla fascistizzazione della Festa degli Alberi, interessanti le parole che troviamo nel testo La scuola fascista. Istituzioni, parole d'ordine e luoghi dell'immaginario [a cura di Gabrielli e Montino, 2009]:

Lo scopo della manifestazione era simbolico e pratico insieme, finalizzato a lasciare un'impronta nello spirito dei giovani oltre che nell'ambiente fisico. [...] Tanto l'appuntamento autunnale quanto quello primaverile coincidevano con un giorno di sospensione dell'attività didattica: domenica o altra festività (in novembre l'11, genetliaco del re, o il 4, in memoria dei caduti della grande guerra; in aprile il 21, Natale di Roma- saldandosi così ad altre cerimonie angolari della retorica di regime). [...] A partire dal 1937, poi, la cerimonia assunse un carattere che si legò alle svolte imperialiste della nazione e la Festa degli alberi divenne l'occasione per la piantagione non più dei vecchi "Boschi del Littorio", ma dei nuovi "Boschi dell'Impero". 
[citato in: La Festa dell'Albero dalle origini al Decreto Serpieri del 1923, sulla rivista on line Sherwood]


Approfondimento

Oltre al documentatissimo Natura aere perennius, segnaliamo anche l'interessante articolo on line La Festa dell'Albero dalle origini al Decreto Serpieri del 1923, in: Sherwood

G.V.

17 luglio 2024

PIETRO, IL MITRAGLIERE MORTO SUL PIAVE

Il 6 luglio 1918 muore, per le ferite riportate in battaglia, Pietro Feniello.

Nato a Valva il 10 agosto 1884 -figlio di Pasquale- Pietro Feniello appartiene alla 1360.ma compagnia mitraglieri Fiat.

La data e il luogo ci fanno pensare alla "battaglia del solstizio".

Come è noto, il nome si deve a Gabriele d'Annunzio.

L'offensiva austriaca diventa una disfatta: l'esercito austro-ungarico perde quasi 150mila uomini; la battaglia è però violentissima e anche per l'esercito italiano il bilancio è pesante: le perdite ammontano a circa 90 mila uomini. La sconfitta austro-ungarica significa in pratica l'inizio della fine.

Possiamo ipotizzare che Pietro sia sepolto nel sacrario di Fagarè della Battaglia, alla quale abbiamo dedicato il post 👉 Al sacrario di Fagarè sulle orme di Carmelo, eroe del Piave.

Due giorni dopo la morte di Pietro, cadrà sul Piave anche il tenente della Croce Rossa americana Edward Mc Key, amico del grande scrittore Ernest Hemingway che gli dedicherà questi versi (incisi nel sacrario di Fagaré): 

KILLED PIAVE  July  8  1918 

Desire and 
All the sweet pulsing aches  
And gentle hurtings 
That were you, 
Are gone into the sullen dark.
Now in the night you come unsmiling
To lie with me
A dull, cold, rigid bayonet
On my hot-swollen, throbbing soul.

Chicago, 1921
 

UCCISO  PIAVE  8 luglio 1918  

Il desiderio e
tutti i dolci pulsanti dolori
e le pene delicate
ch’eri tu,  
sono spariti nella tenebra tetra.
Adesso nella notte tu vieni senza sorridere
a giacere con me 
un'opaca, fredda, rigida baionetta
sulla gonfia, palpitante anima mia.

G.V.