25 settembre 2023

IL SEDICENNE VITTIMA DELLA GUERRA

Il suo nome non compare tra quelli dei caduti in guerra eppure è una vittima della guerra, senza dubbio.

In occasione dell'ottantesimo anniversario della sua morte, al sedicenne Aurelio Torsiello abbiamo dedicato un post che ha colpito l'attenzione di molti lettori e ha offerto ad alcuni l'occasione di condividere i ricordi che negli anni si sono depositati nel tesoro preziosissimo della memoria orale familiare. 

Dopo aver letto il post Aurelio, che fece una grande luce, il nipote Carmine Falcone ci ha fornito un preziosissimo contributo, fondato sui racconti di sua madre Maria, sorella di Aurelio.

Nel settembre del '43 anche la famiglia di mia madre si era rifugiata in montagna, come tutti i valvesi. Mio nonno Carmine aveva costruito una capanna di fortuna per rifugiarsi con la numerosa famiglia (in totale i figli saranno otto). Aurelio era uno dei più grandi e il giorno faceva la spola tra la montagna e la campagna, a valle, dove avevano lasciato gli animali; tornava a casa per badare agli animali e per prendere provviste da portare in montagna. 

Il 25 settembre 1943 stava facendo la solita strada, seguendo il percorso che sembrava più sicuro perché meno esposto.

Mentre era in località "Piano Senerchia", ai bordi della strada vide una cintura luccicante e la prese: era una mina tedesca che gli fu fatale.

Mina tedesca della Seconda guerra mondiale; fonte

Il padre, mio nonno Carmine, preoccupatosi perché non lo vedeva tornare, scese dalla montagna per andargli incontro; arrivato a una cinquantina di metri dal luogo dell'esplosione riconobbe una scarpa di Aurelio e capì cosa era successo.

La famiglia Torsiello avrebbe avuto un'altra disgrazia, di lì a poco: la morte di parto della madre Elvira, mentre dava alla luce Ottavio, nel marzo del 1945; aveva trentasette anni.

Da quel giorno mia madre -continua il signor Carmine- ha fatto da mamma ai fratelli più piccoli

Giorni terribili, quelli del settembre 1943 per Valva. Proprio nella località in cui viveva la famiglia Torsiello, in contrada Lappito,  venne abbattuto un aereo alleato.

Contrada Lappito, il luogo dove cadde l'aereo alleato; fonte

Bossoli di proiettili; fonte

L'associazione Salerno 1943 negli anni scorsi ha condotto alcune ricerche in contrada Lappito, di cui ha dato notizia il blog Gozlinus in tre post (5 e 18 settembre 2016, 26 settembre 2021); sono stati recuperati diversi pezzi dell'aereo. Ne parleremo in un post dedicato al settembre 1943 a Valva. 


Un cordiale ringraziamento al signor Carmine Falcone, che ha consentito di ricostruire le circostanze della tragica morte del giovane Aurelio. Grazie anche a coloro che hanno contribuito al racconto della vicenda, fornendo alcune informazioni.

G.V.

24 settembre 2023

AURELIO, CHE FECE UNA GRANDE LUCE

Non so se Aurelio Torsiello sia in questa foto: 

1933, davanti a Palazzo Gaudiosi un gruppo di studenti di Valva
con la divisa del corpo di appartenenza; fonte

Spero di sì, perché non credo ce ne siano altre di lui.

Al cimitero trovo una lapide con due foto, del papà e di una zia. Di lui, solo una sintetica informazione sulla tragica scomparsa:

Aurelio è figlio di Carmine Torsiello (classe 1893), a sua volta figlio di Giovanni e di Maria Gugliocciello (o forse Gugliucciello). Carmine aveva un fratello di nome Donato (1896); la sorella Maria Michela è sepolta insieme a lui e ad Aurelio.

Settembre di guerra

Nel settembre 1943 a Valva cadono alcune bombe. 

Lo sbarco a Salerno ha ormai portato la guerra in Campania, anche nell'entroterra.

Aurelio era al lavoro in un campo quando è accaduto l'incidente.

Gli anziani ricordano i soldati tedeschi morti in località Arenale; la signora Carmela Torsiello ci ha raccontato di essere andata a  vedere il cadavere di un soldato tedesco in contrada Serre.

La popolazione si rifugia nelle grotte in montagna, da dove sente il rumore della guerra e vede il fuoco. Mi ha colpito il dettaglio dell'uomo che per non spaventare la piccola Marietta Marciello le dice che la colpa delle fiamme è di un pastore distratto che non ha spento il fuoco.

Non so ancora nulla di Aurelio Torsiello oltre quello che leggo sulla sua lapide; non so se conosceva i miei nonni, ma penso di sì, non so dove si rifugiava con la sua famiglia in quelle settimane di paura.

Potrebbe anche essere in questa altra foto, insieme a giovanissimi compaesani nel monumento ai caduti in guerra:

fonte

Il 25 settembre 1943 era un sabato. Leggo che quel giorno si festeggia santa Aurelia; non so se il ragazzo lo sapesse -dalle nostre parti l'onomastico è importante, ma non tutti ne conoscono la data se il nome non è molto diffuso- e in fondo spero di no: nessun giorno è adatto per morire a sedici anni, ma farlo in un giorno in cui si potrebbe festeggiare aumenta la beffa atroce del destino.

La signora Marietta ricorda la tragica morte di Aurelio e ci ha raccontato altri due episodi relativi a ordigni bellici. Lei stessa è stata protagonista di un ritrovamento, per fortuna senza conseguenze; in un altro incidente un valvese ha purtroppo perso alcune dita.

Non conosco il nome del bambino di dieci anni della provincia di Pordenone che in questi giorni è deceduto in seguito all'esplosione di un ordigno bellico portato nel garage di casa da qualche adulto. 

Ho pensato ad Aurelio quando ho letto questa notizia di cronaca di ottanta anni dopo e mi è sembrato giusto ricordarli insieme.

Approfondimenti

I post relativi ai ricordi delle zie Carmela e Marietta sono i seguenti:

👉Quando la montagna è rifugio: i ricordi di zia Carmela

👉La divisa del sabato e gli ordigni bellici: la guerra della piccola Marietta

👉"Tu sai la storia e io i fatti": la guerra vissuta a Valva nei ricordi di una testimone 

G.V.

21 settembre 2023

RAFFAELE, CADUTO NEL GIORNO DELLA VITTORIA

Morire nel giorno della vittoria.

Il 4 novembre 1918 a Valva suonano le campane a distesa, per celebrare la fine di una guerra che si è portata via circa quaranta giovani.

Uno di questi cade in combattimento proprio nel giorno di festa; è festa in Italia, ma il cannone risuona ancora sui campi di Francia.

Raffaele Spiotta nasce a Valva il 29 ottobre 1890, da Michele e Nicolina Cozza. Due anni dopo nasce suo fratello Umberto.

Raffaele ha il nome della nonna materna; suo padre Michele è nato il 24 marzo 1861: una settimana dopo la proclamazione del Regno d'Italia. Il fratello di Raffaele ha il nome del Re d'Italia Umberto I (che regna dal 1878 al 1900), ma nei documenti americani sarà chiamato quasi sempre Albert.

I due fratelli emigrano negli Stati Uniti e si stabiliscono a Torrington, nel Connectictut.

Raffaele si arruola il 27 maggio 1918, nella 1 Company 153 Dep Brig fino al 22 giugno, poi nella Company B, 315 Infantry (Fanteria).

Dopo l'addestramento a Camp Meade, si imbarca dal porto di Hoboken (New Jork)  il 9 luglio 1918, diretto in Francia.

La compagnia B a Camp Meade, in:
The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 166)

Ecco come un suo commilitone racconta quei giorni:

Verso il 25 giugno ricevemmo la notizia che saremmo partiti per l'oltreoceano a breve, quindi da quel momento in poi fu un gran trambusto per preparare le attrezzature e fare tutte le ultime preparazioni. Salimmo a bordo del treno il pomeriggio del 7 luglio, diretto a Hoboken, e la mattina successiva ci trovavamo a Jersey City. Lì ci stiparono su traghetti e ci portarono a Hoboken, dove salimmo a bordo dell'USS America. Nel pomeriggio del 9 luglio uscimmo lentamente dal porto e, al ritmo di "Addio Broadway, Ciao Francia" suonato dalla banda, salutammo gli Stati Uniti d'America. Durante il viaggio, tutti noi, istintivamente, tenevamo gli occhi fissi sull'acqua, cercando i tanto temuti sommergibili, ma finalmente il 18 luglio arrivammo senza incidenti nel bellissimo porto di Brest. Sbarcammo quella sera e ci dissero che avremmo dovuto andare in un campo di riposo per qualche giorno. Dopo una lunga marcia arrivammo al nostro campo di riposo dopo il tramonto. (Chi ha detto "campo di riposo"?).

Questi i suoi ricordi sui primi giorni in Francia:

Il 21 luglio lasciammo Brest e, dopo un viaggio di tre giorni attraverso la Francia nella famosa "side-door Pullman" - sai, "40 Hommes-8 Chevaux" - arrivammo a Vaux, Haute Marne. Da lì, facemmo una marcia fino al villaggio di Courcelles, a sei chilometri di distanza, dove venimmo "alloggiati", all'epoca un'esperienza nuova per noi, ma ora ben compresa. Oh! Come avremmo potuto mai lamentarci delle condizioni a Camp Meade? Erano il Paradiso rispetto alle stalle in Francia. Ma quello era allora, in seguito sarebbe arrivato il momento in cui qualsiasi tipo di riparo sarebbe stato il benvenuto.  
in: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 166) 

Una cucina da campo della Compagnia B in: 
The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 169)

In Francia Raffaele combatte a Montfaucon, Meuse Valley, Verdun; risulta "killed in action" il  4 novembre 1918, una settimana esatta prima della fine del conflitto.

Ecco un sintetico racconto di quella giornata, che troviamo nella The official history of the 315th. Infantry USA (dalla quale abbiamo tratto anche i brani precedenti):

La mattina del 4 novembre, dopo aver inviato piccole pattuglie di ricognizione, la Seconda Sezione, coprendo il lato sinistro del nostro settore e il lato destro del 316° Fanteria, ha iniziato ad avanzare ma è stata fermata da un così pesante fuoco di mitragliatrice nemico che ha subito ventitré feriti avanzando di circa 75 metri.                                                    in: The official history of the 315th. Infantry USA (pag. 169)

Morire mentre in Italia si festeggia la fine della guerra, morire mentre la propria compagnia avanza di 75 metri: anche se la guerra sta finendo anche nel resto d'Europa, ha ancora i caratteri della guerra di logoramento che in Francia ha avuto fin dall'estate del 1914.

La Company B in Lorena, in: 
The official history of the 315th. Infantry USA
 (pag. 174)

La notizia della morte di Raffaele è comunicata a suo fratello "Albert", che vive a Torrington allo stesso indirizzo (58 Colt Avenue).

Nelle scheda di registrazione compilata all'atto dell'arruolamento, Raffaele scriveva di aver manifestato l'intenzione di ottenere la cittadinanza americana:

fonte

Raffaele riposa nell'Old Saint Francis Cemetery di Torrington. 

Ecco la lapide che la città ha dedicato ai suoi uomini morti "per la causa della giustizia e dell'umanità", nella quale compare il suo nome:

Il nome di Raffaele Spiotta è evidenziato in bianco; fonte

"Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici", è la frase evangelica in basso.

Un'altra lapide ricorda i servigi degli eroici volontari e gli uomini e le donne di Torrington che si sono sacrificati in guerra, senza fini egoistici, affinché i principi della giustizia si affermassero in tutto il mondo. Gli uomini di Torrington, ricorda l'epigrafe, combatterono sui campi di battaglia d'Europa, inclusi i seguenti: Settore difensivo, Champagne, Aisne, Marne, Meuse, St. Mihiel, Argonne. Ecco la conclusione"Per una giusta causa hanno guadagnato gloria immortale e hanno servito nobilmente la loro nazione servendo l'umanità".

Torneremo sulla storia di Raffaele, perché il suo nome sarà dato a un nipote valvese, che troverà la morte durante la Seconda guerra mondiale, in Russia: Raffaele Cuozzo. In particolare, cercheremo di raccontare la vicenda dal punto di osservazione della signora Nicolina Cozza, madre del soldato morto in Francia con l'esercito statunitense e nonna di quello morto in Russia con la divisa italiana. Forse un esempio di globalizzazione ante litteram; più semplicemente, un dolore che si rinnova nel cuore di una donna.

The documents were consulted on www.ancestry.com

Post scriptum

La traduzione dei brani tratti dalla The official history of the 315th. Infantry USA  è opera di un assistente Ai di OpenAI, quella dell'epigrafe -di cui è stata riportata una parafrasi- è stata fatta da Filippo Vuocolo.

Alla vicenda del soldato Raffaele Cuozzo, il nostro blog ha dedicato i seguenti post:


G.V.

19 settembre 2023

LA STORIA DIETRO UNA LETTERA

La storia di questo nome inizia nel Settecento, ovviamente a quanto riusciamo a ricostruire dagli archivi.

Nel 1775 a Valva nasce Michele Torsiello, che avrà diversi figli: ci interessano in particolare due maschi, Francesco e Donato.

Francesco (1813) sposa Domenica Vuocolo nel 1845, l'anno dopo nasce Carmine Maria, che sarà il padre del soldato Francesco, morto in Francia combattendo con l'esercito americano.

Donato (1822) sposa Marianna Falcone nel 1858; i due avranno tre figli maschi: Carmine C. (non è chiaro il nome completo), Giuseppe Maria e Michele.

Michele nasce nel 1871. Fin da bambino è un pastore; suo nipote Peter ricorda che il nonno raccontava che quando aveva sette anni lui e suo fratello Carmine custodivano il gregge per proteggere le pecore dai lupi. "Era molto orgoglioso del fatto che i pastori avevano il permesso di marciare per primi alla messa di mezzanotte a Natale", aggiunge Peter. Una scena bellissima, che ha accompagnato la memoria dell'uomo per tutta la vita e che colpisce ancora oggi, a quasi centocinquanta anni di distanza, nella sua semplice solennità bucolica.

Michele parte per gli Stati Uniti nel 1890 e si stabilisce a BataviaIn alcuni documenti del 1892 e 1893 risulta di professione shoemaker, calzolaio; suo nipote Peter -esperto della storia di famiglia- non ricorda di aver sentito il nonno raccontare di essere stato un calzolaio; ci dice che in questo periodo iniziale il nonno lavorava nelle ferrovie. 

Michele rientra a Valva per sposare Pasqualina Falcone, di dieci anni più giovane. 

Il matrimonio viene celebrato il 31 gennaio 1904, una domenica. 

Un calendario di quell'anno ammoniva, al giorno 31 gennaio: "Non agitare le acque". I due sposi però le acque le hanno attraversate: quelle dell'Oceano Atlantico. 

Arrivano negli Stati Uniti il 13 aprile 1904 a bordo della nave Sicilian Prince.

Nel censimento del 1915 la coppia ha tre figli. Michele ora risulta di professione droghiere; in realtà, è più probabile che questo sia l'occupazione di Pasqualina, perché Peter ci dice che il nonno lavorava nella fabbrica di Colgate.

Nello stesso censimento Michele dichiara di saper parlare inglese ma di non saper leggere e scrivere; verosimilmente questa informazione si riferisce alla lingua inglese, perché Michele scrive bene in italiano: grafia chiara, pochi errori ortografici dovuti più che altro all'influenza del dialetto; lo dimostra nella commovente lettera che invia a Valva a suo cugino Carmine, nel 1919, per annunciargli la morte in guerra del figlio Francesco.

Ecco la prima facciata della lettera, che abbiamo pubblicato -con trascrizione- nel post Caro cugino, tuo figlio è morto per la liberazione del mondo:

Dalla lettera capiamo che la famiglia di è stabilita a Jersey City.

Negli anni successivi Michele e Pasqualina avranno altri tre figli.

Il più giovane, Joseph Petersi arruola nel 1942; di professione cassiere in un supermercato, in un documento risulta "Branch Immaterial-Warrant Officers": un'espressione che indica che l'esercito americano non sta assegnando la recluta a uno specifico reparto. 

Ci fornisce più notizie il nipote Peter: durante la Seconda Guerra Mondiale "Joe" è stato sergente cuoco assegnato a un'unità medica nel Pacifico; è stato coinvolto nell'invasione delle Filippine. Dopo la guerra è diventato responsabile di diversi negozi della catena A&P. 

Da un suo necrologio, nel 2005, ricaviamo che i due figli hanno il nome dei nonni: Pasqualina e Michael; Peter aggiunge che anche altri cugini si chiamavano così: due nomi valvesi che hanno attraversato anche il Novecento anche negli Stati Uniti.

Gli altri due figli maschi di Michael, Antony Charles (1905) e Charles Antony (1909), hanno praticamente gli stessi nomi, invertiti; i due fratelli si registreranno nelle U.S. World War II Draft Cards Young Men (schede delle liste di leva della Seconda guerra mondiale relative a uomini giovani) nello stesso giorno dell'ottobre 1940. Non conosciamo altre notizie sulla loro carriera militare. 

Pasqualina muore nel 1949, Michele nel 1957 a Newark.

Il cugino valvese Carmine avrà un altro figlio oltre al soldato caduto: Angelo, padre di zia Carmela protagonista della nostra intervista nel post Quando la montagna è rifugio: i ricordi di zia Carmela.

Un sentito ringraziamento al signor Peter Porcaro per la gentile collaborazione e per la foto dei suoi nonni materni.


Approfondimento

La storia di Francesco Torsiello è raccontata nel post Francesco e Carmine, morti in Francia con la divisa americana 

                                                                                                                        G.V.

18 settembre 2023

"CARO CUGINO, TUO FIGLIO E' MORTO IN FRANCIA PER LA LIBERAZIONE DEL MONDO"

Un soldato italiano emigrato negli Stati Uniti muore in Francia durante la Prima guerra mondiale. Un cugino di suo padre da Jersey City scrive alla famiglia del soldato, a Valva, per dare la triste notizia.

Il soldato si chiama Francesco Torsiello, suo padre Carmine, il cugino che vive in America Michele.


M. Torsiello N-59 Greene st
Jersey City  N.J.

Jersey City  N.J.
15 Gennaio 1919

Caro cugino Carmine
con le lagrime nei miei occhi vi voglio dare una trista notizia, che anche a me mi sembra come una spada che mi ha punto il cuore, quando io ho ricevuto
la notizia della morte del tuo figlio Francesco che il giorno 3 Dicembre ho trovato il suo nome nella lista dei soldati Americani morti in Francia in tempo di battaglia, l'ho saputo fra i giornali. Allora io subito scrissi una lettera al ministro della guerra americana, e allora con il loro tempo mi hanno risposto pochi giorni fa 

e mi ha assicurato che il giorno 13 Ottobre mentre che si trovava in campo di battaglia al fronte Francese è morto per la liberazione del  mondo.
Il giorno 23 Settembre
mi scrisse l'ultima sua lettera dicendo che si trovava in perfetta salute e dicendo che lui non aveva tempo di scrivermi che non stavano mai fermi ad un posto, dicendo che lui per arrivare [al]le frontiere fecero di cammino sopra un'automobile 180 miglia e fecero 8 migliaia a piedi di cammino, e questa fu l'ultima lettera ed io gli feci la risposta ma non ne ho avute più.
Poi caro cugino,
abbi coraggio e non lasciarti sopraffare dal dolore come dobbiamo rassegnarci ai voleri di Iddio, che

lui così ha voluto e noi non abbiamo che fare, io già ben so che ogni padre e madre ha un grande dispiacere nel perdere un giovane [di] figlio di quel modo, ma vi ritorno a replicare che ci vuole coraggio che non abbiamo che fare, non solo lui che ha fatto questa strada ma sono stati migliaia sopra migliaia morti per salvare il mondo.
Non mi prolungo io con il mio dolorato cuore insieme con la mia famiglia salutiamo a te con tua moglie e famiglia e sotto mi firmo tuo affezionatissimo cugino 
Michele Torsiello

Poi caro cugino
          Quando il tuo figlio partì per soldato mi lascio un po' di moneta che io ti ho già spedtito la somma di L. 175.
Poi lui è stato assicurato dal governo e se io ho qualche cosa subito te la spedisco.
Poi nella risposta di questa lettera vi prego di farmi sapere se il tuo figlio ti aveva scritto qualche lettera o no.
Non altro di nuovo ti saluto e sono tuo cugino
Michele Torsiello
Pronta Risposta 


In una lettera caratterizzata da affetto, sollecitudine verso una famiglia così duramente provata e da una certa sobrietà nell'esternare i propri sentimenti, troviamo un elemento figlio della retorica patriottica del tempo: la visione -ripetuta due volte- della guerra come "liberazione del mondo".
Forse lo zio Michele, che sta per diventare cittadino americano, è influenzato dalle parole che il Presidente degli Stati Uniti rivolge in questi mesi alle famiglie dei caduti in guerra:
Egli ha combattuto con coraggio sul fronte, sacrificando tutto per la causa di una nazione libera e di un mondo migliore.


Abbiamo già raccontato la storia di Francesco Torsiello, soldato valvese morto in Francia combattendo con la divisa dell'esercito statunitense: si veda il post Francesco e Carmine, due valvesi morti in Francia con la divisa americanaFrancesco e Carmine, morti in Francia con la divisa americana.
Questa lettera conferma la data di morte: il 13 ottobre 1918.
Francesco risulta infatti "killed in action" (morto in combattimento) a Romagne-sous-Montfaucon.
Al suo arrivo negli Stati Uniti Francesco aveva dichiarato di recarsi  dallo zio Michele. Non poteva immaginare che il nome di suo zio avrebbe siglato la lettera con l'annuncio della sua morte in guerra, con una divisa diversa da quella dei suoi coetanei valvesi. 

G.V.





15 settembre 2023

IL SOLDATO GENTILE

"My grandpa Strollo was a kind man! He always talked about Valva and his family there", mi dice la nipote dagli Stati Uniti.

Il nonno si chiamava Alfonso Strollo e lei lo ricorda come un uomo gentile che parlava sempre di Valva e della sua famiglia rimasta in Italia.

Alfonso è uno degli emigrati italiani che combattono la Grande guerra con l'esercito americano. Nella guerra essi vedono la possibilità di un'integrazione più rapida nel nuovo Paese che li ha accolti.

Panorama di Valva negli Anni Dieci del Novecento; fonte: Gozlinus

Alfonso è partito da Valva senza vedere i lavori di ristrutturazione del Castello d'Ayala. In questa foto, tratta da una cartolina, la cosiddetta Torre normanna sul fianco della facciata principale non è ancora visibile.

Suo figlio Michael Joseph, nato negli Stati Uniti e dunque cittadino statunitense, morirà in Tunisia nel dicembre 1942, durante la Seconda guerra mondiale.

Uno Strollo valvese che combatte in Europa con la divisa americana nella Grande guerra, suo figlio tra i caduti americani in Africa, nella prima -difficile- fase della guerra contro le potenze dell'Asse; in Africa, dove molti italiani -anche valvesi- combattevano sul fronte opposto e venivano fatti prigionieri in quei mesi. La storia sa essere crudele.

L'operaio ferroviario

Alfonso nasce a Valva il 2 febbraio 1894, da Michele Strollo [1860-?] e Maria Caprio [1873-1953].

Appena diciottenne, giunge negli Stati Uniti a bordo del Principe di Piemonte l'8 giugno 1912; dichiara di recarsi dallo zio Antonio.

Ecco come si presentava Valva quando Alfonso l'ha lasciata: 

Cartolina di Valva del 1914; fonte: Gozlinus

Il 1 luglio 1917 sposa Antonietta Feniello (grafia incerta: nell'atto di matrimonio leggiamo Antonetta Fenillo, sulla lapide Antoinette), nata a Retsof (New York) nel maggio 1900.

Alfonso dichiara di essere un railood laborer (operaio ferroviario), la moglie una box maker (fabbricante di scatole).  

I genitori di Antonietta sono i valvesi Raffaele Feniello [1868-1956] e Anna Marcello [1867-1933]; si sono sposati a Valva nel 1892 e sono emigrati nel 1899; al censimento del 1900 la donna dichiara di avere due figli in vita e uno deceduto; negli anni successivi avrà altre figlie, tutte sposate con valvesi o figli di valvesi: Maria, Antonietta (di pochi mesi più giovane), Jennie e  Genevieve (Giacomina). 
Prossimamente ci occuperemo dei mariti di Jennie Mary e di Genevieve. Antonio Feniello (marito di Jenny Mary), nato a Valva nel 1887, meccanico, ha combattuto la Prima guerra mondiale nell'esercito americano; Robert Charles Feniello (marito di Genevieve), nato negli USA nel 1908, ha combattuto la Seconda guerra mondiale.

Alfonso in guerra

La guerra di Alfonso dura poco: dal 22 novembre 1917 al 22 gennaio 1918; è stato sicuramente ferito, ma i documenti non sono esaustivi in proposito.

Appartiene al 307° Reggimento di Fanteria.

Il reggimento viene costituito nell'agosto 1917. Nel maggio 1918 viene assegnato alla 42.ma Divisione britannica in Francia per l'addestramento al combattimento. Successivamente, partecipa alle campagne di Oise-Aisne, Meuse-Argonne, Champagne e Lorena. Viene congedato nel maggio 1919. fonte

Nell'aprile 1918 nasce a New York il figlio Michael Joseph Strollo, che morirà in Tunisia durante il secondo conflitto mondiale. Prossimamente racconteremo anche la sua storia.

Negli anni seguenti nascono gli altri figli: Mary, Ralph e Alfonso Jr.

Quando Alfonso muore, nell'agosto 1977, la richiesta di una lapide per i veterani -presentata dalla famiglia- viene accolta. Alfonso riposa nel St. Joseph Cemetery a Batavia.

La tomba di famiglia ha un'immagine di San Michele (il nome è scritto in italiano), patrono di Valva e nome del padre e del figlio di Alfonso:

fonte

Ecco un'immagine della Grotta di San Michele a Valva:

Foto di Valentino Cuozzo

La lingua, l'eredità, le radici

La famiglia Strollo, mi dice la signora Anita, ha sempre mantenuto un bel rapporto con l'Italia e con Valva; lei, ad esempio, ha imparato il dialetto valvese da suo padre Alfonso Jr.

"We are so proud of our heritage", mi dice. Siamo orgogliosi della nostra eredità, mi verrebbe da tradurre. 

Un assistente AI di OpenAI mi informa che heritage può indicare il patrimonio culturale, l'insieme di tradizioni, valori, usanze e conoscenze tramandate da una generazione all'altra; può includere l'eredità culturale, storica e familiare di una persona. 

Mi viene da tradurre: la ràdica, perché le radici sono importanti.  Sono certo che Anita sarà d'accordo con me, ma questo non mi va di spiegarlo all'intelligenza artificiale.


Un grande ringraziamento alla signora Anita Strollo, anche per l'amore che dimostra per il paese delle sue radici.

G.V.

13 settembre 2023

QUANDO I RACCONTI DI ZIO SABINO ENTRAVANO IN CLASSE

Le vicende di Sabino Spiotta mi accompagnano dai banchi delle elementari, quando un suo omonimo nipote era decisamente il più preparato di tutti noi sulla Seconda guerra mondiale e lo citava -a ragione- come una fonte autorevole. 

All'epoca non davo ai racconti degli anziani il peso che darei loro oggi, se fossero ancora qui.

Oggi farei più attenzione, ne sono certo; prenderei appunti, farei domande anche su come corteggiavano le ragazze o sull'origine del loro soprannome (zio Sabino era orgoglioso del suo, mi dice un nipote); farei domande non solo sugli avvenimenti della loro vita ma su come li hanno vissuti.

Ad esempio, se ora ne avessi la possibilità chiederei a zio Sabino di dirmi cosa ha provato il 12 settembre 1943, quando è stato catturato a Giannina, in Grecia, per essere internato il 4 ottobre nel campo di concentramento di Hannover, l'XI B nella fredda nomenclatura tedesca.

Gli chiederei con quale stato d'animo lavorava nella miniera Emilia Schach, a estrarre ferro fino al giorno della liberazione, avvenuta ad opera degli Americani il 10 aprile 1945.

In un documento degli Archivi Arolsen il suo nome,  scritto male, risulta in un elenco di internati che lavorano in un'azienda in Bassa Sassonia, insieme a  prigionieri polacchi, ucraini, olandesi.

La guerra

Alla guerra, Sabino Spiotta aveva preso parte subito, fin dall'11 giugno 1940, quando risulta in territorio dichiarato stato di guerra.  

E' nel 41.mo Reggimento Fanteria, con sede a Imperia; è impegnato nelle operazioni di guerra alla frontiera alpina occidentale con la Francia fino al 25 giugno.

Successivamente si imbarca a Bari per l'Albania, sbarcando a Valona. Dal 19 novembre 1940 al 23 aprile 1941 è impegnato nelle operazioni di guerra svoltesi alla frontiera greco-albanese.

Nel 1941 il 41.mo Reggimento combatte in Albania e Grecia; ad esempio, sul Golico (Albania), in Valle Desnizza (da dove inizia l'offensiva italiana contro la Grecia) e nella Val Vojussa, fiume reso celebre dalla canzone Sul ponte di Perati, che lo cita in questi versi:  

Sui monti della Grecia 
c'è la Vojussa,  
del sangue della Julia
s'è fatta rossa.

Nel 1942 il 41.mo Reggimento rimane in Albania e Grecia con compiti di presidio. In seguito  all'8 settembre 1943 viene sciolto in Epiro. fonte 

Dal 18 novembre 1942 all'8 settembre 1943, Sabino Spiotta è impegnato nelle operazioni di guerra in Balcania, nei territori greco-albanesi.

Dopo la notizia della cattura, il suo foglio matricolare reca  tre informazioni molto interessanti, che spesso mancano negli altri. 

Innanzitutto, troviamo il nome del campo di concentramento.

Inoltre, troviamo una testimonianza della cosiddetta "civilizzazione degli IMI": alla data del 15 settembre 1944 leggiamo che diventa un "privato al servizio al lavoro". Dal punto di vista giuridico, gli IMI sono trasformati in lavoratori civili, ma per loro il cambiamento di status non ebbe effetti concreti.

Il cambiamento venne annunciato alla fine di luglio e il 3 agosto l’OKW [Comando supremo della Wehrmacht] diramò ai propri comandi l’ordine del mutamento di status: gli internati avrebbero dovuto firmare un foglio e dichiarare di essere disposti a lavorare come civili nel Reich fino alla fine delle ostilità. Contrariamente alle attese tedesche gran parte dei soldati e sottoufficiali rifiutarono di sottoscrivere un impegno formale. I motivi erano molteplici: gli Imi temevano di poter essere accusati al ritorno di collaborazionismo, o di perdere in Italia i propri diritti economici; un ruolo importante giocava anche la paura per i propri congiunti, specie se residenti nell’Italia meridionale. Inoltre il trattamento che il Reich aveva loro riservato spingeva gli internati a diffidare delle proposte tedesche e repubblicane. Le difficoltà incontrate nell’attuazione del provvedimento furono tali che il 4 settembre ’44 l’OKW rese operativa d’ufficio la civilizzazione degli Imi abolendo la clausola della firma. 
 Sabrina Frontera, I militari italiani negli Oflag e negli Stalag del Terzo Reich 

Infine, il foglio matricolare riporta l'interrogatorio dell'ex prigioniero: rientrato in patria il 4 agosto, cinque giorno dopo viene interrogato presso il distretto militare di Salerno e viene mandato in licenza straordinaria.

A Sabino Spiotta è stata concessa la Croce al Merito di Guerra: prima e seconda concessione per la partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940-1943, terza concessione per internamento in Germania.

Un doveroso ringraziamento al nipote Gerardo Spiotta per la preziosissima collaborazione.

G.V.

BUON COMPLEANNO, PINUCCIO


Coccinella bagnata, simbolo portafortuna. Foto di Valentino Cuozzo


                Buon compleanno, Pinuccio!

La redazione del blog la ràdica  formula i migliori auguri a un collaboratore preziosissimo di questo progetto.
Purtroppo non ci è possibile pubblicare il suo atto di nascita, perché non volevamo rivolgerci alla concorrenza... 😁
Come direbbero i nostri anziani, n'ati cient.

12 settembre 2023

SCRIVERE PER SENTIRSI ANCORA UOMO

Appuntamento con la memoria e sguardo verso il futuro al castello di Valva.


Castello di Villa d'Ayala-Valva, a Valva (foto di Valentino Cuozzo)

Nella suggestiva cornice di Villa d’Ayala-Valva si è tenuta la serata dal titolo La memoria e il futuro, che ha visto consegnare ai diciottenni e ai vincitori delle borse di studio comunali il libro Frammenti di storia (ed. Palladio), diario scritto dal valvese Giovanni Milanese durante la sua prigionia nei Lager nazisti dal 1943 al 1945.

Insieme al sindaco Giuseppe Vuocolo, a consegnare il libro è stato Guido Milanese, cittadino onorario di Valva e figlio dell'autore.

La serata è stata animata dai giovani, che hanno letto brani significativi del diario anche con un accompagnamento musicale.

L’onorevole Guido Milanese ha presentato il diario del padre e ne ha illustrato la figura, anche con aneddoti familiari.

Sono intervenuti anche: Enzo Todaro, presidente dell’Associazione Giornalisti Salernitani, che si è concentrato su alcuni aspetti della scrittura di Milanese; Pino Acocella, rettore dell’Università Giustino Fortunato, che ha inquadrato la vicenda di Milanese nel contesto drammatico del periodo dopo l’8 settembre, con la cosiddetta “morte della patria”; Antonio Landi,  presidente nazionale dell'Associazione combattenti e reduci e la presidente della sezione di Valva, Fiorenza Volturo, figlia di un soldato internato a Dachau.

Il pubblico in sala; per la foto, si ringrazia Luca Forlenza

Foto tratta dalla pagina Facebook del Comune di Valva

Il titolo della serata voleva sottolineare che la memoria è affidata ai giovani cittadini, che anche grazie ai sacrifici delle generazioni precedenti hanno ricevuto in eredità una società di diritti e democrazia: un tesoro prezioso da custodire e accrescere, ha scritto il sindaco nella lettera di invito.

Alla cerimonia erano presenti anche il Prefetto di Salerno e il Comandante provinciale dei Carabinieri.

Ecco un estratto dell'intervista realizzata dal giovane Filippo Vuocolo al nostro blog:

Prima dell’incontro, il sindaco e le autorità e gli ospiti presenti hanno deposto una corona di fiori al Monumento ai Caduti, per ricordare in particolare il sacrificio della Divisione Acqui, nell’ottantesimo anniversario dell’eccidio di Cefalonia e Corfù, dove due valvesi sono stati dichiarati dispersi in combattimento e un terzo è stato fatto prigioniero dai tedeschi.

G.V.

Approfondimento

Al diario di Giovanni Milanese il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:


Sulla Divisione Acqui si vedano i post: