Nella terza tappa della nostra ricostruzione del settembre 1943 a Valva, ci occupiamo della guerra vista con gli occhi dei bambini.
Dunque, la prima foto di questo post è una foto di speranza: l'arcobaleno che abbraccia i monti di Valva, dove in quel mese drammatico i cittadini trovarono rifugio: quasi un simbolo di speranza di un futuro di pace.
Quando a Valva arrivarono gli eroi biondi
Nel 1940 viene incisa la canzone Camerata Richard, che celebra l'Asse Roma-Berlino con versi come questi:
Camerati d'una guerra
camerati d'una sorte,
chi divide pane e morte,
non si scioglie sulla Terra!
Il piccolo Michele -figlio della maestra del paese- ascolta e canta questa canzone, nella sua divisa da balilla.
Quando arrivano i tedeschi, per i piccoli all'inizio è forse come un sogno che si realizza:
Fu così che a Valva, per la prima volta, vedemmo, finalmente, questi mitici eroi. Effettivamente erano belli ed efficienti, con i loro mezzi potenti, le loro automobili scoperte e le pagnotte di segala scurissima, veri e propri "mattoni" che loro sistemavano a mo' di muri a secco.
I tedeschi si accampano in alcune zone di Valva: contrada Ortaglio, proprio alla fine dell'abitato, e a Pantanito, un po' più in là.
Michele e i suoi coetanei fanno amicizia con un ragazzo biondissimo di diciotto anni, Martino, addetto a riempire d'acqua i recipienti fissati su un camion. E' Martino a dire ai balilla e agli avanguardisti valvesi che Badoglio "ha tradito" e che non sono più camerati.
La giovane temeraria
Angela ha tredici anni e vive vicino all'accampamento dei tedeschi, che proprio in un terreno della sua famiglia hanno installato tende e cucine da campo.
E' una ragazza coraggiosa: in queste settimane per lei indimenticabili compie un'azione che farà spaventare molto sua sorella e un'altra di cui sarà orgogliosa per tutta la vita.
Un giorno Angela è sull'uscio di casa, passa un tedesco e le dice: "Tu italiana traditrice!". Forse per difendere l'orgoglio patrio o magari solo per temerarietà legata alla giovane età, Angela risponde con uno sputo in segno di disprezzo e chiude il portone sbattendolo.
Quella sera, mentre la casa è completamente al buio per paura degli avvistamenti -con la carta blu della pasta a coprire i vetri del portone di ingresso- Angela è sola in casa con la sorella Maria. Vengono attratte da un'ombra lunga come una canna di fucile che spunta dalla finestra della cucina che dà sul corso.
Maria trae subito una conclusione drammatica: tu hai sputato al tedesco e ora vuole spararci! Le due sorelle scappano al piano superiore e vanno a spiare dalla finestra: non c'era un fucile, ma una signora seduta sul sedile in pietra accanto alla loro abitazione e accanto ha un cesto con una pompa per le viti; il fucile è in realtà il becco della pompa.
L'episodio che renderà orgogliosa Angela avviene invece in montagna, dove la sua famiglia si rifugia più tardi.
Un giorno Angela assiste a una scena che la colpisce: un soldato (probabile disertore) lacero, ferito e affamato che cerca di cogliere un po' di uva in una vigna ma ne è scacciato in malo modo dai proprietari; la ragazza prende delle pietre e le lancia contro i contadini, per difendere il soldato affamato.
Forse in questo momento pensa a suo fratello Michele, soldato prigioniero in Africa; forse pensa che anche suo fratello è affamato e ha bisogno di un po' d'uva. Allora conduce il soldato nel rifugio di famiglia, dove sua madre gli offre quello che hanno: del cibo e una coperta.
Giovanni e il rifugio per l'asino
Intanto Giovanni, rifugiato nella stessa zona di Angela, si ingegna con pazienza per costruire un ricovero all'asino; lo fa con la paglia sostenuta da paletti di legno e rami, ma l'asino muove e la coda e ogni volta il castello di paglia crolla.
La tenerezza del guerriero
Michele sta giocando davanti al portone di casa; i genitori si affacciano di tanto in tanto per controllarlo.
Ad un tratto, arriva una jeep con un militare graduato grande e grosso, con una vistosa ferita ad una gamba: a Michele il suo aspetto non appare molto rassicurante; il soldato lo vede, ordina all'autista di fermarsi e si dirige rapidamente verso il bambino, mentre i genitori assistono alla scena preoccupatissimi.
Michele ricorderà la scena a circa settant'anni di distanza, con un'emozione che traspare della belle parole utilizzate:
Il guerriero si chinò, mi fissò e mi sfiorò il volto con incredibile dolcezza; versava lacrime; si frugò nel giubbotto e trasse fuori dal portafoglio, mostrandomela, la foto di un ragazzino più o meno della mia età e che davvero mi somigliava; quasi s'inginocchiò e poi si diresse verso l'auto, dalla quale prese una grossa scatola rotonda di cioccolata (leccornia preziosa ed assolutamente introvabile a quei tempi), che mi offrì con una tenerezza commovente. Di scatto si precipitò sull'auto e partì velocissimo. Senza voltarsi indietro.
La carezza del camerata Kesserling
Quando l'amministratore del marchese d'Ayala, don Emilio Grassi, invita molte famiglie a ripararsi nelle grotte della Villa, la famiglia di Michele è tra queste.
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L'amministratore Emilio Grassi e un ufficiale, sul terrazzo del castello d'Ayala; fonte |
A Michele sembra di entrare in una strana comunità, con letti sistemati all'interno delle grotte, con poche masserizie, qualche vestito arrotolato alla meglio e scatole con preziosi, custodite gelosamente. |
Una scala chiusa a organetto su ruote, all'ingresso di una delle grotti della Villa; foto di Valentino Cuozzo |
Michele però è un bambino e per i bambini questa situazione particolare e insolita è motivo di festa.
Per noi bambini era una vera e propria vacanza festosa. Niente scuola, soltanto giochi gioiosi e rumorosi nella piazza antistante. Eravamo in parecchi [...] e facevamo a gare nell'individuare, sulla lontana strada a valle, qualche carro armato in fiamme, centrato dalla possente difesa tedesca.
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Piazzale Moncada, davanti alle grotte; foto di Valentino Cuozzo |
Ora il vero padrone di Villa d'Ayala è il comandante delle truppe tedesche nell'Italia meridionale, il feldmaresciallo Kesserling: Michele lo vede quasi ogni sera stringere la mano ai signori e baciare la mano alle signore con quella che -più tardi, quando avrà le parole per dirlo- a Michele sembrerà una "sofisticata galanteria".
Kesserling si fa aiutare da un interprete e parla con i valvesi, in particolare con i bambini:
Nutriva una sincera tenerezza per noi bambini, che attendevamo con ansia la visita di questo nostro amico. Quanti delicati buffetti sulle nostre guance!
Una sera i bambini restano delusi, e poi la sera successiva e l'altra ancora. Con rapidità ed efficienza, i tedeschi sono andati via, verso Lioni, verso Avellino, verso il Nord, verso la sconfitta.
Aurelio
Aurelio è un ragazzo di sedici anni e aiuta i genitori, scendendo dal rifugio in montagna verso la casa a valle, verso il fiume, dove va a badare agli animali e a prendere le provviste da portare in montagna per la numerosa famiglia.
I tedeschi sono partiti da un paio di giorni e ora bisogna capire come comportarsi con gli americani, è inevitabile un po' di reciproco sospetto ma forse vinceranno loro e in fondo non siamo più in guerra con loro.
Come andrà a finire la guerra, Aurelio non lo saprà mai.
Mentre sta tornando a casa, come fa ogni giorno, ai bordi della strada vede una cintura luccicante: ne è incuriosito, si avvicina, la prende, salta in aria per una mina tedesca.
Di lui non rimane neppure una foto, ma la sua triste storia si può ancora leggere nel linguaggio asciutto e severo della sua lapide, al cimitero.
Una foto di gruppo
Forse alcuni dei bambini e dei ragazzi citati in questa storia sono presenti in questa bella foto della metà degli anni Trenta, scattata in Villa d'Ayala con il podestà Antonio Masi e con don Antonio Cappetta, un sacerdote che è anche insegnante elementare:
Se non ci sono, non è importante: questo post è dedicato a tutti loro e ai loro coetanei valvesi, ai loro sogni giovanili, ai sacrifici della vita adulta e -se non sono più con noi- alla loro memoria.
Non avrei scritto questo post senza il racconto "Valva 1943" di Michele Gaudiosi, pubblicato da "Gozlinus" (dal quale ho tratto anche i brani riportati), senza il contributo di Mariana Grisi e di Carmine Falcone, senza le foto di Valentino Cuozzo e del preziosissimo archivio di "Gozlinus". Grazie a tutti loro.
***3, continua***
"All'ombra delle tue ali" è la ricostruzione del settembre 1943 vissuto dai valvesi; abbiamo già pubblicato le seguenti puntate:
Il racconto da cui è tratta la storia di Michele è stato pubblicato nel seguente post di Gozlinus:
👉Valva 1943