15 gennaio 2023

FARE LA GUARDIA ALLA DIGNITA' DI ITALIANO

Giovanni Milanese è un sottotenente dell'esercito italiano a Rodi, fatto prigioniero il 15 settembre 1943.

Nato a Valva nel 1917, laureato in ingegneria all'università di Napoli, ha lasciato un diario che è una preziosa testimonianza degli avvenimenti che ha vissuto prima a Rodi poi nella sua prigionia nei campi nazisti, in Polonia e Germania. 

La moglie e i figli di Giovanni Milanese, nel 1956; fonte

Un diario può essere scritto per diverse ragioni: lasciare una testimonianza, avere un promemoria per poter rileggere -in un domani che si spera libero e vicino- le vicende vissute, fissare un appuntamento quotidiano che costituisca un momento di distrazione e dia un po’ di serenità.

Un diario può essere scritto anche per il bisogno di sentirsi ancora un uomo, in un sistema che sembra organizzato per disumanizzare il prigioniero.

Lottar con la penna e col pensiero

La sensibilità di Giovanni Milanese lo spinge ad affidare alla carta di quadernetti improvvisati i suoi ricordi, i rimpianti, i sogni. Questi quadernetti diventano compagni fedeli nei lunghi mesi di prigionia.

Con versi profetici, suo padre Carlo gli aveva scritto "nel dì della sua nascita":

cosa avverrà di te? Soldato oscuro
combatterai sotto gli oscuri cieli?     [...]
Va!...bimbo, incontro al fato ed agli eventi
a lottar con la penna e col pensiero, 
ma per la via diritta e negli accenti
t'ispiri sempre a la giustizia al vero.

La prigionia ha messo a dura prova il fisico del soldato, ha scalfito il suo amor di patria (lo confessa candidamente), ma non ha cancellato minimamente l'affetto per la famiglia né la sua dignità di uomo e di soldato.

Giovanni Milanese; fonte

Scrivere è anche un modo di combattere, forse.

Gli IMI rappresentano un'altra Resistenza: la loro scelta di non imbracciare il fucile al fianco dei tedeschi viene pagata con la prigionia, con uno status che non li fa rientrare sotto la protezione della Convenzione di Ginevra.

Anche a Giovanni Milanese possono riferirsi queste significative parole di un celebre internato italiano, Giovanni Guareschi:

Io non mi considero prigioniero, io mi considero combattente...sono un combattente senz'armi, e senz'armi combatto. La battaglia è dura perché il pensiero dei miei lontani e indifesi, la fame, il freddo, la tubercolosi, la sporcizia, le pulci, i pidocchi, i disagi che non sono meno micidiali delle palle di schioppo...Io servo la patria facendo la guardia alla mia dignità di italiano.

Alla sua prigionia in Germania Giovanni Guareschi ha dedicato Diario clandestino 1943-1945; foto

Giovanni Milanese combatte a suo modo: ad esempio, rifiuta di andare a lavoro durante la prigionia. 

Ecco come racconta l'episodio, in alcune pagine del suo diario:

27-11-44
E' uno dei più brutti giorni di questa mia prigionia.
Mi hanno chiamato per mandarmi a lavoro, ma non mi sono presentato. Stiamo a vedere cosa succede.
29-11-44
Mi richiamano. Non ci vado di nuovo
.
1-1-45
Tutti mi consigliano di uscire al lavoro se voglio salvare la salute.  
Malgrado tutto voglio resistere ancora.
Voglio difendere fino all'ultimo il mio punto di vista.

Dalle pagine del diario di Giovanni Milanese emergono diverse caratteristiche dell'autore: una di queste è la mitezza. Sembra che anche l'odio sia un sentimento ovattato. Sono significative queste parole:

24-4-45
Si son datti tutti alle razzie, russi, francesi, italiani. Polli, farinacci, scatolame, tutto. Io odio per natura i tedeschi, ma questa situazione mi fa tanto male. [...]
Visto che l'unico a non mangiare bene sono io, anch'io ho preso qualcosa nei limiti della mia coscienza. 
Forse sottoscriverebbe anche queste parole, ancora di Guareschi: 
Per quello che mi riguarda, la storia è tutta qui. Una banalissima storia nella quale io ho avuto il peso di un guscio di nocciola nell’oceano in tempesta, e dalla quale io esco senza nastrini e senza medaglie ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi, sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso.

Anche attraverso la scrittura di un diario si può ritrovare se stessi, nella tempesta. 

 G.V.

Approfondimenti

Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉
L'unico amore del prigioniero Giovanni
Le foto della famiglia Milanese sono tratte da tre post di Gozlinus:
👉1943 Un giovane valvese in un campo di concentramento in Polonia
👉Un cittadino onorario
👉Davanti alla grotta

13 gennaio 2023

SOPRAVVIVERE ALL'INFERNO RESTANDO UOMINI

Ho scritto perché sentivo il bisogno di scrivere. [...] Ho avuto l'impressione che l'atto di scrivere equivalesse per me allo stendermi sul divano di Freud. Sentivo un bisogno così prepotente di raccontare, che raccontavo a voce.

Con queste parole Primo Levi spiegava le motivazioni alla base della scrittura del suo Se questo è un uomo, capolavoro della letteratura memorialistica.

Gustavo Antonelli, La catena per il trasporto del rancio; fonte

Ulisse e la zuppa

C'è un episodio del libro di Levi che sottolinea con particolare efficacia l'importanza della letteratura anche nell'esperienza della prigionia: è l'episodio del canto di Ulisse.

Levi e il suo compagno francese Pikolo stanno andando a prendere il rancio per la loro baracca.

Levi vuole fare ascoltare al compagno il canto di Ulisse, dalla Commedia dantesca; avverte il bisogno di parlare di letteratura perché vuole sentirsi ancora uomo, esattamente come nelle celebri parole che Ulisse dice ai suoi compagni:

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.

In un luogo in cui si fa di tutto per umiliare l'uomo, rendendolo numero e non persona, Levi trova nella memoria di una pagina letteraria la possibilità di sentirsi ancora veramente uomo, distinguendosi dai "bruti". 

La poesia come riscatto, dunque.

Il suo compagno francese capisce che per lui questo è importante e Levi commenta:

Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle. 

Vittorio Valeri, Baracche, Wietzendorf; fonte

Levi sta recitando il canto dantesco ma ha un vuoto di memoria e non riesce a completare un verso: scrive che darebbe la zuppa di quel giorno pur di riuscire a ricordare le parole che mancano.

In seguito, commenterà:

[...] non mentivo e non esageravo. Avrei dato veramente pane e zuppa, cioè sangue, per salvare dal nulla quei ricordi.

La poesia ha creato un attimo di sospensione magica nell'inferno del lager.

Le parole in tedesco "Kraut und Ruben" (zuppa di cavoli e rape) richiamano i due prigionieri alla dura realtà; per un attimo, nella loro anima è brillata una luce che li ha fatto sentire uomini, ancora uomini, nonostante tutto uomini.

G.V.

Per approfondire:

👉https://it.pearson.com/content/dam/region-core/italy/pearson-italy/pdf/italiano/dante-primo-levi.pdf


07 gennaio 2023

OTTANTA ANNI FA

Il 2023 sarà un anno ricco di anniversari e, dunque, di date che saranno uno stimolo alla nostra memoria.
Gennaio, fiume addormentato
Il 26 gennaio per la prima volta sarà celebrata la Giornata nazionale della memoria e del sarificio alpino, per ricordare l'eroismo del Corpo d'armata alpino nella battaglia di Nikolajewka.
Anche se i soldati valvesi non erano alpini, due di loro risultano dispersi in Russia e uno proprio nei giorni della battaglia di Nikolajewka, durante la drammatica ritirata.
Il 31 gennaio, infatti, saranno ottanta anni dal giorno in cui Raffaele Cuozzo è stato dichiarato disperso.
Al fante disperso in Russia abbiamo dedicato i seguenti post:
Altri soldati della Valle del Sele risultano dispersi lo stesso giorno.
Stiamo ancora cercando informazioni sui soldati sopravvissuti alla ritirata dalla Russia.
Invitiamo le famiglie a segnalare i nomi e a richiedere il foglio matricolare.

Il luglio del nostro destino
Il luglio 1943 è un mese decisivo per le sorti della Seconda guerra mondiale e quindi dei nostri soldati.
Lo sbarco degli Alleati in Sicilia, il bombardamento di Roma e la caduta del fascismo segnano una svolta notevole.
Poche settimane prima si era conclusa la guerra in Africa.
L'Ufficio informazioni vaticano per i prigionieri di guerra conserva la scheda relativa al fante valvese Michele Cuozzo 
Il nostro concittadino è caduto in Africa e la notizia del suo decesso è stata comunicata al padre Antonio tramite il parroco di Valva il 13 luglio 1943
La famiglia era residente in via Fontana, ma nonostante le ricerche non siamo ancora riusciti a identificarla.
Possiamo ipotizzare che il soldato valvese sia rimasto ferito nelle ultime fasi della guerra in Africa, condotto su un campo di prigionia in Egitto e lì dededuto in seguito a una ferita di scheggia al torace, dettaglio che risulta da questo documento:


Agosto
Nel mese di agosto saranno ottanta anni dalla morte di due soldati valvesi, entrambi in Grecia: Giuseppe Macchia, classe 1922, morto il 1 agosto e Michele Macchia, classe 1923, morto il 17 agosto ad Almyros, in Tessaglia.
Dieci anni dopo, le spoglie del giovane soldato vengono portate a Valva con gli onori militari, in una cerimonia che molti testimoni ricordano ancora. 
A Michele Macchia abbiamo dedicato il post 👉Michele, tornato avvolto nel tricolore.
Alla fine di agosto 1943 gli ultimi valvesi vengono chiamati alle armi. Due di loro risulteranno prigionieri dei tedeschi, gli altri saranno dichiarsti "sbandati" dopo l'8 settembre.

Settembre: l'ora grave della patria
Il 9 settembre 1943 è il giorno dopo "Il giorno dopo": è questo il titolo che abbiamo scelto per il nostro podcast dedicato alle conseguenze dell'armistizio in particolare sui soldati valvesi.
La notizia dell’armistizio con gli anglo-americani ha un effetto destabilizzante sull’esercito e sulle istituzioni. I soldati che si trovano in Italia si liberano delle divise, indossano abiti civili e cercano di tornare a casa.

Alberto Sordi in una scena del film "Tutti a casa", di Luigi Commencini 
Nella situazione caotica all'indomani dell'8 settembre, i soldati italiani devono scegliere se stare con i tedeschi o no.
I soldati più a rischio sono quelli dislocati nei Balcani (in particolare sul fronte greco-albanese), e nelle isole del Dodecaneso.

Gli Internati Militari Italiani
Come abbiamo  visto nel post 👉"Il giorno in cui nacquero gli IMI", già a partire dal 10 settembre 1943 la Germania emana durissime direttive sul trattamento da riservare ai soldati italiani.
In sintesi: chi accetta di combattere al loro fianco, viene trattato come un soldato tedesco; chi rifiuta, viene fatto prigioniero; chi si schiera al fianco dei partigiani viene fucilato se è un ufficiale, impiegato come forza lavoro se è un semplice soldato). 
Il 20 settembre 1943 viene utilizzata per la prima volta la definizione di “internati militari”, allo scopo di sottrarre i prigionieri di guerra italiani alle convenzioni internazionali. 

Aniello Eco, “Sipario di ferro”; fonte
Dopo l'8 settembre diversi valvesi vengono fatti prigionieri dai tedeschi in Jugoslavia, Albania, Grecia, nelle isole del Dodecaneso. 

Settembre: i martiri di Cefalonia
Dopo la proclamazione dell'armistizio, la Divisione Acqui -di stanza nell'isola di Cefalonia e  con una parte delle truppe a Corfù- è chiamata a una scelta drammatica. 
Gli ordini che giungono sono contraddittori, gli italiani cercano di rinviare la resa ai tedeschi mentre  a Corfù il comandante italiano  rifiuta nettamente ogni trattativa. 
Solo il 13 settembre arriva dal Comando Supremo italiano, che si trova a Brindisi dopo la fuga, l'ordine di resistere alle forze tedesche, che devono essere considerate nemiche. 
Quando giunge l'ultimatum tedesco, ai soldati viene chiesto se consegnare le armi o combattere contro i tedeschi; quasi tutti decidono di combattere. 
Due valvesi appartenenti al Battaglione mitraglieri di corpo d’armata della Divisone Acqui risultano dispersi in combattimento il 9 settembre; entrambi sono della classe 1911: Alfonso Feniello, dichiarato “morto presunto a Cefalonia” da una sentenza del tribunale di Salerno nel 1956 e Giuseppe Macchia, disperso a Corfù. 
Ai nostri martiri della Divisione Acqui abbiamo dedicato il post 👉 La prima Resistenza- I valvesi che non si arresero ai tedeschi.
Un post di 👉Gozlinus del giugno 2019 parla della loro vicenda e mostra anche le loro (rare) foto.
Della divisione Acqui fa parte anche Pasquale Cappetta, chiamato alle armi a maggio e fatto prigioniero a settembre. Sarà il prigioniero matricola 117709, nel campo di Luckenwalde. In quel momento, Pasquale non ha ancora compiuto venti anni.

Settembre: la caduta di Rodi
L'isola di Rodi è occupata quasi subito, nonostante la superiorità delle truppe italiane. 
Anche a Rodi c'è una resistenza, con perdite tra gli italiani. 
Uno dei dispersi in battaglia è il valvese Enrico Fusella, classe 1923, assegnato alla Nona Compagnia sussistenza di Bari, la stessa compagnia di Amodio Cuozzo, che sempre a Rodi sarà fatto prigioniero il 25 settembre
Abbiamo raccontato la sua storia nel post 👉Un uomo mite dal nome insolito.
Un soldato nato a Valva, Giovanni Milanese, ci ha lasciato un diario della sua prigionia da internato militare italiano, prima nella Polonia occupata dai nazisti e poi in Germania. 
Anche lui viene catturato a Rodi nel settembre 1943.
Al diario di Giovanni Milanese abbiamo già dedicato i seguenti post: 

Settembre: valvesi catturati in Grecia
Il 9 settembre 1943 in Grecia vengono catturati Minente Figliulo e Cosimo Feniello (quest'ultimo ad Atene). 
E' probabile che anche Carmine Corrado sia stato catturato nella zona di Atene, visto che apparteneva allo stesso reggimento di Cosimo Feniello. 
Carmine morirà di malattia in un ospedale austriaco il 31 dicembre 1943, durante la prigionia, e sarà sepolto a Mauthausen, dove ancora oggi riposa. 
Ci siamo occupati di lui in quattro post del nostro blog: 

Settembre: valvesi catturati in Jugoslavia
A tre valvesi abbiamo dedicato il post 👉Tre valvesi catturati in Jugoslavia: Giovanni Falcone, catturato in Croazia il 9 settembre e  prigioniero nello Stalag IX-C in Turingia, Pasquale Volturo, anch'egli catturato il 9 settembre forse nell'attuale Slovenia e deportato a Dachau (nei pressi di Monaco) e Angelantonio Marciello, catturato il 12 settembre.

Settembre (?): altri valvesi catturati
Di alcuni prigionieri valvesi non siamo però in grado di indicare il luogo di cattura né, in quasi tutti i casi, il fronte di guerra.
Ad otto di loro abbiamo dedicato il post 👉 Otto valvesi prigionieri
Ecco i loro nomi: Giuseppe Falcone, Carmine e Onofrio Mastrolia, Michele Perna, Sabino  Spiotta,  Domenico e Giuliano Strollo, Pietro Torsiello.

Ottobre: la caduta di Coo
Coo viene occupata il 4 ottobre: 600 inglesi e 2500 italiani sono fatti prigionieri. 
Tra i prigionieri condotti nei campi di internamento in Germania c'è il nostro Settimo Fasano, catturato il 4 ottobre
. Suo fratello Ottavo era morto nell'Africa Settentrionale italiana da quasi tre anni. Abbiamo raccontato la loro storia nel post 👉Settimo ha un fratello di nome Ottavo, ma non è una fiaba.

Novembre: l'ultimo prigioniero
In Albania la sera dell'8 settembre arriva l'ordine di reagire ai tedeschi per non essere disarmati; non si deve però prendere l'iniziativa di atti ostili contro i tedeschi. L' 11 settembre, il comando italiano è circondato: tutti gli ufficiali sono fatti prigionieri. 
L' 11 novembre viene atturato Enrico Santovito
All'ultimo internato militare valvese in Germania, deceduto lo scorso settembre a cento anni, abbiamo dedicato -tra gli altri- i seguenti post:
👉I cento anni di un cavaliere
👉Arbeitskommando 1131 prigioniero Santovito
👉Timidi sono gli eroi

 G.V.

30 dicembre 2022

L'UNICO AMORE DEL PRIGIONIERO GIOVANNI


Alessandro Berretti, “Risveglio all’interno di una baracca”; fonte

Dal diario scritto da Giovanni Milanese, pubblicato dall'editore Palladio con il titolo Frammenti di Storia-Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, vi presentiamo alcune pagine ancora sul tema degli affetti; all'argomento abbiamo già dedicato il post Il ritratto di Michelina; ora ci occupiamo della primavera 1945, quando Giovanni Milanese è ormai certo della liberazione e non vede l’ora di rientrare a casa, ad abbracciare i suoi cari, in particolare la mamma Maria Gerarda e la fidanzata Michelina.

Nelle ultime settimane di prigionia, quando il tempo non passa mai, Giovanni incontra una ragazza “veramente bellina”. Si chiama Margaret e dona delle uova a Giovanni, che si accorge subito che la ragazza si è innamorata di lui. Il pensiero di Michelina, e soprattutto il rispetto che egli ha nei suoi confronti, aiutano Giovanni a vincere ogni tentazione. 

23-4-45    Dio non mi ha mai abbandonato
Mamma, Michelina, Pupa, zie adorate, sono finalmente libero. Il giorno 22 dopo 19 mesi d’internamento più duro di qualsiasi prigionia, gli alleati mi donavano la tanto sospirata ed agognata libertà. La salute ora è veramente buona. L’unico mio desiderio è ora quello di raggiugervi al più presto.
Quanto ho desiderato questi momenti di pura gioia e quelli ancora più belli del momento in cui vi riabbraccerò, lo sa solo Iddio.
Quell’Iddio che non mi ha mai abbandonato sebbene ne fossi indegno.
 
11-5-45    Il tempo non passa mai
Mamma adorata, non ne posso più!...
Soffro in maniera indescrivibile. Vorrei correre a riabbracciarti anche se a costo di morire poi subito. Prima il tempo passava velocemente ora non passa mai. 

Aniello Eco, “Sipario di ferro”; fonte

17-5-45    Una ragazza veramente bellina
Sono andato per la seconda volta a Wietzondorf.
Ho visto una ragazza veramente bellina. Era sulla porta di casa sua. Mi ha sorriso. Ho risposto al sorriso e mi sono avvicinato per chiederle se aveva qualche uovo in cambio di sigarette (ora ne ho veramente molte). Mi ha dato 3 uova e sigarette non ne ha voluto. Anzi m’ha detto che sarebbe stata molto contenta se fossi ritornato spesso a casa sua dove mi avrebbe fatto trovare tutte le uova che le era possibile racimolare. 

19-5-45    Margaret
Sono andato di nuovo a Wietzondorf. Margaret Fischer, la ragazzina incontrata due giorni fa, mi ha regalato altre due uova. Non ci ritornerò più perché  mi sono accorto che in appena due giorni Margaret si è attaccata a me. 

20-5-45    Il rispetto per Michelina
Michelina adorata, se sapessi come ardo dal desiderio di riabbracciarti!...Col rinvenire delle forze, ed ora son ritornato normale, incomincia a bruciarmi il desiderio di te!...[…]
Ti dico subito che in parte potrei anche qui togliermi la forte bramosia, ma tu lo sai, io sono un po’ differente dagli altri. Per gli altri ogni occasione è buona, per me esisti solo tu, perché sollo tu sei tutta mia. […]non lo faccio per tante ragioni, prima fra tutte il rispetto che porto a te.
L’occasionale incontro con la Fischer me ne darebbe la più facile occasione.
Io però voglio te, solo te. Ma quando? Credo che è ancora tanto lontano.
Nei primi giorni avevo creduto che il suo fosse un capriccio, come ne nascono tutti i giorni in tutto il mondo, invece no, il suo è un amore veramente profondo che aumenta sempre più proprio perché s’accorge che non può essere corrisposto. Del resto io non ho rimorsi perché le ho fatto capire chiaramente che una sola è la donna che ho amato, amo tuttora, ed amerò sempre con tutte le mie forze del mio spirito: Michelina mia, assolutamente mia. 

9-6-45    Lontano dalle tentazioni
A Wietzandorf non ci sono più andato più per non rincontrare Margaret.
Lei però stasera è venuta qui verso le 19. Le ho detto che non deve nutrire nessuna speranza perché io sono come se fossi sposato.
Lei  è perfettamente convinta di ciò, però dice che finché son qui vuole illudersi ancora.
Quando partirò sarà per le come una morte spirituale. Vivrà, per molto tempo, del mio ricordo. Queste ultime parole le ripete spesso.
Io cerco di sfuggirla, ma lei sfida tutto per rivedermi. E’ l’unica donna che osa entrare qui nel campo ed avventurarsi fino alla mia baracca. Michelina mia perdonami, perché, come ben vedi, io faccio tutto il possibile per stare lontano dalle tentazioni. 

17-6-45    Unico amore
Ho rivisto Margaret, mi ha fatto tanta pena quella ragazza. Come è strano il cuore umano, si attacca, così all’improvviso, in una passione senza speranza.
 
 G.V.

 

 

 


28 dicembre 2022

IL RITRATTO DI MICHELINA PER TRE RAZIONI DI PANE

Il diario di prigionia scritto dal valvese Giovanni Milanese è una preziosa fonte di informazioni: le sue pagine ci aiutano a ricostruire la vita nel campo, con l’eco degli avvenimenti storici a condizionare gli umori dei soldati, suscitando speranze e delusioni e poi ancora speranze.

Il diario ha anche una dimensione più personale, intima: gli affetti, i ricordi, i rimpianti, i sogni affidati a quaderni improvvisati che diventano compagni fedeli nei lunghi mesi di prigionia.

Due figure, su tutte, emergono dalle pagine di Giovanni Milanese: la mamma Maria Gerarda Alfano e Michelina, la fidanzata lasciata a Salerno.

Muoversi tra le pagine dedicate a queste due donne richiede molto tatto, perché sono riflessioni che vengono dal cuore e sono fissate nella pagina innanzitutto per un bisogno di sentirsi ancora vivo, ancora uomo. Sono un dialogo con due persone assenti e lontane chilometri, ma vicine e presenti nel cuore di chi scrive.

Se pubblichiamo alcuni ricordi su questo argomento, è per rendere omaggio alla delicatezza con la quale il prigioniero Giovanni ha pensato alle due donne più importanti della sua vita e alla famiglia, da lui intesa come valore supremo.

La prigionia ha messo a dura prova il fisico del soldato, ha scalfito il suo amor di patria (lo confessa candidamente), ma non ha cancellato minimamente l'affetto per la famiglia né la sua dignità di uomo e di soldato.

Se il disegno  era quello di ridurre gli uomini a numeri e a cose, con Giovanni Milanese non ci sono riusciti.

La signora Michelina e i figli, in una foto del 1956; fonte

Il tema degli affetti nelle pagine del diario prima della liberazione

In questo primo post dedicato al tema degli affetti nei Frammenti di storia-Diario di guerra e di prigionia 1943-1945 ci occupiamo del periodo che precede l’annuncio della liberazione (aprile 1945).

9-11-43   Il rimpianto del focolare

Quando mi ritroverò fra i miei cari intorno al focolare, a Valva?

9-12-43 La sola realtà della vita

Penso sempre a mamma, a Michelina, a Pupa, alle zie Marietta ed Angelina, agli zii, a Pietro ed anche ai Rossi.

Incomincia ad abbandonarmi l’amore di Patria, resta fortissimo solo l’amore della famiglia.

La famiglia! Questa è la sola vera realtà della vita.

Per quanti anni ho pensato di costruirmene una tutta mia? Tanti davvero tanti. E con me ci ha pensato anche al mia Michelina.

La passione, la costanza e la fede con cui tutti e due ci abbiamo pensato mi danno una speranza abbastanza forte della realizzazione di un sogno così bello. E con me ci sarà anche mamma che ora soffre tanto.

Quanto bene le voglio? Non è possibile che si possa misurare. Ed anche Pupa, le zie e tutti chissà quanto soffrirono.

Tutti, tutti dovranno essere ripagati dello strazio attuale. 

22-12-43    Il sogno del matrimonio

Ieri notte ho sognato che ero a Valva in procinto di sposare. Si aspettava che venisse Michelina da Salerno. Io intanto ricevevo gli invitati. 

1-1-44    Capodanno e compleanno

Ore 00. Abbiamo aspettato la mezzanotte.

Quanta malinconia” Due lacrime mi solcano la faccia, mentre tutti mi fanno anche gli auguri per il compleanno. Li accetto di cuore e commosso, ma il pensiero vola lontano!...

Non ce la faccio più a scrivere.

Bacio le fotografie di tutti i miei cari.

fonte

14-2-44    Un amore sacro

Mamma adorata. Tante volte ho tentato di scrivere qualcosa anche a te.

Ma me ne son dovuto astenere sgomento dai tanti pensieri che mi si ingarbugliavano nella mente in maniera tale da precipitare irrimediabilmente nel niente…Con te, credimi, non è come quando penso agli altri. Con te si tratta di un’altra cosa, di qualcosa di sacro, di impensabile, di irraggiungibile. Penso continuamente al tuo dolore che paragono (Iddio mi perdoni se oso) a quello della Madonna quando pianse nostro Signore in Croce. [...]

Quanto bene ti voglio ora? E' assolutamente impossibile immaginarlo e tanto più descriverlo. […]

Non ti lascerò mai più, sarò sempre vicino a te e vivrò solo per darti un po’ di felicità, ma più che altro quella pace che è il bene supremo di questa terra e che non si apprezza se non in momenti burrascosi come quello che stiamo attraversando. 

23-6-44     Un pensiero che fa soffrire

Michelina cara […]

La fame tremenda smorzava ogni velleità di pensiero. E forse era un bene. Con l’arrivo di qualche pacco nei giorni scorsi ho potuto in parte saziarmi, e se il fisico ne ha riportato un miglioramento repentino e completo, altrettanto repentino e completo è stato il precipitare del morale. Sedata la fame, mia unica, imperiosa e costante preoccupazione sei tu, mamma e tutti di casa.

Alcune volte, te lo dico pregandoti di non arrabbiarti,  cerco di allontanare la tua cara immagine per non soffrire pene dell’inferno al pensiero che potresti star male senza che io ne sapessi qualcosa. […]

Certe volte dispero anche di rivederti. Se dovessi avere anche la più pallida certezza di ciò, non so se riuscirei a vivere per una sola ora, l’unica speranza che mi sostiene è che fra non molto ti farò mia per sempre.

9-7-44  In una foto, il presentimento del disastroso futuro

Michelina mia […]

Chi mai l’avrebbe detto che questo nostro avvenire sarebbe stato tanto triste? Allora ci sembrava tutto roseo. Ricordi? Certe volte penso che forse è meglio così, non legati ancora da alcun vincolo.

Tutto sommato, però, alla fin fine è lo stesso perché sposati o non sposati, il nostro grande amore ci ha legato e ci lega sempre nella maniera più assoluta.

Non è così?
Conservo come una reliquia l’attestato delle pubblicazioni di matrimonio.

Chissà quando le rifaremo finalmente definitivamente. Ogni tanto riguardo e bacio le fotografie tue e di mia  madre che mi son rimaste. Ma quella sulla quale mi soffermo di più e che mi fa impressione è dove siamo tutti e due; nell’espressione dei visi, come ho scritto un’altra volta, c’è già inconsciamente il presentimento del disastroso futuro. 

15-11-44     Il ritratto di Michelina

Ho ritirato il ritratto di Michelina.

Sono molto dispiaciuto che non l’ho potuto fare anche a mamma perché il pittore non è riuscito a ricavarlo dalla fotografia troppo piccola che avevo: prezzo del ritratto di Michelina tre razioni di pane.

Le donne polacche, che giunsero al campo circa un mese fa, hanno rivolto a noi un appello, date le loro critiche condizioni e dato che ve ne sono parecchie incinte in procinto di partorire. Abbiamo già dato loro delle scatolette di latte che avevamo conservate e speriamo di poterle aiutare ancora in seguito.

fonte


 

 G.V.

 

 

 

 

 

 

 

 

24 dicembre 2022

IL PRANZO DI NATALE CON LE PATATE RISPARMIATE

Giovanni Milanese è stato catturato a Rodi nel settembre 1943.

Ci ha lasciato un diario della sua prigionia, pubblicato dall'editore Palladio con il titolo di Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, in un'edizione a cura di Belinda Villanova.

Giovanni Milanese;  fonte

Ecco alcune pagine dedicate alle due feste di Natale vissute da internato militare italiano.

Sogni, ricordi, malinconia si uniscono agli echi della vita del campo di prigionia.

Nel 1943 Giovanni Milanese si trova nel campo di Siedlce, nella Polonia occupata dalle truppe del Terzo Reich.

22-12-43 
Ieri notte ho sognato che ero a Valva in procinto di sposare. Si aspettava che venisse Michelina da Salerno. Io intanto ricevevo gli invitati.

24-12-43
Eccoci alla vigilia del S. Natale. Quanti ricordi, che tristezza!
Sono le sette di sera e vado nella baracca adibita a chiesa per la Santa Messa. Non ancora viene la luce né verrà più. Siccome s'era chiesta la luce fino a mezzanotte per celebrare allora la Santa Messa si è ottenuta l'oscurità completa per tutta la serata. Si celebra la messa a lume di una candela.
Ho rivolto la mia preghiera a Dio ed a Gesù nascente per me, per quelli di casa e per Michelina.
Il Santo Natale! che giornata suggestiva anni fa...!
Tutti a casa mia la sera e Michelina al mio fianco. La tombola, il sette e mezzo, che cose sciocche, eppure anch'esse di quanti ricordi riempiono la mia povera e martoriata testa.
Gesù mio fammi riabbracciare i miei cari.

25-12-43
Con le patate risparmiate per alcuni giorni abbiamo fatto un pastone che ci ha alquanto riempiti.
Abbiamo la sensazione della sazietà.

Campo di Siedlce, nella Polonia occupata

Nel marzo 1944 Giovanni viene trasferito in Germania, nel campo di Bramekford

24-12-44
Oggi Gregorio mi ha regalato un 100 gr. di farina gialla, un po' di lardo e un pizzico di tabacco. Così farò anch'io il S. Natale. Sia ringraziato Iddio. Due ufficiali sono morti per congelamento cerebrale a seguito di assideramento.
Mimì e Ferruccio non vanno  più a lavoro.

25-12-44
Che brutta giornata! ...Quanta malinconia!...
Sto male.
Scrivo a mamma.

Dal punto di vista della ricostruzione storica, è molto prezioso il riferimento ai due compagni di prigionia Mimì e Ferruccio, che pochi giorni prima avevano "sottoscritto" per uscire e andare a lavorare
Giovanni Milanese riflette con grande lucidità su quello che definisce "un altro grave colpo": non immaginava che essi avrebbero fatto un passo simile che lo allontana da "due veri impareggiabili amici", senza i quali finisce per lui la speranza di "una possibile assistenza derivante da pacchi che loro ricevevano dal Nord Italia".
Il valore di un diario non solo come testiminianza individuale e umana ma come documento che consente di ricostruire un contesto storico emerge anche da piccoli dettagli come questi, quasi nascosti tra le righe di un racconto.
La foto si riferisce al campo di Buchenwald,
ma possiamo ipotizzare che anche in altri campi ci fossero binari simili.
 
G.V.

LE TRE GUERRE DI DONATO VACCA

Anche se nei documenti militari risulta di professione falegname, a Valva tutti quelli che hanno conosciuto Donato Vacca lo ricordano come dipendente comunale.

Prima della penna e dei registri sulla scrivania, però, nella sua vita c'erano state battaglie su fronti diversi, ferite in combattimento, addirittura un'evasione dalla prigionia; poi, nei concitati giorni dopo l'Armistizio, si era sbandato, era sfuggito alla cattura da parte dei nazi-fascisti, aveva combattuto nell'esercito cobelligerante italiano. Fino alla fine.  

La carriera militare di Donato Vacca sembra un romanzo o, se preferite un'immagine meno retorica, una buona sintesi degli eventi bellici dal 1936 ai mesi successivi alla Seconda guerra mondiale.

Pasqua 1914

L'Illustrazione italiana del 12 aprile 1914 dedica la prima pagina al tema della Pasqua nellla pittura: è infatti il giorno di Pasqua.

L'Illustrazione italiana del 12 aprile 1914

La Domenica del Corriere racconta tragedie lontane, di pescatori di foche smarriti su banchi di ghiaccio alla deriva.

La Domenica del Corriere del 12 aprile 1914

In quel giorno di Pasqua, Donato nasce a Valva da Arturo e Torsiello Antonia. Il bambino riceve il nome del nonno, impiegato comunale.

Entrato nell'esercito come volontario a poco più di diciotto anni, vi resta, con varie vicende, fino al congedo nel gennaio 1946: il suo foglio matricolare è emblematico fin dal numero di pagine (ben quattro).

La guerra di Spagna 

Nel luglio 1936 le truppe spagnole di stanza in Marocco insorgono agli ordini del generale Francisco Franco: inizia la Guerra civile spagnola, vera e propria prova generale della Seconda guerra mondiale.

Nonostante la neutralità ufficiale, Italia e Germania inviano truppe di "volontari" a sostegno degli insorti: gli effettivi italiani saranno circa ottantamila, di cui seimila caduti. Tra i caduti, anche il nostro Giacomo Cuozzo.

Come abbiamo sottolineato nel post 👉 Giacomo, caduto per primo, quella spagnola è stata, in un certo senso, anche una guerra civile italiana: il Corpo truppe volontarie è a sostegno dei franchisti, mentre a sostegno del governo repubblicano giungono dall'Italia tremila volontari; tra di loro, alcune figure di spicco dell'antifascismo e di quella che sarà poi la Resistenza (per citare solo i più celebri: Giuseppe Di Vittorio, Palmiro Togliatti, Pietro Nenni). In più occasioni gli italiani degli opposti schieramenti si scontrano; triste emblema, la battaglia di Guadalajara, definita "una guerra civile all'interno della guerra civile". 

Nel dicembre 1936, Donato si arruola come volontario in servizio non isolato all'estero per tempo indeterminato nel Primo Gruppo Banderas (così venivano chiamati i reggimenti, seguendo la terminologia spagnola).

Il 5 gennaio 1937 Donato  sbarca a Cadice, nel Sud della Spagna (una delle prime città cadute nelle mani dei franchisti).

In Spagna combatte in diversi battaglioni. 

Dal suo foglio matricolare emergono nomi significativi: Divisione "Fiamme nere", Battaglione "Carroccio", Divisione "Littorio", Battaglione "Inflessibile". 

Il 14 luglio 1938 a Serrion (un piccolo comune in Aragona, nella zona di Saragozza) viene ferito alla mano sinistra da una scheggia di granata e viene ricoverato fino al 22 dello stesso mese.

Resta in Spagna fino al 6 giugno 1939, quando viene rimpatriato. La guerra si era conclusa a inizio aprile.

1 aprile 1939: le truppe franchiste entrano a Madrid

A Donato Vacca viene ricononosciuta l'autorizzazione a fregiarsi dello speciale distintivo di benemerenza istituito per i militari in servizio presso il Corpo Volontario in Spagna e del distintivo d'onore per ferita di guerra.

Medaglia per i volontari in Spagna; fonte

Al rientro in patria gli viene riconosciuto il premio di fine missione volontaria di 3240 lire.

Dopo un mese di licenza, il 15 luglio 1939 viene ricollocato in congedo e contemporaneamente riassunto in servizio temporaneo a domanda.

Qui inizia la seconda fase della sua carriera militare, che lo vedrà in guerra nell'Africa Settentrionale, prigioniero, evaso dalla prigionia. Dopo la fine della guerra in Africa, si imbarca per l'Italia: possiamo definirla la sua terza guerra.

Ne parleremo in un prossimo post.

G.V.