20 aprile 2023

DUE MEDAGLIE SUL PETTO DI CARMELO, CADUTO SUL PIAVE

Carmelo Alfano nasce a Valva il 18 settembre 1895, da Antonio e Caterina Mari.

Nel suo foglio matricolare non è indicata la professione, ma possiamo ipotizzare sia uno studente, visto che lo sono i fratelli Giuseppe, Giacomo e Michele Benedetto. Tra questi, Giuseppe diventerà sacerdote e sarà il parroco di Valva per diversi anni. Non sappiamo quanti dei fratelli Alfano abbiano partecipato alla Grande guerra.

Carmelo è assegnato alla 1394 Compagnia Mitraglieri Fiat e si distingue in combattimento, ricevendo due Medaglie d'Argento al Valor Militare.

Ecco la motivazione della prima medaglia:

Ferito durante un assalto, continuava a combattere, finché cadde esausto di forze. Già distintosi per coraggio quale porta ordini.
Fagaré di Piave, 16 novembre 1917

La medaglia si riferisce a quella che possiamo definire la prima vittoria italiana dopo la disfatta di Caporetto. Leggiamo nel libro La prima vittoria sul Piave dopo Caporetto. Fagaré di Piave, 16 novembre 1917 di Renzo Cattelani,  che nella minuscola frazione di Fagarè di Piave era stato dislocato un pugno di uomini al comando di un tenente poco più che ventenne. Questi giovani soldati, ai quali si aggiunsero i primi ragazzi del '99, seppero dapprima contenere l'improvviso assalto nemico, e poi respingerlo in poche ore sulla riva opposta, dando così inizio al periodo della "Battaglia d'arresto".

Carmelo Alfano ha partecipato anche alla famosa "Battaglia del Solstizio".

Battaglia del Solstizio; fonte

Come è noto, il nome si deve a Gabriele d'Annunzio.

L'offensiva austriaca diventa una disfatta: l'esercito austro-ungarico perde quasi 150mila uomini; la battaglia è però violentissima e anche per l'esercito italiano il bilancio è pesante: le perdite ammontano a circa 90 mila uomini. La sconfitta austro-ungarica significa in pratica l'inizio della fine.

In questa battaglia, cade Carmelo; ecco cosa leggiamo nella motivazione della seconda medaglia:

Esploratore in una compagnia mitragliatrici, in varie giornate di combattimento, ogni qualvolta ebbe a trovarsi a così stretto contatto col nemico da non essere più in tempo ad avvertirne la propria compagnia, attaccava anche da solo l'avversario con bombe a mano e fucilate. Animato dalla sua abituale audacia, mentre tentava accostarsi ad una mitragliatrice nemica per catturarla, cadeva eroicamente sul campo.
Case Sernagiotto, Breda di Piave, 15-18 giugno 1918

Così il Corriere della Sera del giorno dopo:

Stupendi episodi di valore ovunque. [...] Nel settore di Fagaré sul Piave nostri reparti di assalto contro due interi battaglioni ungheresi passarono l'abitato casa per casa annientando tre quarti dei reparti del nemico e cacciando i superstiti contro il fiume dove la più parte affogò.
Su tutto il corso del fiume le forze nemiche non riescono, non  ostante la pressione continua, la superiorità di numero e la grandiosità dei mezzi, ad avanzare sulle strade della pianura. Le nostre fanterie le tengono inchiodate sul margine dell'acqua, mentre la nostra artiglieria distrugge volta a volta passarelle e imbarcazioni nemiche. [...]
L'ultimo dato della situazione all'inizio della quarta giornata è questo: mentre il nemico, avendo subito perdite sanguinosissime, è costretto a impegnare già le sue riserve, noi, che abbiamo subito perdite relativamente lievi, abbiamo le nostre riserve fondamentalmente intatte. 

Purtroppo, le "perdite relativamente lievi" sono giovani soldati come Carmelo, che non ha ancora compiuto ventitré anni.

Non sappiamo dove riposi Carmelo; forse nel sacrario di Fagaré.

Sacrario Militare di Fagarè della Battaglia, Treviso; fonte

Sacrario Militare di Fagarè della Battaglia, Treviso; fonte

Dedichiamo alla sua memoria i versi che Ernest Hemingway ha scritto per un suo amico, sepolto lì:

KILLED PIAVE  July  8  1918 

Desire and 
All the sweet pulsing aches  
And gentle hurtings 
That were you, 
Are gone into the sullen dark.
Now in the night you come unsmiling
To lie with me
A dull, cold, rigid bayonet
On my hot-swollen, throbbing soul.

Chicago, 1921
 

 

UCCISO  PIAVE  8 luglio 1918  

Il desiderio e
tutti i dolci pulsanti dolori
e le pene delicate
ch’eri tu,  
sono spariti nella tenebra tetra.
Adesso nella notte tu vieni senza sorridere
a giacere con me 
un'opaca, fredda, rigida baionetta
sulla gonfia, palpitante anima mia.

G.V.

19 aprile 2023

CARMINE, CADUTO NEL "VASTO URAGANO" DI CAPORETTO

Carmine Caldarone deve il suo nome alla data di nascita: 16 luglio, Madonna del Carmine; l'anno è il 1898. Su alcuni documeni militari il cognome è Calderone, nell'atto di nascita il cognome è scritto con la "a". 

Figlio di Michele Arcangelo e di Anna Strollo, nei documenti della visita di leva non è indicata la sua professione. 

Carmine parte per la Grande guerra, soldato del 79° Reggimento Fanteria; il suo reggimento insieme all'80°forma la Brigata Roma.

Fanteria a riposo: lavaggio degli indumenti, poi stesi ad asciugare; fonte

Dalla storia della Brigata, vediamo gli avvenimenti del 1917. 

Dal 24 maggio gli austriaci muovono numerosi attacchi contro le posizioni tenute dal 79° a Monte Majo; gli attacchi sono sempre respinti, con gravi perdite.

Cartolina ricordo del 79° Reggimento fanteria; fonte

Ad agosto la Brigata si trasferisce sul Carso, per prendere parte all'XI Battaglia dell'Isonzo (17-31 agosto 1917). 

Fino all'inizio di settembre ci sono feroci combattimenti sulla Bainsizza (una fascia di territorio a sinistra del fiume Isonzo), poi la linea si assesta. 

Altopiano della Bainsizza (oggi Slovenia); fonte

Il 22 ottobre la brigata si trova schierata nel settore Veliki Vhr-Na Gradu. 

Il 24 inizia la grande offensiva austro-tedesca. La Brigata resiste, ma poi deve ripiegare in seguito allo sfondamento di Caporetto.

Il 25 ottobre, Carmine Caldarone cade in combattimento. Non ha ancora venti anni. 

Così un celebre giornalista sul fronte di guerra, Luigi Barzini, racconterà quel 25 ottobre, con parole che tra l'altro danno un'idea del perché sia considerato un grande scrittore:

E' dunque la caratteristica guerra di montagna che divampa, irruenta attorno ai capisaldi, varia, tumultuosa, piena di vicende. Non è possibile in un così vasto teatro di lotta, dove ogni valle ha la sua battaglia, dove le cime separano nettamente le azioni così diverse fra loro, dove il combattimento non ha una linea di insieme, chiara e generale, comprendere i movimenti e le fasi, rendersi conto dei risultati, leggere lo sviluppo di questo vasto uragano.

Tra caduti e dispersi, il 79° Reggimento conterà oltre 1200 vittime nel periodo denominato "dall'Isonzo al Piave" (24 ottobre-4 novembre).

Nei giorni successivi, il 79° praticamente viene accerchiato e si sacrifica quasi per intero nelle trincee del Veliki. Della Brigata rimane un solo battaglione (erano sei). 

A testimoniare il valore del 79° Reggimento, ci sono le parole della motivazione della Medaglia di Bronzo, riferite ad eventi dei mesi successivi: "Dava prove luminose di pertinacia e di virtù militari opponendosi sul Piave all'urto di forti masse nemiche (19-24 giugno 1918)".

Sono note le conseguenze militari della "disfatta di Caporetto": l'esercito italiano viene messo in rotta e deve ripiegare sul Piave e sul Monte Grappa, abbandonando ai nemici l'intero Friuli e buona parte del Veneto.

G.V.

15 aprile 2023

PIERINO, IL CALZOLAIO PRIGIONIERO IN SUDAFRICA

Soldato prima della guerra, ancora prigioniero quando era già finita.

Pierino Vacca era infatti militare in Libia  prima che iniziasse la guerra ed è tornato a casa sei mesi dopo la fine di questa.

In mezzo, sette mesi di guerra e oltre quattro anni di prigionia.

Militari  italiani prigionieri degli inglesi in Sudafrica; fonte

Nato a Valva nel 1914, di professione calzolaio, Pierino  giunge al centro mobilitazione presso l'ospedale militare di Napoli a fine maggio 1940: l'Italia non è ancora entrata in guerra quando egli sbarca in Libia, il 5 giugno.

I giornali di martedì 11 giugno riportano, con toni trionfali, la notizia del discorso di Mussolini della sera prima; ecco una celebre prima pagina, cha dà la notizia dell'entrata in guerra:

Quello stesso giorno, Pierino Vacca viene assegnato alla 15.ma sezione di Sanità mobilitata; "portaferiti", è annotato sul suo foglio matricolare.

Una curiosità: tra le "cognizioni extraprofessionali" dichiara di saper andare in bicicletta.

Sul suo foglio matricolare l'informazione successiva è direttamente quella del 23 gennaio 1941; secca, come il linguaggio dei documenti militari sa essere: prigioniero di guerra in seguito agli avvenimenti di guerra in A.S. (Africa Settentrionale).

Cosa è successo il 23 gennaio 1941?

In mancanza di altri documenti, possiamo fare delle ipotesi.

La guerra in Libia fino al gennaio 1941

L’artiglieria italiana presente in Libia risale alla Prima guerra mondiale, gli automezzi sono insufficienti e il governatore Balbo sollecita rinforzi. 
Caduta la Francia nel giugno 1940, lo stato maggiore dell’esercito italiano pianifica un attacco all’Egitto, controllato dagli inglesi; nei messi successivi, però, Mussolini sposterà l’attenzione sulla Grecia e sulla Jugoslavia.   
Dunque i rinforzi non arrivano e intanto si intensificano le incursioni inglesi contro gli italiani.
Balbo morirà in volo il 28 giugno, abbattuto per un tragico errore dalla contraerea italiana a Tobruch (la piazzaforte italiana più difesa dell’Africa Settentrionale).
A settembre inizia l’offensiva italiana guidata dal nuovo governatore, Graziani. Viene conquistato il villaggio di Sidi el Barrani, sottratto agli inglesi (oggi in Egitto, a 240 km da Tobruch).
Gli inglesi ottengono i rinforzi richiesti e truppe fresche (indiani, australiani) e a dicembre infliggono gravi perdite agli italiani, facendo moltissimi prigionieri: lo schiera-mento italiano si mostra inadeguato a una guerra di movimento.
A gennaio, cade la piazzaforte di Bardia, non lontana da Tobruch; anche in questa occasione, sono molti i prigionieri italiani.
L’attacco ora è rivolto a Tobruch; nella notte tra il 21 e il 22 gennaio avviene l'autoaffondamento dell'incrociatore italiano San Giorgio. 
Alcuni reparti resistono fino al 23 gennaio.

La prigionia in Sudafrica

Dunque, Pierino Vacca è stato uno degli oltre ventimila soldati italiani fatti prigionieri a Tobruch. Di certo, il suo destino nei giorni e negli anni successivi è il medesimo di tanti italiani: le testimonianze parlano di una lunga marcia a piedi lungo la via Balbia, fino al porto di Sollum; poi, l'imbarco sulle navi per Alessandria d'Egitto e i campi di smistamento sul Canale di Suez.

Da lì, la maggior parte dei prigionieri italiani viene inviata nel campo di Zonderwater, in Sud Africa. 

Sarti al lavoro nel campo; fonte

Pierino Vacca sarà il prigioniero numero 114752 del più grande campo di prigionia degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale; ha raccontato di aver svolto la professione di calzolaio anche lì.

Falegnameria; fonte

Un frantoio nel campo; fonte

Una cittadella organizzata dagli italiani

Il campo di Zonderwater era costituito da quattordici blocchi, per un totale di 44 campi; ogni campo poteva ospitare duemila uomini, dunque un blocco ne accoglieva in media ottomila.

E' celebre l'organizzazione del campo: scuole per analfabeti, scuole di lingue e professionali, biblioteche, attività teatrali, musica, sport. Una vera e propria cittadella, dunque, progettata dai prigionieri italiani, con il sostegno del colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, un ufficiale illuminato che, come ha scritto Gian Antonio Stella, "cercò davvero di non aggiungere ferocia e protervia alle pene di quegli italiani prigionieri a migliaia di chilometri da casa". 

Una classe della scuola "Duca d'Aosta"; fonte

Calcio nel campo; ogni blocco aveva una sua squadra e si organizzavano campionati interblocco; fonte

Ci occuperemo ancora del campo di Zonderwater, in particolare dell'organizzazione del campo e dell'aspetto sportivo.

Il ritorno a casa di Pierino

Pierino Vacca risulta rientrato dalla prigionia e presentatosi al centro alloggio di Taranto il giorno 1 novembre 1945.

Forse ha fatto in tempo a seguire le notizie sulla sua amata Juve impegnata,  domenica 4, in una partita contro l'Atalanta finita 1-1, in quello che in anni così difficili si chiamava Campionato di Divisione Nazionale; a causa delle devastazioni dovute alla guerra, infatti, si era tornati a una divisione tra un campionato del Nord e del Centro-Sud, con un girone finale nazionale per l'assegnazione dello scudetto (quell'anno vinto dal Grande Torino).

Una bella foto della famiglia Vacca; Pierino è l'uomo al centro, l'altro a sinistra è suo padre Ermelindo, la signora con l'ampio fazzoletto in testa è la madre Maria Giuseppa Spiotta;
quella con il vestito più scuro e la bottiglia in mano è la moglie Velia Torsiello.
Tra i  bambini, la figlia Giuseppina è la seconda da sinistra, il figlio Ermelindo il penultimo; 
fonte

Oltre i cento anni

Nel 2014 Pierino Vacca ha raggiunto il mirabile traguardo dei cento anni.

Ecco le belle parole che gli ha dedicato il presidente dell'Associazione Zonderwater Block ex Prigionieri di Guerra, Emilio Coccia:

Cent'anni dei quali oltre cinque, tra i più belli della vita poiché a cavallo tra giovinezza e maturità, trascorsi in guerra, in prigionia, fra disagi e tormenti, privato della cara libertà e sempre a contatto con la sofferenza di tanti compagni d'arme. Ma è spesso in quei dolorosi frangenti dove nascono amicizie sincere e forse anche qualche buon ricordo: ricordo degli anni veri e forte insegnamento per quelli a venire.

                                                                                                                       G.V. 

Per approfondire:

🎥La battaglia di Tobruk- Carri armati nel deserto, video Rai

📙Carlo Annese, I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport

🔗http://www.zonderwater.com/it/prigionieri-di-guerra.html



10 aprile 2023

LA MADRE E IL FIGLIO CHE NON FECE RITORNO DALLA PRIGIONIA

In tempo di pace, i figli piangono i genitori e li accompagnano nell'ultimo viaggio.

La guerra sovverte l'ordine naturale e a volte non consente nemmeno a una madre di piangere sul corpo del figlio.

I soldati partono giovani e a volte non tornano.

Non è tornato Carmine Corrado, deceduto durante la prigionia in un ospedale austriaco, a Wolfserg in Carinzia, nell'ultimo giorno del 1943.

Era stato fatto prigioniero dai tedeschi nel settembre 1943, sul fronte greco.

Sepolto nel vicino cimitero, dopo la Seconda guerra mondiale il suo corpo è stata traslato a Mauthausen, nel settore dedicato ai militari e civili internati dopo l'8 settembre 1943 nei campi nazisti.

La madre Caterina lo ha atteso invano e lo ha atteso da sola: suo marito  Pasquale era deceduto nel settembre 1942 e non avevano altri figli.

Ora, nel cimitero di Valva almeno una semplice epigrafe con nomi, date e foto riunisce la famiglia Corrado.

Grazie alla gentile collaborazione del dipendente comunale Eliseo Feniello, che già molte volte ci ha dato informazioni preziose per le nostre ricerche e che è stato aiutato dal dipendente Gerardo Macchia, siamo riusciti a individuare e a fotografare l'epigrafe.

La foto di Carmine è quella meno chiara. Sarà stata sul comodino di mamma Caterina per quasi quarant'anni, l'ultimo pensiero di ogni sera di una madre che è morta senza riabbracciarlo.

Carmine sembra un ragazzo in una divisa militare, vittima di un gioco crudele chiamato guerra.


La madre -che in paese ancora ricordano vestita con l'abito tradizionale da "pacchiana"- sembra una donna forte di tempra antica. 


Il signor Pasquale appare fiero nei suoi baffi solenni di un tempo passato.


Nell'antica cappella della Madonna degli Angeli, patrona di Valva, c'è una targa in marmo che ricorda che nel 1971 la signora Cuozzo Caterina ha contribuito al restauro dell'edificio sacro "in memoria del caro figlio Carmine".


Dall'Archivio Arolsen abbiamo ricevuto l'atto di morte di Carmine Corrado.


Dal documento possiamo ricavare le seguenti informazioni:
  • Deceduto il 31 dicembre 1943 presso l'ospedale dello Stammlager XVIIII A/ Wolfsberg (Carinzia)
  • Causa della morte: tubercolosi miliare
  • Era scapolo ["Ledig", riga 8]
  • L'indirizzo di residenza è  "Corso Vittorio Veneto"? [ottava riga]
  • Tra i parenti in vita è citata solo la madre [righe 12 e 14: "Mutter"]
Ci siamo occupati di Carmine Corrado in altri quattro post del nostro blog:

Un sentito ringraziamento e un cordiale saluto alla signora Michelina Torsiello, vedova Falcone, parente della signora Caterina Cuozzo.

G.V.

05 aprile 2023

LA STORIA DI HENRY DIVENTA UN FUMETTO

La storia del soldato Henry Porcelli diventa un fumetto.

Nato nel 1919 negli Stati Uniti, Henry è figlio di Antonio, un italiano emigrato nel 1900.

Aviatore dell'esercito statunitense, dopo lo sbarco a Salerno del settembre 1943 Henry va a trovare la nonna nel paesino d'origine del padre, Valva.

Il nostro blog ha ricostruito la sua vicenda, dedicandole i seguenti post:

👉Dopo lo sbarco a Salerno un soldato americano visita la nonna a Valva
👉Sulle tracce del soldato Porcelli
👉Il suo nome era Henry Porcelli
👉Storie come strade
👉L'aviatore valvese che spiccò l'ultimo volo dal Colorado

Abbiamo pensato di trasformare la storia di Henry in un fumetto.
Qui trovate la prima parte:

https://share.pixton.com/qi7zxse

G.V.

28 marzo 2023

FILIBERTO, CARABINIERE E PARTIGIANO

Dalle curve della memoria digitale riemerge il nome di un secondo partigiano nato a Valva.

Di lui non si conserva memoria orale o fotografica in paese, ma forse la più vera e feconda memoria di un partigiano è nella Costituzione che ne onora il sacrificio e nella democrazia che ne rappresenta il frutto.  

Filiberto Martinelli, di Benedetto e di Maria Petricone, nasce a Valva il 2 dicembre 1919, tre anni dopo il fratello Flavio.

I genitori non sono di Valva: il padre è maresciallo dei carabinieri, la madre risulta "nobildonna". 

Il bambino aveva tre nomi: Filiberto Ettore Michele.
Si noti la firma dell'Ufficiale dello Stato Civile che ne annota la morte: 
Donato Vacca, al quale abbiamo dedicato alcuni post.

Carabiniere come il padre

Possiamo ricostruire la carriera militare e partigiana di Filiberto.

Dall'11 marzo 1939 risulta militare volontario ordinario nei Carabinieri; il 27 agosto risulta nella Legione di Roma.

Dopo l'8 settembre 1943, la Compagnia Allievi Carabinieri della Legione di Roma è protagonista di eroici combattimenti per contrastare l'occupazione nazista di Roma. Non siamo ancora in grado di stabilire se Filiberto abbia partecipato a questi combattimenti.

L'attività partigiana

Dal 1° ottobre 1943 al 12 giugno 1944 Filiberto milita nella formazione partigiana «Giulio Porzio», nel Cicolano (provincia di Rieti), con il grado di vicecomandante; la banda assume il nome di un suo componente caduto nel maggio 1944.

E' probabile che dopo la guerra Filiberto si sia trasferito a Rieti, visto che nei documenti compare un comune della provincia, Borgocollefegato.


Filiberto Martinelli muore a Roma l'8 febbraio 1972; risulta coniugato con la signora Antonietta Granada.

I documenti relativi all'attività partigiana sono tratti dallo Schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza, consultabile previa registrazione gratuita al sito www.partigianiditalia.cultura.gov.it.

Il blog "la ràdica" ha raccontato la storia del "partigiano" per antonomasia di Valva, il signor Michele Cecere, nel post👉Il partigiano di Valva.

Cercheremo di trovare ulteriori notizie su questo altro valvese partigiano: a volte, per essere uomini che rendono orgoglioso il comune di nascita, non è necessario restarci a lungo. Basta lottare per la libertà, ad esempio.

G.V.




27 marzo 2023

IL SOLDATO CHE EVASE DALLA PRIGIONIA

Nel post Le tre guerre di Donato Vacca abbiamo già presentato le vicende del soldato valvese volontario nella Guerra civile spagnola.

fonte

Ora ci occupiamo degli anni 1941-1946.

In Africa

L'11 gennaio 1941 Donato Vacca si imbarca da Napoli per l'Africa Settentrionale; sbarca a Tripoli il 14.

Viene fatto prigioniero durante la battaglia di Agedabia, una località che costituiva il principale nodo stradale che collegava Tripoli a Bengasi. 

Nel dicembre 1941 le forze britanniche avevano costretto l'Afrika Korps del generale tedesco Rommel a ritirarsi da questo territorio; il 2 aprile 1942 gli inglesi perdono di nuovo la città, ma la riconquisteranno definitivamente il 23 novembre 1942.

Il 2 aprile Donato evade dalla prigionia e si presenta al presidio di Barce, città della Libia (oggi Al Marj).

Il 18 aprile è inviato al centro raccolta reduci della prigionia di guerra a Bengasi; viene assegnato all'VIII Battaglione Carri del 132.mo Reggimento Fanteria Carristi.

1942-1943

Nel settembre ottiene una licenza premio di 15 giorni, nel dicembre lo troviamo nel 1 Reggimento Carristi, a maggio 1943 ha una licenza coloniale di 45 giorni, rientra il 13 luglio.

La guerra in Africa è di fatto conclusa nel maggio 1943, con la vittoria degli Alleati.

A fine agosto 1943 lo troviamo nel 1 Reggimento Carristi di Vercelli.

L’ 8 settembre 1943 viene annunciato l’armistizio con  le forze Alleate, il 9 Donato Vacca risulta sbandato; si sottrae alla cattura in territorio occupato dai nazi-fascisti; si ricongiunge al comando italiano.

Rientra in famiglia il 12 ottobre, da considerarsi in licenza ordinaria.

Una bella foto della famiglia Vacca nella prima metà degli anni Cinquanta; fonte

Gli ultimi anni

Non è semplice ricostruire gli avvenimenti dei mesi successivi: il foglio suo matricolare, generalmente ricco di informazioni, diventa meno preciso sugli eventi di questo periodo.

Di certo, Donato Vacca rientra alle armi; dall’11 dicembre 1944 all’8 maggio 1945 (fine della guerra in Europa) fa parte del comando italiano 212, Primo Deposito Materiale Sanitario.

Finita la guerra, dopo altri incarichi risulta ricoverato per oltre un mese nell’ospedale militare di Firenze, per poi essere dimesso e inviato in licenza di convalescenza di venti giorni.

Il 17 gennaio 1946 Donato si presenta all’ospedale militare di Napoli per la visita di controllo e viene dichiarato idoneo; il giorno dopo giunge al distretto militare di Salerno e inviato in congedo. 

Il 19 gennaio 1946, è inviato in congedo illimitato.

Si conclude così la sua carriera militare, iniziata nel lontano ottobre 1932 come volontario con la ferma di due anni, nel 30.mo Reggimento Fanteria.

Nel 1936 si era arruolato volontario per l’Africa Orientale Italiana con ferma indeterminata e destinato da Deposito 88.mo Fanteria di Livorno, a fine dicembre era nel deposito 22.mo Fanteria in Pisa, poi l’arruolamento volontario per la Guerra di Spagna, di cui abbiamo parlato nel post Le tre guerre di Donato Vacca.


Un sentito grazie al figlio Antonio per la gentile collaborazione.

G.V.


25 marzo 2023

LA DIVISA NELLA QUALE COMBATTERE

Ed un cielo di zucchero nero e di carta stellata
prometteva esperienza e mistero per tutta la strada.

Francesco de Gregori, Sulla strada 

Non sono facili le vie dell'emigrazione, non lo sono mai state.

Alcune hanno la forma quasi circolare che riconduce al punto di partenza, con l'esperienza maturata altrove; altre si aprono in altre strade e dischiudono orizzonti imprevedibili.

Mi viene da pensare all'esperienza e al mistero che può nascondere la scelta di lasciarsi alle spalle il paese, la casa, gli affetti e partire per l'America, puntando tutto su una carta ancora coperta.

Un nuovo mondo, una nuova lingua, spesso una nuova cittadinanza, a volte anche una nuova patria da difendere in guerra.

Henry Porcelli col padre Antonio e la madre Mabel nel 1942

Dalle nostre ricerche sono emerse storie di valvesi che hanno indossato la divisa dell'esercito statunitense nella Prima e nella Seconda guerra mondiale.

Altri valvesi, nati in America da genitori emigrati, sono invece tornati a Valva per combattere nell'esercito italiano.

Forse è più semplice inquadrare storicamente la scelta dei soldati di origine italiana di combattere nell'esercito americano nella Seconda guerra mondiale; si pensi ad esempio ad Henry Porcelli, la cui storia abbiamo raccontato in diversi post:

👉Dopo lo sbarco a Salerno un soldato americano visita la nonna a Valva
👉Sulle tracce del soldato Porcelli
👉Il suo nome era Henry Porcelli
👉Storie come strade

Figlio di un emigrante valvese, Henry è nato cittadino americano e per lui è stato normale arruolarsi nell'esercito del suo Paese.

Certo, il destino avrebbe potuto metterlo nella drammatica situazione di bombardare il comune di origine di suo padre, uccidendo anche suoi parenti. Per fortuna, la foto in cui è sorridente accanto alla nonna vestita da pacchiana dimostra che le cose sono andate diversamente.

Henry Porcelli con la nonna a Valva, nel 1943

La scelta di arruolarsi nell'esercito americano in occasione della Grande guerra è meno scontata, perché si tratta di cittadini italiani giunti da poco negli Stati Uniti.  Alcuni rispondono alla chiamata alle armi dell'esercito italiano, ma la maggior parte si arruola in quello americano.

Il Paese che accoglie viene evidentemente percepito subito come una nuova patria per la quale si è disposti eventualmente anche a sacrificare la vita. 

In un suo articolo pubblicato nella rivista Eunomia dell'Università di Lecce, il prof. Giuseppe Mazzaglia individua come prima ragione che spinge a considerare più vantaggioso combattere a fianco degli americani quella di carattere utilitaristico: un periodo al fronte assicurava la carta di lavoro e un un passaggio facile verso la cittadinanza, per sé e per la propria famiglia; "la prospettiva di un permesso permanente addolciva la pillola", commenta Mazzaglia.

In una fase in cui l'immigrazione di massa dall'Europa era ancora in pieno sviluppi, prosegue il professore, si passava da una miseria assoluta a condizioni di vita ancora precarie ma con l'obiettivo di migliorare. 

Qualsiasi modo per velocizzare il processo di integrazione era ben accetto, fosse anche il caso di mettere a rischio la propria vita per un paese di cui ancora non si conosceva bene la lingua. Oltretutto, la maggior parte degli uomini tra i diciassette e i trentacinque anni la vita la rischiava ugualmente lavorando nelle miniere, come carpentieri e muratori, a posare le ferrovie e nelle fabbriche.  [...]  

L’Italia, poi, era il posto da cui erano scappati, che li aveva costretti a emigrare per non vivere in miseria. Per molti, il fatto di poter servire il loro paese d’adozione significava un passo verso la pubblica accettazione che fino ad allora avevano potuto soltanto sperare.

G. Mazzaglia, I pugliesi che combatterono nell'esercito americano nella Prima guerra mondiale, 2018 

Tra coloro che si arruolano, 1030 cadono in combattimento, muoiono in seguito alle ferite riportate in combattimento o sono dichiarati dispersi. La regione italiana con il numero più alto di soldati caduti nell'esercito statunitense è la Campania, che al tempo comprendeva anche la "Terra di Lavoro" (e dunque anche l'attuale provincia di Frosinone e buona parte di quella di Latina), con 249 caduti.

Tra questi caduti, il valvese Carmine Figliulo, che risulta morto in Francia il 20 febbraio 1919 nel Dipartimento della Marna (regione Champagne-Ardenne). Visto che la guerra era finita nel novembre precedente, possiamo dedurne che il soldato sia deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento (o a una malattia contratta in guerra).

Tumulazione della salma di Carmine Figliulo a New York, nel 1922;
la foto è stata pubblicata da Gozlinus

Alla sua vicenda Gozlinus ha dedicato due post:

Un altro valvese risulta arruolato nell'esercito statunitense nella Grande Guerra: Francesco Grasso, che diventerà un famoso direttore d'orchestra in Florida col nome americanizzato di Frank Grasso.

A lui il blog Gozlinus ha dedicato diversi post, tra i quali segnaliamo quello più ricco di informazioni:👉Il maestro delle stelle.

Arrivato negli Stati Uniti nel 1912, risulta arruolato nel 1918 e congedato nel 1919; dalla tomba risulta che durante la guerra faceva parte di una brigata di deposito (quindi non ha combattuto sul fronte).

Ecco la foto della sua tomba:

Il nostro blog ha dedicato molto spazio alle vicende della famiglia Freda: due dei fratelli di quella famiglia di emigranti valvesi hanno combattuto la Grande Guerra nell'esercito statunitense, mentre tre loro figli hanno combattuto la Seconda Guerra Mondiale (e in un caso anche quella di Corea).

Un caso particolarmente significativo è quello dei fratelli Catino: Michele caduto sul Carso con l'uniforme italiana, Amedeo sopravvissuto -ma non indenne- ai gas di Verdun con quella americana.

Quelli che hanno scelto l'Italia

Sabato Fratangelo, classe 1895, calzolaio, nasce a Piffard, negli Stati Uniti, il 10 agosto 1895, da Francesco e Filomena Spiotta.
L'Italia lo chiama alla visita militare e poi a combattere nella Grande guerra, nella quale cadrà.

Alla sua storia abbiamo dedicato dedicato il post 👉 Sabato, nato in America e morto in guerra da italiano.

Ancora diversa è la storia di Giuseppe Marcelli, nato a Newark nel 1921, chiamato alle armi in Italia nel 1943, sbandato dopo l'8 settembre 1943. E' verosimile che sia tornato negli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale.

Della sua vicenda e di quella della sua famiglia ci siamo occupati nel post 👉 Da Newark a Valva per la guerra e poi il ritorno.

...un cielo di zucchero nero e di carta stellata; foto di Giancarlo Feniello (G+)

G.V.