18 agosto 2025

LA TOMBA DI SANSONE

Orribil furon li peccati miei; 
ma la bontà infinita ha sì gran braccia, 
che prende ciò che si rivolge a lei.                            

Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia 
di me fu messo per Clemente allora, 
avesse in Dio ben letta questa faccia,                       

l’ossa del corpo mio sarieno ancora 
in co del ponte presso a Benevento, 
sotto la guardia de la grave mora.                              

Or le bagna la pioggia e move il vento 
di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde, 
dov’e’ le trasmutò a lume spento. 

                    Dante, Purgatorio, canto terzo                      

Non sappiamo se i peccati di Emidio fossero così grandi da meritargli la sepoltura in terra non consacrata a ridosso del muro del cimitero né se la severità del giudizio fosse da paragonare all'incapacità delle autorità di allora di riconoscere in Dio anche la faccia della misericordia, come lamenta il personaggio dantesco del canto terzo del Purgatorio. 
Sappiamo però che questo è stato il destino del suo cadavere. Secondo il custode del cimitero di Valva,  a oltre centodieci anni di distanza lo scheletro era praticamente integro. 
Dicembre 1887. Emidio Sansone viene ucciso in piazza dai carabinieri, almeno secondo il racconto popolare che stiamo cercando di verificare con i documenti.
L’immagine è una ricostruzione storica in stile fotografico,
realizzata con l’ausilio di intelligenza artificiale, a cura del blog la ràdica
Viene sepolto fuori del cimitero, dove rimane fino all'inizio degli anni Duemila, quando il comune di Valva esegue dei lavori di ampliamento. 
La tomba di Emidio Sansone; fonte
In quell'occasione, i resti di Emidio sono stati composti in un loculo, con la stessa epigrafe in pietra che per tanti anni ne aveva testimoniato il nome, la data e la giovane età della morte:
A questa figura tra lo storico e il leggendario vogliamo dedicare un lavoro di ricerca, perché riteniamo giusto ricostruirne la storia. Raccontarla, significa almeno tentare di restituire dignità a questo giovane valvese (originario di Acerno) e inserirla nel più ampio contesto della nostra memoria collettiva.

Una storia che inizia da lontano
Il 22 gennaio 1848, davanti al notaio Pasquale Budetta in Occiano -"villaggio" di Montecorvino Rovella, del Principato Citra del Regno delle Due Sicilie- si presenta il signor Aniello Sansone del fu Luca, di professione casiere, domiciliato in Acerno, che dichiara che suo nipote Vito Sansone, figlio del fu suo figlio Luca e della vivente Maria Giuseppa Sansone, "avendo conchiuso volersi maritare con la nominata Carolina Salvatore di anni diciotto" ha bisogno del consenso del suo avo paterno (=nonno).
Non potendo il signor Aniello recarsi di persona ad Acerno,
"col presente atto espressamente e formalmente dà e presta il suo consenso e piacere per detto matrimonio del nipote, facultando l'uffiziale dello stato civile a riceverne la solenne promessa ed il parroco a celebrare le nozze, come se vi fusse presente esso consensiente Aniello Sansone".
Vito (o Vitantonio o Vito Antonio) Sansone e sua moglie Carolina avranno una bambina ad Acerno, di nome Maria Giuseppa, e poi si trasferiranno a Valva.
Qui il 17 dicembre 1857 nascerà Emidio Sansone.
Morirà a trenta anni. Spetta a noi scoprire dove e come.

Continueremo a occuparci di Emidio Sansone, seguendone le tracce tra documenti e memoria popolare.

Un sentito ringraziamento al signor Eliseo Feniello, per le preziose informazioni e la consueta disponibilità.
G.V.

13 agosto 2025

IL BERSAGLIERE MUTILATO SUL MONTE CUCCO

In un precedente post abbiamo già raccontato la vita di Martire Perna, avvolta in un alone di mistero che si sta diradando grazie all'appassionata ricerca di un suo giovane discendente, Gianluca.
Ora entriamo nel cuore della sua esperienza più drammatica e significativa: il servizio militare durante la Grande Guerra, nei Bersaglieri.
Martire, chiamato alle armi il 24 novembre 1915, entra poi a far parte del 21° Reggimento Bersaglieri, costituito il 27 aprile 1917.
Durante la Decima Battaglia dell'Isonzo, il 21° Reggimento Bersaglieri, inserito nella 60ª Divisione, è impegnato sul Monte Cucco (Kuk) è un'altura strategica a nord di Gorizia.
Il 15 maggio, insieme al 127° Reggimento Fanteria, i bersaglieri partecipano all’attacco per la conquista di quota 535, lo sperone più importante del Monte Cucco. 
La resistenza austro-ungarica è dura, ma l'esercito italiano riesce  a occupare le posizioni previste.
Il 16 maggio i bersaglieri respingono ripetuti contrattacchi nemici volti a riconquistare lo sperone. 
In questa occasione Martire riporta gravi ferite da pallottole d'arma da fuoco alla spalla sinistra e al viso, con la frattura della mascella sinistra e la perdita di sedici denti.  In seguito a queste ferite otterrà la dichiarazione di mutilato di guerra, con la quarta categoria a vita (un'invalidità che non era la più grave ma era comunque permanente e non migliorabile).
La lotta sul Monte Cucco è durissima. Il bollettino di guerra del Comando Supremo del 17 maggio 1917 riporta:
Aspra e lunga fu la lotta nella zona fra Monte Cucco e Vodice, ove forti forze nemiche, sostenute dal fuoco di numerose batterie, si lanciarono più volte contro le nostre nuove posizioni. Furono costantemente ributtate. L’intero baluardo roccioso di Monte Cucco fra Quota 611 e Quota 524 rimane in nostro saldo possesso.  fonte
Martire ottiene le decorazioni che vediamo nelle foto:
Significativa è l'espressione "Guerra per l'unità italiana"



Il precedente post dedicato a Martire Perna:
Martire il bersagliere e sua madre Arcangela- La memoria da ricucire

Anche questo post è stato possibile grazie al prezioso lavoro di Gianluca Parisi Perna, che desidera esprimere un sentito ringraziamento al signor Michele Strollo per la gentile e preziosa collaborazione.
G.V.


08 agosto 2025

UNA GIORNATA PER GLI IMI: MEMORIA CONDIVISA O MEMORIA FRAMMENTATA?

In questo quarto approfondimento che “la ràdica” dedica alla nuova legge istitutiva della Giornata nazionale degli Internati Militari Italiani, ripercorriamo le critiche che ci sembrano più significative emerse nel dibattito pubblico e accademico dopo l’approvazione della norma.
Padova, Museo nazionale dell'internamento; fonte

L'antifascismo dimenticato?

Tra le riflessioni più lucide e argomentate, spicca l’intervento pubblicato il 28 luglio 2024 sul quotidiano Domani, a firma di Orlando Materassi (ex presidente di Anei) e dello storico Daniele Susini dal titolo 👉 La proposta di Mulè dimentica l'antifascismo degli internati militari.
Gli autori rivendicano il valore della scelta compiuta da circa 600.000 soldati italiani catturati dopo l’8 settembre 1943, definita “una Resistenza condotta nei lager” e soprattutto “una scelta antifascista”: un gesto collettivo che per decenni è stato trascurato o rimosso dalla memoria pubblica.
Tuttavia, il loro articolo solleva alcune critiche alla legge e ne evidenzia rischi e ambiguità, che qui proviamo a sintetizzare.
Mancanza di consultazione 
Secondo gli autor, l’ANEI (Associazione Nazionale ex Internati nei Lager nazisti) non è stata coinvolta nella stesura della proposta; lamentano una “totale assenza di comunicazione” da parte del promotore Giorgio Mulè.
Sovrapposizione e ridondanza
Gli autori ricordano che l’esperienza degli IMI è già riconosciuta dalla legge del 2000, che istituisce il Giorno della Memoria (27 gennaio) e cita esplicitamente i “deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”. Introdurre una giornata separata rischia quindi di essere superfluo.
Isolamento e frammentazione della memoria 
Gli autori paventano il rischio che la nuova ricorrenza possa isolare la vicenda degli IMI dalla più ampia narrazione della Resistenza e della Liberazione, celebrata il 25 aprile. La moltiplicazione delle giornate commemorative rischia di indebolire il senso di unità e coerenza della memoria collettiva.
Assenza del termine “antifascismo” nel testo di legge 
L'articolo considera grave che la legge non  attribuisca esplicitamente la qualifica di “scelta antifascista” alla decisione degli IMI. Il termine compare solo per descrivere le associazioni coinvolte, non i protagonisti della vicenda, segno – secondo gli autori – di una “scarsa attenzione della politica”.
Incoerenze politiche 
L'articolo denuncia anche ambiguità tra alcuni promotori della legge, appartenenti a partiti che -secondo gli autori- faticano ad assumere una posizione netta sul fascismo. In particolare, viene citata una dichiarazione di Ignazio La Russa che avrebbe ridotto la scelta degli IMI a “una prigionia di comodo”, senza riconoscerne la natura etica e politica. Gli autori auspicano un impegno più deciso da parte del governo nel rifiutare ogni ambiguità sull'antifascismo.
In conclusione, l’articolo definisce la proposta Mulè come “velleitaria”, priva di una chiara “logica storica e di memoria”, e auspica che ci sia un ripensamento o almeno un dibattito più consapevole e inclusivo.

La risposta di Giorgio Mulè

Il giorno dopo, "Domani" ha ospitato la replica di Giorgio Mulè, in un articolo dal titolo 👉 La proposta di legge per la giornata degli internati militari è sincera e condivisa.
Mulè respinge le critiche di Materassi e Susini, difendendo con decisione la proposta e chiarendo alcuni aspetti centrali.
Una proposta nata da una necessità storica
Mulè si dichiara dispiaciuto per la definizione di proposta “velleitaria” e priva di “logica storica e di memoria”, affermando invece che nasce dalla necessità di colmare un vuoto a lungo ignorato e di restituire dignità e onore agli Internati Militari Italiani.
Il riconoscimento della scelta antifascista
Mulè sottolinea che la legge cita esplicitamente la Repubblica di Salò e che è animata da un’ispirazione antifascista. Ricorda che gli IMI “scelsero consapevolmente di rifiutare qualsiasi collaborazione con nazisti e fascisti” e li definisce “eroi civili e militari”, il cui sangue è alle fondamenta della Repubblica italiana come quello di chi cadde nella Resistenza.
Un clima di concordia
A sostegno della proposta, Mulè richiama il messaggio del Presidente Mattarella sull’importanza di una “memoria condivisa” e sottolinea che la legge è stata approvata all’unanimità alla Camera, rappresentando una “bellissima pagina” di concordia tra le forze politiche.
Il nodo della consultazione
L'autore della proposta di legge rivendica di essersi ispirato al lavoro dell’ANRP e dell’ANEI, e dichiara di aver già incontrato la presidente dell’ANEI, Anna Maria Sambuco, che avrebbe espresso dissenso verso le critiche di Materassi e Susini, con un ulteriore incontro in programma.
Un rifiuto netto delle accuse
Respinge la richiesta di “ripudio del fascismo”, definendola un’offesa alla sua storia, al suo impegno politico e alla sua coscienza, e accusa gli autori dell’articolo di superficialità, dichiarando di non perdonarla, “a maggior ragione da chi si fregia del titolo di ‘storico’”.

Frammentare la Resistenza non serve

A pochi mesi dal primo intervento critico, Orlando Materassi e Daniele Susini sono tornati sull’argomento con un nuovo articolo pubblicato il 7 dicembre 2024 su Domani, dal titolo 👉 Perché “frammentare” laResistenza non aiuta a conoscere la nostra storia.
Nel frattempo, il disegno di legge Mulè ha proseguito il suo iter: approvato all’unanimità dalla Camera dei Deputati il 19 settembre, è passato in Commissione al Senato nel mese di ottobre.
Il secondo intervento degli autori conferma e approfondisce i punti già espressi, ampliando la riflessione sulle implicazioni storiche, politiche e simboliche della legge.
Una memoria "depotenziata"?
Materassi e Susini temono che una giornata dedicata agli IMI, anziché valorizzarne la memoria, contribuisca a frammentarla, in un contesto già affollato di commemorazioni che rischiano di indebolire la coerenza del racconto storico collettivo.
I due studiosi citano come esempio le numerose giornate dedicate a categorie diverse di vittime (civili innocenti, lavoratori coatti, stragi nazifasciste), che rischiano di trasformare la memoria in un elenco disgiunto anziché in una narrazione coerente e condivisa. 
Una mescolanza forzata?
Gli autori criticano anche la scelta del legislatore di accomunare militari e civili, nonostante le profonde differenze tra le rispettive esperienze di deportazione. Questa “mescolanza di destini” viene giudicata fuorviante e poco rispettosa della complessità delle vicende storiche.
Una scelta antifascista, morale e politica
Al centro dell’analisi resta la natura della decisione degli Internati Militari Italiani: una scelta morale, ideologica e, per certi versi, politica, che rappresenta – secondo gli autori – una completa negazione del ventennio fascista. La loro fu a tutti gli effetti una scelta antifascista, e come tale dovrebbe essere pienamente integrata nella memoria della Resistenza plurale. Viene citato lo storico Giorgio Rochat, che ha definito il comportamento degli IMI un esempio di “straordinario valore politico-morale”.
Riconoscimenti già esistenti e lacune della nuova legge
Materassi e Susini ricordano che gli IMI sono già equiparati ai partigiani dal 1977 e 1983: di conseguenza, il loro ricordo dovrebbe trovare spazio il 25 aprile. Criticano inoltre l’assenza del termine “antifascismo” nel testo di legge, un'omissione che conferma – a loro avviso – la debolezza simbolica e politica della norma.

Rischi pratici e simbolici
Vengono sollevate anche criticità di ordine pratico e simbolico: la data del 20 settembre, troppo vicina all’inizio dell’anno scolastico, rende difficili le attività educative, mentre l’assenza di fondi dedicati rischia di limitarne l’impatto. 
Infine, la scelta di consegnare in quella data le Medaglie d’Onore è considerata inadeguata, perché sottrae agli IMI il riconoscimento istituzionale che meriterebbero in ricorrenze più solenni.

I testi sono sintetizzati a fini di commento e informazione,  con l’obiettivo di alimentare il dibattito su un tema centrale per il nostro blog
Gli articoli completi sono disponibili sul sito del quotidiano "Domani", da cui sono stati tratti e sintetizzati. Gli articoli citati hanno un link che rimanda direttamente alla fonte.

Per concludere

Il confronto tra voci diverse è essenziale per dare profondità alla memoria collettiva. Solo attraverso il dialogo tra prospettive storiche, culturali e civili possiamo cogliere la complessità di scelte simboliche come l’istituzione di una nuova giornata nazionale.
Torneremo presto sul tema, con nuovi spunti e riflessioni.

G.V.


05 agosto 2025

"SCUSATE IL RITARDO": IL PARLAMENTO UNITO NELLA MEMORIA DEGLI INTERNATI ITALIANI

Nel giugno del 1944, in un rapporto riservato, si leggeva:
“I prigionieri si trovano al gradino più basso nella scala degli oppressi... Alcuni si direbbero spettri viventi... L'impressione destata da questi uomini, ridotti a così mal partito, è quanto di più avvilente si possa mai provare.”
Padova, Museo nazionale dell'Internamento; fonte
Con queste parole, tratte da un documento d’epoca, l’onorevole Giorgio Mulè, primo firmatario e relatore della proposta di legge per l’istituzione di una giornata nazionale dedicata agli Internati Militari Italiani (IMI), ha aperto il suo intervento alla Camera durante il voto finale.
L'onorevole Giorgio Mulè
La sua proposta di legge ha ottenuto l'unanime approvazione del Parlamento: la Giornata sarà celebrata il 20 settembre di ogni anno, per ricordare i 650mila soldati italiani deportati nei Lager dopo l'8 settembre 1943 a causa del loro rifiuto di aderire al nazifascismo.
Come abbiamo già ricordato nei nostri precedenti post, la data scelta ha un valore simbolico: il 20 settembre 1943 Hitler dichiarò i militari italiani "internati militari" e non più "prigionieri di guerra", per escluderli dalla protezione della Convenzione di Ginevra.
In Aula si sono alternate voci diverse, dei vari schieramenti politici, unite nel riconoscimento del sacrificio degli internati militari.
L’onorevole Mulè ha sottolineato il valore unitario della legge affermando che, in questa occasione, tutte le forze politiche hanno messo da parte le appartenenze di partito per ritrovarsi attorno a una memoria condivisa, fondamento dei valori repubblicani.
 
Il dibattitto alla Camera
Diamo conto del dibattito alla Camera raggruppando gli interventi per ambiti tematici. 
Quando il “no” diventa memoria
Mulè ha citato la testimonianza di Michele Montagano:
Ho detto sempre “no”. Sono stato due anni a dire sempre “no”. Ci trattavano come traditori, ci comandavano a bastonate dalla mattina alla sera, tutti i mezzi erano buoni per abbatterci. Ho fatto la Resistenza più che la prigionia. Mi sono sempre sentito resistente. Il mio più grande amore è l'Italia.
Mulè ha infine concluso il suo intervento affermando: "Scusate il ritardo. Con questa legge l'Italia si inchina all'esempio e al sacrificio dei 650.000 soldati".
Nel corso del dibattito, la memoria è emersa anche attraverso le storie personali. 
Ad esempio, l’onorevole Maria Elena Boschi (Italia Viva) ha condiviso un ricordo familiare: suo nonno Gloriano, giovane contadino toscano, fu uno degli IMI. Tornò dalla Germania a piedi, segnato dalla prigionia e dalla malattia.
Boschi ha sottolineato la lezione morale da trarne:
Io credo che giornate come questa ci tengano dritta la barra sui valori autentici su cui abbiamo fondato la nostra Repubblica.
Il valore morale del rifiuto
L’onorevole Pino Bicchielli (Noi Moderati) ha affermato:
Ci sono atti, nella storia di una Repubblica, che meritano di essere ricordati quanto quelli di chi, alla propria stessa vita, antepone il rifiuto ad assoggettarsi all'occupazione straniera. Vi è in esso il senso stesso della patria, della fedeltà ad essa e della libertà di comunità che si rivendica, pur sapendo di perdere quella personale.
Per l’onorevole Marco Pellegrini (M5S) è importante specificare la motivazione del rifiuto:
La precisazione inequivocabile che sancisce e afferma in maniera netta che i militari italiani furono deportati e internati perché si rifiutarono di collaborare con lo Stato nazionalsocialista e con la Repubblica Sociale Italiana, con i fascisti della Repubblica Sociale Italiana.
Le tante facce della Resistenza
L’ onorevole Andrea De Maria (Partito Democratico) ha ribadito l'unità delle diverse forme di Resistenza:

Il fatto che la scelta degli internati militari italiani fu una scelta di resistenza e che, quindi, c'è un'unità nelle diverse forme di resistenza: quella armata nel Paese, i civili che sostennero i partigiani, appunto, la scelta che fecero gli internati militari italiani.

Il ruolo della società civile e delle associazioni 
L’ onorevole Laura Cavandoli (Lega) ha riconosciuto il ruolo delle associazioni:

Associazioni che ci hanno preceduto e ci hanno stimolato per questa proposta legislativa, hanno fatto da guida, essendo già attive da tempo nella promozione per la diffusione di questi alti valori che hanno ispirato i nostri predecessori, che ancora oggi possiamo chiamare eroi o anche martiri.

Questo dibattito in Aula ha avuto luogo tra il 16 e il 19 settembre 2024, quando c’è stata la votazione finale: 256 favorevoli su 256 votanti.
 
“Un seme di democrazia e libertà”: anche il Senato approva
Nella seduta n. 259 del giorno 8 gennaio 2025, in Senato c’è stata l’approvazione definitiva del disegno di legge.
Nel corso del dibattito finale, la senatrice Petrenga -relatrice- ha evidenziato l'obiettivo di 
conoscenza del valore storico, militare e morale della vicenda degli internati e di ricordo delle sofferenze da loro patite in violazione di tutte le leggi di guerra e dei diritti inalienabili della persona, nonché quale messaggio di pace rivolto alle giovani generazioni.
La senatrice Raffaella Paita (Italia Viva) ha definito l’iniziativa “giusta e opportuna” e ha concluso sottolineando l'unità dell'Aula:
Questa è una bellissima giornata perché... oggi potremo essere tutti uniti nel riconoscere una centralità anche a queste persone e per restituire loro dignità e orgoglio.
Il lungo oblio degli IMI
Il senatore Zanettin (Forza Italia) ha ricordato l’amaro dopoguerra degli IMI:

Il rientro a casa degli IMI fu estremamente complicato per la mancanza di un efficace coordinamento da parte dello Stato italiano" e come la loro tragedia fosse stata "interpretata, nel migliore dei casi, come sfortunato corollario della guerra o letta  come prova di vigliaccheria e rifiuto di combattere.

Il senatore Paganella (Lega) ha messo in luce la marginalità vissuta da questi soldati –“veri e propri eroi della Resistenza”- nel secondo dopoguerra, quando che si sentirono "emarginati, messi da parte, considerati quasi rappresentanti di una Resistenza di serie B".
Ha inoltre messo in luce la scelta di coscienza degli internati italiani:

I combattenti italiani si erano trovati senza una guida, soli davanti alla loro coscienza" e che seppero "conservare la dignità anche in un momento altamente drammatico della storia nazionale.

Il senatore Lucio Malan (FdI) ha condiviso il ricordo del padre internato. Si è soffermato sulle condizioni degli internati, costretti al lavoro coatto, minacciati, malnutriti e alloggiati in luoghi inadeguati.
La loro fu una forma silenziosa ma concreta di Resistenza: scelsero di non aderire alla Repubblica Sociale Italiana né di collaborare con il regime nazista, pagando un prezzo altissimo per difendere la propria dignità.
Ha inoltre parlato  di una memoria finora rimasta fuori dalla narrazione ufficiale e ha concluso: 
Ora questa legge rimedia all’oblio al quale queste centinaia di migliaia di italiani erano stati sottoposti.
Una memoria che parla ai giovani
Il senatore Marton (M5S) ha utilizzato un’immagine potente:

La loro resistenza silenziosa è un seme piantato nel terreno della democrazia e della libertà che noi oggi continuiamo a coltivare.

Ha concluso con un monito per le future generazioni:

Non dimentichiamo che la storia si ripete solo quando si perde la memoria. Non dimentichiamo che la libertà non è mai scontata. Non dimentichiamo che ognuno di noi, oggi come allora, può essere chiamato a scegliere tra il giusto e il comodo.

La Resistenza in tutte le sue forme
Come aveva fatto alla Camera il suo collega De Maria, il senatore Dario Parrini (PD) ha proposto il concetto di “tante resistenze”:

Quella in armi dei partigiani, quella silenziosa e coraggiosissima di tantissimi cittadini... la Resistenza degli IMI che, senza armi, hanno detto no alla collaborazione con Hitler e Mussolini.

Parrini ha inoltre rimarcato la complementarietà della Giornata del 20 settembre con il Giorno della Memoria (27 gennaio) e la Festa della Liberazione (25 aprile), vedendola come "un evento simbolo di una delle tante forme di Resistenza al nazifascismo".
 
Prima alla Camera, poi al Senato.
A ottant’anni dal loro rientro – per chi è riuscito a tornare – il “No” di 650.000 soldati italiani è diventato un “Sì” della Repubblica.
Il Parlamento ha riconosciuto il valore di quel rifiuto: un atto di Resistenza, una scelta morale.
Ora la memoria è legge e la legge un impegno per il futuro.

Fonti

G.V.

MARTIRE IL BERSAGLIERE E SUA MADRE ARCANGELA- LA MEMORIA DA RICUCIRE

Gianluca Parisi Perna è un giovane che vive in Germania, figlio di genitori emigrati da Valva. Da qualche anno si è appassionato alla storia della sua famiglia d’origine e, con pazienza e competenza, è diventato un esperto di ricerche genealogiche. È  riuscito a ricostruire rami familiari  presenti oggi in vari Paesi del mondo e a mettersi in contatto con parenti lontani.

In questo periodo, Gianluca sta concentrando le sue ricerche su un personaggio che lo affascina particolarmente: il suo trisavolo Martire Perna. La sua figura è avvolta da un’aura di mistero. Nato a Valva, compare in alcuni documenti con il nome di Matteo e sembrerebbe iscritto nelle liste di leva di un comune in provincia di Isernia -dato però non confermato- nonostante si sia sposato a Valva e sia poi sempre vissuto qui. Combatté nella Prima Guerra Mondiale, fu dichiarato invalido e ricevette decorazioni militari, ma molte informazioni sono andate perdute.

Ecco le notizie che Gianluca è riuscito a raccogliere fino ad oggi.

Martire Perna nasce a Valva, in provincia di Salerno, il 12 gennaio 1898
Dall’atto di nascita apprendiamo il nome della madre, Arcangela Perna, nata a Valva nel 1873 da Antonio Maria Perna e Marta Maria Fasano.
Un primo piccolo giallo: nell'atto di nascita di Arcangela, sembra che il nome della madre sia Martira. Dovrebbe però essere Marta Maria. Al momento non escludiamo una deformazione popolare del nome. Questo spiegherebbe, tra l'altro, il nome dato da Arcangela a suo figlio: sarebbe quello di sua madre.

Anche gli altri due figli di Arcangela hanno il cognome Perna: Giuseppe, nato morto a Valva nel 1903, e Angelo Michele, nato a Sturno nel 1907. Una figlia di quest’ultimo, Gorizia Keefe vive in Inghilterra, dove è emigrata nel 1962.  

Una vita difficile
La vita di Arcangela Perna fu segnata dalla povertà: infatti, al momento della morte, avvenuta a Castelmauro in provincia di Campobasso, risulta “mendicante”.

Arcangela Perna risulta deceduta il 13 agosto 1909 alle ore sette pomeridiane, al numero 15 della casa posta in Corso Italia; di anni trentadue [in realtà trentasei] residente in Valva Sturno, nata in Valva da Antonio, domiciliato in Valva e da..................domiciliata in vita in valva.
In nota leggiamo: "Al dodicesimo rigo del presente atto si sono cancellate le parole 'Valva' perché erroneamente scritte".
Da notare che manca il nome della madre di Arcangela.

Per molto tempo a Valva si è pensato che la famiglia di Martire provenisse da Sturno, in provincia di Avellino, probabilmente a causa della confusione con il fratellastro Angelo Michele. Le ricerche di Gianluca hanno però chiarito che Martire è nato a Valva e qui si è sposato ed è diventato padre; anche sua madre Arcangela è certamente nata a Valva; per lei però rimangono due punti da chiarire: il trasferimento a Sturno (dove ha dato alla luce il figlio Angelo Michele) e la morte in Molise.

Foto come tessere di un mosaico
Martire era descritto come un uomo alto e magro, noto in paese con il soprannome dialettale “Martrucc”.

Nel 1919 Martire sposa Maria Michela Torsiello, figlia di Carmine Maria Torsiello e Angela Cuozzo

La signora Maria Michela Torsiello

La coppia avrà nove figli.
In una foto datata 1966, Maria Michela — affettuosamente chiamata da Gianluca “nonna Chela” — è ritratta in abito da lutto, con il velo nero tipico del costume tradizionale da pacchiana. E' l’anno della morte di Martire, avvenuta il 12 gennaio 1966, proprio nel giorno del suo 68° compleanno.

La foto è stata scattata a Sturno, in occasione della prima visita di Gorizia dopo il suo trasferimento in Inghilterra; in essa si vede anche una delle figlie di Martire, Gerardina, che ha in braccio una bambina (sua figlia). La foto viene pubblicata per gentile concessione della signora Maria Rosa Keefe, figlia di Gorizia. 

Gianluca ha trovato nell'album di matrimonio dei suoi nonni Mario e Maria una foto scattata nella casa di nonna Chela in corso Vittorio Veneto a Valva, nella quale si intravede una decorazione militare dedicata a Martire, con medaglie e la scritta “Bersagliere”, a testimonianza del suo servizio nella Prima Guerra Mondiale.

Questa iscrizione nel cimitero di Valva è un ulteriore segno del suo impegno militare:

All'invalido della guerra 1915-1918 Perna Martire
nato 12-1-1898
morto 12-1-1966

Una difficile ricerca
Recuperare documenti ufficiali sul suo servizio militare, però, si è rivelato complicato.
L’Archivio di Stato di Salerno non conserva il suo foglio matricolare, ma dalla lista di leva risulta che una nota di renitenza fu poi annullata perché Martire aveva prestato servizio sotto il nome di Matteo Perna, nel comune di Pietrabbondante (provincia di Isernia). 
Tuttavia, nelle liste del comune di di Pietrabbondante- conservate all'Archivio di Stato di Isernia- non compaiono i nomi di Matteo o Martire Perna per le classi 1898 e 1899.
Un dettaglio curioso, forse rivelatore, emerge dall’atto di matrimonio di Martire e Maria Michela: la firma dello sposo sembra riportare il nome “Matteo”. Questo potrebbe aver generato – o rafforzato – la confusione che si riscontra nei documenti militari, in cui Martire Perna risulta talvolta registrato come “Matteo”. Un errore grafico o una svista burocratica, che oggi Gianluca cerca di decifrare oltre un secolo dopo.
Infatti il giovane non si arrende. Con la stessa passione e tenacia che ha guidato finora le sue ricerche, continuerà a cercare la verità sulla vita e sulla storia del suo trisavolo, ad esempio presso l' Archivio di Stato di Campobasso, dove sono custoditi i ruoli matricolari.

Riscattare la memoria
Ricostruendo la vita di Martire, Gianluca non sta semplicemente cercando notizie su un suo antenato: sta ridando voce a una storia dimenticata. Nel farlo, si confronta con la confusione che a volte troviamo nei registri del passato (del resto comprensibile, visti i mezzi dell’epoca).
Forse ad animare Gianluca è anche il desiderio di riscattare la memoria della sua antenata Arcangela. 
Ricostruirne la storia è un piccolo atto di giustizia, un risarcimento simbolico a una madre coraggiosa che allevò i suoi figli in un contesto difficile, segnato dalla povertà e dall’emarginazione.
Per anni, il suo nome è rimasto confinato in un ingiallito registro, accanto alla parola “mendicante”. Oggi, grazie all’amore di un giovane discendente, torna a essere persona, storia, memoria.


🙏Gianluca and the blog "la ràdica" would like to thank Mrs. Maria Rosa Keefe, daughter of Gorizia, for her kindness and invaluable collaboration. A warm greeting to Mrs. Gorizia as well.    
Gianluca e il blog "la ràdica" desiderano ringraziare la signora Maria Rosa Keefe, figlia di Gorizia, per la sua gentilezza e la preziosissima collaborazione. Un affettuoso saluto anche alla signora Gorizia.

📃
Se anche voi avete ricordi, documenti, foto o semplicemente storie tramandate su Martire Perna o sulla sua famiglia, Gianluca sarà felice di ascoltarle.

G.V.


04 agosto 2025

20 SETTEMBRE, LA GIORNATA DEGLI INTERNATI MILITARI

 Legge 13 gennaio 2025, n. 6

Istituzione della “Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale” 
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2025

Il 13 gennaio 2025 il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge che istituisce il 20 settembre come “Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale”.
Approvata all’unanimità, la legge riconosce ufficialmente questa data per onorare la memoria degli italiani – militari e civili – che furono deportati e costretti al lavoro forzato nei lager nazisti, dopo aver rifiutato di collaborare con il regime nazifascista in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943.
Lo scopo è promuovere la conoscenza di questa tragica vicenda storica, specialmente tra le giovani generazioni, in continuità con il Giorno della Memoria (27 gennaio) e con la Festa della Liberazione (25 aprile).
Padova, Museo nazionale dell'Internamento- Tricolore dal Lager di Mittelbau-Dora, 
donato dal cav. Sisto Santin

Proponiamo una sintesi dei quattro articoli della legge, anche attraverso una serie di domande e risposte.

Articolo 1 – Istituzione e finalità della Giornata

Perché il 20 settembre?
È il giorno in cui, nel 1943, Hitler modificò arbitrariamente lo status dei militari italiani catturati dopo l’armistizio: da prigionieri di guerra a internati militari. Questo li privò delle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra del 1929 e li espose a trattamenti disumani.
Padova, Museo nazionale dell'internamento
Qual è l’obiettivo della Giornata?
La Giornata vuole conservare la memoria degli italiani deportati nei campi di concentramento, dove subirono violenze e furono costretti al lavoro coatto per aver rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e al regime nazista.
La Giornata vuole anche onorare i militari uccisi per quel rifiuto, trasformando il ricordo in un messaggio di pace rivolto alle nuove generazioni.

Qual è il contesto storico in cui si inserisce la vicenda degli internati italiani?
Dopo l’8 settembre 1943, circa 800.000 italiani furono deportati nel Terzo Reich. Di questi, oltre 650.000 furono Internati Militari Italiani (IMI): scelsero la prigionia al collaborazionismo. Circa 50.000 morirono per fame, malattia, esecuzioni o bombardamenti.
Padova, Museo nazionale dell'internamento

Quali iniziative sono previste il 20 settembre?
Province ed enti locali possono promuovere cerimonie commemorative (anche presso l’Altare della Patria a Roma); il conferimento della medaglia d’onore; incontri, dibattiti, mostre, ricerche, pubblicazioni; momenti di riflessione per diffondere il valore storico e morale della vicenda degli internati.

Qual è il rapporto con le altre ricorrenze?
Le celebrazioni del 20 settembre si affiancano a quelle del 27 gennaio (Giorno della Memoria) e del 25 aprile (Liberazione).

Medaglia d’onore
In occasione della Giornata, è conferita la medaglia d’onore prevista dalla legge finanziaria del 2006, destinata a internati e deportati (militari e civili) nei lager nazisti e ai loro familiari.

Gustavo Antonelli, La catena per il trasporto del ranciofonte
Articolo 2 – Coinvolgimento delle istituzioni e delle associazioni
I Ministeri dell’Istruzione, Università, Cultura, Difesa e Interno stabiliranno le linee guida per il coinvolgimento di scuole e università, di amministrazioni pubbliche.
Il tutto nel rispetto dell’autonomia scolastica e universitaria, con l’obiettivo di promuovere il valore storico ed educativo della Giornata.

Associazioni coinvolte
Attraverso un protocollo d’intesa con i ministeri, partecipano alla Giornata le seguenti associazioni: ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti), ANEI (Associazione Nazionale Ex Internati nei Lager Nazisti), ANRP (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, Internamento e Guerra di Liberazione).
L’ANRP assume anche funzioni di coordinamento tramite il proprio centro studi.

Padova, Museo nazionale dell'internamento

Articolo 3 – Natura della Giornata
Il 20 settembre non è considerato solennità civile: non comporta orario ridotto negli uffici pubblici né obbligo di imbandieramento degli edifici.
Padova, Museo nazionale dell'internamento
Articolo 4 – Copertura finanziaria
L’attuazione della legge non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica: tutte le attività saranno realizzate con risorse già disponibili.

La legge che istituisce la "Giornata degli internati italiani" è sicuramente un passo decisivo per la difesa di una memoria ancora poco conosciuta in Italia, ma fondamentale per la Resistenza.
Più volte il nostro blog ha citato queste parole di un internato italiano celebre, lo scrittore Giovannino Guareschi. Le ripetiamo, perché ci sembrano una significativa sintesi del valore della scelta degli IMI, una scelta incentrata sulla dignità come forma  silenziosa ma incrollabile di resistenza:

Io non mi considero prigioniero, io mi considero combattente...sono un combattente senz'armi, e senz'armi combatto. La battaglia è dura perché il pensiero dei miei lontani e indifesi, la fame, il freddo, la tubercolosi, la sporcizia, le pulci, i pidocchi, i disagi che non sono meno micidiali delle palle di schioppo...Io servo la patria facendo la guardia alla mia dignità di italiano. 
Giovanni Guareschi, Diario clandestino 

Approfondimento




G.V.

31 luglio 2025

NEL NOME DI GORIZIA: SOGNO PATRIOTTICO E MORTE AL FRONTE

A Valva, nel settembre del 1915 un maestro originario di Santomenna registrava la nascita di due gemelle e dava loro  nomi che portavano con sé un sogno e una speranza patriottica: Gorizia e Gradisca Italiana.
Due nomi che evocavano luoghi lontani, simboli di una terra da riconquistare.
Per Gorizia, però, sarebbe stato necessario attendere quasi un anno: la sua presa definitiva arriverà solo nell’agosto 1916. Gradisca, addiritura, sarà italiana solo alla fine della guerra.
Prima della conquista di Gorizia, migliaia di giovani soldati persero la vita nelle sanguinose battaglie dell’Isonzo.
Tra questi, molti trovarono la morte o la prigionia nel piccolo villaggio di Oslavia, a pochi chilometri da Gorizia. Proprio qui, nel gennaio del 1916, morirono due valvesi, mentre un terzo rimase prigioniero.

Oslavia: la conquista difficile del fronte isontino
Oggi Oslavia è una frazione del comune di Gorizia.
Durante la Grande Guerra era un piccolo villaggio in posizione strategica e ben fortificato.
Nonostante le prime quattro battaglie dell’Isonzo — combattute tra l’estate e l’autunno del 1915 — l’esercito italiano non riuscì mai a conquistarla.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1916, con una violenta offensiva, le truppe italiane riuscirono finalmente a entrare a Oslavia, conquistando anche la vicina Quota 188.
Fu una vittoria effimera: il 24 gennaio un contrattacco austro-ungarico riportò Oslavia sotto il controllo nemico, infliggendo gravi perdite agli italiani.
Oslavia divenne così uno dei luoghi simbolo di una guerra logorante, combattuta metro per metro.
La conquista definitiva da parte italiana arrivò solo nell’agosto 1916, durante la Sesta battaglia dell’Isonzo, quando caddero Gorizia e l’intero sistema difensivo austro-ungarico della zona.

Le vicende dei soldati valvesi
Due valvesi risultano dispersi a Oslavia il 24 gennaio 1916: Giuseppe Fasano e Giuseppe Piramide
Un altro valvese, Michele Cozza, è invece fatto prigioniero lo stesso giorno e sarà internato a Mauthausen fino all'ottobre 1918, quando sarà rimandato in Italia perché invalido e sarà ricoverato all'ospedale di Nervi, dove morirà nell'ottobre dello stesso anno.
Racconteremo le loro vicende in un prossimo post.

Approfondimento
Il maestro di Santomenna si chiamava Pasquale Figurelli, sua moglie Lucia Anita Carmela D'Ambrosio ("gentildonna"). Le bambine risultano nate in via Santo Antonio, al numero 26.

G.V.