27 gennaio 2023

QUANDO PIOVE SI VORREBBE POTER PIANGERE

 27 gennaio

Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché colore che, anche in campi e schieramenti diversi si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e pro tetto i perseguitati. 

                                                                               Legge  20 luglio 2000, Articolo 1 comma 1

 

Elaborazione grafica di Eleonora Moretto

L'argomento principale del nostro blog è costituito dalle vicende degli internati militari italiani, cercando in alcuni contributi di inserirle nel contesto più ampio del sistema concentrazionario.

Segnaliamo alcuni post.

Una riflessione sui lager, in occasione di una visita al campo di Buchenwald:



Condizioni di lavoro e di prigionia degli internati militari:

Foto segnaletica per la scheda personale; fonte
Post dedicati allo status giuridico degli IMI:

Riflessioni sulla condizione psicologica dei detenuti, con particolare riferimento all'importanza della letteratura e della scrittura delle proprie memorie:

Aniello Eco, “Sipario di ferro”; fonte

Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉
L'unico amore del prigioniero Giovanni


G.V.

26 gennaio 2023

UN GIORNO DI GLORIA CHE HA DATO VALORE A UN'INTERA VITA: IL GIORNO DI NIKOLAJEWKA

26 gennaio

Giornata nazionale della memoria 

e del sacrificio degli Alpini

Con la battaglia di Nikolajewka gli Alpini riescono a sfondare l'accerchiamento sovietico; fonte

La legge del 5 maggio 2022, n.44, ha istituito la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, allo scopo di tenere vivo il ricordo dell'eroismo dimostrato nella battaglia di Nikolajewka, combattuta dagli alpini il 26 gennaio 1943, e di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell'interesse nazionale nonché dell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano, come recita l'articolo 1.

Una rappresentazione della battaglia di Nikolajewka; fonte

Il nostro blog ha dedicato alle vicende della guerra in Russia e della drammatica ritirata alcuni post.

Ci siamo occupati della vicenda di Raffaele Cuozzo, dichiarato disperso il 31 gennaio 1943, con questi post:

Anche un altro valvese risulta disperso in Russia, già nel novembre 1942: è il tenente medico Prospero Annunciata:
👉Il medico disperso nella neve

In questo post abbiamo cercato di ricostruire gli eventi degli ultimi giorni del gennaio 1943, scegliendo le testimonianze di Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern per illuminare l'umanità sofferente della Ritirata di Russia:
👉Tutti i vivi all'assalto!  

Con la battaglia di Nikolajewka le truppe italiane, pur equipaggiate con armi insufficienti e munizioni scarse, riuscirono a sfondare le linee di difesa sovietiche e a conquistare la ferrovia, fondamentale per la ritirata.

Ecco come Rigoni Stern, nel suo celebre Il sergente nella neve, conclude il ricordo della battaglia:

E allora avanti! Una massa di sbandati va incontro alla sua ora di gloria. Si passa, si passa! Attraversano Nikolajewka lastricandola di morti perché ci sono 48 sotto zero e se ti pigliano sei morto. Alle 5 è tutto finito: ci contiamo, siamo qua, siamo vivi ma siamo pochi. Chi non è passato con la prima ondata non passerà più. Persa la Cuneense, persa la Vicenza, persa buona parte della Julia, ma noi, noi ce l'abbiamo fatta. Un giorno di gloria che ha dato valore ad una intera vita. Questo fu il 26 gennaio 1943. Questa fu la battaglia di Nikolajewka.                                               

Alla memoria dei caduti in Russia e di tutti i caduti del corpo degli Alpini dedichiamo questa struggente versione della celebre canzone Sul ponte di Perati, interpretata dal gruppo Al Tei.



G.V.

24 gennaio 2023

IL SOGNO DEL PRIGIONIERO

 GIORNATA DELLA MEMORIA

Art. 1  La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.       
[Legge n. 211, 20 luglio 2000]

Scritta all'ingresso del campo di Buchenwald, "A ciascuno il suo"

IL SOGNO DEL PRIGIONIERO

Albe e notti qui variano per pochi segni.

Il zigzag degli storni sui battifredi             torri di guardia
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare;
l'occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti                      forni
veri o supposti -ma la paglia è oro,        
la lanterna vinosa è focolare                         di luce rossastra
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.

La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d'oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce        critica  
e vende carne d'altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel paté
destinato agl'Idii pestilenziali.

Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,                                 schiaccia sul pavimento
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all'aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,                                ciambelle dolci
mi son guardato attorno, ho suscitato     ho immaginato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto-

e i colpi si ripetono ed i passi
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te  non è finito.


Eugenio Montale, Il sogno del prigioniero, da La bufera e altro

Memoriale della Shoah, Berlino

Questa poesia di Montale è l’ultimo componimento della raccolta La bufera e altro; la bufera è un’allegoria della Seconda guerra  mondiale e della stessa condizione umana: un'immagine concreta (la bufera, appunto) che sia in grado di rappresentare simbolicamente una realtà più complessa.

Anche Il sogno del prigioniero rappresenta la condizione umana attraverso i pensieri di un prigioniero, che potrebbe essere il prigioniero di un campo di concentramento (si parla di forni), il prigioniero di un gulag sovietico (si parla di purghe); potrebbe essere anche un internato militare, un prigioniero militare in Germania, visto che Montale scrive: chi abiura e sottoscrive può salvarsi; chi obiurga -cioè chi critica- se stesso, chi rinnega le cose in cui credeva, tradisce…e vende carne d'altri.

Il sogno del prigioniero è dunque l’allegoria della condizione umana e la figura positiva è qui rappresentata da Clizia, una  donna idealizzata che rappresenta la salvezza, lo spiraglio che consenta all’uomo di superare la propria condizione in questo caso di prigionia e dunque Clizia è la libertà; in altri testi di Montale, Clizia rappresenta la luce del sole, che può indicare una via d'uscita dalla realtà negativa in cui viviamo, può guidare alla salvezza.

Monumento alle vittime Sinti e Rom, Berlino

Vediamo in sintesi il contenuto del testo.

Il prigioniero parla in prima persona.
L’alba e la notte hanno poche differenze qui nella mia cella; vedo i movimenti degli uccelli nei giorni di battaglia; avverto il vento freddo, sento il rumore di noci schiacciate, lo sfrigolio dell’olio dalle cucine.
Ma la paglia per me è oro, la lanterna per me è un focolare se quando dormo mi immagino ai tuoi piedi, dice il prigioniero rivolto alla donna-angelo.
La purga dura da sempre senza un perché: ecco l’assurdità della guerra, del male, della violenza nella storia.
Dicono che chi abiura e sottoscrive, cioè firma qualche dichiarazione, può salvarsi da questo sterminio di oche.
Chi tradisce, afferra il mestolo: afferrare il mestolo vuol dire avere un ruolo non più di vittima; gli altri finiscono nel paté, pasticcio di fegato e carne, preparato per gli dei pestilenziali, come li chiama Montale.
La metafora dello sterminio di oche (attenzione alla parola sterminio) indica che i prigionieri sono considerati come carne da macello; il prigioniero di Montale dice: ci stanno sterminando come oche per cucinare un paté da offrire agli dei della pestilenza, un’immagine che indica la presenza del male, come se gli dei fossero dei cannibali che stanno per mangiare il paté fatto di carne umana.

Forni crematori, Buchenwald
Ferito dal letto pungente su cui dormo, sono diventato un tutt’uno con la tarma che io schiaccio con la scarpa sul pavimento, sono diventato un tutt’uno con le luci che sembrano dei kimoni giapponesi quando all’aurora arrivano riflessi di luce, ho annusato nel vento il bruciaticcio delle ciambelle, ho immaginato guardando le ragnatele che lì ci fossero degli arcobaleni e che le inferriate della mia cella fossero piene di fiori.
Nell’ultima strofa il prigioniero afferma di non sapere se al banchetto sarà il cuoco oppure il cibo.
L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito: nei versi finali notiamo la contrapposizione tra l’aggettivo lunga e la voce verbale non è finito.
Il sogno accompagnerà l'attesa, durerà quanto l'attesa: è il sogno che aiuta ad accettare la condizione di prigionia in cui mi trovo.
I binari di Buchenwald
Mi viene da immaginare i nostri prigionieri confortati non dalla complessa figura di Clizia ma da una figura femminile meno astratta, più concreta, più vicina alla loro vita: la mamma, la fidanzata, un’amica…in senso più ideale, il proprio paese, il nostro paese.
Penso che possa essere stata questa la forza che ha spinto i nostri prigionieri, i tanti prigionieri, ad andare avanti.

 G.V.


23 gennaio 2023

TUTTI I VIVI ALL' ASSALTO!

Raffaele Cuozzo era un mitragliere del 156 Battaglione della Divisione Fanteria Vicenza; risulta disperso in Russia in data 31 gennaio 1943. 

Ritirata italiana in Russia; fonte

Renza Martini, esperta delle vicende della spedizione in Russia e della tragica ritirata, riassume così le vicende della Divisione Vicenza, nel gennaio '43:

La Vicenza era priva di artiglieria perché fu inviata con servizi nelle retrovie, controllo prigionieri e antipartigiani e si trovò invece ad essere spostata in prima linea al posto della Julia, che era stata a sua volta spostata a sud e decimata dagli attacchi dei russi a metà dicembre. 
Possiamo dunque ipotizzare che Raffaele Cuozzo sia caduto nell'ultima parte della ritirata, nell'ultimo combattimento in uscita dalla sacca, a Valujki.

E' possibile che Raffaele sia caduto davvero il 31 gennaio oppure è una data approssimativa?

Se Raffaele è caduto il 31 gennaio, vuol dire che il suo battaglione era fuori dalla sacca del Don, mentre nei giorni precedenti era ancora in marcia. Le colonne, per evitare l'accerchiamento, erano state costrette ad aprirsi la strada combattendo prima a Nikitowka (il 25 gennaio), alcuni elementi si erano diretti con la Tridentina verso Nikolaevka (26 gennaio) ma la maggioranza  è stata intrappolata a Valujki il 27 gennaio, costretta alla resa dai reparti del 7 Corpo di cavalleria sovietico. 

Rotta degli alpini nel gennaio 1943. In evidenza, le località di Valujki e di Nikolaevka; fonte

Cosa accade ai corpi dei soldati caduti durante la ritirata?

I morti del ripiegamento, a causa delle circostanze eccezionali in cui i nostri soldati vennero a trovarsi, vennero lasciati insepolti. Giunto il disgelo, fu la popolazione locale a scavare fosse comuni in cui i morti vennero inumati.
Il fante Raffaele Cuozzo

La strada del davai

A Valujki inizia quella che Nuto Revelli, ufficiale degli alpini in Russia e poi protagonista della Resistenza nel Cuneese, ha definito "la strada del davai", parola che in russo significa "avanti, cammina!".

Revelli ha raccolto storie degli alpini della Cuneese, facendo emergere lo sfacelo dell'esercito e la tragedia di uomini gettati allo sbaraglio. Idealmente, però, è come se desse la parola a tutti gli alpini e a tutti i soldati impegnati nel fronte russo perché, come egli stesso osserva, gli alpini erano una minoranza (circa un quarto) del corpo di spedizione: "Non dimenticare vuol dire ricordare tutti".

Ecco una sua significativa descrizione degli eventi del gennaio 1943; il ritmo concitato del racconto esprime bene la concitazione degli eventi:

Con il gennaio 1943 inizia la corsa verso casa. Le notti all'addiaccio, la fame, il freddo, la pazzia, in una terra dove ogni isba ricorda una forza, un eccidio, un deportato, un prigioniero russo assassinato. Chi scappa, chi combatte, chi butta i gradi, chi soccorre un ferito, chi muore di fame, chi mangia e ingrassa, chi viaggia come un baule su una slitta rubata, chi spoglia i morti e chi li copre con pietà. Ogni uomo è nudo, molti uomini sono bestie. [...] Più di duecento tradotte, nell'estate del 1942, avevano portato in Russia il corpo d'armata alpino: diciassette brevi tradotte, nella primavera del 1943, riportarono in Italia i feriti e i congelati, e i quattro muli usciti dalle sacche.

Tutti i vivi all'assalto!

La Divisione Vicenza, alla quale apparteneva Raffaele Cuozzo, è citata anche in questa pagina del Sergente nella neve, il celebre racconto autobiografico che Mario Rigoni Stern ha dedicato alla Ritirata di Russia:

"Vestone, quanti siete?". Troppi pochi. Val Chiese, Tirano, Edolo, ci siete? Morbegno, dov'è il Morbegno? Non c'è Il Morbegno, non c'è più, è rimasto indietro. E gli altri, dove sono? La Julia, la Vicenza, la Cuneense? La Julia c'è, è là: 4000 son rimasti appena ma gli altri dove sono? Non ci sono. Radunarsi, allora, munizioni, baionette, e i feriti? Anche loro, anche i feriti servono. Tutti quelli che camminano, tutti quelli che possono sparare, tutti. E così, sono le 15.30 in quel villaggio dimenticato da dio, che nasce l'ultimo ordine del Generale Reverberi: “TUTTI I VIVI ALL’ASSALTO!”.

Un grazie particolare a Renza Martini, appassionata e disponibilissima esperta dell'argomento e competente custode della memoria degli italiani caduti e dispersi in Russia. 

G.V.


🔍Approfondimenti

Ecco alcuni post dedicati alla guerra in Russia:


La storia di Raffaele Cuozzo è pubblicata anche sul sito www.divisionevicenza.it 
Un sentito ringraziamento ai pronipoti Norma e Michelino Caldarone.
Per la storia di Prospero Annunciata, un sentito ringraziamento alla pronipote Veronica Cuozzo.

15 gennaio 2023

FARE LA GUARDIA ALLA DIGNITA' DI ITALIANO

Giovanni Milanese è un sottotenente dell'esercito italiano a Rodi, fatto prigioniero il 15 settembre 1943.

Nato a Valva nel 1917, laureato in ingegneria all'università di Napoli, ha lasciato un diario che è una preziosa testimonianza degli avvenimenti che ha vissuto prima a Rodi poi nella sua prigionia nei campi nazisti, in Polonia e Germania. 

La moglie e i figli di Giovanni Milanese, nel 1956; fonte

Un diario può essere scritto per diverse ragioni: lasciare una testimonianza, avere un promemoria per poter rileggere -in un domani che si spera libero e vicino- le vicende vissute, fissare un appuntamento quotidiano che costituisca un momento di distrazione e dia un po’ di serenità.

Un diario può essere scritto anche per il bisogno di sentirsi ancora un uomo, in un sistema che sembra organizzato per disumanizzare il prigioniero.

Lottar con la penna e col pensiero

La sensibilità di Giovanni Milanese lo spinge ad affidare alla carta di quadernetti improvvisati i suoi ricordi, i rimpianti, i sogni. Questi quadernetti diventano compagni fedeli nei lunghi mesi di prigionia.

Con versi profetici, suo padre Carlo gli aveva scritto "nel dì della sua nascita":

cosa avverrà di te? Soldato oscuro
combatterai sotto gli oscuri cieli?     [...]
Va!...bimbo, incontro al fato ed agli eventi
a lottar con la penna e col pensiero, 
ma per la via diritta e negli accenti
t'ispiri sempre a la giustizia al vero.

La prigionia ha messo a dura prova il fisico del soldato, ha scalfito il suo amor di patria (lo confessa candidamente), ma non ha cancellato minimamente l'affetto per la famiglia né la sua dignità di uomo e di soldato.

Giovanni Milanese; fonte

Scrivere è anche un modo di combattere, forse.

Gli IMI rappresentano un'altra Resistenza: la loro scelta di non imbracciare il fucile al fianco dei tedeschi viene pagata con la prigionia, con uno status che non li fa rientrare sotto la protezione della Convenzione di Ginevra.

Anche a Giovanni Milanese possono riferirsi queste significative parole di un celebre internato italiano, Giovanni Guareschi:

Io non mi considero prigioniero, io mi considero combattente...sono un combattente senz'armi, e senz'armi combatto. La battaglia è dura perché il pensiero dei miei lontani e indifesi, la fame, il freddo, la tubercolosi, la sporcizia, le pulci, i pidocchi, i disagi che non sono meno micidiali delle palle di schioppo...Io servo la patria facendo la guardia alla mia dignità di italiano.

Alla sua prigionia in Germania Giovanni Guareschi ha dedicato Diario clandestino 1943-1945; foto

Giovanni Milanese combatte a suo modo: ad esempio, rifiuta di andare a lavoro durante la prigionia. 

Ecco come racconta l'episodio, in alcune pagine del suo diario:

27-11-44
E' uno dei più brutti giorni di questa mia prigionia.
Mi hanno chiamato per mandarmi a lavoro, ma non mi sono presentato. Stiamo a vedere cosa succede.
29-11-44
Mi richiamano. Non ci vado di nuovo
.
1-1-45
Tutti mi consigliano di uscire al lavoro se voglio salvare la salute.  
Malgrado tutto voglio resistere ancora.
Voglio difendere fino all'ultimo il mio punto di vista.

Dalle pagine del diario di Giovanni Milanese emergono diverse caratteristiche dell'autore: una di queste è la mitezza. Sembra che anche l'odio sia un sentimento ovattato. Sono significative queste parole:

24-4-45
Si son datti tutti alle razzie, russi, francesi, italiani. Polli, farinacci, scatolame, tutto. Io odio per natura i tedeschi, ma questa situazione mi fa tanto male. [...]
Visto che l'unico a non mangiare bene sono io, anch'io ho preso qualcosa nei limiti della mia coscienza. 
Forse sottoscriverebbe anche queste parole, ancora di Guareschi: 
Per quello che mi riguarda, la storia è tutta qui. Una banalissima storia nella quale io ho avuto il peso di un guscio di nocciola nell’oceano in tempesta, e dalla quale io esco senza nastrini e senza medaglie ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi, sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso.

Anche attraverso la scrittura di un diario si può ritrovare se stessi, nella tempesta. 

 G.V.

Approfondimenti

Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉
L'unico amore del prigioniero Giovanni
Le foto della famiglia Milanese sono tratte da tre post di Gozlinus:
👉1943 Un giovane valvese in un campo di concentramento in Polonia
👉Un cittadino onorario
👉Davanti alla grotta

13 gennaio 2023

SOPRAVVIVERE ALL'INFERNO RESTANDO UOMINI

Ho scritto perché sentivo il bisogno di scrivere. [...] Ho avuto l'impressione che l'atto di scrivere equivalesse per me allo stendermi sul divano di Freud. Sentivo un bisogno così prepotente di raccontare, che raccontavo a voce.

Con queste parole Primo Levi spiegava le motivazioni alla base della scrittura del suo Se questo è un uomo, capolavoro della letteratura memorialistica.

Gustavo Antonelli, La catena per il trasporto del rancio; fonte

Ulisse e la zuppa

C'è un episodio del libro di Levi che sottolinea con particolare efficacia l'importanza della letteratura anche nell'esperienza della prigionia: è l'episodio del canto di Ulisse.

Levi e il suo compagno francese Pikolo stanno andando a prendere il rancio per la loro baracca.

Levi vuole fare ascoltare al compagno il canto di Ulisse, dalla Commedia dantesca; avverte il bisogno di parlare di letteratura perché vuole sentirsi ancora uomo, esattamente come nelle celebri parole che Ulisse dice ai suoi compagni:

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.

In un luogo in cui si fa di tutto per umiliare l'uomo, rendendolo numero e non persona, Levi trova nella memoria di una pagina letteraria la possibilità di sentirsi ancora veramente uomo, distinguendosi dai "bruti". 

La poesia come riscatto, dunque.

Il suo compagno francese capisce che per lui questo è importante e Levi commenta:

Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle. 

Vittorio Valeri, Baracche, Wietzendorf; fonte

Levi sta recitando il canto dantesco ma ha un vuoto di memoria e non riesce a completare un verso: scrive che darebbe la zuppa di quel giorno pur di riuscire a ricordare le parole che mancano.

In seguito, commenterà:

[...] non mentivo e non esageravo. Avrei dato veramente pane e zuppa, cioè sangue, per salvare dal nulla quei ricordi.

La poesia ha creato un attimo di sospensione magica nell'inferno del lager.

Le parole in tedesco "Kraut und Ruben" (zuppa di cavoli e rape) richiamano i due prigionieri alla dura realtà; per un attimo, nella loro anima è brillata una luce che li ha fatto sentire uomini, ancora uomini, nonostante tutto uomini.

G.V.

Per approfondire:

👉https://it.pearson.com/content/dam/region-core/italy/pearson-italy/pdf/italiano/dante-primo-levi.pdf


07 gennaio 2023

OTTANTA ANNI FA

Il 2023 sarà un anno ricco di anniversari e, dunque, di date che saranno uno stimolo alla nostra memoria.
Gennaio, fiume addormentato
Il 26 gennaio per la prima volta sarà celebrata la Giornata nazionale della memoria e del sarificio alpino, per ricordare l'eroismo del Corpo d'armata alpino nella battaglia di Nikolajewka.
Anche se i soldati valvesi non erano alpini, due di loro risultano dispersi in Russia e uno proprio nei giorni della battaglia di Nikolajewka, durante la drammatica ritirata.
Il 31 gennaio, infatti, saranno ottanta anni dal giorno in cui Raffaele Cuozzo è stato dichiarato disperso.
Al fante disperso in Russia abbiamo dedicato i seguenti post:
Altri soldati della Valle del Sele risultano dispersi lo stesso giorno.
Stiamo ancora cercando informazioni sui soldati sopravvissuti alla ritirata dalla Russia.
Invitiamo le famiglie a segnalare i nomi e a richiedere il foglio matricolare.

Il luglio del nostro destino
Il luglio 1943 è un mese decisivo per le sorti della Seconda guerra mondiale e quindi dei nostri soldati.
Lo sbarco degli Alleati in Sicilia, il bombardamento di Roma e la caduta del fascismo segnano una svolta notevole.
Poche settimane prima si era conclusa la guerra in Africa.
L'Ufficio informazioni vaticano per i prigionieri di guerra conserva la scheda relativa al fante valvese Michele Cuozzo 
Il nostro concittadino è caduto in Africa e la notizia del suo decesso è stata comunicata al padre Antonio tramite il parroco di Valva il 13 luglio 1943
La famiglia era residente in via Fontana, ma nonostante le ricerche non siamo ancora riusciti a identificarla.
Possiamo ipotizzare che il soldato valvese sia rimasto ferito nelle ultime fasi della guerra in Africa, condotto su un campo di prigionia in Egitto e lì dededuto in seguito a una ferita di scheggia al torace, dettaglio che risulta da questo documento:


Agosto
Nel mese di agosto saranno ottanta anni dalla morte di due soldati valvesi, entrambi in Grecia: Giuseppe Macchia, classe 1922, morto il 1 agosto e Michele Macchia, classe 1923, morto il 17 agosto ad Almyros, in Tessaglia.
Dieci anni dopo, le spoglie del giovane soldato vengono portate a Valva con gli onori militari, in una cerimonia che molti testimoni ricordano ancora. 
A Michele Macchia abbiamo dedicato il post 👉Michele, tornato avvolto nel tricolore.
Alla fine di agosto 1943 gli ultimi valvesi vengono chiamati alle armi. Due di loro risulteranno prigionieri dei tedeschi, gli altri saranno dichiarsti "sbandati" dopo l'8 settembre.

Settembre: l'ora grave della patria
Il 9 settembre 1943 è il giorno dopo "Il giorno dopo": è questo il titolo che abbiamo scelto per il nostro podcast dedicato alle conseguenze dell'armistizio in particolare sui soldati valvesi.
La notizia dell’armistizio con gli anglo-americani ha un effetto destabilizzante sull’esercito e sulle istituzioni. I soldati che si trovano in Italia si liberano delle divise, indossano abiti civili e cercano di tornare a casa.

Alberto Sordi in una scena del film "Tutti a casa", di Luigi Commencini 
Nella situazione caotica all'indomani dell'8 settembre, i soldati italiani devono scegliere se stare con i tedeschi o no.
I soldati più a rischio sono quelli dislocati nei Balcani (in particolare sul fronte greco-albanese), e nelle isole del Dodecaneso.

Gli Internati Militari Italiani
Come abbiamo  visto nel post 👉"Il giorno in cui nacquero gli IMI", già a partire dal 10 settembre 1943 la Germania emana durissime direttive sul trattamento da riservare ai soldati italiani.
In sintesi: chi accetta di combattere al loro fianco, viene trattato come un soldato tedesco; chi rifiuta, viene fatto prigioniero; chi si schiera al fianco dei partigiani viene fucilato se è un ufficiale, impiegato come forza lavoro se è un semplice soldato). 
Il 20 settembre 1943 viene utilizzata per la prima volta la definizione di “internati militari”, allo scopo di sottrarre i prigionieri di guerra italiani alle convenzioni internazionali. 

Aniello Eco, “Sipario di ferro”; fonte
Dopo l'8 settembre diversi valvesi vengono fatti prigionieri dai tedeschi in Jugoslavia, Albania, Grecia, nelle isole del Dodecaneso. 

Settembre: i martiri di Cefalonia
Dopo la proclamazione dell'armistizio, la Divisione Acqui -di stanza nell'isola di Cefalonia e  con una parte delle truppe a Corfù- è chiamata a una scelta drammatica. 
Gli ordini che giungono sono contraddittori, gli italiani cercano di rinviare la resa ai tedeschi mentre  a Corfù il comandante italiano  rifiuta nettamente ogni trattativa. 
Solo il 13 settembre arriva dal Comando Supremo italiano, che si trova a Brindisi dopo la fuga, l'ordine di resistere alle forze tedesche, che devono essere considerate nemiche. 
Quando giunge l'ultimatum tedesco, ai soldati viene chiesto se consegnare le armi o combattere contro i tedeschi; quasi tutti decidono di combattere. 
Due valvesi appartenenti al Battaglione mitraglieri di corpo d’armata della Divisone Acqui risultano dispersi in combattimento il 9 settembre; entrambi sono della classe 1911: Alfonso Feniello, dichiarato “morto presunto a Cefalonia” da una sentenza del tribunale di Salerno nel 1956 e Giuseppe Macchia, disperso a Corfù. 
Ai nostri martiri della Divisione Acqui abbiamo dedicato il post 👉 La prima Resistenza- I valvesi che non si arresero ai tedeschi.
Un post di 👉Gozlinus del giugno 2019 parla della loro vicenda e mostra anche le loro (rare) foto.
Della divisione Acqui fa parte anche Pasquale Cappetta, chiamato alle armi a maggio e fatto prigioniero a settembre. Sarà il prigioniero matricola 117709, nel campo di Luckenwalde. In quel momento, Pasquale non ha ancora compiuto venti anni.

Settembre: la caduta di Rodi
L'isola di Rodi è occupata quasi subito, nonostante la superiorità delle truppe italiane. 
Anche a Rodi c'è una resistenza, con perdite tra gli italiani. 
Uno dei dispersi in battaglia è il valvese Enrico Fusella, classe 1923, assegnato alla Nona Compagnia sussistenza di Bari, la stessa compagnia di Amodio Cuozzo, che sempre a Rodi sarà fatto prigioniero il 25 settembre
Abbiamo raccontato la sua storia nel post 👉Un uomo mite dal nome insolito.
Un soldato nato a Valva, Giovanni Milanese, ci ha lasciato un diario della sua prigionia da internato militare italiano, prima nella Polonia occupata dai nazisti e poi in Germania. 
Anche lui viene catturato a Rodi nel settembre 1943.
Al diario di Giovanni Milanese abbiamo già dedicato i seguenti post: 

Settembre: valvesi catturati in Grecia
Il 9 settembre 1943 in Grecia vengono catturati Minente Figliulo e Cosimo Feniello (quest'ultimo ad Atene). 
E' probabile che anche Carmine Corrado sia stato catturato nella zona di Atene, visto che apparteneva allo stesso reggimento di Cosimo Feniello. 
Carmine morirà di malattia in un ospedale austriaco il 31 dicembre 1943, durante la prigionia, e sarà sepolto a Mauthausen, dove ancora oggi riposa. 
Ci siamo occupati di lui in quattro post del nostro blog: 

Settembre: valvesi catturati in Jugoslavia
A tre valvesi abbiamo dedicato il post 👉Tre valvesi catturati in Jugoslavia: Giovanni Falcone, catturato in Croazia il 9 settembre e  prigioniero nello Stalag IX-C in Turingia, Pasquale Volturo, anch'egli catturato il 9 settembre forse nell'attuale Slovenia e deportato a Dachau (nei pressi di Monaco) e Angelantonio Marciello, catturato il 12 settembre.

Settembre (?): altri valvesi catturati
Di alcuni prigionieri valvesi non siamo però in grado di indicare il luogo di cattura né, in quasi tutti i casi, il fronte di guerra.
Ad otto di loro abbiamo dedicato il post 👉 Otto valvesi prigionieri
Ecco i loro nomi: Giuseppe Falcone, Carmine e Onofrio Mastrolia, Michele Perna, Sabino  Spiotta,  Domenico e Giuliano Strollo, Pietro Torsiello.

Ottobre: la caduta di Coo
Coo viene occupata il 4 ottobre: 600 inglesi e 2500 italiani sono fatti prigionieri. 
Tra i prigionieri condotti nei campi di internamento in Germania c'è il nostro Settimo Fasano, catturato il 4 ottobre
. Suo fratello Ottavo era morto nell'Africa Settentrionale italiana da quasi tre anni. Abbiamo raccontato la loro storia nel post 👉Settimo ha un fratello di nome Ottavo, ma non è una fiaba.

Novembre: l'ultimo prigioniero
In Albania la sera dell'8 settembre arriva l'ordine di reagire ai tedeschi per non essere disarmati; non si deve però prendere l'iniziativa di atti ostili contro i tedeschi. L' 11 settembre, il comando italiano è circondato: tutti gli ufficiali sono fatti prigionieri. 
L' 11 novembre viene atturato Enrico Santovito
All'ultimo internato militare valvese in Germania, deceduto lo scorso settembre a cento anni, abbiamo dedicato -tra gli altri- i seguenti post:
👉I cento anni di un cavaliere
👉Arbeitskommando 1131 prigioniero Santovito
👉Timidi sono gli eroi

 G.V.