Il 12 febbraio 1898 Giacinto Grasso, quarantaseienne negoziante di Valva, davanti al sindaco Paolo D'Urso dichiara la nascita di un bambino, in via Sant'Antonio, al quale dà il nome di Arcadio Rodolfo Maria.
Testimoni sono due dipendenti comunali: il messo Donato Vacca e la guardia campestre Michele Cuozzo.
Alla visita militare, nel febbraio 1917, Arcadio dichiarerà di essere telegrafista.
All’inizio del conflitto, il Reggimento mobilitò 24 compagnie telegrafisti: alcune assegnate direttamente al Comando Supremo, altre alle Armate e ai Corpi d’Armata, inclusi plotoni dislocati nelle fortezze di frontiera. Erano inoltre presenti sezioni radiotelegrafiste e compagnie di milizia mobile, oltre a una compagnia treno per il supporto logistico.
Durante la guerra, il numero delle compagnie crebbe progressivamente: nel 1916 e 1917 le sezioni telefoniche divisionali divennero vere e proprie compagnie telegrafiste, fino a raggiungere complessivamente 68 compagnie telegrafiste entro la fine del conflitto.
Tra i volontari di rilievo si annovera Guglielmo Marconi, che prestò servizio come ufficiale nel Reggimento, contribuendo all’impiego strategico delle comunicazioni radiotelegrafiche.
Le armi chimiche nella Grande Guerra
La Prima guerra mondiale rappresentò il primo grande conflitto in cui le armi chimiche vennero utilizzate in modo sistematico e su vasta scala, trasformando i campi di battaglia in veri e propri laboratori di morte. I gas venefici furono messi a punto da alcuni tra i più autorevoli scienziati dell’epoca, tra cui Fritz Haber, premio Nobel e figura chiave nello sviluppo del gas cloro a fini bellici.
Il 22 aprile 1915, durante la Seconda battaglia di Ypres, l’esercito tedesco impiegò per la prima volta il cloro gassoso, segnando un momento cruciale e inquietante nella storia della guerra moderna. Il gas, entrando in contatto con le mucose respiratorie, provocava gravi difficoltà respiratorie e spesso portava alla morte per edema polmonare.
Successivamente, furono introdotti agenti ancora più pericolosi:
- Fosgene, un gas quasi inodore e difficile da individuare, che fu responsabile di circa l’85% delle vittime causate da armi chimiche.
Nel complesso, le armi chimiche provocarono oltre un milione di intossicazioni e circa 100.000 decessi. Anche l’effetto psicologico fu devastante: molti soldati temevano l’arrivo del gas più dei proiettili, anche perché le maschere antigas spesso non offrivano una protezione efficace, e i sintomi dell’esposizione erano angoscianti.
- Iprite, o gas mostarda, utilizzato a partire dal 1917, non provocava una morte immediata ma generava lesioni cutanee, cecità e danni polmonari; inoltre, contaminava l’ambiente circostante, rendendo inaccessibili trincee e materiali.
L’orrore suscitato da questi nuovi strumenti di distruzione portò infine alla reazione della comunità internazionale: nel 1925 fu firmato il Protocollo di Ginevra, che proibiva l’uso delle armi chimiche in guerra, pur non vietandone la produzione o lo stoccaggio.
Questo apparecchio telefonico da campo è esposto nella sala museo all'interno del Sacrario di Fagarè della Battaglia, in provincia di Treviso.Era utilizzato dai militari per garantire le comunicazioni tra le diverse postazioni sul fronte. Realizzato in legno e dotato di una cornetta collegata tramite cavi, permetteva il collegamento diretto attraverso linee telefoniche cablate.Sul pannello frontale sono presenti selettori e comandi per impostare i canali di comunicazione, mentre il tasto telegrafico annesso consentiva l’invio di messaggi in codice Morse.Era uno strumento essenziale per il coordinamento tattico durante le operazioni belliche.
I due testimoni sono Angelantonio Porcelli, muratore, e Giacomo Feniello, fotografo.
Gozlinus ha pubblicato l'elegante timbro che il fotografo-pittore apponeva sul retro delle sue foto:
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| fonte: Gozlinus |
Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano
Antonio Sema, La guerra chimica 1915-1918
Sito ufficiale del Sacrario di Fagarè della Battaglia
Dietrich Stoltzenberg, Fritz Haber: Chemist, Nobel Laureate, German, Jew
Protocollo di Ginevra del 1925 (documentazione ONU)



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