GIORNATA DELLA MEMORIA
Art. 1 La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
[Legge n. 211, 20 luglio 2000]
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Scritta all'ingresso del campo di Buchenwald, "A ciascuno il suo" |
IL SOGNO DEL PRIGIONIERO
Albe e notti qui variano per pochi segni.
Il zigzag degli storni sui battifredi torri di guardia
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare;
l'occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti forni
veri o supposti -ma la paglia è oro,
la lanterna vinosa è focolare di luce rossastra
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.
La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d'oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce critica
e vende carne d'altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel paté
destinato agl'Idii pestilenziali.
Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito, schiaccia sul pavimento
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all'aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni, ciambelle dolci
mi son guardato attorno, ho suscitato ho immaginato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto-
e i colpi si ripetono ed i passi
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.
Eugenio Montale, Il sogno del prigioniero, da La bufera e altro
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Memoriale della Shoah, Berlino |
Questa poesia di Montale è l’ultimo
componimento della raccolta La bufera e altro; la bufera è un’allegoria della Seconda guerra
mondiale e della stessa condizione umana: un'immagine concreta (la bufera, appunto) che sia in grado di rappresentare simbolicamente una realtà più complessa.
Anche Il sogno del prigioniero rappresenta la condizione umana
attraverso i pensieri di un prigioniero, che potrebbe essere il prigioniero di
un campo di concentramento (si parla di forni), il prigioniero di un gulag
sovietico (si parla di purghe); potrebbe essere anche un internato militare, un
prigioniero militare in Germania, visto che Montale scrive: chi abiura e sottoscrive può salvarsi; chi obiurga -cioè chi critica- se stesso, chi rinnega
le cose in cui credeva, tradisce…e vende carne d'altri.
Il sogno del prigioniero è dunque l’allegoria della
condizione umana e la figura positiva è qui rappresentata da Clizia, una donna idealizzata che rappresenta la salvezza, lo spiraglio che consenta
all’uomo di superare la propria condizione in questo caso di prigionia e dunque
Clizia è la libertà; in altri testi di Montale, Clizia rappresenta la luce del sole, che può indicare una via d'uscita dalla realtà negativa in cui viviamo, può guidare alla salvezza.
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Monumento alle vittime Sinti e Rom, Berlino
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Vediamo in sintesi il contenuto del testo.
Il prigioniero parla in prima persona.
L’alba e la notte hanno poche differenze qui nella mia cella;
vedo i movimenti degli uccelli nei giorni di battaglia; avverto il vento
freddo, sento il rumore di noci schiacciate, lo sfrigolio dell’olio dalle
cucine.
Ma la paglia per me è oro, la lanterna per me è un focolare
se quando dormo mi immagino ai tuoi piedi, dice il prigioniero rivolto alla donna-angelo.
La purga dura da sempre senza un perché: ecco
l’assurdità della guerra, del male, della violenza nella storia.
Dicono che chi abiura e sottoscrive, cioè firma qualche
dichiarazione, può salvarsi da questo sterminio di oche.
Chi tradisce, afferra il mestolo: afferrare il mestolo vuol
dire avere un ruolo non più di vittima; gli altri finiscono nel paté, pasticcio
di fegato e carne, preparato per gli dei pestilenziali, come li chiama Montale.
La metafora dello sterminio di oche (attenzione alla parola sterminio) indica che i prigionieri sono considerati come carne da macello; il prigioniero di Montale dice: ci stanno sterminando come oche per cucinare un paté da offrire
agli dei della pestilenza, un’immagine che indica la presenza del male, come se
gli dei fossero dei cannibali che stanno per mangiare il paté fatto di carne
umana.
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Forni crematori, Buchenwald |
Ferito dal letto pungente su cui dormo, sono diventato un
tutt’uno con la tarma che io schiaccio con la scarpa sul pavimento, sono
diventato un tutt’uno con le luci che sembrano dei kimoni giapponesi quando
all’aurora arrivano riflessi di luce, ho annusato nel vento il bruciaticcio delle
ciambelle, ho immaginato guardando le ragnatele che lì ci fossero degli
arcobaleni e che le inferriate della mia cella fossero piene di fiori.
Nell’ultima strofa il prigioniero afferma di non sapere se al
banchetto sarà il cuoco oppure il cibo.
L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito: nei versi
finali notiamo la contrapposizione tra l’aggettivo lunga e la voce verbale non è finito.
Il sogno accompagnerà l'attesa, durerà quanto l'attesa: è il sogno che aiuta ad accettare la condizione di
prigionia in cui mi trovo.
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I binari di Buchenwald |
Mi viene da immaginare i nostri prigionieri confortati non dalla complessa figura di Clizia ma da una figura
femminile meno astratta, più concreta, più vicina alla loro vita: la mamma, la
fidanzata, un’amica…in senso più ideale, il proprio paese, il nostro paese.
Penso che possa essere stata questa la forza che ha
spinto i nostri prigionieri, i tanti prigionieri, ad andare avanti.
G.V.