12 marzo 2023

STORIE COME STRADE

Ci sono storie come strade.
Strade che sboccano nelle strade e storie che conducono in altre storie.


Ricostruendo la vicenda della visita del soldato statunitense Henry Porcelli alla nonna Angela Maria Fasano a Valva, dopo lo sbarco a Salerno nel 1943, abbiamo trovato questa bella foto.

La signora anziana vestita da "pacchiana" è proprio nonna Angela Maria, davanti alla sua casa in via Rione Nuovo San Vito.

E le altre persone?

Siamo riusciti a identificarle: la giovane donna è Maria D'Amato, che ha in braccio la figlia Maria Michela; l'uomo vicino a Maria è suo marito Vincenzo Spatola, l'altro è probabilmente il fratello di questo, Adriano.

Un'altra storia di emigrazione e guerra

Un loro zio, Prospero Spatola, era emigrato negli USA nel 1906. 

Questa era la sua famiglia nel censimento statunitense del 1940:

Il figlio più piccolo, Prospero Jr., farà visita ai parenti a Valva durante il servizio militare in Europa, negli anni della guerra di Corea (1950-1953): una storia che vi racconteremo presto.

Un triste destino

Maria D'Amato, suo marito Vincenzo Spatola e il suocero Serafino moriranno a Castelnuovo di Conza la sera del terremoto del 23 novembre 1980

Maria era nata nel 1924; suo marito nel 1923. 

Nella foto, Maria non ha ancora venti anni. La sua strada e quella del marito finiranno quando le strade e le case diventeranno un'unica cosa.


Grazie a Ornella Spatola e Vincenzo Valletta per l'indispensabile collaborazione. 
Grazie anche a tutti coloro che, condividendo la foto, hanno reso possibile l'identificazione delle persone.



Blog

Qui trovate i post dedicati alla visita del soldato Porcelli a Valva:

👉Dopo lo sbarco a Salerno un soldato americano visita la nonna a Valva


G.V.

09 marzo 2023

IL SUO NOME ERA HENRY PORCELLI

Henry.

Ecco il nome che stavamo cercando. Il soldato italo-americano che dopo lo sbarco alleato a Salerno del 9 settembre 1943 è andato a trovare la nonna Angela Maria nel comune di Valva si chiamava Henry Porcelli.

Suo padre Antonio, classe 1882, era arrivato negli USA nel 1900.

Una famiglia americana

Dal censimento degli Stati Uniti del 1940 ricaviamo i componenti della famiglia Porcelli: papà Antonio (classe 1882), mamma Mabel (1892), il fratello John (1925), la sorella Viola (1921).
Nel 1920 la famiglia risultava composta da solo due figlie: Elanor (di nove anni) e Margaret (di sei anni).
Possiamo dedurre che nel 1940 entrambe risultino già sposate.
Ipotizzando che i membri della famiglia Porcelli siano disposti in ordine crescente di età, da sinistra verso destra abbiamo John, Viola, Henry, Margaret, Elanor, mamma Mabel e papà Antonio

Nel post Sulle tracce del soldato Porcelli abbiamo pubblicato l'atto di nascita di Margaret, che in quel documento risulta con un nome ben più italiano: Margherita Elena, classe 1913.
Nello stesso post abbiamo fatto delle ipotesi sul suo anno di nascita partendo da questa foto:

L'ipotesi si è rivelata errata: Henry è nato nel 1919, non nel 1905. Il nostro errore era dovuto al fatto di ritenere Margaret (Margherita Elena) la bambina al centro della foto; essendo lei nata nel 1913, avevamo collocato la nascita del fratello soldato attorno al 1905. 

Ora cambiamo punto di riferimento: se al centro della foto non c'è una bambina ma il fratellino John (1925), i conti sembrerebbero tornare: Henry (di sei anni più grande), le sorelle maggiori Elanor e Margaret, infine la piccola Viola (di quattro anni più grande del fratellino).

Torneremo ancora sulla vicenda, cercando di ricostruirla dal punto di vista valvese.

Anticipiamo una foto che ci darà da lavorare:

Valva, 1943: Angela Maria Porcelli (nata Fasano, è la nonna del soldato),
la nipote con un bambino e suo marito
La foto è stata scattata durante la visita di Henry a Valva.
La ricerca continua.

G.V.

07 marzo 2023

LA RADICE E' DONNA

In occasione della Festa della Donna, vi riproponiamo i post che "la ràdica" ha dedicato alle figure femminili.

L'ultima pacchiana

Partiamo da una donna simbolo per Valva: Pasqualina Cuozzo; con lei, nel 2010 si è chiusa una pagina antica e nobile della nostra storia: è stata l'ultima infatti a indossare il tradizionale abito femminile valvese, quello da "pacchiana".

A zia Pasqualina abbiamo dedicato il seguente post:
👉La pacchiana che chiuse dietro di sé un mondo intero


L'ultima "pacchiana" di Valva in una foto del nipote Giancarlo

La nonna dei valvesi, che è appena andata via

Anche la nonna di Valva, scomparsa il mese scorso a 102 anni, si chiamava Pasqualina Cuozzo e anche lei, ovviamente, per tutti era zia Pasqualina.

Ecco i due post che le abbiamo dedicato:
👉 I racconti di zia Pasqualina
👉Tulipani per zia Pasqualina

Questo è l'episodio del podcast "Il giorno dopo" che abbiamo pubblicato in occasione del suo ultimo compleanno, come piccolo omaggio: 
🎧Tulipani e Maramao

La signora Fernanda Superchi Gaudiosi ha insegnato a Valva per trentatré anni,
anche a studenti che sono poi andati in guerra

Altre donne

Il nostro blog ha dedicato alcuni post anche ad altre donne, legate alle vicende dei soldati e dei prigionieri.

Ci siamo occupati della madre del soldato Carmine Corrado, la signora Caterina Cuozzo in questo post:

Due post sono stati dedicati alla fidanzata del prigioniero Giovanni Milanese, Michelina, una figura molto presente nel suo diario di prigionia:


Segnaliamo anche il post dedicato ai cognomi materni nell'Ottocento:


Questo post è dedicato alla memoria dell'ultima levatrice di Valva, la signora Iva Bergamini. Tra i suoi molti meriti, uno un po' meno importante: essere stata la prima donna che ha sorriso a chi scrive queste righe.

G.V.

06 marzo 2023

SULLE TRACCE DEL SOLDATO PORCELLI

Continua il tentativo di dare un nome al soldato italo-americano che dopo lo sbarco alleato a Salerno ha fatto visita alla nonna a Valva.

Qui trovate il primo post che abbiamo dedicato a questa interessante vicenda:

👉1943, dopo lo sbarco a Salerno, un soldato americano visita la nonna a Valva

Ne conosciamo il cognome, ora anche il volto.

Eccolo infatti in una foto con la nonna valvese, Angela Maria Fasano, che indossa il tradizionale vestito delle donne valvesi: la "pacchiana".

Abbiamo ipotizzato che la donna si chiamasse Angela Maria Alfano, visto che risulta madre di un Antonio Porcelli emigrato negli Stati Uniti nel 1900.

Un fratello di Antonio arriva in America nel novembre 1913: si chiama Alfonso, classe 1895.

Trova una nipotina nata pochi mesi prima, verosimilmente la sorella del soldato che cerchiamo.

Questo è l'atto di nascita della bambina:

Colpisce, ma forse fino a un certo punto, che si chiami come due regine del Regno d'Italia: Margherita Elena. Possiamo immaginare che sia stato un omaggio all'Italia dell'emigrante valvese Antonio Porcelli, suo padre.

In questa foto, il bambino è probabilmente il nostro soldato:

Se l'ipotesi è corretta, possiamo dedurre che il soldato che cerchiamo è nato nel 1905 circa.

Ecco le nostre ipotesi sul suo nome: Michele (Michel), come il nonno di Valva; Emidio, come lo zio che ha accolto papà Antonio in America; Umberto, come il Re ucciso nello stesso mese in cui Antonio è arrivato a New York. Piccolo dettaglio: nel momento in cui Antonio Porcelli lascia Valva, ci sono almeno sei suoi concittadini di nome Vittorio: viste le dimensioni ridotte del comune, non sono pochi (tutti nati dopo l'incoronazione di Umberto Primo).

La ricerca continua.

Un caro saluto alla comunità valvese in America, che sta collaborando alle ricerche.

G.V.

03 marzo 2023

1943: DOPO LO SBARCO A SALERNO, UN SOLDATO AMERICANO VISITA LA NONNA A VALVA

In inglese si chiama visit home: molti tra i soldati dell'esercito americano nella Campagna d'Italia, dopo gli sbarchi nell'estate 1943, approfittarono delle licenze militari per visitare l'Italia e, soprattutto, per recarsi nei propri comuni d'origine.

Tra questi, un soldato di origine valvese.

Nella Seconda guerra mondiale, circa 850 mila soldati dell'esercito statunitense erano d'origine italiana; di questi, 40mila erano nati in Italia.

Stiamo cercando di ricostruire la storia di un soldato italo-americano, di genitori valvesi, che ha partecipato allo sbarco degli Alleati a Salerno (9 settembre 1943) e ha approfittato -verosimilmente- di una licenza per fare una visita alla nonna a Valva.

Paestum, Salerno: sbarco americano; fonte

Inseguendo un cognome

Siamo partiti da un cognome e da una notizia: il cognome è Porcelli, la notizia è che un soldato americano nel 1943 ha fatto una breve visita a Valva.

Il 1 luglio 1900 dalla nave Bolivia sbarcano a New York due valvesi: Pietro (classe 1871) e Antonio Porcelli (nato nel 1882). Non sono fratelli, ma verosimilmente parenti.

Ci siamo concentrati su Antonio.

Ecco il suo atto di nascita (10 marzo 1882):

Nome completo: Antonio Ettore
padre: Michele Porcelli, muratore
madre: Angela Maria Fasano, contadina
La coppia abita in via Chiesa (l'attuale via Roma)
All'arrivo a Ellis Island, Antonio si dichiara laborer (lavoratore a giornata o agricolo) e alfabeta; è negli USA per ricongiungersi allo zio Emidio Fasano, all'indirizzo 104 W 33 ST, New York. 
Un terzo valvese è sulla nave: Michele Marcello, di 23 anni.



Nella prima colonna, i soldi che i passeggeri avevano con sé
Pietro è mason (muratore) e raggiunge il cognato Pasquale
Michele raggiunge il cognato Angelo


Emidio Fasano, lo zio di Antonio, sarà tra i valvesi partecipanti alla serata di beneficenza per la costruzione del monumento ai Caduti, svoltasi a Newark nel 1924.

Dall'Archivio di Stato di Salerno apprendiamo che Antonio ha un fratello, di nome Alfonso, classe 1895: anche lui emigrato negli USA (vi arriva il 3 novembre1913).

Da questa pagina del registro di Ellis Island emergono altri due valvesi:

20: Alfonso Porcellis (sic!) va a trovare lo zio Emidio
21: Goffredo Freda ha 35 anni e va a raggiungere la moglie Pasqualina;
potrebbe essere stato negli USA già a undici anni, nel 1890
22: Raffaela Feniello è una vedova di 78 anni e va a raggiungere il figlio Giovanni

Pubblichiamo l'atto di morte della madre di Antonio e Alfonso: Angela Maria Fasano, vedova di Michele Porcelli è deceduta a Valva in Rione Nuovo San Vito, nel giugno 1948.

Atto di morte di Angela Maria Porcelli, il 13 giugno 1948

Riteniamo sia la nonna del soldato americano, di cui però ancora non conosciamo il nome né la paternità.

Un precedente valvese

Accanto a questa storia di emigrazione e di guerra, un'altra merita un approfondimento: quella di Carmine Figliuloun valvese arruolatosi nell'esercito statunitense nella Prima guerra mondiale e caduto in battaglia. Gozlinus ha pubblicato una foto della tumulazione della salma del giovane valvese.

👉Qui trovate il post.

Per approfondire

- Francesco Fusi, Le visits home dei soldati italo-americani durante la Campagna d'Italia (1943-1945). Tra turismo di guerra, homecoming e diaspora tourism, in Diacronie-Studi di storia contemporanea. L'articolo, molto interessante, è qui.


Questa ricerca è stata resa possibile grazie all'impulso e alla indispensabile collaborazione di Pinuccio Cecere.


G.V.

01 marzo 2023

IL PRIGIONIERO CHE PARLAVA INGLESE CON LA MATITA TRA I DENTI

Oggi non compirà cento anni perché se ne è andato nel 1999, ma è giusto che i suoi concittadini gli rivolgano un pensiero e che i più giovani ne conoscano la storia. 

Michele Cuozzo di Antonio e di Maria Michela Cecere è nato a Valva il 1° marzo 1923.

Pubblichiamo due opere di Proferio Grossi, 
pittore nato lo stesso giorno del nostro Michele Cuozzo.
Queste sue nature morte ci fanno pensare alle bellissime foto del Valentino, figlio di Michele.

Dichiarato abile e arruolato il 9 maggio 1942, Michele risulta chiamato alle armi e giunto il 12 settembre dello stesso anno, pochi giorni prima di Giuseppe Feniello, che ha da pochi giorni compiuto cento anni e al quale abbiamo dedicato alcuni post e un eBook.

Nel registro dei ruoli militari del Comune di Valva Michele Cuozzo risulta nel 15.mo Fanteria "Salerno": poiché il nome del 15.mo è "Savona" e quest'ultimo è stato in Africa Settentrionale, è possibile che si tratti di un'errata trascrizione (il "Reggimento Salerno" è stato invece in Russia).

Nello stesso registro il fante valvese risulta fatto in prigioniero il 6 aprile 1943, esattamente lo stesso giorno di Giuseppe Feniello; non siamo però ancora in grado di dare notizie più dettagliate sulle tappe della prigionia.

In attesa di analizzare altri documenti, lasciamo la parola ai ricordi del figlio Valentino.

Al fronte, mio padre fu ferito a una spalla (tanto che per tutta la vita gli sarebbe rimasta una piccola scheggia di ferro nella schiena). 

Fu fatto prigioniero dagli inglesi.

Raccontava sempre alcuni aneddoti. Ad esempio, durante un servizio di guardia notturno sentì un rumore e intimò l'alt più volte; sparò e uccise un cane: gli fecero pagare i proiettili! In un altro turno di guardia notturno usò il mitra contro un gruppo di nemici ubriachi che gli si avvicinavano. 

Nel periodo della prigionia imparò l'inglese e si divertiva a marcare l'accento mettendo una matita fra i denti. Inoltre, essendo un fumatore scambiava le fette di pane (trasparenti, possiamo dire) con una sigaretta.

Dopo la guerra, nel 1948 sposò Margherita e in seguito emigrò in Francia per un paio d'anni; ha sempre detto che non riusciva a stare lontano da Valva.
Francia: Michele Cuozzo è al centro, con fazzoletto nel taschino;
il primo da sinistra è Armando Torsiello,
l'ultimo Giuseppe Cuozzo (fratello di Michele);
i bambini sono figli di un cognato di Michele
La storia di Michele Cuozzo potrebbe intrecciarsi con quella di altri valvesi, a partire ovviamente dal coetaneo Giuseppe Feniello. Sono stati molti i valvesi prigionieri in Africa e da alcune testimonianze indirette possiamo ipotizzare dei contatti tra di loro nello scenario di guerra.
La ricerca continua.

Valentino Cuozzo, Luce caravaggesca su oggetti della campagna

G. V.

28 febbraio 2023

I CENTO ANNI DELL'ULTIMO REDUCE, L'OMAGGIO E IL GRAZIE DI VALVA

Valva ha festeggiato i cento anni del suo ultimo reduce della Seconda guerra mondiale e della prigionia, Giuseppe Feniello.

Lo ha fatto con solennità, con una cerimonia organizzata dall'amministrazione comunale che ha visto la presenza del Generale di Divisione Claudio Minghetti, vicecomandante delle Forze Operative Sud, e le note della fanfara dell'Ottavo Reggimento Bersaglieri "Garibaldi".

Giuseppe Feniello, che tutti a Valva chiamano zio Peppe


Nello splendido scenario di Villa d'Ayala, davanti a Diana Cacciatrice, Giuseppe Feniello
con il sindaco di Valva e la fanfara dei Bersaglieri

Il Generale di Divisione Claudio Minghetti stringe la mano al signor Giuseppe Feniello

Tra le varie associazioni presenti, alcuni rappresentanti della provincia di Salerno dell'Associazione combattenti e reduci.

Ecco altre immagini della cerimonia.

L'omaggio ai Caduti

Dopo l'alzabandiera e la deposizione di una corona d'alloro in memoria dei caduti in guerra, c'è stato un breve momento di preghiera presieduto dal parroco, padre Claudio Bevilacqua.

Nel suo discorso, il sindaco di Valva Giuseppe Vuocolo ha dichiarato che era dovere suo e dell'amministrazione celebrare nel modo più solenne possibile i cento anni di Giuseppe Feniello.
Il sindaco ha poi ricordato la nonna di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo, deceduta poche settimane fa, e ha aggiunto:

Nel ricordare lei, voglio rendere omaggio alle donne anziane della nostra comunità. Hanno atteso il ritorno dei loro padri, fratelli e fidanzati dalla guerra, hanno cresciuto i figli quando i loro mariti erano emigrati e senza di loro nessuno di noi sarebbe quello che è.
A due di queste figure il nostro blog ha dedicato alcuni post, come questi: 

👉La pacchiana che chiuse dietro sé un mondo intero
👉I racconti di zia Pasqualina

Ricordando la prigionia in Africa di Giuseppe Feniello, il sindaco ha rivolto un pensiero anche agli altri valvesi che sono stati prigionieri o internati; all'ultimo IMI valvese, il compianto Enrico Santovito, l'anno scorso l'amministrazione comunale e l'Associazione combattenti hanno cercato di fare ottenere la medaglia del Presidente della Repubblica, "ma il tempo ha deciso diversamente". 

Ecco alcuni nostri post dedicati ad Enrico Santovito:

Infine, un ricordo ai tanti emigranti, come zio Giuseppe:

L'emigrazione è stata per i valvesi e per tanti italiani un'altra lotta per uscire dalla prigionia: la liberazione dalla povertà e dal bisogno, per dare ai figli la possibilità di un domani migliore.
La fanfara del Reggimento "Garibaldi" in Villa d'Ayala Valva;
con sede a Caserta, la fanfara ha tenuto concerti in Italia e nel mondo 

Fiorenza Volturo, presidente della sezione di Valva dell'Associazione combattenti e reduci, ha scritto nel suo messaggio augurale che chi oggi può raccontare lo fa anche a nome di chi non è tornato; ha aggiunto che la testimonianza di zio Peppe

deve dirci, oggi più che mai, visto lo scenario di guerra che si sta consumando anche in Europa, che le scelte di nazioni e popoli devono andare nella direzione della crescita e dei rapporti civili, mai della contrapposizione.

Pergamena di auguri dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci

Nella conclusione, uno sguardo al futuro, ai giovani:

Oggi, accogliendo tra di noi zio Peppe, abbracciandolo per i suoi cento anni, vogliamo che la sua presenza segni un momento di riflessione per tutti, soprattutto per le generazioni più giovani, a cui affidiamo la speranza di un mondo migliore. 

Le generazioni più giovani erano rappresentate dal Forum dei giovani e da una piccola delegazione degli studenti della scuola di Valva.

Al signor Giuseppe Feniello il blog "la ràdica" ha dedicato alcuni post e un eBook:


G.V.

23 febbraio 2023

UN EBOOK PER I 100 ANNI DELL'ULTIMO REDUCE

L'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale compie cento anni.

Giuseppe Feniello è nato il 24 febbraio 1923 e il suo comune lo festeggia con una cerimonia pubblica al Monumento ai Caduti, alla presenza della fanfara del Battaglione Bersaglieri "Garibaldi".
Il blog "la ràdica" celebra questo straordinario traguardo con un eBook ricco di racconti, foto, canzoni e approfondimenti storici, per ricostruire la sua vicenda di soldato e prigioniero.
L'eBook è anche l'occasione per un viaggio nel tempo, con le foto di Valva negli Anni Venti, Trenta e Quaranta.

La copertina dell'eBook che il nostro blog ha dedicato a Giuseppe Feniello

Per una visualizzazione ottimale, sarebbe preferibile il computer, anche se si può leggere questo libro digitale anche da telefono o tablet.

Riportiamo qui la parte finale dell'introduzione presente nell'eBook:

Durante questo percorso, potrete consultare i post da cui le foto sono tratte: questo è uno dei vantaggi di un eBook, che consente a testi e linguaggi diversi di dialogare tra loro per una informazione più completa.

Facendo scorrere sul nostro schermo le foto del passato, noteremo che anche le pietre cambiano.

Cambia il panorama, ma quel panorama è sempre Valva: come l'ha vista cambiare zio Giuseppe, come ha accolto con volto un po' diverso tutti gli altri valvesi dopo di lui.

Cambiano i volti: bambini, giovani, donne, uomini.

Sono stati valvesi, lo saranno ancora fino a quando li ricorderemo e sentiremo parte della nostra storia, elemento della nostra identità.

Fino a quando li sentiremo nostre radici.

Le foto della sezione dedicata a Valva negli anni Venti-Quaranta vengono dal preziosissimo archivio fotografico di Gozlinus; alcune di queste sono state raccolte dal lavoro paziente di Valentino Cuozzo, che è anche l'autore delle foto paesaggistiche presenti nel nostro lavoro (compresa quella in copertina).

Ecco alcune foto inedite di Giuseppe Feniello e della sua famiglia che trovate nell'eBook:

Antonia Cuozzo, la madre

Giuseppe Feniello in divisa da militare
Chiamato alle armi nel settembre 1942, il 28 febbraio 1943  è arrivato sul fronte di guerra, dove è stato catturato il 6 aprile 1943.


Il matrimonio con Margherita Figliulo, il 30 maggio 1948

Alcune foto risalgono agli Anni Cinquanta, scattate in occasione dell'arrivo di un parente che viveva in America; siamo in Rione Nuovo San Vito:

Da sinistra, il secondo è il fratello Michele, il terzo è il padre Francesco, al centro un parente venuto dall'America, poi zio Peppe e l'ultimo a destra è il fratello Vitantonio


Foto con donne; la prima a sinistra è la signora Margherita con una figlia

In questa foto di gruppo, i valvesi più esperti riconosceranno la signora Caterina (al centro)


Per le foto inedite, un grazie particolare alle nipoti Gerardina Rocco e Rosa Feniello.

Per approfondire:
Il nostro blog ha pubblicato due interviste al signor Giuseppe Feniello:

G.V.

20 febbraio 2023

COSE CHE VENGONO A GALLA: PARLANDO DI GUERRA CON UN UOMO DI CENTO ANNI

Ci sono conversazioni speciali.
Lo sono anche se hanno bisogno della mediazione di una persona che ripeta le parole con voce più forte per far capire la domanda e anche se a volte occorre ricostruire la risposta, col rischio di fraintenderla o di impoverirla; sono speciali forse anche perché il timore di stancare la difficile concentrazione di un uomo di cento anni ti spinge ad aumentare il ritmo delle domande, col rischio di sottoporre l'interlocutore a una sequela incalzante che fa irruzione nella sua quiete.

E allora dal passato riemergono schegge di storie, ricordi, luoghi.

La voce è flebile, ma ha ancora dei guizzi non privi di ironia; a volte accompagna le risposte con un sorriso amaro, altre volte si lascia andare a una risata; capita anche che ripeta la domanda, come a dire che gli sembra strana (e in alcuni casi è difficile dargli torto).
Lui è Giuseppe Feniello e grazie alla figlia e alla nipote ho l'onore di chiacchierare con lui la domenica di Carnevale, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno.

Giuseppe Feniello soldato; per la foto, ringraziamo la nipote Rosa Feniello

Quando, alla fine di oltre due ore di conversazione, facciamo timidamente notare che gli abbiamo fatto "una testa come un tomolo" (espressione dialettale che si riferisce alla gran quantità di domande), lui prima conferma, sornione, "accussì m' par", poi regala l'ennesima perla del pomeriggio: "so' cos ca ven'n a galla" (sono cose che vengono a galla).

La nipote Gerardina gli aveva già fatto l'intervista che abbiamo pubblicato sul nostro blog con il titolo I racconti dell'ultimo combattente.
Ora ne approfittiamo per chiedergli qualche altro dettaglio, alcune precisazioni, per fargli domande su altri argomenti; in fondo, però, oggi siamo qui per chiedergli di parlare e qualunque cosa dirà sarà importante, perché i ricordi di un uomo di cento anni non possono seguire la scaletta di chi gli fa le domande.

Per agevolare la lettura, dividiamo in punti la nostra conversazione.

La guerra e la cattura
Giuseppe Feniello ha visto poco la guerra: in Tunisia, dal 28 febbraio al 6 aprile 1943; dichiara di non aver mai sparato.
Ricorda le fasi della cattura: ai soldati italiani non è stato intimato di alzare le mani, ma sono stati costretti a camminare con le armi puntate alle spalle. 
Racconta allegro un episodio curioso: ha nascosto 50 lire nell'orecchio per non farsele togliere dagli inglesi.
Dei vari trasferimenti nei campi di prigionia, ne ricorda uno in particolare: quello da Tripoli ad Alessandria d'Egitto, via mare. Avevano il salvagente nel timore di un bombardamento dei tedeschi, che non c'è stato perché questi hanno capito che a bordo c'erano tedeschi e italiani.

Il campo di prigionia
Mettiamo davanti a zio Giuseppe un disegno che ricostruisce un campo di prigionia alleato in Africa.

Disegno fatto da un reduce della prigionia; per gentile concessione del sito congedatifolgore.com

Ricorda il filo spinato, dice che vivevano in tende e baracche (in cinque o sei persone, a volte un po' di più); dormivano su brande, ogni campo aveva una cucina, eventuali lavori venivano svolti sempre nel campo.
Ricorda anche delle visite della Croce Rossa (dice più volte "svizzeri") e parla della celebrazione della messa nel campo, la domenica; racconta che lui e i suoi compagni un giorno hanno detto al cappellano: "Tu sei libero, noi siamo prigionieri".
Zio Giuseppe ha avuto paura di morire quando è stato ricoverato in un ospedaletto da campo, per problemi intestinali. Vedeva altri ricoverati morire, "uno sì e uno no, poi [la morte] arrivava a me e passava oltre".
Conferma che il lavoro da fare non era molto, aggiunge che i prigionieri potevano lavarsi perché avevano a disposizione l'acqua e parla del cibo: in alcuni campi, come ad esempio ad Alessandria d'Egitto, mangiava solo una patata al giorno. 
Nell'intervista citata, ha raccontato che mettevano insieme la porzione di farina individuale e lui preparava dei cavatelli.
Oggi aggiunge altri due elementi: gli acquisti e la corrispondenza.
Con i pochi soldi che avevano, i prigionieri potevano fare degli acquisti perché all'interno del campo entrava qualcuno a vendere.
Le lettere venivano sottoposte alla censura, arrivavano con molto ritardo (anche di diversi mesi) e lui ricorda di aver appreso proprio da una lettera che anche suo fratello Michele era stato fatto prigioniero in Africa. 

Un episodio di solidarietà
Nella fase finale della prigionia, lavorava in un magazzino.
Dava sempre da mangiare a un uomo che andava a chiedergli qualcosa perché aveva fame (un po' di pane, del cibo in scatola).
Alla notizia dell'imminente liberazione di Giuseppe, il povero era preoccupato perché temeva di non poter avere più cibo. "Mangerai comunque, ci sarà qualcun altro al mio posto", gli disse per confortarlo. Lo racconta con una certa soddisfazione, come se fosse orgoglioso di essere riuscito a comunicare con chi parlava un'altra lingua: ripete più volte, gesticolando, "a furia di", che interpretiamo come un riferimento all'intesa che nasce dall'esperienza dell'altro.

Il rapporto con il fascismo

C'è una bella foto degli Anni Trenta: presenta un gruppo di valvesi in camicia nera, in montagna.

Anni Trenta, Camicie nere in montagna; fonte
Zio Giuseppe riconosce un compaesano e dice che lui non ha foto in camicia nera, perché quella che gli avevano dato aveva un bottone rotto e non l'ha mai indossata, per ripicca.

Non è semplice riuscire a parlare di questioni complesse come ad esempio i rapporti con i tedeschi e gli Alleati: da che parte stavi dopo la prigionia, quando alla radio arrivavano le notizie dell'Armistizio e del cambio di alleanza dell'Italia, cosa pensavi del regime, del re, di Badoglio.
Quando zio Giuseppe sente nominare il Re, ricorda che era "andato via" e racconta che lo chiamavano "pippetta".
Di Mussolini ricorda il modo di dire valvese, pieno di sarcasmo popolare: "Duc
ə Ducə, cum n' e' fatt arr'dducə"  (Duce Duce, come ci hai fatti ridurre; il detto continua dicendo che ormai siamo senza pane e senza luce). 
In fondo basta un verso ironico, di chiara origine popolare, per demistificare la retorica di un regime.

La  nipote Gerardina ricorda che da bambina il nonno le diceva che l'errore di Mussolini è stato quello di allearsi con Hitler. 
E' probabile che le politiche agrarie del regime abbiano riscosso invece il suo consenso.
Di Mussolini apprezzava quello che oggi chiameremmo buon uso dei mezzi di comunicazione: "se passava per un campo e vedeva uomini lavorare -ha detto una volta alla nipote- prendeva una zappa e si faceva fotografare".
Un'analisi ineccepibile.

E il fascismo a Valva, com'era vissuto?
Il "sabato fascista" non si doveva lavorare, ma zio Giuseppe racconta che chi aveva la terra ci andava; continua: "A volte due o tre fascisti bloccavano le vie per impedire di andare in campagna il sabato, ma si trovava un'altra strada e si andava lo stesso...".
E il marchese, era fascista?
"E chi lo vedeva..."

Un breve, ma significativo, scambio di battute
- Con quale stato d'animo sei andato in guerra?
- Eri un soldato e dovevi andare.
- Ma pensavi a Valva, alla famiglia?
- Embe', nun vuliv p'nsa'?

Nella saggezza da uomo nato un secolo fa, spero che zio Giuseppe perdoni la raffica di domande, comprese queste ultime due che solo chi non c'era può fare.

Un caloroso grazie alla figlia Nadia e alla nipote Gerardina e un abbraccio affettuoso al genero Angelo.

G.V.