03 febbraio 2023

UN ANNO, INSEGUENDO STORIE DI INTERNATI E CADUTI IN GUERRA

Un passo alla volta...poi crescendo il neonato affinerà caratteri e intenti

Era una bella frase augurale quella che un amico del nostro blog -da lui definito "il neonato" e alla nascita del quale ha contribuito in maniera decisiva- formulava esattamente un anno fa, quando il 3 febbraio 2022 iniziava il nostro lavoro.

Un anno di un lavoro di ricerca che non si è limitato solo ai post ma che ha suggerito anche il progetto del podcast "Il giorno dopo", dedicato alle complesse conseguenze dell'Armistizio reso noto l'8 settembre 1943. Altri progetti sono in cantiere, ovviamente.

Alle 18.36 di quel 3 febbraio veniva "inviato per lo mondo" (un'espressione un po' leziosa che ci consentirete) il primo post, con  un titolo che era e resta per noi significativo: 

👉Un rimpianto e il tentativo di rimediare

Il rimpianto riguarda il passato: della grande famiglia costituita da un piccolo centro, i fili che tengono insieme gli avvenimenti e le persone, attraverso le generazioni, spesso si sono persi; a volte, per fortuna, sono però ancora leggibili o almeno si può provare a ricostruirli.

Il tentativo di rimediare veniva indicato in due ambiti di lavoro: un lavoro di ricerca sui caduti e dispersi della Seconda guerra mondiale, confidando nella memoria orale collettiva, e la ricerca di documenti e testimonianze sui valvesi deportati nei campi di concentramento, i cosiddetti "IMI" (Internati Militari Italiani).

Dopo un anno di lavoro, possiamo tentare un bilancio.

Valva, 1924: inaugurazione del Monumento ai Caduti

Caduti e dispersi della Seconda Guerra Mondiale

Per ogni soldato valvese caduto nella Seconda guerra mondiale, ora abbiamo il fronte e la data. 

In alcuni casi abbiamo ricostruito le vicende post mortem, come ad esempio la struggente storia di 👉Michele Macchia, i cui resti sono tornati a Valva dieci anni dopo la morte sul fronte greco o la vicenda di 👉Carmine Corrado, morto in ospedale durante la prigionia in Austria e sepolto a Mauthausen.

Siamo orgogliosi di aver contribuito a rendere nota la vicenda del partigiano di Valva  👉Michele Cecere.

Molta attenzione è stata riservata alle vicende della guerra in Russia, in particolare alle storie dei due dispersi valvesi: Prospero Annunciata e Raffaele Cuozzo.

Ecco un post che riassume i lavori dedicati all'argomento:

👉Un giorno di gloria che ha dato valore a un'intera vita: il giorno di Nikolajewka

Un anno fa, i nomi con qualche lettera distaccata sulle lapidi del Monumento ai Caduti suggerivano in quel primo post una "riflessione sulla caducità della memoria anche nei luoghi deputati a conservarla".

Il lavoro di ricerca ha fornito un altro e più significativo esempio: il giallo storico costituito dal soldato 👉Michele Cuozzo, di cui abbiamo trovato una scheda dell'Archivio Vaticano (che cita il telegramma inviato al parroco con la notizia della morte sul fronte africano), di cui conosciamo la paternità e addirittura l'indirizzo (via Fontana), ma che non siamo riusciti a identificare, nonostante varie piste ipotizzate.

Valva, Monumento ai Caduti, cerimonia del 4 novembre 1965; fonte 

Ricerca sugli IMI

Ora abbiamo i nomi di ventuno soldati valvesi che sono stati deportati in Germania (e in alcuni casi nella Polonia occupata dai nazisti).

Di alcuni di loro purtroppo sappiamo solo che sono stati fatti prigionieri; di altri abbiamo informazioni più circostanziate: data di cattura, campo di prigionia, data di liberazione.

In questo post, aggiornato, facciamo il punto delle nostre ricerche:

👉I nomi degli internati militari valvesi

Un internato militare valvese ha lasciato un diario, preziosissimo strumento per comprendere vari aspetti dall'argomento: è Giovanni Milanese, al quale abbiamo dedicato già alcuni post e che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti:

Alcuni post sono stati dedicati al compianto Enrico Santovito, l'ultimo internato militare valvese, deceduto nel settembre scorso, sei mesi dopo aver compiuto cento anni. Ecco i principali post a lui dedicati:

Progetto grafico per il podcast Il giorno dopo, elaborato da Eleonora Moretto

Attuali ambiti di ricerca

Seconda guerra mondiale: vorremmo comprendere meglio le vicende dei due dispersi valvesi sarebbe interessante individuare i soldati che sono riusciti a tornare dalla Russia.

Resta da identificare anche uno dei soldati valvesi caduti a Cefalonia, argomento a cui abbiamo dedicato alcuni post e un episodio del nostro podcast:

Imi: non è ancora concluso il lavoro di identificazione dei ventuno soldati valvesi internati militari in Germania. Per uno di loro, Carmine Mastrolia classe 1923, l'unico documento al momento rinvenuto è un'annotazione in un registro del Comune di Valva. 

Se le famiglie degli internati militari vogliono collaborare, possono compilare questo questionario:

👉Questionario ricerca informazioni sugli internati militati

Altre storie

Il blog "la ràdica" si è occupato degli argomenti anche con post di approfondimento, come ad esempio quelli relativi alle condizioni degli internati militari italiani:

Alcuni post hanno avuto come argomento storie legate ad altre guerre: la Prima guerra mondiale, la guerra italo-turca, le vicende risorgimentali e della stagione del colonialismo italiano. 

Particolare rilievo ha avuto anche il tema dell'emigrazione, spesso intrecciata con il dramma della guerra.

In alcuni post abbiamo proposto delle riflessioni sul sistema dei lager, anche con un approfondimento sulla condizione psicologica dei prigionieri, a partire all'importanza della letteratura e della scrittura delle proprie memorie:


Panoramica del campo di Buchenwald

Visualizzazioni e i post più letti

In una anno il blog ha avuto circa 16500 visualizzazioni, con la media di 45 al giorno. Sono numeri certamente contenuti per un blog, ma l'importante è che le storie dei nostri soldati sono state lette e che i lettori abbiano avuto delle informazioni, sia pure a un livello non certamente specialistico, su alcune vicende della Seconda guerra mondiale e sulle condizioni di prigionia degli IMI. 

i più assidui: Stati Uniti, Germania, Irlanda, Francia e Svizzera, Grecia, Albania e Spagna; oltre dodicimila visualizzazioni sono avvenute tramite Facebook, solo poco più di cento tramite Google.

Ecco i post che hanno superato le cinquecento visualizzazioni: 

👉Il giorno in cui nacquero gli IMI [una ricostruzione delle vicende che portarono nel 1943 la Germania a considerare i soldati italiani non "prigionieri di guerra" ma "internati militari italiani"]
👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia [dedicato alla vicenda del soldato Raffaele Cuozzo, disperso in Russia]
👉I racconti dell'ultimo combattente[un'intervista all'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale, il signor Giuseppe Feniello, realizzata dalla nipote Gerardina]
👉Mio carissimo padre [la trascrizione, con commento, della lettera del nostro soldato disperso in Russia
👉Carmine, che riposa a Mauthausen
👉Il partigiano di Valva [dedicato alla figura di Michele Cecere, partigiano]
👉Col sangue, con la libertà: quei no pagati caro
👉Una lettera dal fronte russo [una preziosa lettera di Raffaele Cuozzo alla sua famiglia
👉I racconti di zia Pasqualina [dedicato ai racconti della nonna di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo]
👉La pacchiana che chiuse dietro di sé un mondo intero [dedicato alla figura dell'ultima "pacchiana" di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo]

Radica di ulivo, foto del restauratore Giancarlo Feniello

Con uno strumento come un blog, questo materiale può essere condiviso perché altri lo utilizzino per scoprire nuove informazioni e nuovi strumenti di ricerca.

Un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato con il nostro blog in questo anno, in particolare alle famiglie dei caduti e degli internati e a Pinuccio Cecere, che ha fornito un aiuto indispensabile alle ricerche fatte.

Il lavoro di ricerca, continua.


Nel primo post di questo blog, citavo il compianto Salvatore Cuozzo. Mi piace ricordarlo dopo un anno: questo lavoro sarebbe stato più ricco se vi avesse contribuito anche lui. Lo dedico alla sua memoria.

G.V.

🎧 Podcast

Nei seguenti episodi del podcast "Il giorno dopo" ci sono altre informazioni sui valvesi prigionieri o caduti nella Seconda guerra mondiale.


29 gennaio 2023

LA STORIA DI ONOFRIO, IMI ED EMIGRANTE

Una storia emblematica, che parte da lontano.

Hanno gli occhi un po' smarriti di chi non è abituato a mettersi in posa davanti a un fotografo, i dodici soldati valvesi che sono ritratti in una foto dopo i funerali di un loro compaesano, sergente, morto in combattimento sul Monte Grappa l'11 dicembre 1917.

La foto è tratta dal post Soldati di Valva, pubblicato da Gozlinus

Il nome del sergente caduto rivivrà in due nipoti: Onofrio Mastrolia.

Questa è la storia di Onofrio figlio di Sabato e Artemisia Figliulo, nato il 26 dicembre 1923.

Giunto alle armi nel gennaio 1943, Onofrio è assegnato al 49.mo Reggimento Fanteria in Ascoli Piceno. Nel settembre 1943 il reggimento risulta impegnato in Albania.

Non conosciamo il giorno né il luogo esatto della cattura, ma sappiamo che è stato internato militare in Germania perché l'Archivio Arolsen conserva alcuni interessanti documenti su di lui.

Gli IMI diventano "lavoratori civili"

La vicenda del fante Onofrio Mastrolia è particolarmente significativa perché  testimonia una particolare fase della vicenda degli IMI: la loro trasformazione in "lavoratori civili".

In seguito agli accordi tra Hitler e Mussolini, sottufficiali e soldati prigionieri vengono smilitarizzati d'ufficio e trasformati in lavoratori civili formalmente liberi.
Gli storici Avagliano e Palmieri, nel loro I militari italiani nei lager nazisti- Una resistenza senz'armi (1943-1945) presentano il cambiamento di status giuridico come un passaggio che comporta qualche vantaggio, come ad esempio l'iscrizione alla previdenza sociale e alla mutua, il pagamento del salario non più in moneta del lager ma in marchi; inoltre, è prevista anche l'apertura delle porte dei campi. 
Tuttavia, scrivono i due autori:  
Resta [...] una libertà solo formale, a cominciare dall'impossibilità di rimpatriare e di sottrarsi al lavoro pesante, nonché l'obbligo di fatto di vivere negli stessi campi di concentramento dove si era patita la detenzione fino a quel momento. Lo stipendio lordo di 180-220 marchi mensili in media, inoltre, sconta comunque l'obbligo di acquistare beni solo negli spacci e nei negozi muniti di apposita licenza ed è decurtato del 25% per tasse e altre spese, mentre il 50% è versato allo Stalag per il vitto e l'alloggio, senza considerare le multe.

Onofrio è stato nel campo di Doehrbruch, 126 (Hannover). 

Nell'elenco molto dettagliato del sistema dei campi nazionalsocialisti, pubblicato nel 1999 a cura di Martin Weinmann, quello di Doehrbruch viene definito "campo di lavoro civile".

Come vediamo in questo documento, Onofrio Mastrolia lavora presso un grossista di legname, ad Hannover (Hamelnstrasse, 44).


In questo altro documento, che testimonia l'iscrizione alla Cassa Malattia tedesca (A.O.K.), troviamo le date: Onofrio ha lavorato presso il grossista di legname dal 23 settembre 1944 al 7 aprile 1945.

La grafia del nome è un po' incerta e la data di nascita non è precisa.

Nei mesi successivi, la liberazione ad opera deli Alleati.

Ecco la scheda -in inglese- compilata il 9 luglio 1945:

Alla domanda (18) risponde di dichiararsi "prigioniero di guerra", nel punto successivo dichiara di non avere denaro con sé. Non è indicato il "Displaced Persona Office"  che ha redatto la scheda (ufficio persone sfollate); la G in alto a sinistra nel numero di matricola indica che il prigioniero è stato liberato in Germania.

Onofrio Mastrolia sarà rimpatriato l'8 settembre 1945, esattamente due anni dopo la cattura.

Negli anni successivi, emigrerà in Francia.

Il suo nome ha attraversato il Novecento e ne ha sperimentato la durezza.


G.V.

27 gennaio 2023

QUANDO PIOVE SI VORREBBE POTER PIANGERE

 27 gennaio

Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché colore che, anche in campi e schieramenti diversi si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e pro tetto i perseguitati. 

                                                                               Legge  20 luglio 2000, Articolo 1 comma 1

 

Elaborazione grafica di Eleonora Moretto

L'argomento principale del nostro blog è costituito dalle vicende degli internati militari italiani, cercando in alcuni contributi di inserirle nel contesto più ampio del sistema concentrazionario.

Segnaliamo alcuni post.

Una riflessione sui lager, in occasione di una visita al campo di Buchenwald:



Condizioni di lavoro e di prigionia degli internati militari:

Foto segnaletica per la scheda personale; fonte
Post dedicati allo status giuridico degli IMI:

Riflessioni sulla condizione psicologica dei detenuti, con particolare riferimento all'importanza della letteratura e della scrittura delle proprie memorie:

Aniello Eco, “Sipario di ferro”; fonte

Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉
L'unico amore del prigioniero Giovanni


G.V.

26 gennaio 2023

UN GIORNO DI GLORIA CHE HA DATO VALORE A UN'INTERA VITA: IL GIORNO DI NIKOLAJEWKA

26 gennaio

Giornata nazionale della memoria 

e del sacrificio degli Alpini

Con la battaglia di Nikolajewka gli Alpini riescono a sfondare l'accerchiamento sovietico; fonte

La legge del 5 maggio 2022, n.44, ha istituito la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, allo scopo di tenere vivo il ricordo dell'eroismo dimostrato nella battaglia di Nikolajewka, combattuta dagli alpini il 26 gennaio 1943, e di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell'interesse nazionale nonché dell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano, come recita l'articolo 1.

Una rappresentazione della battaglia di Nikolajewka; fonte

Il nostro blog ha dedicato alle vicende della guerra in Russia e della drammatica ritirata alcuni post.

Ci siamo occupati della vicenda di Raffaele Cuozzo, dichiarato disperso il 31 gennaio 1943, con questi post:

Anche un altro valvese risulta disperso in Russia, già nel novembre 1942: è il tenente medico Prospero Annunciata:
👉Il medico disperso nella neve

In questo post abbiamo cercato di ricostruire gli eventi degli ultimi giorni del gennaio 1943, scegliendo le testimonianze di Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern per illuminare l'umanità sofferente della Ritirata di Russia:
👉Tutti i vivi all'assalto!  

Con la battaglia di Nikolajewka le truppe italiane, pur equipaggiate con armi insufficienti e munizioni scarse, riuscirono a sfondare le linee di difesa sovietiche e a conquistare la ferrovia, fondamentale per la ritirata.

Ecco come Rigoni Stern, nel suo celebre Il sergente nella neve, conclude il ricordo della battaglia:

E allora avanti! Una massa di sbandati va incontro alla sua ora di gloria. Si passa, si passa! Attraversano Nikolajewka lastricandola di morti perché ci sono 48 sotto zero e se ti pigliano sei morto. Alle 5 è tutto finito: ci contiamo, siamo qua, siamo vivi ma siamo pochi. Chi non è passato con la prima ondata non passerà più. Persa la Cuneense, persa la Vicenza, persa buona parte della Julia, ma noi, noi ce l'abbiamo fatta. Un giorno di gloria che ha dato valore ad una intera vita. Questo fu il 26 gennaio 1943. Questa fu la battaglia di Nikolajewka.                                               

Alla memoria dei caduti in Russia e di tutti i caduti del corpo degli Alpini dedichiamo questa struggente versione della celebre canzone Sul ponte di Perati, interpretata dal gruppo Al Tei.



G.V.

24 gennaio 2023

IL SOGNO DEL PRIGIONIERO

 GIORNATA DELLA MEMORIA

Art. 1  La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.       
[Legge n. 211, 20 luglio 2000]

Scritta all'ingresso del campo di Buchenwald, "A ciascuno il suo"

IL SOGNO DEL PRIGIONIERO

Albe e notti qui variano per pochi segni.

Il zigzag degli storni sui battifredi             torri di guardia
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare;
l'occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti                      forni
veri o supposti -ma la paglia è oro,        
la lanterna vinosa è focolare                         di luce rossastra
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.

La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d'oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce        critica  
e vende carne d'altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel paté
destinato agl'Idii pestilenziali.

Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,                                 schiaccia sul pavimento
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all'aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,                                ciambelle dolci
mi son guardato attorno, ho suscitato     ho immaginato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto-

e i colpi si ripetono ed i passi
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te  non è finito.


Eugenio Montale, Il sogno del prigioniero, da La bufera e altro

Memoriale della Shoah, Berlino

Questa poesia di Montale è l’ultimo componimento della raccolta La bufera e altro; la bufera è un’allegoria della Seconda guerra  mondiale e della stessa condizione umana: un'immagine concreta (la bufera, appunto) che sia in grado di rappresentare simbolicamente una realtà più complessa.

Anche Il sogno del prigioniero rappresenta la condizione umana attraverso i pensieri di un prigioniero, che potrebbe essere il prigioniero di un campo di concentramento (si parla di forni), il prigioniero di un gulag sovietico (si parla di purghe); potrebbe essere anche un internato militare, un prigioniero militare in Germania, visto che Montale scrive: chi abiura e sottoscrive può salvarsi; chi obiurga -cioè chi critica- se stesso, chi rinnega le cose in cui credeva, tradisce…e vende carne d'altri.

Il sogno del prigioniero è dunque l’allegoria della condizione umana e la figura positiva è qui rappresentata da Clizia, una  donna idealizzata che rappresenta la salvezza, lo spiraglio che consenta all’uomo di superare la propria condizione in questo caso di prigionia e dunque Clizia è la libertà; in altri testi di Montale, Clizia rappresenta la luce del sole, che può indicare una via d'uscita dalla realtà negativa in cui viviamo, può guidare alla salvezza.

Monumento alle vittime Sinti e Rom, Berlino

Vediamo in sintesi il contenuto del testo.

Il prigioniero parla in prima persona.
L’alba e la notte hanno poche differenze qui nella mia cella; vedo i movimenti degli uccelli nei giorni di battaglia; avverto il vento freddo, sento il rumore di noci schiacciate, lo sfrigolio dell’olio dalle cucine.
Ma la paglia per me è oro, la lanterna per me è un focolare se quando dormo mi immagino ai tuoi piedi, dice il prigioniero rivolto alla donna-angelo.
La purga dura da sempre senza un perché: ecco l’assurdità della guerra, del male, della violenza nella storia.
Dicono che chi abiura e sottoscrive, cioè firma qualche dichiarazione, può salvarsi da questo sterminio di oche.
Chi tradisce, afferra il mestolo: afferrare il mestolo vuol dire avere un ruolo non più di vittima; gli altri finiscono nel paté, pasticcio di fegato e carne, preparato per gli dei pestilenziali, come li chiama Montale.
La metafora dello sterminio di oche (attenzione alla parola sterminio) indica che i prigionieri sono considerati come carne da macello; il prigioniero di Montale dice: ci stanno sterminando come oche per cucinare un paté da offrire agli dei della pestilenza, un’immagine che indica la presenza del male, come se gli dei fossero dei cannibali che stanno per mangiare il paté fatto di carne umana.

Forni crematori, Buchenwald
Ferito dal letto pungente su cui dormo, sono diventato un tutt’uno con la tarma che io schiaccio con la scarpa sul pavimento, sono diventato un tutt’uno con le luci che sembrano dei kimoni giapponesi quando all’aurora arrivano riflessi di luce, ho annusato nel vento il bruciaticcio delle ciambelle, ho immaginato guardando le ragnatele che lì ci fossero degli arcobaleni e che le inferriate della mia cella fossero piene di fiori.
Nell’ultima strofa il prigioniero afferma di non sapere se al banchetto sarà il cuoco oppure il cibo.
L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito: nei versi finali notiamo la contrapposizione tra l’aggettivo lunga e la voce verbale non è finito.
Il sogno accompagnerà l'attesa, durerà quanto l'attesa: è il sogno che aiuta ad accettare la condizione di prigionia in cui mi trovo.
I binari di Buchenwald
Mi viene da immaginare i nostri prigionieri confortati non dalla complessa figura di Clizia ma da una figura femminile meno astratta, più concreta, più vicina alla loro vita: la mamma, la fidanzata, un’amica…in senso più ideale, il proprio paese, il nostro paese.
Penso che possa essere stata questa la forza che ha spinto i nostri prigionieri, i tanti prigionieri, ad andare avanti.

 G.V.


23 gennaio 2023

TUTTI I VIVI ALL' ASSALTO!

Raffaele Cuozzo era un mitragliere del 156 Battaglione della Divisione Fanteria Vicenza; risulta disperso in Russia in data 31 gennaio 1943. 

Ritirata italiana in Russia; fonte

Renza Martini, esperta delle vicende della spedizione in Russia e della tragica ritirata, riassume così le vicende della Divisione Vicenza, nel gennaio '43:

La Vicenza era priva di artiglieria perché fu inviata con servizi nelle retrovie, controllo prigionieri e antipartigiani e si trovò invece ad essere spostata in prima linea al posto della Julia, che era stata a sua volta spostata a sud e decimata dagli attacchi dei russi a metà dicembre. 
Possiamo dunque ipotizzare che Raffaele Cuozzo sia caduto nell'ultima parte della ritirata, nell'ultimo combattimento in uscita dalla sacca, a Valujki.

E' possibile che Raffaele sia caduto davvero il 31 gennaio oppure è una data approssimativa?

Se Raffaele è caduto il 31 gennaio, vuol dire che il suo battaglione era fuori dalla sacca del Don, mentre nei giorni precedenti era ancora in marcia. Le colonne, per evitare l'accerchiamento, erano state costrette ad aprirsi la strada combattendo prima a Nikitowka (il 25 gennaio), alcuni elementi si erano diretti con la Tridentina verso Nikolaevka (26 gennaio) ma la maggioranza  è stata intrappolata a Valujki il 27 gennaio, costretta alla resa dai reparti del 7 Corpo di cavalleria sovietico. 

Rotta degli alpini nel gennaio 1943. In evidenza, le località di Valujki e di Nikolaevka; fonte

Cosa accade ai corpi dei soldati caduti durante la ritirata?

I morti del ripiegamento, a causa delle circostanze eccezionali in cui i nostri soldati vennero a trovarsi, vennero lasciati insepolti. Giunto il disgelo, fu la popolazione locale a scavare fosse comuni in cui i morti vennero inumati.
Il fante Raffaele Cuozzo

La strada del davai

A Valujki inizia quella che Nuto Revelli, ufficiale degli alpini in Russia e poi protagonista della Resistenza nel Cuneese, ha definito "la strada del davai", parola che in russo significa "avanti, cammina!".

Revelli ha raccolto storie degli alpini della Cuneese, facendo emergere lo sfacelo dell'esercito e la tragedia di uomini gettati allo sbaraglio. Idealmente, però, è come se desse la parola a tutti gli alpini e a tutti i soldati impegnati nel fronte russo perché, come egli stesso osserva, gli alpini erano una minoranza (circa un quarto) del corpo di spedizione: "Non dimenticare vuol dire ricordare tutti".

Ecco una sua significativa descrizione degli eventi del gennaio 1943; il ritmo concitato del racconto esprime bene la concitazione degli eventi:

Con il gennaio 1943 inizia la corsa verso casa. Le notti all'addiaccio, la fame, il freddo, la pazzia, in una terra dove ogni isba ricorda una forza, un eccidio, un deportato, un prigioniero russo assassinato. Chi scappa, chi combatte, chi butta i gradi, chi soccorre un ferito, chi muore di fame, chi mangia e ingrassa, chi viaggia come un baule su una slitta rubata, chi spoglia i morti e chi li copre con pietà. Ogni uomo è nudo, molti uomini sono bestie. [...] Più di duecento tradotte, nell'estate del 1942, avevano portato in Russia il corpo d'armata alpino: diciassette brevi tradotte, nella primavera del 1943, riportarono in Italia i feriti e i congelati, e i quattro muli usciti dalle sacche.

Tutti i vivi all'assalto!

La Divisione Vicenza, alla quale apparteneva Raffaele Cuozzo, è citata anche in questa pagina del Sergente nella neve, il celebre racconto autobiografico che Mario Rigoni Stern ha dedicato alla Ritirata di Russia:

"Vestone, quanti siete?". Troppi pochi. Val Chiese, Tirano, Edolo, ci siete? Morbegno, dov'è il Morbegno? Non c'è Il Morbegno, non c'è più, è rimasto indietro. E gli altri, dove sono? La Julia, la Vicenza, la Cuneense? La Julia c'è, è là: 4000 son rimasti appena ma gli altri dove sono? Non ci sono. Radunarsi, allora, munizioni, baionette, e i feriti? Anche loro, anche i feriti servono. Tutti quelli che camminano, tutti quelli che possono sparare, tutti. E così, sono le 15.30 in quel villaggio dimenticato da dio, che nasce l'ultimo ordine del Generale Reverberi: “TUTTI I VIVI ALL’ASSALTO!”.

Un grazie particolare a Renza Martini, appassionata e disponibilissima esperta dell'argomento e competente custode della memoria degli italiani caduti e dispersi in Russia. 

G.V.


🔍Approfondimenti

Ecco alcuni post dedicati alla guerra in Russia:


La storia di Raffaele Cuozzo è pubblicata anche sul sito www.divisionevicenza.it 
Un sentito ringraziamento ai pronipoti Norma e Michelino Caldarone.
Per la storia di Prospero Annunciata, un sentito ringraziamento alla pronipote Veronica Cuozzo.

15 gennaio 2023

FARE LA GUARDIA ALLA DIGNITA' DI ITALIANO

Giovanni Milanese è un sottotenente dell'esercito italiano a Rodi, fatto prigioniero il 15 settembre 1943.

Nato a Valva nel 1917, laureato in ingegneria all'università di Napoli, ha lasciato un diario che è una preziosa testimonianza degli avvenimenti che ha vissuto prima a Rodi poi nella sua prigionia nei campi nazisti, in Polonia e Germania. 

La moglie e i figli di Giovanni Milanese, nel 1956; fonte

Un diario può essere scritto per diverse ragioni: lasciare una testimonianza, avere un promemoria per poter rileggere -in un domani che si spera libero e vicino- le vicende vissute, fissare un appuntamento quotidiano che costituisca un momento di distrazione e dia un po’ di serenità.

Un diario può essere scritto anche per il bisogno di sentirsi ancora un uomo, in un sistema che sembra organizzato per disumanizzare il prigioniero.

Lottar con la penna e col pensiero

La sensibilità di Giovanni Milanese lo spinge ad affidare alla carta di quadernetti improvvisati i suoi ricordi, i rimpianti, i sogni. Questi quadernetti diventano compagni fedeli nei lunghi mesi di prigionia.

Con versi profetici, suo padre Carlo gli aveva scritto "nel dì della sua nascita":

cosa avverrà di te? Soldato oscuro
combatterai sotto gli oscuri cieli?     [...]
Va!...bimbo, incontro al fato ed agli eventi
a lottar con la penna e col pensiero, 
ma per la via diritta e negli accenti
t'ispiri sempre a la giustizia al vero.

La prigionia ha messo a dura prova il fisico del soldato, ha scalfito il suo amor di patria (lo confessa candidamente), ma non ha cancellato minimamente l'affetto per la famiglia né la sua dignità di uomo e di soldato.

Giovanni Milanese; fonte

Scrivere è anche un modo di combattere, forse.

Gli IMI rappresentano un'altra Resistenza: la loro scelta di non imbracciare il fucile al fianco dei tedeschi viene pagata con la prigionia, con uno status che non li fa rientrare sotto la protezione della Convenzione di Ginevra.

Anche a Giovanni Milanese possono riferirsi queste significative parole di un celebre internato italiano, Giovanni Guareschi:

Io non mi considero prigioniero, io mi considero combattente...sono un combattente senz'armi, e senz'armi combatto. La battaglia è dura perché il pensiero dei miei lontani e indifesi, la fame, il freddo, la tubercolosi, la sporcizia, le pulci, i pidocchi, i disagi che non sono meno micidiali delle palle di schioppo...Io servo la patria facendo la guardia alla mia dignità di italiano.

Alla sua prigionia in Germania Giovanni Guareschi ha dedicato Diario clandestino 1943-1945; foto

Giovanni Milanese combatte a suo modo: ad esempio, rifiuta di andare a lavoro durante la prigionia. 

Ecco come racconta l'episodio, in alcune pagine del suo diario:

27-11-44
E' uno dei più brutti giorni di questa mia prigionia.
Mi hanno chiamato per mandarmi a lavoro, ma non mi sono presentato. Stiamo a vedere cosa succede.
29-11-44
Mi richiamano. Non ci vado di nuovo
.
1-1-45
Tutti mi consigliano di uscire al lavoro se voglio salvare la salute.  
Malgrado tutto voglio resistere ancora.
Voglio difendere fino all'ultimo il mio punto di vista.

Dalle pagine del diario di Giovanni Milanese emergono diverse caratteristiche dell'autore: una di queste è la mitezza. Sembra che anche l'odio sia un sentimento ovattato. Sono significative queste parole:

24-4-45
Si son datti tutti alle razzie, russi, francesi, italiani. Polli, farinacci, scatolame, tutto. Io odio per natura i tedeschi, ma questa situazione mi fa tanto male. [...]
Visto che l'unico a non mangiare bene sono io, anch'io ho preso qualcosa nei limiti della mia coscienza. 
Forse sottoscriverebbe anche queste parole, ancora di Guareschi: 
Per quello che mi riguarda, la storia è tutta qui. Una banalissima storia nella quale io ho avuto il peso di un guscio di nocciola nell’oceano in tempesta, e dalla quale io esco senza nastrini e senza medaglie ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi, sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso.

Anche attraverso la scrittura di un diario si può ritrovare se stessi, nella tempesta. 

 G.V.

Approfondimenti

Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉
L'unico amore del prigioniero Giovanni
Le foto della famiglia Milanese sono tratte da tre post di Gozlinus:
👉1943 Un giovane valvese in un campo di concentramento in Polonia
👉Un cittadino onorario
👉Davanti alla grotta

13 gennaio 2023

SOPRAVVIVERE ALL'INFERNO RESTANDO UOMINI

Ho scritto perché sentivo il bisogno di scrivere. [...] Ho avuto l'impressione che l'atto di scrivere equivalesse per me allo stendermi sul divano di Freud. Sentivo un bisogno così prepotente di raccontare, che raccontavo a voce.

Con queste parole Primo Levi spiegava le motivazioni alla base della scrittura del suo Se questo è un uomo, capolavoro della letteratura memorialistica.

Gustavo Antonelli, La catena per il trasporto del rancio; fonte

Ulisse e la zuppa

C'è un episodio del libro di Levi che sottolinea con particolare efficacia l'importanza della letteratura anche nell'esperienza della prigionia: è l'episodio del canto di Ulisse.

Levi e il suo compagno francese Pikolo stanno andando a prendere il rancio per la loro baracca.

Levi vuole fare ascoltare al compagno il canto di Ulisse, dalla Commedia dantesca; avverte il bisogno di parlare di letteratura perché vuole sentirsi ancora uomo, esattamente come nelle celebri parole che Ulisse dice ai suoi compagni:

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.

In un luogo in cui si fa di tutto per umiliare l'uomo, rendendolo numero e non persona, Levi trova nella memoria di una pagina letteraria la possibilità di sentirsi ancora veramente uomo, distinguendosi dai "bruti". 

La poesia come riscatto, dunque.

Il suo compagno francese capisce che per lui questo è importante e Levi commenta:

Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle. 

Vittorio Valeri, Baracche, Wietzendorf; fonte

Levi sta recitando il canto dantesco ma ha un vuoto di memoria e non riesce a completare un verso: scrive che darebbe la zuppa di quel giorno pur di riuscire a ricordare le parole che mancano.

In seguito, commenterà:

[...] non mentivo e non esageravo. Avrei dato veramente pane e zuppa, cioè sangue, per salvare dal nulla quei ricordi.

La poesia ha creato un attimo di sospensione magica nell'inferno del lager.

Le parole in tedesco "Kraut und Ruben" (zuppa di cavoli e rape) richiamano i due prigionieri alla dura realtà; per un attimo, nella loro anima è brillata una luce che li ha fatto sentire uomini, ancora uomini, nonostante tutto uomini.

G.V.

Per approfondire:

👉https://it.pearson.com/content/dam/region-core/italy/pearson-italy/pdf/italiano/dante-primo-levi.pdf