17 febbraio 2024

IL SEME DELLA MEMORIA: 17 FEBBRAIO 1924, NEWARK

 

Centenario della serata organizzata 

dal circolo valvese di Newark 

per il  Monumento ai caduti 

Newark - Valva, 1924-2024 

Alcuni hanno un papavero sulla giacca. 

Fa freddo fuori: siamo a febbraio, nel New Jersey, ma l’auditorium Saint Michael è gremito. 

Ormai il papavero è diventato, negli Stati Uniti come in Inghilterra, il simbolo del sacrificio dei caduti in guerra. È stata scelta la scontrosa bellezza di un fiore che nasce sulla terra che copre i corpi dei soldati, in quel cimitero della gioventù che è diventata l’ Europa, nella Grande Guerra.

Questa domenica sera qui a Newark si parla di caduti, quelli di un Paese lontano dall’altra parte dell’oceano, in Europa, in Italia, in un paesino della provincia di Salerno.

Se ne parla perché questa sera un circolo di emigrati italiani ha organizzato un appuntamento di cui tutti i membri sono orgogliosi.

Il programma della serata è molto ricco.

Lo hanno scritto sui manifesti e sugli inviti, che con impegno ed entusiasmo hanno distribuito nei giorni scorsi:

Grande serata di beneficenza per l’erigendo monumento in Valva

ai Caduti per la Patria.

Auspice il Circolo valvese di Maria Assunta.

17 febbraio 1924

St. Michael Auditorium

Newark, New Jersey

Il presidente del circolo, Michele Feniello, questa sera è emozionato.
E' emigrato negli Stati Uniti da tempo, ed è diventato cittadino americano ormai da venti anni.
Questo non gli impedisce comunque di sentirsi ancora un vero italiano.
Ha preparato il suo discorso con cura, perché ha deciso che non poteva parlare a braccio: questa serata è troppo importante per lui e ha paura di essere tradito dall'emozione.
L'oratore del circolo valvese di Newark, Giuseppe Spiotta, è invece più giovane e sembra più a suo agio davanti al pubblico; per questo lo hanno inserito nell'ufficio stampa del comitato pro monumento.
Giuseppe è a Newark con la mamma Gelsomina e con il fratello Alessio, da dieci anni.
Nel 1917 è stato registrato nelle liste di leva dell'esercito americano e due anni fa ha presentato domanda di naturalizzazione.
Si può essere cittadini americani e sentirsi italiani.
Lo pensavano anche i giovani valvesi emigrati qui in America che nel '17 si sono arruolati con l'esercito statunitense; quattro di loro sono caduti in Francia e questa sera il presidente li ricorderà.
Esprimerà l'auspicio che i loro nomi siano incisi sul marmo del monumento che sta per sorgere al paese, oltre l'oceano infinito, nella bella e povera terra d'Italia, a Valva.

Dopo i discorsi ufficiali, il programma prevede canti patriottici.
È come la tonalità sulla quale accordare la serata.
Questo è un momento di omaggio alla patria lontana e questo luogo, in questa fredda domenica di febbraio, è Italia.
Poi ci sarà un momento teatrale.
Un dramma che ultimamente qui in America è molto rappresentato: I cospiratori, opera postuma di Antonio Scalvini.
Risorgimento, lotta di liberazione contro gli austriaci.
Un tema attuale, molto attuale.
Il Risorgimento è stato compiuto solo con la guerra: non manca la delusione nell'opinione pubblica italiana per una vittoria che sembra a molti "mutilata".
Anche le associazioni di italiani qui in America hanno vissuto con passione la vicenda delle "terre irredente", raccogliendo fondi per la "città martire" di Fiume. 
Dopo il teatro, il caffè concerto.
Ci sarà un ospite d'eccezione: una star nella comunità italo-americana.
Eduardo Migliaccio, meglio noto come Farfariello.
Viene da Cava de' Tirreni, è un artista che dà voce al sentimemto dell'emigrante del Sud: il disincanto di chi si trova ai margini del sogno. 
Le sue macchiette sono quadri satirici, graffiano con leggerezza.
Molto interessante l'aspetto linguistico dei suoi testi: un pastiche di italiano e dialetto che incontrano l'inglese degli americani.
Ultimo appuntamento della serata: seconda parte dei canti patriottici, con il maestro Carlo De Carli al piano.

Emozione, commozione, orgoglio: c'è aria di casa, in questa fredda domenica di febbraio, qui nel New Jersey.

Alla serata del Circolo Valvese di Newark abbiamo dedicato il documentario Di radici e di sangue.

un secolo di memoria, 4

G.V.

13 febbraio 2024

ITALIANI IN AMERICA, TRA RADICI E INTEGRAZIONE

DI RADICI E DI SANGUE 

1924: nascita di un monumento ai caduti

Newark  -Valva

Di radici e di sangue, documentario dedicato alla nascita di un monumento ai caduti, è giunto al quinto episodio. 

E' dedicato ai cento anni dalla serata organizzata dal circolo valvese di Newark, che aveva lo scopo di raccogliere fondi da inviare in Italia, a Valva, per l' "erigendo monumento" ai caduti in guerra.

I primi episodi del nostro lavoro sono un tentativo di ricostruire il contesto sociale e culturale degli emigrati italiani in America, con particolare attenzione a quelli provenienti dalla Valle del Sele.

Quale America vivevano uomini, donne e bambini provenienti dalle campagne italiane?

Dopo un episodio introduttivo, dal titolo Papaveri, il secondo traccia brevemente il disegno della cosiddetta "Età del jazz", partendo da uno spunto: il 12 febbraio 1924 viene eseguita per la prima volta la leggendaria Rhapsody in blue di George Gershwin (che la suona al pianoforte). Siamo a New York, pochi chilometri e cinque giorni prima della serata organizzata dai valvesi a New York. L'episodio si intitola👉 Gli anni ruggenti.

Il terzo episodio, dal titolo 👉 Newark, N.J.- La porta del sogno americano, ci porta a scoprire la città operaia di Newark negli Anni Venti: il punto di osservazione è quello degli emigrati italiani che si trovano a contatto con la "sferragliante velocità di una città americana".

Nell'episodio sono citate alcune testimonianze raccolte in un bel saggio del prof. Michele Campanini (Università di Siena): Le geografie dell'arrivo: gli emigranti italiani e il Nord America (disponibile in rete).

L'episodio numero 4 ha come titolo 👉Patrie-Tra identità e integrazione.

Presenta le attività delle associazioni di mutuo soccorso, che nascono non solo dalla necessità di fornire assistenza agli iscritti ma anche da quella di costituire un punto di riferimento per persone che vivono in un mondo così diverso da quello nel quale sono cresciute. 

Queste associazioni sono fondamentali anche per l'integrazione degli emigrati negli Stati Uniti, oltre che a mantenere viva la loro identità, il legame con le radici.

Il quinto episodio si intitola 👉Come al paese -Una piccola Valle del Sele in America.

Si concentra sui circoli degli emigranti della Valle del Sele (Valva, Caposele), con particolare attenzione alla dimensione religiosa (ad esempio, la processione di San Gerardo a cura della comunità di Caposele). 


Processione di San Gerardo Maiella, Newark
(comunità di Caposele, Avellino)

Comitato Festa di San Gerardo, Newark
(comunità di Caposele, Avellino)

Società Fraterno Amore, Newark
(comunità di Caposele, Avellino)

L'episodio si occupa inoltre della più grande organizzazione degli italo-americani, l'Ordine Figli d'Italia in America. 

Religione e patriottismo sembrano i legami più forti degli italiani con le loro radici.

Nei prossimi episodi, ci occuperemo della serata del 17 febbraio 1924, cercando di ricostruirla (con un po' di fantasia, rispettosa ovviamente del contesto storico e culturale).

Buona visione. 

For the photos, we thank the Newark Public Library.

G.V.


04 febbraio 2024

DI RADICI E DI SANGUE: UN DOCUMENTARIO SULLA NASCITA DI UN MONUMENTO AI CADUTI

 

DI RADICI E DI SANGUE 

1924: nascita di un monumento ai caduti

Newark  -Valva



Il blog "la ràdica" celebra i cento anni del monumento ai caduti in guerra di Valva con un documentario che racconta la vicende della sua costruzione.
Il primo episodio è un omaggio ai caduti, con una poesia su uno dei simboli più forti dedicati al loro sacrificio: il papavero.
Ecco i versi di Attilio Bertolucci:

Questo è un anno di papaveri, la nostra
terra ne traboccava poi che vi tornai
fra maggio e giugno, e m'inebriai
d'un vino così dolce così fosco. 

Dal gelso nuvoloso al grano all'erba
maturità era tutto, in un calore
conveniente, in un lento sopore
diffuso dentro l'universo verde.

A metà della vita ora vedevo
figli cresciuti allontanarsi soli
e perdersi oltre i carcere di voli 
che la rondine stringe nello spento 

bagliore d'una sera di tempesta
e umanamente il dolore cedeva
alla luce che in casa s'accendeva
d'un'altra cena in un'aria più fresca

per grandine sfogatasi lontano...

Parti integranti della poesia, la musica eseguita da un promettente pianista e le meravigliose foto di Valentino Cuozzo.




Il 17 febbraio 1924, il Circolo Valvese di Newark (New Jersey) organizzò una serata per raccogliere fondi da inviare a Valva per l' "erigendo monumento". 
Ci è sembrato dunque necessario concentrarci innanzitutto sugli Stati Uniti.
Nelle prossime puntate cercheremo di ricostruire il contesto degli "Anni ruggenti", la cosiddetta "età del jazz", e parleremo in particolare di Newark, città industriale alle porte di New York, che ospita moltissimi italiani.
Ecco il primo episodio: 


un secolo di memoria, 2

G.V.

03 febbraio 2024

UNA NUOVA SFIDA PER I NOSTRI DUE ANNI DI RICERCA

Oggi il nostro blog "la ràdica" compie due anni.

40mila visualizzazioni, 169 post, un podcast, un ebook pubblicato e due "aperti" alla collaborazione dei lettori.

La novità è un progetto legato ai cento anni del monumento di Valva: un documentario a puntate sul 1924.

Si intitolerà Di radici e di sangue e cercherà di ricostruire il contesto storico e culturale in cui si è svolta la serata organizzata dal Circolo valvese di Newark il 17 febbraio 1924, per raccogliere fondi da inviare a Valva per la costruzione del monumento.

Il documentario si occuperà poi dell'evento visto da Valva.

Lavorando al nostro documentario abbiamo trovato questa bella foto: una processione di San Gerardo Maiella a Newark, a cura della folta comunità di Caposele.

Newark, 1914; fonte: Newark Public Library,
in Intenet Archive

Facciamo il punto sui nostri lavori in corso.

I nomi dei valvesi deportati in Germania (e in alcuni casi nella Polonia occupata dai nazisti) sono arrivati a ventidue. Non è semplice trovarne altri, ma verosimilmente ci sono: la ricerca continua.

Ecco i loro nomi:

👉I nomi degli internati militari valvesi

Negli ultimi mesi abbiamo dato molto spazio al diario di Giovanni Milanese, anche perché l'amministrazione comunale di Valva ha deciso di regalarlo ai diciottenni; la consegna è avvenuta nel corso di una serata in cui il diario è stato presentato e ne sono state lette alcune pagine.

In occasione del Giorno della Memoria, il Prefetto di Salerno ha consegnato la medaglia d'onore del Presidente della Repubblica alla famiglia di zio Enrico Santovito.

Ecco i due post dedicati a questa significativa cerimonia:

👉Il dono e il faro: omaggio agli IMI
👉Una medaglia per dire grazie

Ecco i post che in questi due anni hanno superato le cinquecento visualizzazioni: 
👉Il giorno in cui nacquero gli IMI [una ricostruzione delle vicende che portarono nel 1943 la Germania a considerare i soldati italiani non "prigionieri di guerra" ma "internati militari italiani"]
👉Mio carissimo padre [la trascrizione, con commento, della lettera del nostro soldato disperso in Russia]
👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia [dedicato alla vicenda del soldato Raffaele Cuozzo, disperso in Russia]
👉I racconti dell'ultimo combattente [un'intervista all'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale, il signor Giuseppe Feniello, realizzata dalla nipote Gerardina]
👉La signora che ricorda il partigiano di Valva [il post più letto nel 2023: l'incontro della nipote del partigiano Michele Cecere con una signora di Pianfei che ancora ricorda il soldato valvese]
👉Due medaglie sul petto di Carmelo, caduto sul Piave [la storia di Carmelo Alfano, caduto nella Prima guerra mondiale]
👉I racconti di zia Pasqualina [dedicato ai racconti della nonna di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo]
👉La pacchiana che chiuse dietro di sé un mondo intero [un ritratto dell'ultima "pacchiana" di Valva, zia Pasqualina Cuozzo]
👉Carmine, che riposa a Mauthausen [la storia di Carmine Corrado, deceduto durante la prigionia e sepolto in Austria]
👉Carmine, caduto nel vasto uragano di Caporetto  [la storia di Carmine Caldarone, caduto nella Prima guerra mondiale]
👉Cose che vengono a galla: parlando di guerra con un uomo di cento anni [intervista al signor Giuseppe Feniello, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno]
👉Il partigiano di Valva [dedicato alla figura di Michele Cecere, partigiano]

Radica di ulivo, foto del restauratore Giancarlo Feniello

Rinnoviamo il nostro ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato con il nostro blog anche in questo secondo anno, in particolare alle famiglie dei caduti e degli internati e a Pinuccio Cecere, che ha fornito un aiuto indispensabile alle ricerche fatte.

Grazie a tutti i nostri lettori.

Il lavoro di ricerca continua.

G.V.


01 febbraio 2024

PASQUALE, UN SOLDATO AVVELENATO DALLA CICUTA

L'alcaloide della cicuta è causa non rara di avvelenamenti data la diffusione della pianta in tutta l'Europa. La cura impone lo svuotamento e il lavaggio gastrico prontissimi; la somministrazione di tannici, di carbone animale che precipitano o assorbono l'alcaloide, la respirazione artificiale protratta anche per ore.

Così scriveva l'Enciclopedia Treccani nel 1931.

"Cicuta maggiore", fonte

Non è stata pronta la cura, o comunque non è servita, per un soldato di trent'anni, Pasquale Strollo.

Il 31 gennaio 1944, Pasquale muore per avvelenamento da cicuta.

Figlio di Donato e di Caterina Falcone, è nato nel 1914 a Valva. E' più alto della media dei suoi compagni, è un contadino e ha frequentato la seconda elementare.

E' in guerra dal 25 novembre 1940, quando è stato assegnato al Deposito 15.mo Reggimento Fanteria. Nel dicembre di quell'anno, sbarca in Albania. Nel giugno 1941 lo troviamo di nuovo in Italia ed è inviato in licenza.

Il suo foglio matricolare riporta altre licenze, fino alle due scarne notizie del 31 gennaio 1944:

Ricoverato all'ospedale militare di Abbasanta, Oristano.
Deceduto nel suddetto ospedale in seguito ad avvelenamento da cicuta.

Come è stato possibile l'avvelenamento? In assenza di altri documenti, possiamo fare solo delle ipotesi.

L'avvelenamento umano per ingestione della cicuta è raro e la più comune forma d'intossicazione è quella indiretta, ad esempio attraverso il consumo di carne di volatili (quaglie, soprattutto): gli uccelli possono mangiare la cicuta senza risentirne, accumulando i principi tossici nella loro carne.

Non possiamo del tutto escludere, però, che Pasquale l'abbia scambiata per prezzemolo (una variante della cicuta è infatti chiamata comunemente "falso prezzemolo").

Potremmo chiederci su quali basi sia stata formulata la diagnosi di avvelenamento. 

Diciamo che pur non avendo a disposizione gli esami tossicologici di oggi, i medici di quel tempo erano forse più allenati nella semiologia clinica e verosimilmente i casi di avvelenamento da erbe erano più frequenti.

Un nipote di Pasquale, Giuliano Strollo (classe 1921), il 10 settembre 1943 era stato catturato dai tedeschi a Vercelli e condotto nello Stalag XX, un Lager situato a Torun, nella Polonia occupata dai nazisti.

Liberato il 1 marzo 1945, tornerà a casa solo il 5 ottobre.

fonte

Torneremo ad occuparci di queste due vicende.

Un grazie al dott. Stefano Merolla per l'amichevole collaborazione.


Altre fonti consultate

Giovanni Ballarini, Coturnismo, avvelenamento naturale

G.V.

29 gennaio 2024

RAFFAELE, DAI BANCHI DI SCUOLA AL DON

La sua pagella di terza elementare è diventata un cimelio che i nipoti custodiscono con cura e orgoglio ed è un documento che ci restituisce l'immagine di una scuola inserita all'interno della struttura educativa del regime fascista, con il logo dell'Opera Nazionale Balilla laddove prima c'era lo stemma del Regno d'Italia.

fonte: Gozlinus

Ma Raffaele Cuozzo non ha avuto la possibilità di mostrarla ai figli e ai nipoti, perché non è mai tornato dalla Russia. "Disperso nel fatto d'arme del Don" il 23 gennaio 1943, come riporta freddamente il suo foglio matricolare. Non aveva ancora compiuto 21 anni.

Quando ne aveva nove, andava a scuola in Piazza Castello, dal maestro Antonio Cappetta; era l'anno scolastico 1930-1931, Raffaele frequentava la terza elementare.

Non sappiamo se anche il piccolo Raffaele è in questo gruppo di studenti, che posano insieme a don Antonio Cappetta e ad Antonio Masi (che sarà podestà di Valva dal 1935 al 1939):

Valva, Villa d'Ayala-Valva; Antonio Masi è l'adulto a sinistra,
don Antonio Cappetta a destra; al centro, probabilmente una maestra;
fonte
La pagella è un documento interessante perché fornisce alcune informazioni sulla fascistizzazione della scuola, anche se ancora in una fase iniziale.

Si notino lo spazio per il numero della tessera dell'Opera Nazionale Balilla, l'indicazione dell'anno dell'Era Fascista e il richiamo all'ONB:

Leggiamo nell'Enciclopedia Treccani, a proposito dell'Opera Nazionale Balilla:

Istituzione fascista per l'assistenza e l'educazione fisica e morale dei giovani; raccoglieva i ragazzi dagli 8 ai 14 anni (detti Balilla), i giovani dai 14 anni compiuti ai 18 (gli Avanguardisti) e le Piccole e le Giovani italiane. Eretta in ente morale (legge 3 apr. 1926), fu sottoposta, in un primo tempo, alla vigilanza del capo del governo, e dal 1929 alle dipendenze del ministero dell'Educazione nazionale; nel 1937 fu assorbita nella Gioventù italiana del littorio.

Le materie ancora non rimandano chiaramente al regime fascista, ma da lì a qualche anno l'insegnamento di "nozioni varie" aggiungerà la dizione "e cultura fascista", mentre "storia" diventerà "storia e cultura fascista".

Nonostante il rigore dei metodi educativi del tempo, possiamo immaginare che per Raffaele quella sia stata una pagina felice della sua breve esistenza.

Il tempo passa veloce, come attratto dal buco nero della guerra.

Nell'ottobre 1942, Raffaele arriva in Russia, con la Divisione Vicenza.

Aver imparato a scrivere gli servirà per inviare lettere a casa, dal fronte di guerra russo.

Non gli servirà però a evitare di essere uno dei tanti dispersi durante la tragica ritirata italiana: dopo dieci giorni di ritirata e alla fine della battaglia decisiva per uscire dalla sacca del Don -quella di Nikolaevka- i morti o dispersi italiani saranno 43mila.

Raffaele portava il nome di uno zio morto nella Grande Guerra combattendo con l'esercito americano; abbiamo raccontato la sua storia di emigrazione e di guerra nel post 👉Raffaele, caduto nel giorno della vittoria. Alla mamma di quest'ultimo -e nonna del soldato disperso in Russia- abbiamo dedicato il post 👉Nicolina e la guerra.

A Raffaele Cuozzo abbiamo dedicato i seguenti post:

👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia 
👉Una lettera dal fronte russo
👉Mio carissimo padre

Nella lettera spedita dal fronte russo nel dicembre 1942 (pubblicata sul nostro blog) il giovane soldato manda i saluti a "nonna Nicolina".

Ecco un brano della lettera:
[...] ora non mi prolungo vi saluto a tutti zio Ernesto zia Maria zia comara Ermelinda sorelle fratelli e in particolare la nonna Nicolina e voi genitori vi abbraccio e vi bacio vostro affezionatissimo figlio Cuozzo Raffaele.

Un sentito ringraziamento alla signora Norma Caldarone per la gentile collaborazione.
Le foto delle pagelle sono tratte dal blog "Gozlinus".

G.V.

26 gennaio 2024

IL DONO E IL FARO: OMAGGIO AGLI IMI

Le poche patate che danno "alla mano" ogni tre giorni, hanno ora dei lunghi germogli pallidi e molli come vermi. Dev'essere primavera.

Vengono in mente queste parole dell'internato militare Giovanni Guareschi, il celebre autore dei romanzi di don Camillo e Peppone, quando si pensa a zio Enrico Santovito, che raccontava di mangiare solo patate e di essere dimagrito tantissimo durante la sua prigionia in Germania.

Ieri alla sua memoria è stata consegnata la medaglia d'onore del Presidente della Repubblica, durante una cerimonia presso il Salone dei Marmi del comune di Salerno, nel corso della quale sono state consegnate le medaglie ai familiari di 27 ex internati della provincia di Salerno. 

A ritirare la medaglia, la nipote Rosanna.



Rosanna con la zia Michelina, figlia di Enrico Santovito

La cerimonia

A presiedere la cerimonia, il prefetto Francesco Esposito; erano presenti, tra i partecipanti, il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli e l'arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno mons. Andrea Bellandi.

Hanno preso la parola la direttrice dell'Archivio di Stato Fortunata Manzi e la presidente della Società Dante Alighieri Pina Basile.

Gli studenti di alcune scuole salernitane hanno eseguito alcuni brani musicali e proiettato un documentario fotografico sulla visita al Lager di Auschwitz-Birkenau.

Abbiamo chiesto a Rosanna Santovito di riassumere le parole del Prefetto e di condividere con noi le sue emozioni. 

Ecco cosa ha riportato la nipote di zio Enrico:

Il Prefetto ha iniziato il suo discorso spiegando l'etimologia del termine memoria, che indica la capacità di ritenere traccia di informazioni relative a eventi, immagini, sensazioni e idee di cui si sia avuta esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato, riconoscendole come stati di coscienza trascorsi. Per sopravvivere ai dolori e ai traumi, la mente tende a eliminare o a mettere in disparte i ricordi dolorosi che hanno segnato la persona.

A questo punto io mi sono soffermata a pensare che mio nonno Enrico non ha mai dimenticato quegli eventi, anzi fino agli ultimi giorni della sua vita ha parlato di quegli orrori, portandosi addosso quel trauma con incubi e paure ricorrenti su una possibile nuova guerra.

Ecco la conclusione del discorso del prefetto Esposito:

La memoria è il fondamento della nostra Repubblica, che si basa sui principi di uguaglianza, libertà, solidarietà e riconoscimento della dignità umana. Non dobbiamo correre il rischio che il Giorno della Memoria sbiadisca con il trascorrere del tempo e si trasformi soltanto in una ritualità ripetitiva, ma dobbiamo viverlo come un sentimento civile, coinvolgente e appassionato, per preservare la pace, l'amicizia tra i popoli, il dialogo, la libertà e la democrazia. Mi piace concludere citando Primo Levi: l'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria. Questa frase, così suggestiva, assume oggi particolare rilievo perché, con il venir meno delle testimonianze dei sopravvissuti, grava su tutti noi ancora di più la responsabilità di tenere viva la memoria nel suo significato più autentico.  fonte consultata

Esprime la sua soddisfazione Fiorenza Volturo, presidente della sezione di Valva dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci:

E' stata una data importante per la nostra comunità, inserita tra gli eventi del Giorno della Memoria, sempre più consapevole che la democrazia ci è stata consegnata da uomini come zio Enrico. L'onore della Memoria e l'anelito alla libertà di uomini che non ripudiarono la loro Patria siano il nostro faro perché il Male non torni.

La presidente Volturo, con la collaborazione dell'amministrazione comunale, aveva cercato di far ottenere la medaglia d'onore al signor  Enrico Santovito quando egli era ancora in vita. 

Salutando l'ultimo reduce valvese dell'internamento in Germania, aveva scritto:

Il tempo non ci è stato amico, ma il mio impegno sarà quello che il suo onore venga riconosciuto in memoria dalla più alta carica dello Stato.

Ora la promessa è stata mantenuta, la medaglia a zio Enrico Santovito è stata concessa.

L'auspicio è che si riesca a farla ottenere anche alla memoria degli altri valvesi internati in Germania, pur nella consapevolezza che il percorso non è breve.

Approfondimento

Nel precedente post dedicato al signor Enrico Santovito abbiamo indicato gli altri post in cui abbiamo raccontato la sua storia:
👉Una medaglia per dire grazie

Sulla questione degli IMI:
👉Il giorno in cui nacquero gli IMI
👉Internati militari in Germania: una scelta antifascista

Il punto sulle ricerche degli internati militari valvesi:
👉I nomi degli internati militari valvesi

G.V.

25 gennaio 2024

UNA MEDAGLIA PER DIRE GRAZIE

In occasione del Giorno della Memoria, il Prefetto di Salerno Francesco Esposito consegnerà le medaglie d'onore del Presidente della Repubblica agli internati militari italiani, deportati nei Lager nazisti.

La medaglia d'onore viene concessa a coloro che, catturati dai tedeschi dopo l'8 settembre 1943 e deportati nei campi nazisti, rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana o all'esercito tedesco. Furono circa 650 mila.

Leggiamo sul sito del Governo italiano:

L'articolo 1, commi 1271-1276 della legge finanziaria per l'anno 2007 [...] ha previsto la concessione di una medaglia d'onore ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l'economia di guerra nell'ultimo conflitto mondiale, che abbiano titolo per presentare l'istanza di riconoscimento dello status di lavoratore coatto, nonché ai familiari dei deceduti.

La loro è stata definita "una resistenza senza armi": hanno di fatto reso più debole la Repubblica di Salò, sottraendo forze alla repressione contro i partigiani e agli eccidi dei civili attuati dai nazifascisti in Italia.

A loro venne offerta l'opportunità di riconquistare la libertà in cambio dell'adesione nei reparti della Wehrmacht o dell'esercito della Rsi. Scelsero l'internamento, rischiando la loro vita e di fatto condannandosi allo sfruttamento, alla fame, ai soprusi.

Significative le parole di uno di loro, forse il più celebre, Giovanni Guareschi:

Io non mi considero prigioniero, io mi considero combattente...sono un combattente senz'armi, e senz'armi combatto. La battaglia è dura perché il pensiero dei miei lontani e indifesi, la fame, il freddo, la tubercolosi, la sporcizia, le pulci, i pidocchi, i disagi che non sono meno micidiali delle palle di schioppo...Io servo la patria facendo la guardia alla mia dignità di italiano.

A Salerno, una medaglia d'onore sarà consegnata anche ai famigliari di Enrico Santovito, deceduto nel settembre 2022 a cento anni e sei mesi. 

A Valva era l'ultimo testimone del dramma dell'internamento in Germania.

Al signor Enrico Santovito il nostro blog ha dedicato i seguenti post:


Torneremo a occuparci di lui, con un post dedicato alla cerimonia e raccontando ancora la sua vicenda.

G.V.

16 gennaio 2024

"SPREMUTI COME LIMONI": I LAVORI FORZATI DEGLI IMI

Con la trasformazione dei prigionieri italiani in internati militari, Hitler ha a disposizione un ingente "bottino di guerra" (rappresentato anche dai prigionieri degli altri paesi occupati) come forza lavoro nelle fabbriche, nei campi e nelle miniere, in assenza dei tanti uomini tedeschi sotto le armi.

Vittorio Vialli, La lunga coda per l'acqua (Fondo Vialli) fonte

Nel suo recente e preziosissimo Schiavi di Hitler, nel capitolo dal titolo Lavori forzati (pp.110-124) il prof. Mimmo Franzinelli sottolinea che l'economia tedesca ha bisogno dei prigionieri italiani. Dopo solo tre settimane, ad esempio, un piano delle autorità tedesche ipotizza un fabbisogno di 421mila unità. Nel novembre del 1943 sono quasi 383mila gli IMI al lavoro, a metà febbraio 1944 sono 428mila, a metà maggio 437mila.

Si assiste a una "gara contro il tempo" tra i reclutatori di manodopera e gli emissari fascisti che cercano adesioni alla Repubblica Sociale Italiana.

Sono gli stessi funzionari fascisti a testimoniare le condizioni massacranti degli internati italiani, con un orario giornaliero che oscilla dalle 12 alle 14 ore, "debilitati dalla fame e prostrati da insulti e percosse".

fonte

Settori di impiego degli IMI, "spremuti come limoni"

Franzinelli analizza dati del febbraio 1944: gli internati militari italiani vengono impiegati nell'industria mineraria (56%), in vari settori produttivi (35%) e nell'agricoltura (6%). Molti sono impegnati anche nello sgombero delle macerie (un numero in aumento visto che i bombardamenti sulle città tedesche si intensificano). L'orario settimanale risulta in media di 57-58 ore, con un solo giorno di riposo.

Significativo il commento dello storico:

L'atteggiamento dei tedeschi -gerarchi, militari e civili- è caratterizzato da una sorta di schizofrenia: da un lato trattano gli italiani come degli animali e con ostentato disprezzo li vogliono distruggere sul piano morale, dall'altro pretendono una resa produttiva esemplare, senza rendersi conto della contraddizione tra le due condotte. Gli IMI vengono spremuti come limoni.   [op. cit., pp. 112-113]

Un'ordinanza di Hitler (28 febbraio 1944) precisa che il vitto deve essere in relazione alla produttività; se questa è insoddisfacente, il vitto va ridotto a tutta l'unità di lavoro.

Chi non regge ai ritmi della miniera o della fabbrica diventa un convalescente-bracciante: viene destinato alle aziende agricole, dove il lavoro è meno logorante e le razioni alimentari sono generalmente migliori di quelle dei Lager. Non mancano, però, testimonianze di internati impegnati nelle aziende agricole che denunciano dure condizioni di lavoro.

La "civilizzazione" coatta

Nell'estate del 1944 agli IMI viene proposta la trasformazione in "liberi lavoratori": così avevano previsto Mussolini e Hitler nel loro incontro del 20 luglio.

Gli internati non credono alle promesse. Come testimonia Carlo Bargaglia (rinchiuso in un Lager in Baviera), gli italiani ritengono di essere stati trasformati in lavoratori civili solo per essere impiegati più facilmente.

Vari imprenditori giungono nei Lager e selezionano gli italiani.

Nonostante la Convenzione di Ginevra lo vieti, anche gli ufficiali sono sottoposti al lavoro coatto.

Drammatica la testimonianza del tenente colonnello Pietro Testa, dal campo di Wietzendorf:

Gli ufficiali spesso venivano convocati a teatro, sotto la luce di proiettori e sottoposti alla scelta di impresari e contadini tedeschi che palpavano loro gli arti, guardavano in bocca come se fossero delle bestie. Gli ufficiali che si rifiutavano di partire venivano portati fuori dal campo con sentinelle armate di fucile e baionetta.   [op. cit., p.118]

Ci siamo già occupati di un internato militare a Wietzendorf che rifiuta di lavorare durante la prigionia. E' il valvese Giovanni Milanese, che così scrive nel suo diario Frammenti di storia. Diario di guerra e di prigionia 1943-1945:

27-11-44
E' uno dei più brutti giorni di questa mia prigionia.
Mi hanno chiamato per mandarmi a lavoro, ma non mi sono presentato. Stiamo a vedere cosa succede.
29-11-44
Mi richiamano. Non ci vado di nuovo
.
1-1-45
Tutti mi consigliano di uscire al lavoro se voglio salvare la salute.  
Malgrado tutto voglio resistere ancora.
Voglio difendere fino all'ultimo il mio punto di vista.

Il cappellano militare Bernardino Pavese scrive queste significative parole, che il professor Franzinelli pone a conclusione del capitolo dedicato ai lavori forzati:

Gli IMI hanno lavorato. Tutti hanno lavorato. Sempre hanno lavorato. Lavori forzati. E lavorano duramente: 12 ore al giorno, con un turno di un giorno di riposo al mese e...con molta fame. Hanno per questo collaborato? Ognuno s'ingegno per sabotare (nella massa, quanto sabotaggio!) e a proprio rischio e pericolo, e sotto gli occhi e nelle meni del nemico! [op. cit., p.124]

Approfondimento
Sull'argomento, il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:

Al diario di Giovanni Milanese il blog "la ràdica" ha dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉L'unico amore del prigioniero Giovanni
👉Fare la guardia alla dignità di italiano
👉Sono di nuovo un uomo e non più un numero
👉Scrivere per sentirsi ancora uomini


Bibliografia
📙Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, il Mulino, 2004
📙Mario Avagliano - Marco Palmieri, I militari italiani nei lager nazisti. Una resistenza senz'armi (1943-1945), il Mulino, 2020

G.V.