23 febbraio 2023

UN EBOOK PER I 100 ANNI DELL'ULTIMO REDUCE

L'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale compie cento anni.

Giuseppe Feniello è nato il 24 febbraio 1923 e il suo comune lo festeggia con una cerimonia pubblica al Monumento ai Caduti, alla presenza della fanfara del Battaglione Bersaglieri "Garibaldi".
Il blog "la ràdica" celebra questo straordinario traguardo con un eBook ricco di racconti, foto, canzoni e approfondimenti storici, per ricostruire la sua vicenda di soldato e prigioniero.
L'eBook è anche l'occasione per un viaggio nel tempo, con le foto di Valva negli Anni Venti, Trenta e Quaranta.

La copertina dell'eBook che il nostro blog ha dedicato a Giuseppe Feniello

Per una visualizzazione ottimale, sarebbe preferibile il computer, anche se si può leggere questo libro digitale anche da telefono o tablet.

Riportiamo qui la parte finale dell'introduzione presente nell'eBook:

Durante questo percorso, potrete consultare i post da cui le foto sono tratte: questo è uno dei vantaggi di un eBook, che consente a testi e linguaggi diversi di dialogare tra loro per una informazione più completa.

Facendo scorrere sul nostro schermo le foto del passato, noteremo che anche le pietre cambiano.

Cambia il panorama, ma quel panorama è sempre Valva: come l'ha vista cambiare zio Giuseppe, come ha accolto con volto un po' diverso tutti gli altri valvesi dopo di lui.

Cambiano i volti: bambini, giovani, donne, uomini.

Sono stati valvesi, lo saranno ancora fino a quando li ricorderemo e sentiremo parte della nostra storia, elemento della nostra identità.

Fino a quando li sentiremo nostre radici.

Le foto della sezione dedicata a Valva negli anni Venti-Quaranta vengono dal preziosissimo archivio fotografico di Gozlinus; alcune di queste sono state raccolte dal lavoro paziente di Valentino Cuozzo, che è anche l'autore delle foto paesaggistiche presenti nel nostro lavoro (compresa quella in copertina).

Ecco alcune foto inedite di Giuseppe Feniello e della sua famiglia che trovate nell'eBook:

Antonia Cuozzo, la madre

Giuseppe Feniello in divisa da militare
Chiamato alle armi nel settembre 1942, il 28 febbraio 1943  è arrivato sul fronte di guerra, dove è stato catturato il 6 aprile 1943.


Il matrimonio con Margherita Figliulo, il 30 maggio 1948

Alcune foto risalgono agli Anni Cinquanta, scattate in occasione dell'arrivo di un parente che viveva in America; siamo in Rione Nuovo San Vito:

Da sinistra, il secondo è il fratello Michele, il terzo è il padre Francesco, al centro un parente venuto dall'America, poi zio Peppe e l'ultimo a destra è il fratello Vitantonio


Foto con donne; la prima a sinistra è la signora Margherita con una figlia

In questa foto di gruppo, i valvesi più esperti riconosceranno la signora Caterina (al centro)


Per le foto inedite, un grazie particolare alle nipoti Gerardina Rocco e Rosa Feniello.

Per approfondire:
Il nostro blog ha pubblicato due interviste al signor Giuseppe Feniello:

G.V.

20 febbraio 2023

COSE CHE VENGONO A GALLA: PARLANDO DI GUERRA CON UN UOMO DI CENTO ANNI

Ci sono conversazioni speciali.
Lo sono anche se hanno bisogno della mediazione di una persona che ripeta le parole con voce più forte per far capire la domanda e anche se a volte occorre ricostruire la risposta, col rischio di fraintenderla o di impoverirla; sono speciali forse anche perché il timore di stancare la difficile concentrazione di un uomo di cento anni ti spinge ad aumentare il ritmo delle domande, col rischio di sottoporre l'interlocutore a una sequela incalzante che fa irruzione nella sua quiete.

E allora dal passato riemergono schegge di storie, ricordi, luoghi.

La voce è flebile, ma ha ancora dei guizzi non privi di ironia; a volte accompagna le risposte con un sorriso amaro, altre volte si lascia andare a una risata; capita anche che ripeta la domanda, come a dire che gli sembra strana (e in alcuni casi è difficile dargli torto).
Lui è Giuseppe Feniello e grazie alla figlia e alla nipote ho l'onore di chiacchierare con lui la domenica di Carnevale, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno.

Giuseppe Feniello soldato; per la foto, ringraziamo la nipote Rosa Feniello

Quando, alla fine di oltre due ore di conversazione, facciamo timidamente notare che gli abbiamo fatto "una testa come un tomolo" (espressione dialettale che si riferisce alla gran quantità di domande), lui prima conferma, sornione, "accussì m' par", poi regala l'ennesima perla del pomeriggio: "so' cos ca ven'n a galla" (sono cose che vengono a galla).

La nipote Gerardina gli aveva già fatto l'intervista che abbiamo pubblicato sul nostro blog con il titolo I racconti dell'ultimo combattente.
Ora ne approfittiamo per chiedergli qualche altro dettaglio, alcune precisazioni, per fargli domande su altri argomenti; in fondo, però, oggi siamo qui per chiedergli di parlare e qualunque cosa dirà sarà importante, perché i ricordi di un uomo di cento anni non possono seguire la scaletta di chi gli fa le domande.

Per agevolare la lettura, dividiamo in punti la nostra conversazione.

La guerra e la cattura
Giuseppe Feniello ha visto poco la guerra: in Tunisia, dal 28 febbraio al 6 aprile 1943; dichiara di non aver mai sparato.
Ricorda le fasi della cattura: ai soldati italiani non è stato intimato di alzare le mani, ma sono stati costretti a camminare con le armi puntate alle spalle. 
Racconta allegro un episodio curioso: ha nascosto 50 lire nell'orecchio per non farsele togliere dagli inglesi.
Dei vari trasferimenti nei campi di prigionia, ne ricorda uno in particolare: quello da Tripoli ad Alessandria d'Egitto, via mare. Avevano il salvagente nel timore di un bombardamento dei tedeschi, che non c'è stato perché questi hanno capito che a bordo c'erano tedeschi e italiani.

Il campo di prigionia
Mettiamo davanti a zio Giuseppe un disegno che ricostruisce un campo di prigionia alleato in Africa.

Disegno fatto da un reduce della prigionia; per gentile concessione del sito congedatifolgore.com

Ricorda il filo spinato, dice che vivevano in tende e baracche (in cinque o sei persone, a volte un po' di più); dormivano su brande, ogni campo aveva una cucina, eventuali lavori venivano svolti sempre nel campo.
Ricorda anche delle visite della Croce Rossa (dice più volte "svizzeri") e parla della celebrazione della messa nel campo, la domenica; racconta che lui e i suoi compagni un giorno hanno detto al cappellano: "Tu sei libero, noi siamo prigionieri".
Zio Giuseppe ha avuto paura di morire quando è stato ricoverato in un ospedaletto da campo, per problemi intestinali. Vedeva altri ricoverati morire, "uno sì e uno no, poi [la morte] arrivava a me e passava oltre".
Conferma che il lavoro da fare non era molto, aggiunge che i prigionieri potevano lavarsi perché avevano a disposizione l'acqua e parla del cibo: in alcuni campi, come ad esempio ad Alessandria d'Egitto, mangiava solo una patata al giorno. 
Nell'intervista citata, ha raccontato che mettevano insieme la porzione di farina individuale e lui preparava dei cavatelli.
Oggi aggiunge altri due elementi: gli acquisti e la corrispondenza.
Con i pochi soldi che avevano, i prigionieri potevano fare degli acquisti perché all'interno del campo entrava qualcuno a vendere.
Le lettere venivano sottoposte alla censura, arrivavano con molto ritardo (anche di diversi mesi) e lui ricorda di aver appreso proprio da una lettera che anche suo fratello Michele era stato fatto prigioniero in Africa. 

Un episodio di solidarietà
Nella fase finale della prigionia, lavorava in un magazzino.
Dava sempre da mangiare a un uomo che andava a chiedergli qualcosa perché aveva fame (un po' di pane, del cibo in scatola).
Alla notizia dell'imminente liberazione di Giuseppe, il povero era preoccupato perché temeva di non poter avere più cibo. "Mangerai comunque, ci sarà qualcun altro al mio posto", gli disse per confortarlo. Lo racconta con una certa soddisfazione, come se fosse orgoglioso di essere riuscito a comunicare con chi parlava un'altra lingua: ripete più volte, gesticolando, "a furia di", che interpretiamo come un riferimento all'intesa che nasce dall'esperienza dell'altro.

Il rapporto con il fascismo

C'è una bella foto degli Anni Trenta: presenta un gruppo di valvesi in camicia nera, in montagna.

Anni Trenta, Camicie nere in montagna; fonte
Zio Giuseppe riconosce un compaesano e dice che lui non ha foto in camicia nera, perché quella che gli avevano dato aveva un bottone rotto e non l'ha mai indossata, per ripicca.

Non è semplice riuscire a parlare di questioni complesse come ad esempio i rapporti con i tedeschi e gli Alleati: da che parte stavi dopo la prigionia, quando alla radio arrivavano le notizie dell'Armistizio e del cambio di alleanza dell'Italia, cosa pensavi del regime, del re, di Badoglio.
Quando zio Giuseppe sente nominare il Re, ricorda che era "andato via" e racconta che lo chiamavano "pippetta".
Di Mussolini ricorda il modo di dire valvese, pieno di sarcasmo popolare: "Duc
ə Ducə, cum n' e' fatt arr'dducə"  (Duce Duce, come ci hai fatti ridurre; il detto continua dicendo che ormai siamo senza pane e senza luce). 
In fondo basta un verso ironico, di chiara origine popolare, per demistificare la retorica di un regime.

La  nipote Gerardina ricorda che da bambina il nonno le diceva che l'errore di Mussolini è stato quello di allearsi con Hitler. 
E' probabile che le politiche agrarie del regime abbiano riscosso invece il suo consenso.
Di Mussolini apprezzava quello che oggi chiameremmo buon uso dei mezzi di comunicazione: "se passava per un campo e vedeva uomini lavorare -ha detto una volta alla nipote- prendeva una zappa e si faceva fotografare".
Un'analisi ineccepibile.

E il fascismo a Valva, com'era vissuto?
Il "sabato fascista" non si doveva lavorare, ma zio Giuseppe racconta che chi aveva la terra ci andava; continua: "A volte due o tre fascisti bloccavano le vie per impedire di andare in campagna il sabato, ma si trovava un'altra strada e si andava lo stesso...".
E il marchese, era fascista?
"E chi lo vedeva..."

Un breve, ma significativo, scambio di battute
- Con quale stato d'animo sei andato in guerra?
- Eri un soldato e dovevi andare.
- Ma pensavi a Valva, alla famiglia?
- Embe', nun vuliv p'nsa'?

Nella saggezza da uomo nato un secolo fa, spero che zio Giuseppe perdoni la raffica di domande, comprese queste ultime due che solo chi non c'era può fare.

Un caloroso grazie alla figlia Nadia e alla nipote Gerardina e un abbraccio affettuoso al genero Angelo.

G.V.

14 febbraio 2023

SARTO IN AMERICA, SOLDATO IN ITALIA

Il 10 aprile 1903 è Venerdì Santo.
Una mamma e i suoi due figli sbarcano a Ellis Island.

fonte

La mamma si chiama Filomena Corrado e ha 28 anni, i figli Luigi Alfano di quattro anni e Marianna di uno.

I tre vengono da Valva e vanno a raggiungere Carmine, marito e padre, a Batavia, cittadina dello stato di New York.

Luigi tornerà in Italia per la visita militare, come testimoniano le liste di leva all'Archivio di Stato di Salerno; dichiarerà di essere un sarto.
E' molto probabile che abbia partecipato alla Grande Guerra, anche perché è registrato di nuovo a Ellis Island il 25 aprile 1921; viene confermata la professione di sarto (taylor, anche se in realtà la parola corretta è tailor).

A quella data, la madre risulta a Valva:

Nello Stato di New York c'è father Carmine:

Tre anni dopo, Luigi partecipa alla serata organizzata dalla comunità valvese di Newark, per raccogliere fondi per la costruzione del monumento ai Caduti per la Patria.

Una pista da verificare

Siamo verificando un'ipotesi: la parentela tra Filomena (la madre di Luigi) e Pasquale Corrado, padre di Carmine, il giovane che combatterà la Seconda guerra mondiale (catturato dai tedeschi sul fronte greco, morirà in ospedale durante la prigionia e sarà sepolto a Mauthausen). Forse i due sono fratello e sorella o comunque cugini.

🔎Alcune note anagrafiche

In questa storia occorre essere molto precisi, perché i dettagli anagrafici possono vanificare ipotesi suggestive oppure confermarle. 

Allora diciamo che Filomena è nata nel 1874, Luigi nel 1898 e la bambina nel 1901: l'età riportata sui registri di Ellis Island non è precisissima. 

Nel registro dell'anagrafe a Valva non risulta nessuna Alfano Marianna, ma solo una Maria (con aggiunta in matita: Michela). Ipotesi: Anna era il nome di due sorelle del papà, nate a tre anni di distanza e prima di lui; verosimilmente, la seconda ha preso il nome della prima, nel frattempo deceduta. Forse la bambina sbarcata in America veniva chiamata Marianna, anche se al comune risultava registrata diversamente.  

Carmine risulta registrato al comune di Valva come Carmine Maria, nato nel 1875, di Luigi e Grippo Filomena.

Quando è tornata in Italia Filomena? Nel 1905 risulta essere nata Gerarda, un'altra figlia...

Curiosità: l'anno prima era stato canonizzato San Gerardo Maiella, la cui devozione evidentemente si rafforza negli anni successivi. 

G.V. 

11 febbraio 2023

TULIPANI PER ZIA PASQUALINA


Claude Monet, Campo di tulipani in Olanda, Parigi, Musée d'Orsay 

In memoria di
Pasqualina Cuozzo
1920-2023

Quando un terreno perde le radici è meno saldo.
Alcune radici, però, sono speciali; queste possono lasciare il loro posto quando giunge il momento di riposarsi, ma i benefici della loro lunga presenza continuano.
L'esempio e il lavoro, la parola e il canto, i ricordi e l'insegnamento: in diversi modi si può essere radice per la famiglia e il paese.

Pensando alle radici, mi vengono in mente alcuni versi di Pascoli. Non sono molto celebri, ma non importa. 

Un vecchio pianta un albero, offrendolo al cielo come un'offerta votiva:
E il vecchio porge al sole eterno
        l'esile vetta mossa
dal vento... Ma già presso è il verno, 
        è avanti lui la fossa.

Nonostante sia vicino alla morte, egli continua il suo paziente lavoro, che viene premiato perché l'albero da lui piantato resterà:

e il vento ch'ora lieve lieve
        lo fa tremare, un giorno
gli sputerà contro la neve,
        gli ruggirà d'intorno,

in vano! e il vecchio, tra qualche anno,
        niuno dirà, Lo vidi:
il suo grande albero vedranno
        che sarà tutto nidi.
Giovanni Pascoli, Il vecchio, Odi e Inni

Anche quando non ci sarà più memoria del vecchio, l'albero da lui piantato resterà e "sarà tutto nidi". L'importanza che il simbolo del nido assume nella poesia pascoliana accentua ulteriormente il valore dell'opera dell'uomo.

Dedichiamo questi versi e il quadro di Monet alla memoria di zia Pasqualina Cuozzo.

Valva, Sagra dell'uva durante il periodo fascista; zia Pasqualina è la seconda ragazza vestita da "pacchiana", partendo da sinistra; la foto è stata pubblicata da Valentino Cuozzo

In occasione del suo 102.mo compleanno, avevamo dedicato alla nonna di Valva l'episodio del podcast Il giorno dopo dedicato alle canzoni del trio Lescano, dal titolo Tulipani e Maramao: un piccolo omaggio, una sorta di serenata a distanza a una donna che amava cantare e conosceva molte filastrocche.

Con emozione, abbiamo appreso che zia Pasqualina ha ascoltato l'episodio e ha cantato tutte le canzoni; la sua preferita è stata, senza dubbio, Maramao perché sei morto.

Qui trovate il link all'episodio del podcast: 

🎧 Tulipani e Maramao

Negli scorsi mesi, grazie alla gentile collaborazione della nipote Michela, abbiamo potuto pubblicare un post con i ricordi di zia Pasqualina. Tra i suoi ricordi, alcuni erano dedicati al tempo della guerra, durante il quale ella viveva in campagna, in contrada Molinello: ecco perché abbiamo scelto -non senza qualche licenza poetica- come omaggio il quadro di Monet.

Qui trovate il post 👉 I racconti di zia Pasqualina.

Le nostre più sentite condoglianze alla famiglia di zia Pasqualina.

G.V.

03 febbraio 2023

UN ANNO, INSEGUENDO STORIE DI INTERNATI E CADUTI IN GUERRA

Un passo alla volta...poi crescendo il neonato affinerà caratteri e intenti

Era una bella frase augurale quella che un amico del nostro blog -da lui definito "il neonato" e alla nascita del quale ha contribuito in maniera decisiva- formulava esattamente un anno fa, quando il 3 febbraio 2022 iniziava il nostro lavoro.

Un anno di un lavoro di ricerca che non si è limitato solo ai post ma che ha suggerito anche il progetto del podcast "Il giorno dopo", dedicato alle complesse conseguenze dell'Armistizio reso noto l'8 settembre 1943. Altri progetti sono in cantiere, ovviamente.

Alle 18.36 di quel 3 febbraio veniva "inviato per lo mondo" (un'espressione un po' leziosa che ci consentirete) il primo post, con  un titolo che era e resta per noi significativo: 

👉Un rimpianto e il tentativo di rimediare

Il rimpianto riguarda il passato: della grande famiglia costituita da un piccolo centro, i fili che tengono insieme gli avvenimenti e le persone, attraverso le generazioni, spesso si sono persi; a volte, per fortuna, sono però ancora leggibili o almeno si può provare a ricostruirli.

Il tentativo di rimediare veniva indicato in due ambiti di lavoro: un lavoro di ricerca sui caduti e dispersi della Seconda guerra mondiale, confidando nella memoria orale collettiva, e la ricerca di documenti e testimonianze sui valvesi deportati nei campi di concentramento, i cosiddetti "IMI" (Internati Militari Italiani).

Dopo un anno di lavoro, possiamo tentare un bilancio.

Valva, 1924: inaugurazione del Monumento ai Caduti

Caduti e dispersi della Seconda Guerra Mondiale

Per ogni soldato valvese caduto nella Seconda guerra mondiale, ora abbiamo il fronte e la data. 

In alcuni casi abbiamo ricostruito le vicende post mortem, come ad esempio la struggente storia di 👉Michele Macchia, i cui resti sono tornati a Valva dieci anni dopo la morte sul fronte greco o la vicenda di 👉Carmine Corrado, morto in ospedale durante la prigionia in Austria e sepolto a Mauthausen.

Siamo orgogliosi di aver contribuito a rendere nota la vicenda del partigiano di Valva  👉Michele Cecere.

Molta attenzione è stata riservata alle vicende della guerra in Russia, in particolare alle storie dei due dispersi valvesi: Prospero Annunciata e Raffaele Cuozzo.

Ecco un post che riassume i lavori dedicati all'argomento:

👉Un giorno di gloria che ha dato valore a un'intera vita: il giorno di Nikolajewka

Un anno fa, i nomi con qualche lettera distaccata sulle lapidi del Monumento ai Caduti suggerivano in quel primo post una "riflessione sulla caducità della memoria anche nei luoghi deputati a conservarla".

Il lavoro di ricerca ha fornito un altro e più significativo esempio: il giallo storico costituito dal soldato 👉Michele Cuozzo, di cui abbiamo trovato una scheda dell'Archivio Vaticano (che cita il telegramma inviato al parroco con la notizia della morte sul fronte africano), di cui conosciamo la paternità e addirittura l'indirizzo (via Fontana), ma che non siamo riusciti a identificare, nonostante varie piste ipotizzate.

Valva, Monumento ai Caduti, cerimonia del 4 novembre 1965; fonte 

Ricerca sugli IMI

Ora abbiamo i nomi di ventuno soldati valvesi che sono stati deportati in Germania (e in alcuni casi nella Polonia occupata dai nazisti).

Di alcuni di loro purtroppo sappiamo solo che sono stati fatti prigionieri; di altri abbiamo informazioni più circostanziate: data di cattura, campo di prigionia, data di liberazione.

In questo post, aggiornato, facciamo il punto delle nostre ricerche:

👉I nomi degli internati militari valvesi

Un internato militare valvese ha lasciato un diario, preziosissimo strumento per comprendere vari aspetti dall'argomento: è Giovanni Milanese, al quale abbiamo dedicato già alcuni post e che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti:

Alcuni post sono stati dedicati al compianto Enrico Santovito, l'ultimo internato militare valvese, deceduto nel settembre scorso, sei mesi dopo aver compiuto cento anni. Ecco i principali post a lui dedicati:

Progetto grafico per il podcast Il giorno dopo, elaborato da Eleonora Moretto

Attuali ambiti di ricerca

Seconda guerra mondiale: vorremmo comprendere meglio le vicende dei due dispersi valvesi sarebbe interessante individuare i soldati che sono riusciti a tornare dalla Russia.

Resta da identificare anche uno dei soldati valvesi caduti a Cefalonia, argomento a cui abbiamo dedicato alcuni post e un episodio del nostro podcast:

Imi: non è ancora concluso il lavoro di identificazione dei ventuno soldati valvesi internati militari in Germania. Per uno di loro, Carmine Mastrolia classe 1923, l'unico documento al momento rinvenuto è un'annotazione in un registro del Comune di Valva. 

Se le famiglie degli internati militari vogliono collaborare, possono compilare questo questionario:

👉Questionario ricerca informazioni sugli internati militati

Altre storie

Il blog "la ràdica" si è occupato degli argomenti anche con post di approfondimento, come ad esempio quelli relativi alle condizioni degli internati militari italiani:

Alcuni post hanno avuto come argomento storie legate ad altre guerre: la Prima guerra mondiale, la guerra italo-turca, le vicende risorgimentali e della stagione del colonialismo italiano. 

Particolare rilievo ha avuto anche il tema dell'emigrazione, spesso intrecciata con il dramma della guerra.

In alcuni post abbiamo proposto delle riflessioni sul sistema dei lager, anche con un approfondimento sulla condizione psicologica dei prigionieri, a partire all'importanza della letteratura e della scrittura delle proprie memorie:


Panoramica del campo di Buchenwald

Visualizzazioni e i post più letti

In una anno il blog ha avuto circa 16500 visualizzazioni, con la media di 45 al giorno. Sono numeri certamente contenuti per un blog, ma l'importante è che le storie dei nostri soldati sono state lette e che i lettori abbiano avuto delle informazioni, sia pure a un livello non certamente specialistico, su alcune vicende della Seconda guerra mondiale e sulle condizioni di prigionia degli IMI. 

i più assidui: Stati Uniti, Germania, Irlanda, Francia e Svizzera, Grecia, Albania e Spagna; oltre dodicimila visualizzazioni sono avvenute tramite Facebook, solo poco più di cento tramite Google.

Ecco i post che hanno superato le cinquecento visualizzazioni: 

👉Il giorno in cui nacquero gli IMI [una ricostruzione delle vicende che portarono nel 1943 la Germania a considerare i soldati italiani non "prigionieri di guerra" ma "internati militari italiani"]
👉Raffaele, che non è mai tornato dalla Russia [dedicato alla vicenda del soldato Raffaele Cuozzo, disperso in Russia]
👉I racconti dell'ultimo combattente[un'intervista all'ultimo reduce valvese della Seconda guerra mondiale, il signor Giuseppe Feniello, realizzata dalla nipote Gerardina]
👉Mio carissimo padre [la trascrizione, con commento, della lettera del nostro soldato disperso in Russia
👉Carmine, che riposa a Mauthausen
👉Il partigiano di Valva [dedicato alla figura di Michele Cecere, partigiano]
👉Col sangue, con la libertà: quei no pagati caro
👉Una lettera dal fronte russo [una preziosa lettera di Raffaele Cuozzo alla sua famiglia
👉I racconti di zia Pasqualina [dedicato ai racconti della nonna di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo]
👉La pacchiana che chiuse dietro di sé un mondo intero [dedicato alla figura dell'ultima "pacchiana" di Valva, la signora Pasqualina Cuozzo]

Radica di ulivo, foto del restauratore Giancarlo Feniello

Con uno strumento come un blog, questo materiale può essere condiviso perché altri lo utilizzino per scoprire nuove informazioni e nuovi strumenti di ricerca.

Un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato con il nostro blog in questo anno, in particolare alle famiglie dei caduti e degli internati e a Pinuccio Cecere, che ha fornito un aiuto indispensabile alle ricerche fatte.

Il lavoro di ricerca, continua.


Nel primo post di questo blog, citavo il compianto Salvatore Cuozzo. Mi piace ricordarlo dopo un anno: questo lavoro sarebbe stato più ricco se vi avesse contribuito anche lui. Lo dedico alla sua memoria.

G.V.

🎧 Podcast

Nei seguenti episodi del podcast "Il giorno dopo" ci sono altre informazioni sui valvesi prigionieri o caduti nella Seconda guerra mondiale.


29 gennaio 2023

LA STORIA DI ONOFRIO, IMI ED EMIGRANTE

Una storia emblematica, che parte da lontano.

Hanno gli occhi un po' smarriti di chi non è abituato a mettersi in posa davanti a un fotografo, i dodici soldati valvesi che sono ritratti in una foto dopo i funerali di un loro compaesano, sergente, morto in combattimento sul Monte Grappa l'11 dicembre 1917.

La foto è tratta dal post Soldati di Valva, pubblicato da Gozlinus

Il nome del sergente caduto rivivrà in due nipoti: Onofrio Mastrolia.

Questa è la storia di Onofrio figlio di Sabato e Artemisia Figliulo, nato il 26 dicembre 1923.

Giunto alle armi nel gennaio 1943, Onofrio è assegnato al 49.mo Reggimento Fanteria in Ascoli Piceno. Nel settembre 1943 il reggimento risulta impegnato in Albania.

Non conosciamo il giorno né il luogo esatto della cattura, ma sappiamo che è stato internato militare in Germania perché l'Archivio Arolsen conserva alcuni interessanti documenti su di lui.

Gli IMI diventano "lavoratori civili"

La vicenda del fante Onofrio Mastrolia è particolarmente significativa perché  testimonia una particolare fase della vicenda degli IMI: la loro trasformazione in "lavoratori civili".

In seguito agli accordi tra Hitler e Mussolini, sottufficiali e soldati prigionieri vengono smilitarizzati d'ufficio e trasformati in lavoratori civili formalmente liberi.
Gli storici Avagliano e Palmieri, nel loro I militari italiani nei lager nazisti- Una resistenza senz'armi (1943-1945) presentano il cambiamento di status giuridico come un passaggio che comporta qualche vantaggio, come ad esempio l'iscrizione alla previdenza sociale e alla mutua, il pagamento del salario non più in moneta del lager ma in marchi; inoltre, è prevista anche l'apertura delle porte dei campi. 
Tuttavia, scrivono i due autori:  
Resta [...] una libertà solo formale, a cominciare dall'impossibilità di rimpatriare e di sottrarsi al lavoro pesante, nonché l'obbligo di fatto di vivere negli stessi campi di concentramento dove si era patita la detenzione fino a quel momento. Lo stipendio lordo di 180-220 marchi mensili in media, inoltre, sconta comunque l'obbligo di acquistare beni solo negli spacci e nei negozi muniti di apposita licenza ed è decurtato del 25% per tasse e altre spese, mentre il 50% è versato allo Stalag per il vitto e l'alloggio, senza considerare le multe.

Onofrio è stato nel campo di Doehrbruch, 126 (Hannover). 

Nell'elenco molto dettagliato del sistema dei campi nazionalsocialisti, pubblicato nel 1999 a cura di Martin Weinmann, quello di Doehrbruch viene definito "campo di lavoro civile".

Come vediamo in questo documento, Onofrio Mastrolia lavora presso un grossista di legname, ad Hannover (Hamelnstrasse, 44).


In questo altro documento, che testimonia l'iscrizione alla Cassa Malattia tedesca (A.O.K.), troviamo le date: Onofrio ha lavorato presso il grossista di legname dal 23 settembre 1944 al 7 aprile 1945.

La grafia del nome è un po' incerta e la data di nascita non è precisa.

Nei mesi successivi, la liberazione ad opera deli Alleati.

Ecco la scheda -in inglese- compilata il 9 luglio 1945:

Alla domanda (18) risponde di dichiararsi "prigioniero di guerra", nel punto successivo dichiara di non avere denaro con sé. Non è indicato il "Displaced Persona Office"  che ha redatto la scheda (ufficio persone sfollate); la G in alto a sinistra nel numero di matricola indica che il prigioniero è stato liberato in Germania.

Onofrio Mastrolia sarà rimpatriato l'8 settembre 1945, esattamente due anni dopo la cattura.

Negli anni successivi, emigrerà in Francia.

Il suo nome ha attraversato il Novecento e ne ha sperimentato la durezza.


G.V.

27 gennaio 2023

QUANDO PIOVE SI VORREBBE POTER PIANGERE

 27 gennaio

Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché colore che, anche in campi e schieramenti diversi si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e pro tetto i perseguitati. 

                                                                               Legge  20 luglio 2000, Articolo 1 comma 1

 

Elaborazione grafica di Eleonora Moretto

L'argomento principale del nostro blog è costituito dalle vicende degli internati militari italiani, cercando in alcuni contributi di inserirle nel contesto più ampio del sistema concentrazionario.

Segnaliamo alcuni post.

Una riflessione sui lager, in occasione di una visita al campo di Buchenwald:



Condizioni di lavoro e di prigionia degli internati militari:

Foto segnaletica per la scheda personale; fonte
Post dedicati allo status giuridico degli IMI:

Riflessioni sulla condizione psicologica dei detenuti, con particolare riferimento all'importanza della letteratura e della scrittura delle proprie memorie:

Aniello Eco, “Sipario di ferro”; fonte

Al diario di Giovanni Milanese, Frammenti di storia- Diario di guerra e di prigionia 1943-1945, Principato, abbiamo dedicato i seguenti post:
👉Il pranzo di Natale con le patate risparmiate
👉Il ritratto di Michelina per tre razioni di pane
👉
L'unico amore del prigioniero Giovanni


G.V.

26 gennaio 2023

UN GIORNO DI GLORIA CHE HA DATO VALORE A UN'INTERA VITA: IL GIORNO DI NIKOLAJEWKA

26 gennaio

Giornata nazionale della memoria 

e del sacrificio degli Alpini

Con la battaglia di Nikolajewka gli Alpini riescono a sfondare l'accerchiamento sovietico; fonte

La legge del 5 maggio 2022, n.44, ha istituito la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, allo scopo di tenere vivo il ricordo dell'eroismo dimostrato nella battaglia di Nikolajewka, combattuta dagli alpini il 26 gennaio 1943, e di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell'interesse nazionale nonché dell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano, come recita l'articolo 1.

Una rappresentazione della battaglia di Nikolajewka; fonte

Il nostro blog ha dedicato alle vicende della guerra in Russia e della drammatica ritirata alcuni post.

Ci siamo occupati della vicenda di Raffaele Cuozzo, dichiarato disperso il 31 gennaio 1943, con questi post:

Anche un altro valvese risulta disperso in Russia, già nel novembre 1942: è il tenente medico Prospero Annunciata:
👉Il medico disperso nella neve

In questo post abbiamo cercato di ricostruire gli eventi degli ultimi giorni del gennaio 1943, scegliendo le testimonianze di Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern per illuminare l'umanità sofferente della Ritirata di Russia:
👉Tutti i vivi all'assalto!  

Con la battaglia di Nikolajewka le truppe italiane, pur equipaggiate con armi insufficienti e munizioni scarse, riuscirono a sfondare le linee di difesa sovietiche e a conquistare la ferrovia, fondamentale per la ritirata.

Ecco come Rigoni Stern, nel suo celebre Il sergente nella neve, conclude il ricordo della battaglia:

E allora avanti! Una massa di sbandati va incontro alla sua ora di gloria. Si passa, si passa! Attraversano Nikolajewka lastricandola di morti perché ci sono 48 sotto zero e se ti pigliano sei morto. Alle 5 è tutto finito: ci contiamo, siamo qua, siamo vivi ma siamo pochi. Chi non è passato con la prima ondata non passerà più. Persa la Cuneense, persa la Vicenza, persa buona parte della Julia, ma noi, noi ce l'abbiamo fatta. Un giorno di gloria che ha dato valore ad una intera vita. Questo fu il 26 gennaio 1943. Questa fu la battaglia di Nikolajewka.                                               

Alla memoria dei caduti in Russia e di tutti i caduti del corpo degli Alpini dedichiamo questa struggente versione della celebre canzone Sul ponte di Perati, interpretata dal gruppo Al Tei.



G.V.